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Una nuova casa: la fondazione dell’abbazia di San Nazzaro

Genealogia ingonide alternativa:

2.2.2. Una nuova casa: la fondazione dell’abbazia di San Nazzaro

Si è accennato alla discendenza di Riccardo e Waldrada, il Riccardo II sposato con Anselda del fu Lanfranco comes di Bergamo591, mentre il chierico e poi vescovo Walberto non poté ovviamente averne una o comunque riconoscerla; è però da Uberto Rufo, tra i figli di Ildeprando “di Lumellogno”, che si diramarono le evoluzioni genealogiche più significative dei conti di Pombia durante l’XI secolo.

Fin dai più ancestrali predecessori alla carica pubblica ̶ Mainardo ̶ e della stessa linea famigliare ̶ Gariardo ̶ , si è notata la tendenza a cercare alternative alla sede distrettuale del castrum plumbiense; a maggior ragione, dopo le battaglie e i compromessi degli anni arduinici e i diplomi di Corrado II che avevano portato a una situazione ambigua nella gestione dell’ufficio comitale, i conti di Pombia confermarono la strategia che avevano sempre portato avanti e dopo Fontaneto, Caltignaga, Cavaglio e Lumellogno optarono per un nuovo polo di radicamento, questa volta a ridosso di quella Casaleggio scelta a sua volta dall’altra e più antica stirpe vicecomitale: si sta parlando proprio di Biandrate, il centro che battezza la sua regione di appartenenza.

La prima notizia del nuovo castrum comitale risale al 1029, pochi anni dopo la concessione teorica dei comitati di Pombia e Ossola al vescovo novarese e la conferma

589 G. Tabacco, Regno, impero e aristocrazie nell’Italia postcarolingia, in Il secolo di ferro. Mito e realtà del

secolo X, Spoleto, 1991, pp. 243-269 citaz. da p. 245; P. Guglielmotti, Medievistica del Novecento: recensioni e note di lettura. 1: (1951-1980), Firenze, 2007, pp. 167-168.

590 A. Castagnetti, Arimanni e signori dall’età postcarolingia alla prima età comunale, in Strutture e

trasformazioni della signoria rurale nei secoli X-XIII, Bologna, 1996, pp. 169-285: 282.

138 della giurisdizione sugli arimanni di Casaleggio a quello vercellese592. In tale congiuntura il conseguimento della cattedra episcopale si rivelava di precipua importanza per una efficace strategia di sopravvivenza ed espansione593: da qui la priorità di un trasferimento del centro direzionale famigliare a ridosso della civitas. Tre anni dopo la prima attestazione del castrum, ecco un “da Pombia”, fratello di Uberto Rufo, ricevere il sigillo di San Gaudenzio e iniziare il suo episcopato.

Una tappa fondamentale per il nuovo “agganciamento” territoriale, come i conti di Pombia sapevano benissimo, era la fondazione di un Eigenkloster: e dov’era meglio, se non «prope castellum»? Così era partita l’esperienza di rafforzamento pre-signorile dello stesso Gariardo, attraverso la fondazione e dotazione garantita dalla corona del cenobio di San Sebastiano nei pressi del castrum di Fontaneto594, anche se non si può avere la certezza assoluta che, nel caso dell’abbazia di San Nazzaro, il castello in questione fosse proprio quello di Biandrate ̶ a circa tre chilometri di distanza ̶ o se invece pre-esistesse un insediamento incastellato in loco; non era, infatti, pratica infrequente ̶ in special modo in area di diffusione cluniacense ̶ il riutilizzo di fortilizi ormai in decadenza come sito di fondazione per nuovi enti ecclesiastici in un’ottica di riqualificazione territoriale595. In realtà, la neonata abbazia incastellata di San Nazzaro non sarebbe propriamente un Eigenkloster, ma più un “monastero di famiglia”, in quanto nel primo tipo il legame con la famiglia fondatrice si esaurisce unicamente all’estinzione di questa, mentre nel secondo caso può rappresentare soltanto «una tappa nelle politiche familiari che nel momento in cui cessi di essere utile può essere agevolmente abbandonato»: la fondazione dei conti di Pombia si troverebbe a metà strada tra le due categorizzazioni, dal momento che la sua saldatura al destino della famiglia costitutrice fu tale da indurlo a una fedeltà cieca, sostenendo gli interessi di questa anche quando erano divenuti sconvenienti per la propria gestione economica e sopravvivenza materiale intorno al XIV secolo596.

592 F. de Gingins-la-Sarraz, Documents pour servir à l’Histoire des Comtes de Biandrate, recueillis dans les

Archives du Vallais, Torino, 1847, p. 178; cfr. Andenna, Andar per castelli, p. 165.

593 Supra, p. 25. 594 Supra, p. 70.

595 C. Violante, Per una riconsiderazione della presenza cluniacense in Lombardia, in Cluny in Lombardia, Cesena, 1979-1981, pp. 521-664; Andenna, Andar per castelli, p. 189.

596 C. Sereno, Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di

sfruttamento (secoli X-XII), in «Bollettino storico-bibliografico subalpino», 97, 1999, pp. 6-66: 45-46 citaz. da

p. 45. Si può leggere la necessità della costruzione di un nuovo centro monastico famigliare per i conti di Pombia anche nella constatazione che, a quell’altezza cronologica, non detenevano più il controllo

139 Purtroppo o per fortuna ̶ dal momento che in molte altre occasioni non ne è rimasta alcuna traccia ̶ , la notitia dell’atto fondativo del cenobio dedicato ai martiri milanesi Nazario e Celso si è conservata solo tramite una copia settecentesca redatta dall’archivista e cancelliere della Curia novarese Carlo Michele Giulino, coevo di Carlo Francesco Frasconi, nella prefazione all’indice con «series abbatum» dell’archivio abbaziale, la cui edizione più recente resta quella di Santino Ravizza597.

Il testo riportato in nota fornisce diversi spunti di riflessione. Innanzitutto, malgrado uno solo dei figli di Uberto Rufo mantenga ancora l’apposizione circoscrizionale alla propria carica598, quest’ultima viene ormai riconosciuta dinasticamente a tutti i componenti laici della stirpe: il «comitibus B...» è verosimilmente da integrare con la

sull’abbazia di Fontaneto fondata da Gariardo, ormai sottoposta al cenobio dei santi Gratiniano e Filino di Arona, di proprietà dell’arcivescovo di Milano; al complesso di Arona avevano ceduto anche il piccolo cenobio di San Martino di Pombia probabilmente prima della sinodo di Fontaneto del 1057: Andenna,

Abbazia, castello, p. 43.

597 S. Ravizza, La fondazione dell’abbazia dei S.S. Nazario e Celso in Sannazzaro Sesia, Vercelli, 1974. Ecco il testo lacunoso della copia tratto dall’edizione: «In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Quia servire Deo regnare est Amen […] Hominis vita brevis est super terram. In ipso vite brevissime curavimus istud agere. Quoniam […] electis posse regnare […] denuo enim istud quod […] feliciter quia prope est […] comutantur in hiis […] que sunt […] fine mansure […] Hinc D. Riprandus Novariensis Episcopus cum Adelberto, et Vuidone Fratribus […] comitibus B[…] Ottone suo nepote pariter Comite, una cum ux[…] eor[…] agnete: Construxerunt quoddam Cenobium prope Castellum […] de […] est iuris eorum ad honorem Salvatoris mundi Domini nostri Iesu Christi, matrisque eius Sanctae Mariae semper […] et Sanctorum Martyrorum Nazarii […] Celsi, atque omnium Sanctorum, ut ibi celebretur perpetua oratio, et elemosina pro suis animabus […] parentum suorum. Posuerunt autem in eodem Monasterio, Abbatem et Monachos, dederuntque eisdem […] loco proprietario iure ex omnibus suis prediis decimam, ut inibi Domino servientes abeant vestitum et necessariam escam. Ita ut Ecclesia ipsa Sanctorum Nazarii, et Celsi ex decimatis terris pro proprietate […] ius vero fructus Abbati, Monachiis, pauperibusq, persistat Prefixerunt insuper hoc tollere cautel[…] ut nullus unquam ex eorum parentela super hiis terris aecclesie datis, aliquam sibi amplius usurpent potestatem […] Monachos et Abbatem, ita ut super hec omnia opdecimanda liberam habeant Abbas cum Monachis facultatem tantum ad loci non detrimentum sed utilitatem. Preterea et hoc statuerunt quia si eiusdem loci Abbas obierit, orantes et ieiunantes Monachi in unum conveniant, et quem dignum est ad id officium recognoverint […] comuniter eligant. Si vero pro Abbatis electione Scisma inter fratres obortum fuerit , ita ut pars […] quesierit, altera autem hunc aborrendo alium pexierit, utraque ponatur in arbitrii libra […] que vero […] et morum gravitate ponderosior fuerit exaudiatur, altera quidem a sua levitate salutaribus monitiis coerceatur. Postquam igitur Abbas regulariter fuerit electus, vercellensem expetat pastorem ut ab eodem suscitiate sue consecrationis benedictionem. Quod si prefatus Episcopus sive pecuniam, seu iuramentum, aut aliud quodlibet quod extra regulam est iam dicto Abbati pro sua consecratione […] vere temptaverit eo dimisso, dompnum adeat apostolicum ut ab eo consecretur secundum sue professionis statum. Igitur si Episcopus aut Archiepiscopus, aut aliquis homo vivens in mundo, aliquid de hiis que scripta sunt, quod Dominus avertat, infringere, aut mutare, aut delere voluerit, hoc addiderunt et idem sanxerunt, ut parentes eorum qui tunc temporis advixerint, in Monasterium illud intran[…] sicut proprium sibi vindicent, regant, muniant, conservent, quo usque insidiantium dur[…] malicia. Et omnia ordinabiliter persistant prout sunt constituta pro animarum elemosina […] Concordat presens copia cum pergameno existent. In Archivio Abbatie S.S.or Nazarii, et Celsi per me viso, recognito, et collazionato, et pro fide […] Ego Io: Ant.s Quattrocchi Not.s, Curieque Epalis Novarie Canc.rius apposito mei parvi Tabell.signo Me subscripsi Salvo […]».

140 provenienza dalla stessa Biandrate599, mostrando come l’agganciamento ̶ o meglio, lo spostamento dell’agganciamento ̶ fosse attivo già a circa un decennio dalla costituzione del nuovo castrum avito, sull’esempio di Gariardo «comite de castro fontaneto». Inoltre, poiché anche Guido è inserito tra i comites residenti in Biandrate, la stessa qualifica comitale del 1034 «huius comitatu plumbiense» acquista maggior concretezza amministrativa e non meramente simbolica, poiché altrimenti sarebbe stata sufficiente la semplice indicazione della residenza, come era già avvenuto per Gariardo ad un’altezza cronologica in cui non vi sono dubbi che l’assetto circoscrizionale fosse ancora un disegno tangibile derivato dal publicum600. La mancata datazione, comunque delimitata dai termini dell’episcopato di Riprando601, impedisce di quantificare con precisione il lasso di tempo intercorso dal 1034 e di valutare un eventuale ritorno dell’ufficio pubblico nella disponibilità esclusiva del vescovo, come invece non avveniva con Walberto zio e predecessore di Riprando; Riprando il quale, va ricordato, non era soltanto un “da Pombia”, ma anche un vescovo della cappella imperiale in perfetta sintonia con Corrado II ed Enrico III602.

All’abate e ai monaci, destinati a vivere secondo la Regola di San Benedetto, i conti di Pombia donarono i diritti di decima sui loro beni603. Inoltre, come era ovvio, i conti mantennero il controllo sulle elezioni degli abati, servendosi di una clausola che garantiva il rispetto delle apparenze: qualora i monaci fossero stati in disaccordo, erano costretti ad accettare il verdetto di arbitri esterni604.

La proposizione più clamorosa della notitia è certamente la rinuncia del vescovo alla consacrazione degli abati neoeletti in favore del collega eusebiano: in effetti, il territorio

599 Ravizza, op. cit., p. 5. Questo a patto che la tradizione del testo sia corretta e la versione originale non fosse un «comitibus P…» che potrebbe sottointendere Pombia anziché Biandrate.

600 Il Giulino addirittura parla di «comitatu blandratensi» nel proemio alla «series abbatum» che segue l’atto di fondazione: ivi, p. 11.

601 2 febbraio 1039-21 dicembre 1053. Il Giulino pone la datazione tra il 1040 e il 1059, sottolineando la data 1040 ̶ senza aggiungere motivazioni a riguardo ̶ e sbagliando a individuare l’anno di morte del vescovo: ivi, p. 7.

602 Supra, p. 26.

603 Non la decima parte dei loro possedimenti come si legge invece in Andenna, Andar per castelli, p. 189. 604 Ravizza, op. cit., pp. 7-8. I monaci di San Nazzaro erano comunque personaggi di spessore non indifferente, come dimostra la vendita a Casalbeltrame del prete Bernardo, di Lanfranco, Alberto, Enrico, Uberto e Ottone tutti figli del fu Alberto e della moglie di quest’ultimo Richilda del fu Anselmo marchio (probabilmente aleramico) al monaco Giovanni: BSSS. 79, n. 226, pp. 74-76, datata metà quaresima del 1072. Casalbeltrame, poi, era una riserva fondiaria dei conti di Biandrate, come rivela anche la permuta del 7 aprile 1091 tra l’abate di San Nazzaro Alberico e Guglielmo marchese di Montemagno, nell’astigiano: la terra oggetto di scambio era completamente circondata da possessi del cenobio e da «terra comitum»: BSSS. 77/2, n. 22, pp. 37-39.

141 di San Nazzaro e Biandrate si trovava contemporaneamente nella diocesi vercellese e nel comitato di Pombia e Riprando, pur essendo uno dei fondatori, seguì qui i dettami dell’amministrazione ecclesiastica; tuttavia ciò non significa che la decisione non tenesse conto degli interessi famigliari. I conti di Pombia-Biandrate, infatti, non avevano speranze di dinastizzare anche la carica vescovile come avevano fatto con quella comitale e agirono con lungimiranza: la delega al vescovo di Vercelli rappresentava un ulteriore mezzo per costituire in San Nazzaro un centro da cui «imporre un migliore controllo sui beni» in via di acquisizione605, dal momento che lo stato di debolezza e abbandono in cui versava la cattedra eusebiana avrebbe impedito a quei presuli di esercitare attivamente il ruolo affidato loro da Riprando, mentre nello stesso tempo erano impedite sul nascere limitazioni provenienti da Novara e da un eventuale e futuro episcopio non più sotto il controllo dei “da Pombia”, bensì di loro avversari606. Anzi, è addirittura possibile che l’operazione attuata da Riprando e dai fratelli non vada letta in ottica difensiva, ma propositiva: la radice di una dominazione territoriale sulle rive e i guadi della Sesia, posta in essere in territorio diocesano vercellese dal binomio laico-religioso Biandrate-San Nazzaro, si rivelava una testa di ponte funzionale a mire espansionistiche rivolte a quello stesso episcopio. Cosa che puntualmente si concretizzò nel momento di massimo squilibrio vissuto dall’episcopio eusebiano e di contemporanea difficoltà degli ex-Pombia ̶ ora suddivisi in conti di Biandrate, del Canavese e “da Castello” ̶ a Novara607: dei sei vescovi scismatici che ressero la sede vercellese tra 1094 e 1121 si registrano un esponente dei conti di Biandrate, uno di quelli del Canavese, un “da Bulgaro” imparentato ai Biandrate608 per parte di madre e un “da Caltignaga” evidentemente in stretta connessione con la stessa famiglia609.

L’abbazia di San Nazzaro si definì fin da subito, nella sua connessione strategica al

castrum di Biandrate, come il nucleo politico e organizzativo fondamentale per i conti di

605 Sereno, op. cit., citaz. da p. 53.

606 Ibid. In effetti, a partire dall’esilio del vescovo milanese Arderico, la Chiesa eusebiana vive anni di dilapidazioni patrimoniali: Ravizza, op. cit., p. 6.

607 Supra, p. 27.

608 A. Barbero, Vassalli vescovili e aristocrazia consolare a Vercelli nel XII secolo, in Vercelli nel secolo XII. Atti del Quarto Congresso Storico Vercellese, Vercelli, 2006, pp. 217-311: 222. Si tratta di Giovanni detto Ardizzone figlio di Imilga del fu Ottone comes di Biandrate e Gisulfo da Bulgaro, come si legge in AC - Atti Privati 1, n. 18, datato 18 dicembre 1095, quando Ardizzone è ancora chierico. La madre Imilga prendeva il nome dalla bisnonna e moglie di Uberto Rufo.

142 Pombia nella loro fase post-arduinica di “colonizzazione” della Biandrina610. Per una famiglia ormai dotata di un patrimonio fondiario ben configurato e di una penetrazione così antica e capillare nelle dinamiche territoriali da consentire l’agile trasmissione di titoli, cariche e possessi, la fondazione di un monastero è un’opportunità di aggregazione identitaria e ostentazione dello status raggiunto, oltre che un’ulteriore freccia all’arco degli sbocchi di carriera dei suoi membri; tuttavia, anziché riuscire a «evitarne la dispersione in seguito al succedersi delle generazioni e al moltiplicarsi degli eredi», San Nazzaro funzionò da ultimo catalizzatore dell’unità di intenti della dinastia, per poi entrare nell’orbita pressoché esclusiva della più vicina e potente delle successive ramificazioni dei conti di Pombia: i conti di Biandrate611.