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L’inserimento dei domini “da Monticello”

Capitolo 1: All’ombra di Sant’Agabio

1.1.4. L’inserimento dei domini “da Monticello”

Non furono soltanto le signorie fondiarie ecclesiastiche a espandersi a Pagliate alla fine dell’XI e nel XII secolo: la famiglia dei “da Monticello”, sicuramente avvantaggiata dalla prossimità spaziale del loro primo nucleo castrense217, sfruttò il disimpegno, il frazionamento o lo spostamento di baricentro dei lignaggi che avevano ricevuto la spinta propulsiva dalla Königsnahe nei confronti sovrani “italici” o di quelli che avevano giocato un ruolo chiave durante il conflitto arduinico, unitamente al consueto “vuoto elitario” che contraddistingueva la piana a sud di Lumellogno lambita dall’Agogna, per ritagliarsi una zona d’influenza da cui trarre i mezzi di sostentamento necessari a conservare lo status capitaneale acquisito nella curia vassallatica del vescovo.

I “da Monticello” non erano comparsi dal nulla nella permuta con l’abate di San Lorenzo, né sarebbe stata l’unica famiglia di origine cittadina a puntare su Pagliate: il presunto capostipite Ottone aveva preso parte alla grande causa del 31 gennaio 1094 specchio della curia capitaneale del vescovo Anselmo dove, «ex suis capitaneis», erano emersi anche i «de sancto petro»218. Oltre a loro, assestati ormai come capitanei di pieve, si aggiungevano i Gorricio, i quali invece si sarebbero distinti nella realtà del primo comune consolare e tra i vertici del capitolo cattedrale219. Nel corso del XII secolo i “da Monticello” si assicurarono il rapporto vassallatico diretto con l’imperatore e il dominatus

loci sui contermini castelli di Pagliate e Monticello a partire dall’esercizio di diritti di

decima e avvocazia sulla chiesa pievana di San Gervasio220.

Dopo il gennaio 1113, della discendenza del capitaneus Ottone si perde traccia per oltre un ventennio, fino a quando in una confinanza cittadina nell’area del «quadruvio», dove già quasi un secolo prima membri dei “figli di Restone” godevano di significativi possessi, sono ricordati «filiorum Otonis de Monticello»221, dei quali veniamo a conoscenza nello specifico tre anni più tardi, quando Bosone e Ottone riscattarono per 52

217 Scendendo verso sud l’area di Monticello e Granozzo segue Pagliate come questa fa con Lumellogno, in una linea pressoché retta con punto di partenza fissato a Novara.

218 ASDN - FF - DCC/F, n. 35. L’apposizione «cum eis» lascia intendere che Ottone venne a sua volta con un proprio seguito. Sul documento vd. Andenna, L’“ordo” feudale, p. 99.

219 Andenna, Formazioni, strutture e processi, p. 143.

220 Cfr. Andenna, Andar per castelli, p. 234; Id., Per un censimento dei castelli, pp. 322-323; Id., L’“ordo”

feudale, p. 102.

61 soldi un sedime con vigna a Pagliate: esso era stato da loro infeudato all’infantulus Guido del fu Berardo e per lui, oltre ai tutori legali, interveniva anche il vescovo Litefredo a conferire «ex publica parte licentiam»222.

Considerando la loro completa assenza dai quadri di potere antecedenti il XII secolo, l’ascesa di questa famiglia dietro al traino episcopale si rivela un interessante esempio ̶ ma non certo unico, né il più importante dell’area ̶ di commistione e interconnessione tra radicamento signorile locale, interventismo cittadino e sovrapposizione di vincoli vassallatici: i “da Monticello” non erano muniti di abbastanza risorse per soverchiare le altre forze in gioco interessate a Pagliate e per questo necessitavano di un legame di fedeltà diretta con il potere che, secondo un calcolo opportunistico variabile nel tempo, garantiva maggior copertura; necessità a maggior ragione impellente con l’incremento di progetti signorili di diversa sfumatura e gradazione che iniziavano ad affollarsi attorno a Pagliate, tra cui quelli del cenobio di San Lorenzo, della canonica di Santa Maria e della famiglia Gorricio.

In un tale groviglio, un soggetto apparentemente passivo, emergente nella documentazione di questi decenni in tutta la penisola, cercava di ricavarsi una “comfort zone” anche nell’assoggettamento, puntando sulle consuetudines: nel 1149223 i “rustici” di Pagliate, categoria con ogni probabilità comprendente discendenti di esponenti dell’ampio gruppo di possessores caratteristico del secolo precedente, ormai appiattiti a una comune sottomissione al districtus esercitato da vari agenti cittadini, tentavano di far valere le loro ragioni su di un bosco che avevano sempre preso in affitto dai canonici e la causa aveva presto spostato la sua essenza attorno alla spartizione dei diritti giurisdizionali e all’autorità giuridica a cui i canonici erano tenuti a rispondere224; da ciò era emerso come la famiglia dei Gorricio, nelle persone di Alberto e Ardizzone225, disponesse di un quarto dei diritti giurisdizionali226.

Malgrado la variegata azione politica ed economica dei da Monticello, la pressione esercitata dalle signorie concorrenti si rivelò troppo difficile da intaccare e la loro

districtio non abbastanza remunerativa da ripagarne i costi, rispetto ai proventi stabili che

222 BSSS. 79, n. 325, pp. 219-220. 223 BSSS. 79, n. 356, pp. 256-257.

224 Andenna, Formazioni, strutture e processi, p. 144.

225 Che disponeva di terra anche a Monticello: BSSS. 79, n. 415, p. 347. 226 BSSS. 80, n. 596, pp. 138-139.

62 mantenevano a Monticello227. Così, l’avventura della famiglia capitaneale a Pagliate, iniziata probabilmente per dare seguito agli iura regalia che doveva aver ottenuto tramite un preceptum imperiale non conservato228, si rivelò non molto più di un inserimento non riuscito.

A partire dagli anni Sessanta del XII secolo è attestata la dismissione dal castrum del vico e la devoluzione dei beni ai canonici di Santa Maria: per primo fu Falcone con la vendita, il 17 dicembre 1162, dei suoi beni infra castro e nel territorio circostante per 15 lire milanesi al preposito Ansaldo229. Nel 1167 avvenne però il passaggio più consistente a Santa Maria «pro omnibus rebus territoriis quas habere visum sumus in loco palliato in villa et in castro et an eius curtis et in eius territorio cum capella a strona in infra cum honore et districto»230 da parte di Gervasio da Monticello nipote del capostipite Ottone per 7 lire e solo un mese più tardi dei beni di Pietro del fu Bartolomeo per 15 lire231; infine, nel 1179 anche il figlio di Gervasio Ugo vendette per 8 lire milanesi i suoi beni nella villa e castello di Pagliate al di qua della Strona232.

Ma le vendite della famiglia non si limitavano a Pagliate o ai canonici di Santa Maria: negli stessi anni, al monastero di San Lorenzo vendevano beni in cascina Mondurla presso Vespolate Enrico e Guglielmo da Monticello233, mentre Falcone con i fratelli Ugo e Bonifacio234 e il parente Ingone rinunciavano all’avvocazia sulla chiesa di San Silano a Sozzago235 e sempre Ugo e Bonifacio figli di Africa da Monticello vendevano ad un civis novarese altri loro beni in Pagliate236. Più che a una crisi strutturale e a una grave situazione debitoria della famiglia, si deve pensare a uno spostamento di interessi coinciso con una politica matrimoniale che emerge già dai documenti sopracitati e che vedeva membri dei da Monticello imparentarsi con famiglie cittadine ̶ i Fabbri ̶ oppure del Novarese settentrionale tra Valsesia e laghi ̶ gli importanti prestatori “da Seso”237 o i

227 Elencati in: Andenna, Andar per castelli, p. 230. 228 Andenna, Formazioni, strutture e processi, p. 147. 229 ASDN - FF - DCC/F, n. 48.

230 ASDN - FF - DCC/F, n. 51. 231 ASDN - FF - DCC/F, n. 52. 232 ASDN - FF - DCC/F, n. 53. 233 BSSS. 79, n. 430, pp. 363-364. 234 Andenna, Andar per castelli, p. 228. 235 BSSS. 79, n. 427, pp. 360-361. 236 BSSS. 79, n. 439, pp. 372-373. 237 BSSS. 80. n. 626, P. 120.

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domini da Crusinallo238 ̶ e come attesta anche la presenza di beni dei da Monticello presso Rado (Gattinara) a inizio XIII secolo239.

Per quanto riguarda la situazione a Pagliate nella seconda metà del XII secolo, i Gorricio si confermarono una spina nel fianco anche per la canonica e i suoi propositi di replica dell’egemonia raggiunta a Lumellogno, come dimostra lo scontro per i diritti di taglio in una “selva regia”240: il capitolo preferì mantenere una convivenza in equilibrio precario, almeno finché non riuscì a prevalere definitivamente a metà del XIII secolo241. Le ulteriori parentesi aperte sull’azione dell’ente monastico di San Lorenzo e della famiglia dei “da Monticello” a Pagliate sono strettamente connesse al destino finale dei “figli di Restone” e dei “figli di Bonaldo” e alla presenza nell’archivio capitolare novarese degli atti che li riguardano, malgrado in quel momento il Capitolo mantenesse contatti molto sporadici con il gruppo parentale pagliatese: una futura ricerca, questa volta concentrata soprattutto sulle carte di XII secolo, dovrà ricostruire i passaggi patrimoniali e genealogici che hanno permesso la conservazione di un corpus documentario così notevole per l’inizio dell’XI secolo.

238 Keller, Signori e vassalli, p. 257.

239 P. Galimberti, Castrum Radi. Studi e ricerche sulla struttura materiale di un castello di pianura dell’alto

Vercellese, p. 59.

240 BSSS. 80, n. 596, pp. 138-139.

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1.2. Lumellogno