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L'azione dell'occhio che affascina

Capitolo 2 Semantica dell'invidia latina

2.5 L'azione dell'occhio che affascina

Se la credenza nella forza, nella potenza, ed anche nella simbologia degli occhi, era teoria condivisa da Latini e Greci, furono principalmente quest'ultimi ad individuare, nell'ambito del malocchio, un processo, per così dire, scientifico, che potesse spiegare l'influenza dello sguardo invidioso nell'invidiato. La testimonianza più importante, in questo senso, è fornita da un passo dei

Symposiaka di Plutarco259.

Gli effetti dell'invidia vengono interpretati con la teoria delle ἀπόρροιαι, emanazioni provenienti dai corpi che colpiscono i sensi e stabiliscono comunicazioni tra esseri diversi. Introdurre il fenomeno delle ἀπόρροιαι per spiegare il meccanismo della vista non fu certamente un'idea originale di Plutarco. Essa, infatti, era già stata introdotta da Empedocle260 e, dopo di lui, da Democritο261. Plutarco, tuttavia, contamina la teoria empedoclea con dottrine pneumatiche, sostenendo che il moto dei corpi sia causato da un moto di pulsazioni determinato dall'attività respiratoria262. Gli occhi, essendo la parte del corpo maggiormente soggetta a questo tipo di movimento (πολυκίνητος), è anche quella che rilascia il maggior numero di efflussi. Può essere interessante notare, come rilevato da Dickie,263 che questa teoria dell'influenza reciproca degli occhi in virtù della loro particolare predisposizione al movimento sia espressa anche in uno dei

Problemata pseudo-aristotelici, in un passaggio in cui viene spiegata la causa della

contagiosità di malattie oculari e di consunzioni264: l'occhiο è εὐκινητότατον, ed è,

258 Cfr. e.g., CE 54.3 quam gnatam, nei esset, credo, nescio<oqui i>nveidit deus. 259 Plut. Mor.680c.-683b.

260 Emp. 31 A 92 DK. 261 Dem. 68 A 77.DK.

262 Teoria esposta, in particolare, dal medico Erasistrato; Cfr. D.J. Furley-J.S. Wilkie, Galen on

Respiration and Arteries, Princeton 1984, pp. 1-39.

263 M.Dickie, Heliodorus and Plutarch on the Evil Eye, <<Cph>>. 86 (1991), pp. 17-29. 264 Aristot. Pr. 887a22-27.

in quanto tale, in grado di divenire ciò che vede. Muovendosi in risposta a ciò che è in movimento, un occhio che scambia uno sguardo (ἀντιβλέπων) con un altro occhio disturbato o malato diviene anch'esso disturbato e malato.

In questo modo, gli occhi di una persona invidiosa, infettati dal male dell'anima, cui sono strettamente congiunti, nel momento in cui fisseranno lo sguardo su un oggetto invidiato trasmetteranno lo φθόνος all'oggetto, infettandolo anch'esso. Anche il sentimento amoroso nasce dalle medesime premesse: l'uomo è colto da piaceri e dispiaceri in relazione all'azione che provocano su di lui gli oggetti veduti. La vista stimola l'inizio dei sentimenti d'amore, i più grandi e i più forti dell'anima, al punto che l'amante, continua Plutarco, si scioglie fino a dissolversi in essa allorché si trova a guardare la persona amata265. Il dissolvimento dell'amante nasce dunque da uno sguardo ricambiato dell'amato.

La luce, il flusso emanato dall'oggetto desiderato provoca, di fatto, un vero e proprio dissolvimento, annientamento (ἐκτήκει) dell'amante: nell'azione della vista amorosa, il piacere ed il dolore si mescolano insolubilmente, donde la denominazione di Eros come γλυκύπικρος266.

Nel caso dello φθόνος si verifica il medesimo processo, ma diversamente orientato. Mentre, infatti, l'occhio dell'amante subisce gli effetti della vista dell'amato, rischiando in tal modo il dissolvimento, l'occhio dell'invidioso, assolutamente insensibile all'eros, attacca ed aggredisce l'oggetto: le emanazioni (εἴδολα) emesse da tutti gli esseri viventi, nel caso dell'occhio invidioso arrecano e portano con sé i sentimenti malvagi della persona (μοχθηρίας καὶ βασκανίας); comunicate all'oggetto della visione, ne provocano turbamento e distruzione. L'amante subisce un depauperamento ad opera dell'oggetto osservato, l'invidioso produce una consunzione dell'oggetto che osserva267.

Sui pericoli della fascinazione generata dallo sguardo, è emblematica la testimonianza del sesto idillio di Teocrito: il ciclope Polifemo, impersonato, nella finzione poetica, dal pastore Dameta, dopo essersi specchiato nelle acque del mare ed aver notato una bellezza prima mai riconosciuta, sputa tre volte nel proprio petto, come a lui insegnato, dalla vecchia Cotittari, proprio per non subire gli effetti

265 Plut. Quaest. conv. 5. 7. 2 (681 ab). 266 Plut. Quaest. conv. 5. 7. 2 (681b).

267 Cfr. D.L.Cairns, Looks of Love and Loathing: Cultural models of Vision and Emotion in Ancient

di una fascinazione268: to spit three times has always been a common enough

procedure to avert the evil eye and Polyphemus is obviously following the instructions of a witch.269 Decisamente più tragica la vicenda del giovane Eutelida, presentata dallo stesso Plutarco nelle Questioni conviviali270.

Il fanciullo, dotato di straordinaria bellezza, si specchiò un giorno nella limpida corrente di un fiume. Vedendo la propria immagine riflessa nello specchio acquatico, fu colto da una passione talmente ardente da ammalarsi ed, infine, morire. Come sottolineato da Carlo Brillante, la vicenda di Eutelida sembrerebbe, a prima vista, rientrare nella fenomenologia tipica dello sguardo d'amore: vedendo

la propria immagine riflessa, Eutelida, di fatto, cede alla passione amorosa come l'erastes in presenza dell'eromenos271. Lo sguardo di Eutelida, tuttavia, proprio perché rivolto a se stesso, esclude quella reciprocità che, invece, è tipica della visione amorosa; il fanciullo finisce, in realtà, con il rimanere affascinato dalla propria immagine: nell'immagine riflessa, pertanto, gli effetti dello sguardo amoroso e di quello invidioso vengono a coincidere272.

Se gli esempi citati richiamano situazioni di fascinazione involontaria, di tutt'altra natura é l'azione della maga Medea nelle Argonautiche di Apollonio Rodio. Nel passo di Apollonio, infatti, l'eliminazione del gigante Talos ad opera di Medea per mezzo degli occhi si configura come vera propria stregoneria e magia273.

Anche in questo caso, tuttavia, l'azione nociva della fanciulla di Colchide avviene direttamente attraverso lo sguardo (ἐχθοδαποῖσιν/ ὄμμασι χαλκείοιο Τάλω

ἐμέγηρεν ὀπωπάς)274, tanto da suscitare l'intervento empatico del poeta, che mostra il suo sgomento per come la morte possa giungere non solo con malattie e ferite, ma anche da lontano, con l'influsso nocivo di qualcuno (Ζεῦ πάτερ, ἦ μέγα δή

268 Theocr. 6. 34-39.

269 P. Walcot, Envy and the Greeks, Warminster1978, p. 80. 270 Plut. Quaest. Conv.5.7.4 (628b).

271 C. Brillante, L'invidia dei Telchini e l'origine delle arti, <<Aufidus>>, 19 (1993), p.21.

272 La storia di Eutelida troverà, peraltro, vivida eco nella vicenda di Narciso, descritta da Ovidio nelle Metamorfosi.

273 Ap. 4.1664-1688. Per A. Nuño, op.cit., p.114, quello offerto da Apollonio Rodio è l'unico esempio, presentato dal mondo antico, in cui il malocchio si configura come una vera e propria forma di magia e stregoneria, invocata volontariamente.

μοι ἐνὶ φρεσὶ θάμβος ἄηται,/ εἰ δὴ μὴ νούσοισι τυπῇσί τε μοῦνον ὄλεθρος/ ἀντιάει, καὶ δή τις ἀπόπροθεν ἄμμε χαλέπτει)275.

Diversa fu la spiegazione “scientifica” fornita dallo scrittore Eliodoro ed esposta negli Etiopica.276 Nell'opera di Eliodoro il sacerdote Calasiris, dopo aver scorto, in

testa ad un corteo in onore di Neottolemo, la figlia di Charicle, Charicleia, scopre, assieme al padre della fanciulla, la ragazza in un'improvvisa condizione di malattia e sofferenza. Interrogato da Charicle sulle cause che avrebbero potuto arrecare una tale indisposizione alla giovane, il sacerdote riconduce il tutto alla βασκανία:

μἡ θαύμαζε, εἶπον, εἰ τοσούτοις ἐμπομπεύσασα δήμοις ὀφθαλμόν τινα βάσκανον ἐπεσπάσατο. Secondo Calasiris la persona invidiosa sarebbe in grado di

contaminare l'aria e l'ambiente circostante con il suo afflato corruttore. L'aria contaminata penetrerebbe, poi, nel corpo altrui passando attraverso gli occhi, il naso, il sistema respiratorio (ὁ περικεχυμένος ἡμῖν οὗτος ἀὴρ δι᾽ὀφθαλμῶν τε καὶ

ῥινῶν καὶ ἄσθματος καὶ τῶν ἄλλων πόρων εἰς τὰ βάθη διικνούμενος καὶ τῶν ἔξωθεν ποιοτήτων συνεισφερόμενος, οἷος ἄν εἰσρεύσῃ, τοιοῦτος καὶ τοῖς δεξαμένοις πάθος ἐγκατέσπειρεν. ὥστε ὁπόταν σὺν φθόνῳ τις ἴδοι τὰ καλὰ τὸ περιέχον τε δυσμενοῦς ποιότητος ἐνέπλησε καὶ τὸ παρ᾽ἑαυτοῦ πνεῦμα πικρίας ἀνάμεστον εἰς τὸν πλησίον διερρίπισε, τὸ δέ, ἅτε λεπτομερές, ἄχρις ἐπ᾽ὄστεα καὶ μυελούς αὐτοὺς εἰσδύεται· καὶ νόσος ἐγένετο πολλοῖς ὁ φθόνος οἰκεῖον ὄνομα βασκανίας ἐπιδεξάμενος)277.

Per Eliodoro, dunque, lo φθόνος si configurava come vera epropria malattia capace di infettare l'aria circostante ed in grado, attraverso essa, di penetrare nel corpo umano attraversando i pori corporei. Basilio, nella IV omelia, sull'invidia, riprenderà l'importanza della vista e degli occhi nel processo passionale dell'invidia, collegando il potere dannoso degli occhi all'azione dei demoni che, odiando ciò che è bello e buono, quando trovano uomini animati dai loro stessi istinti, riempiono i loro occhi di influssi maligni278.

L'importanza e l'influenza rivestita dalla fascinazione e dal malocchio nel mondo antico viene confermata anche dai numerosi rimedi atti a prevenirla e a

275 Ap. 4.1673-1675. 276 Hel. Aeth. 3.7-9.

277 Hel. Aeth. 3.7. Sul rapporto tra teoria plutarchea e quella di Eliodoro, Cfr. M.Dickie, Heliodorus

and Plutarch.., op.cit.

278 Basil. Hom.11; cfr., inoltre, Joh. Chrys. Comm.in Gal.3.1. In generale, sulla concezione della fascinazione e del malocchio da parte dei padri della chiesa Cfr. M.Dickie, The fathers of the

sconfiggerla. Alcuni di essi si collegano chiaramente al campo delle superstizioni popolari, come l'atto, già osservato, di sputare tre volte, i gesti apotropaici, l'impiego di figure ed immagini grottesche, i numerosissimi amuleti talismani,

bullae, rinvenuti in abbondante quantità nell'intera area mediterranea279.

In altri casi le soluzioni sono più articolate: l'antropologo americano G.M.Foster ha individuato, nel suo studio sul fenomeno dell'invidia globalmente considerato280, dei modelli di comportamento finalizzati a stornare e respingere l'insorgere dell'invidia altrui: il primo rimedio consiste nel nascondere e celare la propria condizione di benessere, affinché manchi, di fatto, la base per l'insorgere della malevolenza invidiosa (concealment); Il secondo passo, laddove il primo non dovesse trovare successo, consiste nella negazione del proprio benessere, sminuendo i propri meriti o enfatizzando i lati negativi della propria condizione (denial); se anche questa tecnica dovesse fallire, continua Foster, è necessario ricorrere a delle concessioni, una sorta di comunione occasionale , e simbolica, di beni che l'invidiato concede agli invidiosi (sop)281.

Tutti questi rimedi trovano una eco puntuale nelle fonti latine: a proposito del primo punto, infatti, sono numerose le fonti latine che invitano ad assumere un comportamento moderato, evitando l'ostentazione di quei beni in grado di provocare ed eccitare l'invidia282. L'Epistola 105 di Seneca, in particolare, consiglia, a chi voglia stornare l'invidia, di non farsi notare, non mettersi in mostra, imparare a godere dei propri beni in sinu proprio: Invidiam effugies si te non ingesseris oculis,

si bona tua non iactaveris, si scieris in sinu gaudere283.

Del secondo rimedio troviamo alcuni esempi, come vedremo in seguito, nelle fonti oratorie, mentre, a proposito della comunione, temporanea e parziale di alcuni beni da parte dell'invidiato offre testimonianza Marziale, in uno dei suoi epigrammi.284 Esempi come questi, anche se riguardano principalmente l'accezione

279 Cfr. G.Luck, Arcana Mundi: Magic and the Occult in the greek and Roman Worlds, Milano 1997, pp. 19-20; G. Lafaye, op.cit., pp. 983-987; A. Nuňo, op.cit., pp. 163-256. Per uno sguardo d'insieme su tutti questi elementi Cfr. O. Jahn, op.cit.

280 G. M. Foster, op.cit., pp. 175-184.

281 Decisamente estremo, e senza attestazioni nelle fonti latine, il quarto rimedio, proposto da Foster: la comunione effettiva dei beni, true sharing.

282 Cfr. e.g., Sen. Dial. 9.1.8; Epist. 86.4; Tibul. 3.3.11; Hor. Ep. 1.2.32 sgg. 283 Sen. Epist. 105.3.

284 Mart. 3.58-61 Facto vocatur laetus opere vicinus;/ nec avara servat crastinas dapes mensa,/

di invidia come passione sociale, non impediscono, comunque,anche in virtù delle soluzioni adottate (evitare di mostrarsi felici dinnanzi agli altri, assumere un atteggiamento modesto, evitare gli sguardi altrui) di poter identificare, tra i pericoli conseguenti allo scoppio di un sentimento invidioso, anche quello del malocchio e di uno sguardo potenzialmente dannoso.