Capitolo 2 Semantica dell'invidia latina
2.6 Le costruzioni di invideo
Come abbiamo anticipato, l'originaria accezione del verbo invideo come guardare
di malocchio, guardare ostilmente trova riscontro anche nella costruzione
originaria del verbo con l'accusativo. Tuttavia, lo stesso Cicerone, che riporta nelle
Tusculanae la costruzione transitiva del verbo presentata da Accio285, sottolinea come, nella prassi linguistica dei suoi tempi, si fosse ormai definitivamente affermata la costruzione del verbo con il dativo (consuetudine). Cicerone, infatti, nelle sue opere, non userà mai l'accusativo, ma sempre il dativo, in connessione con il verbo invidere286.
Secondo Wünsch287, il progressivo passaggio dall'accusativo al dativo sarebbe stato giustificato dal fatto che, nella costruzione bimembre invideo aliquid alicui, l'attenzione e l'enfasi maggiore sarebbero state poste, più che sull'oggetto invidiato, sulla persona oggetto dell'invidia e dello sguardo malevolo; in questo modo, si sarebbe realizzata una progressiva evanescenza della forma a due elementi, sino ad arrivare all'uso esclusivo del dativo (di svantaggio), per indicare la persona ed in seguito, per analogia, anche l'oggetto288.
A questa analisi ha ribattuto Stiewe289, per il quale la costruzione invideo alicui
aliquid, lungi dal configurarsi come predominante, come richiesto dall'analisi di
Wünsch, troverebbe scarsissimo impiego prima dell'età augustea, dove verrebbe, comunque, utilizzata per veicolare una diversa sfumatura di significato. Per Stiewe,
285 Cfr. supra, n. 201.
286 Anche in considerazione della correzione, apportata da Madvig ed accertata da tutte le moderne edizioni, di Tusc. 3.2 da naturam invidisse a naturae vim vidisse: cfr. S.E.Stout, The
Constructions” Invideo aliquid alicui” and “invideo alicui aliqua re”, <<Cph>>, 20 (1925), p.145, n.
1.
287 R. Wünsch, op.cit., pp. 133-134. 288 Cfr. R. Wünsch, op.cit., pp. 133-134. 289 K. Stiewe, op. cit., p. 167.
invece, il passaggio dal complemento in accusativo a quella in dativo sarebbe conseguenza della necessità di deviare il potere dell'evil eye, mutando l'oggetto diretto con un caso obliquo: Wer etwa aliquis “me invidet” sagte, nannte die Gefahr
bei Namen und mochte seinen Schaden noch erhohen; ein “aliquis mihi invidet” klang schwebend, weniger bedenklich290.
In questo senso, il cambio di costruzione si configura come eine kleine, aber
beachtenswerte Erscheinung des Sprachtabu291. Il progressivo slittamento del verbo dal valore etimologico originario a quello di invidiare favorì la diffusione della costruzione verbale con il dativo, in analogia con i verba nocendi, mentre la costruzione unimembre con l'accusativo della persona trovò impiego scarno solo nelle iscrizioni e nel sermo plebeius292.
La costruzione del verbo con il dativo, della cosa o della persona, divenne, infatti, assolutamente dominante a partire da Plauto293, accostandosi al greco φθονεῖν τινί. Due dativi non erano, comunque, mai utilizzati quando ad essere indicati erano sia l'oggetto che la persona294. Generalmente, infatti, l'oggetto veniva espresso in dativo e la persona da un genitivo o da un pronome possessivo295. Occasionalmente la persona veniva indicata con il dativo e l'oggetto con una proposizione causale introdotta da ob296, propter297, quia298 ad indicare, dunque, il motivo per cui
qualcuno/qualcosa era oggetto di invidia. Con i poeti di età augustea (Virgilio, Orazio, Ovidio) cominciò a diffondersi la costruzione (a due elementi) invidere
290 K.Stiewe, op.cit., p.170. 291 Cfr., supra, nota 42. 292 Cfr. ThLL 7.193, 41-54.
293 Per il dativus personae cfr., e.g.,Plaut. Bacch. 544 sibi ne invideatur... cavent; Capt. 583 est
miserorum, ut malevolentes sint atque invideant bonis; Curc. 180 dum mi abstineant invidere; Persa 776 bene ei qui invidet mi et ei qui hoc gaudet; Ter. Eun. 410 invidere omnes mihi; Lucil.
704 nulli me invidere, non strabonem fieri saepius deliciis me istorum. Per il dativus rei cfr. e.g. Plaut. Most. 307 qui invident, ne umquam eorum quisquam invideat prosus commodis; Verg. Aen. 5.541 nec.. Eurytion praelato invidit honori. Cfr., inoltre, K.Stiewe,, op.cit., p.166.
294 S.E. Stout, The Constructions” Invideo aliquid alicui” and “invideo alicui aliqua re”, <<Cph>>, 20 (1925), p. 145.
295 Cfr. e.g., Plaut. Most.307 qui invident, ne umquam eorum quisquam invideat prosus commodis. 296 Cfr., e.g., Sen. Dial. 3.16.6 si bono viro ob mala facinora irasci convenit, et ob secundas res
malorum hominum invidere convenit
297 Cic. Fam. 1.9.2 quos tibi partim inimicos esse intellegetis propter tuam propugnationem salutis
meae, partim invidere propter illius actionis..gloriam; Sen. Epist. 87.34 multis...propter sapientiam, multis propter iustitiam invidetur.
298 Cfr. e.g. Plaut. Most. 51 quasi invidere mihi hoc videre, Grumio, quia mihi bene est.; Filastr. 1.1 ei
deum invidisse … quia scientiam.. detulit mulieri bonae rei atque malae.; Aug. In Psalm. 44.22 idem.. magis illo invidebant, quia.. in illo gratia praevalebat.
aliquid alicui con dativo ed accusativo299; essa trovò largo impiego dapprima in poesia, ed in seguito, probabilmente a partire da Livio300, anche in prosa301. Alla costruzione dativo ed accusativo era legato il significato del verbo come rifiutare,
non concedere.302
Laddove l'oggetto negato si configurava come un'azione impedita, veniva a formarsi una sententia prohibitiva303, a cui poteva essere legato o meno un complemento di termine (con la funzione di dativus incommodi). L'azione negata/rifiutata poteva essere indicata anche con un'infinitiva304.
Nella seconda metà del I sec. a.C., si diffuse un'altra costruzione per invidere nel senso di maligne negare: a partire, infatti, da Tito Livio, che fornisce la prima testimonianza in merito, la cosa rifiutata venne espressa con l'ablativo, mentre la persona rimase in dativo305. Nel caso del sintagma dativo-ablativo, la costruzione era ricalcata direttamente su quella dei verbi come arceo e privo con ablativo di
299 Attestata, forse, già in Plaut. Most. 51 Quasi invidere mihi hoc (acc. o abl.?) videre, Grumio, quia
mihi bene est et tibi male est. Sulla costruzione invideo aliquid alicui prima di Cat.ull. 64.169, Cfr.
K.Stiewe, op.cit., p.167. Invideo poteva anche trovarsi in congiunzione con un verbo transitivo, finendo col reggere, per zeugma, l'accusativo; cfr. e.g., Ov. Fast. 4.86 Sunt qui tibi mensis
honorem eripuisse velint invideantque, Venus; Stat. Achil. 2. 262 Modo te nox una dedit inviditque mihi; Stat. Theb. 8.68 Ede nefas, quod mirer ego invideantque sorores.
300 Cfr., e.g., Liv. 44. 30. 4. fama fuit ... Etutam pacto fratri eum invidisse; Manil. Astron. 2.143 vel
quibus illa (stella) sacros non invidere meatus Notitiamque sui; 4.874 et fraudare bonis quae nec deus invidit ipse; 4.915 atque ideo faciem coeli non invidet orbi ipse deus; Petr. Sat. 129 homini tam misero non invideo medicinam; Plin. N.H. 15.8 Cereri id totum (sc. frugiferum Africae solum) concessit (natura), oleum ac vinum non invidit tantum satisque gloriae in messibus fecit; Cfr. S. E.
Stout, op.cit., p. 147.
301 S.E. Stout , op.cit., p. 146,sostiene che la costruzione acc/dat potesse essere impiegata anche per ragioni specificamente stilistiche. In Val Max 4.3., ad esempio, l'espressione Ac ne eiusdem
laudis commemorationem externis invideamus eviterebbe l'eccesso di genitivi che si sarebbe
creato nella costruzione tradizionale dat/gen (externorum eiusdem laudis commemorationi). 302 Cfr.e.g. Catull. 64.170 Fors.. nostris invidit questibus aures; Virgil. Eclog. 7.58 Liber pampineas
invidit collibus umbras; Virgil. Aen. 4,234 Ascanione pater Romanus invidet arces?; 8.509 mihi ... senectus invidet imperium; 11.43 tene.. miserande puer... invidit fortuna mihi, ne regna videres nostra?
303 La costruzione poteva prevedere una proposizione introdotta da ne come, e.g., in Val.Fl. 3.306
invidere dei, ne... haec rursus adirem litora.; Ps. Quint. Decl. 10.3 pater invidit matri, ne filio frueretur.; la proposizione poteva essere introdotta anche da ut/ut non come in Virg. Aen,
11.269 invidisse deos...ut coniugium... et.. Calydonia viderem?;Hier. Adv. Pelag. 1.19 cur inviderit
deus creaturis, ut non omnes eadem polleant maiestate.
304 Cfr., e.g., Hor. Sat. 1.2.100 plurima, quae invideant pure tibi adparere tibi rem; Ovid. Met. 4.157
nos, ut quos ..amor iunxit.. , componi tumulo non invideatis eodem.
305 Cfr. e.g. Liv. 2.40 non inviderunt laude sua mulieribus viri; Plin. Epist. 2.10.2 quousque et tibi et
nobis invidebis, tibi maxima laude, nobis voluntate? Sen.Dial. 7.23.3 quid..est, quare illis opibus bono loco invideat sapiens? 7.24.5 ut tibi rationem reddam, qua nulli mortalium invideo; Tac. Ann. 1.22.2 ne hostes quidem sepultura invident. La costruzione con l'ablativo viene attestato
anche da Quint. 9.3.1 Si anticum sermonem nostro comparemus... ut “hac re invidere” non ut
separazione. Un'altra forma, meno diffusa, sempre inerente alla sfumatura semantica del maligne negare, viene riportata e testimoniata da Orazio e prevedeva invece il genitivo della cosa rifiutata306; in questo caso, la struttura ripresa era direttamente quella del greco φθονεῖν (τινί) τινος.307
Come si può notare, la costruzione a due elementi (dat.-gen.; dat.-acc.; dat.-abl.) era legata all'accezione del verbo come negare, non concedere: die syntaktische und die
semasiologische Beobachtung ergänzen einander.308
Per Stiewe, infatti, tutte e tre le costruzioni erano ricalcate su φθονεῖν (τινί) τινος. Mentre, però, le costruzioni dativo-genitivo e dativo-ablativo vennero utilizzate, di fatto, solo come trasposizione in lingua latina dell'originaria costruzione greca, assumendo, dunque, solo il significato di denegare, noli concedere, maligne negare, la forma accusativo-dativo, presente per la prima volta in Catullo con questa accezione, poteva contare su attestazioni, simili, anche se non perfettamente sovrapponibili309, in Plauto e Cicerone.
La costruzione dat.-acc. finirà, dunque, per affermarsi, superando il suo impiego originario come calco di φθονεῖν (τινί) τινος, e finendo anche per veicolare, unica tra le costruzioni bimembri, anche il significato di invidiare qualcosa a qualcuno310, accostandosi dunque, semanticamente, alla forma tradizionale in dativo semplice. Riassumendo, il significato originario del verbo invidere era quello di guardare di
malocchio; da questa attestazione originaria, che lo collegava, anche come
costruzione, ai verba videndi, il verbo è poi passato al significato di invidiare,
dolersi dinnanzi alle fortune altrui, essere ostile e maldisposto,. A questa accezione si
lega anche il significativo separativo del verbo come maligne negare, rifiutare, negare, non concedere (con le costruzioni sopra osservate). In alcuni casi, tuttavia, non è di immediata evidenza se il verbo indichi un rifiuto dettato da invidia e
306 Hor. Sat. 2.6.84 neque ille mus rusticus sepositi ciceris nec longae invidit avenae; Hil. In Psalm. 2.15 Deus bonorum eorum, quae in se sunt aeterna, non invidens.
307 Per una breve disanima della cronologia semantica e lessicale di invideo Cfr. E. C. Woodcock, A
new Latin Syntax, Londra 1959, p.42.
308 K. Stiewe, op.cit., p. 168.
309 K.Stiewe, op.cit., p. 167 rileva che, in frasi come Plaut. Most. 51-52 quasi invidere mihi hoc
videre, Grumio, quia mihi bene est et tibi male est e Cic. Fam. 8.4.1 hoc tibi non invideo, caruisse te pulcherrimo spectaculo et Lentuli Cruris repulsi vultum non vidisse, l'accusativo pronominale sia
così strettamente legato alla proposizione successiva daß sie ihrerseits nicht als Vertretung eines
vorschwebenden einfachen Akkusativ-objektes gelten können.
310 In età augustea questa accezione è presente in Verg. Georg.1.503-504; Hor. Sat. 1-6-50; Epist. 1.14.41; Ov. Fast. 4.86.; per l'uso generale, Cfr. ThLL VII 192.70-193.6.
malevolenza, o un generico divieto e proibizione. Nel quarto libro dell'Eneide, ad esempio, Mercurio, rivolgendosi ad Enea, lo esorta a non invidiare ad Ascanio le rocche romane: si nulla accendit tantarum gloria rerum/ nec super ipsa sua molitur
laude laborem,/ Ascanione pater romanas invidet arces?311. Kaster312, commentando il passo, sottolinea l'invidia provata da Enea verso il figlio.
Considerando che Enea sembrava ormai aver rinunciato a portare a compimento la propria missione provvidenziale, Mercurio esorterebbe Enea a non ostacolare, per invidia, Ascanio dal compiere l'impresa originariamente destinata al padre; il v e r b o invideo, tuttavia, potrebbe essere interpretato, più semplicemente, nell'accezione di un generico impedimento, rifiuto. Enea, bloccato a Cartagine dall'amore di Didone stava, di fatto, impedendo, con il suo indugio(e non, dunque, per risentimento invidioso), ad Ascanio di fondare le rocche romane.
Anche in un caso come quello dell'ottavo libro dell'Eneide, in cui Evandro adduce, come causa che impedisce il suo impegno diretto in guerra, la vecchiaia e le forze mancanti (Sed mihi tarda gelu saeclisque effecta senectus/ invidet imperium
seraeque ad fortia vires)313 il divieto e l'impedimento causati dalla vecchiaia sono, evidentemente, inerenti alla natura umana, non nascono da un particolare senso di invidia o malevolenza nei confronti di Turno. Il significato di invideo come negare in senso generico e non per invidia, si accosterebbe, dunque, al significato del verbo φθονέω che abbiamo visto essere presente in Omero, e troverà eco anche in italiano, come attestato, ad esempio, dalla celeberrima espressione foscoliana dei
Sepolcri:Ma perché prima del tempo a sé il mortale/ invidierà l'illusion che spento7 pur lo sofferma al limitar di Dite?314in cui invidiare significa, semplicemente, negare
a sé, dunque togliere sottrarre. Vi è, però, ancora un'altra possibile sfumatura
possibile del verbo invideo, che lo collega non più all'invidia, ma all'indignazione ed allo sdegno315. Per poter meglio comprendere quest'ultimo aspetto, prenderemo ora in esame la semantica del sostantivo invidia.
311 Verg. Aen. 4.232-234. 312 Cfr. nota 275. 313 Verg. Aen. 8.509.
314 U.Foscolo, Sepolcri, 23-25.