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4.7 M.A.P e C.A.S.E

4.7.3 I M.A.P a Bagno

Se i M.A.P. di Fontecchio sono costituiti da casette singole monofamiliari, quelli di Bagno presentano una struttura a schiera disposta su due piani e ordinata in file parallele che seguono le curve di livello di un pendio leggermente scosceso, rivolgendo le proprie facciate a valle, per un totale di 197 alloggi, inaugurati dal precedente Commissario delegato Guido Bertolaso il 21 gennaio del 2010.204 I moduli presentano colori che variano in base alle file di schiere. Simona mi fa notare che in base al colore e ad alcuni dettagli esterni come le finestre e i tetti (i primi sono bifalde mentre gli ultimi sono monofalda), è possibile individuare la cronologia relativa della loro realizzazione. La tinta delle pareti è un indicatore che aiuta ad identificare e posizionare, rispetto all’uniformità formale dei moduli, il proprio alloggio nonché ad individuarne il momento della realizzazione e spesso anche il riferimento alla ditta che l’ha fabbricato. Concetta, la madre di Simona, mi fa notare che le prime due file di moduli tinteggiati d’un marrone intenso che rasenta l’involucro della castagna, sono stati i primi ad essere costruiti; seguono due file di M.A.P. dalla discutibile tinta grigio militare, cui fanno seguito le ultime file dai toni più accesi, audaci e a tratti sgargianti, come il rosa salmone e il giallo limone.

Essendo Bagno una frazione del capoluogo, sarebbe dovuta essere oggetto del progetto C.A.S.E., tuttavia attraverso l’azione combinata delle pressioni degli abitanti per restare in loco e l’inadeguatezza del luogo ad ospitare la costruzione dei complessi antisismici, si è optato per la realizzazione dei M.A.P.. In questo caso sono particolarmente evidenti le opere di infrastrutturazione che rendono evidentemente definitiva l’edificabilità e la futura destinazione del sito. La madre di Simona esprime efficacemente il cambiamento della percezione del paesaggio a

203 Ferrini, S., “Abitare il provvisorio dopo l’emergenza, in: Clementi”, A., Fusero, P., (a cura di), Progettare dopo il

terremoto, op. cit., p.211.

204

Protezione Civile, Moduli Abitativi Provvisori: nuove consegne nelle frazioni di Bagno e San Gregorio,

seguito dell’installazione dei M.A.P.: “Prima qui (dove sono ubicati i M.A.P.)205 c’era una collinetta, ora è tutto illuminato”.206 Anche all’interno del M.A.P. occorre riplasmare le abitudini e adattarsi alla nuova conformazione dell’alloggio, infatti come emerge dal colloquio, nel M.A.P. della madre di Simona “[…] bisogna stare attenti a non far rumore che si sente tutto.. anche solo respirare, oppure non far cadere le cose quando giocano i bambini e parlare a voce bassa […]”.207 Il terremoto, le sue conseguenze e la percezione dei nuovi insediamenti, si manifesta drammaticamente soprattutto attraverso l’esperienza dei bambini che nel caso delle figlie di Simona, mi viene così descritta: “La figlia piccola che all’epoca del terremoto aveva tre anni disegnava le case nere.. e perché ci chiedevamo? Perché aveva visto una casa bruciata! Mentre quella più grande invece di fare i castelli di sabbia, al mare, faceva delle casette.. e se le chiedevi cos’erano, ti diceva che erano i M.A.P.! Anche ora se le chiedi dove sta la nonna, si va nel M.A.P. del nonna e non a casa della nonna..!”.208

Questi frammenti di esperienza risultano particolarmente eloquenti per osservare come il mutamento della realtà impregni profondamente il cambiamento radicale della visione delle cose e riemerga violentemente attraverso il linguaggio e la riplasmazione della visione dell’idea di casa, normalmente associata a qualcosa di familiare. Infatti “i bambini […] crescono in un ambiente

arredato dal lavoro delle generazioni precedenti, e mentre crescono essi incorporano letteralmente

le forme del loro abitare, nel proprio corpo – in abilità, sensibilità e disposizioni specifiche”.209 Così se le forme dell’abitare si interrompono bruscamente a causa del terremoto, rendono necessario un ri-orientamento e una ri-concettualizzazione dell’idea di casa e di domestico ad essa connessa. Le stesse espressioni indicate per orientarsi e collocare la propria nuova ubicazione all’interno del nuovo complesso dei M.A.P., passano attravero una riappropriazione della definizione degli indirizzi, da parte di alcuni abitanti, dei termini per orientarsi e definire la nuova posizione topografica e abitativa. Non si tratta solo di risolvere il problema meramente tecnico riguardante la necessità di essere inquadrati all’interno di un sistema di coordinate precise a fini identificativi, bensì fanno parte di un più ampio processo di riappropriazione dello spazio al fine di ricostruire i punti di riferimento in un diverso contesto residenziale e il biosgno di riposizionarsi, vale a dire che la «facoltà dell’abitare» necessita di “questo ricostruirsi dell’interazione col luogo210, il ricontestualizzarsi del rapporto”.211 Infatti, la disposizione a schiera dei M.A.P., si presta bene ad una denominazione standardizzata di stampo razionalistico e funzionale che segue l’andamento

205 Corsivo mio. 206

Diario di campo, Vallesindola, 27/07/2011.

207 Intervista a Simona e Concetta, Bagno, 27/07/2011. 208 Ivi.

209 Ingold, T., Ecologia della cultura, op. cit., p.136. 210

Corsivo mio.

regolare dei blocchi designandoli con una numerazione progressiva da 1 a n. Tuttavia, benchè frutto di un processo speditivo e pratico, l’identificazione numerale della disposizione abitativa viene risagomata dai residenti, prima attravero il linguaggio colloquiale in cui per comunicare la propria posizione nel nuovo complesso, ci si riferisce ai colori delle pareti esterne dei M.A.P. (il grigio identifica i primi M.A.P., il giallo e rosa quelli più recenti) e, successivamente, attraverso il lavoro di un gruppo di abitanti, si tenta di assegnare dei nomi alle strade (via Ugo Foscolo, ad esempio)212 che si snodano nel complesso di alloggi, compiendo un’operazione di «addolcimento» e addomesticamento dei nuovi spazi. Così la «facoltà dell’abitare» “è si percezione, ma anche

definizione dello spazio intorno, tracciamento su di esso delle proprie intenzioni, dei propri

movimenti”.213

Più in generale esistono M.A.P. di varie tipologie, chalet ad un piano mono/plurifamiliari, oppure villette a schiera a due piani, e benchè tutte siano accomunate dal materiale ligneo non richiedono particolari sistemi antisismici, poiché il materiale di costruzione e la soluzione costruttiva risulta già di per se stessa antisismica.

212

Diario di campo, Vallesindola, 27/07/2011.

Cap. 5

Paesaggi post-sismici: l’abitare ed il costruire, prima e dopo il sisma

Solo le rovine, in quanto hanno la forma di un ricordo, permettono di sfuggire a questa delusione: esse non sono il ricordo di nessuno, ma si presentano a chi le percorre come un passato che egli avrebbe perduto di vista, dimenticato, e che tuttavia gli direbbe ancora qualcosa. Un passato al quale egli sopravvive. Marc Augè, Rovine e macerie. Il senso del

tempo, p.74.

Avvolta nel castello delle impalcature, come un mucchio confuso d’assi, corde, secchi, setacci, mattoni, impasti di sabbia e calce, la casa cresceva nell’autunno. Già sul giardino si abbatteva la sua ala d’ombra; il cielo alle finestre della villa era murato.

Italo Calvino, La speculazione edilizia, p.111.

L’ideologia medica fa da abile supporto ad una visione che, sul solido ramo illuminista della cultura «cittadina» vede il normale nell’«uomo a suo agio dapperttutto, duttile, adattabile, pronto all’azione e al profitto», e l’anormale in colui che «è rimasto sempre a casa».

Franco la Cecla, Perdersi. L’uomo senza

ambiente, p.37.