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La percezione del rischio sismico: tra agibilità e domesticità

Questo breve paragrafo è utile al fine di contestualizzare su quali parametri e con quali modalità si sono svolte le verifiche di agibilità per le abitazioni colpite dal sisma e rientranti, perciò, nel cosiddetto cratere sismico; da integrare nella complessa percezione del rischio di stare e ritornare alle proprie case. È molto interessante notare la discrepanza tra gli esiti di agibilità negativi, basati su una razionalità puramente tecnocratica e ingegneristica e la percezione, come nel caso concreto di Alessio, che la propria casa non rappresenti un reale pericolo per se stessi. Occorre tenere presente che il fulcro del discorso è la casa, il proprio microcosmo, sede di sacrifici e investimenti non solo economici e materiali ma soprattutto affettivi ed emozionali.

Dunque, prima di calarmi nei dettagli tecnici e documentali delle categorie valutative, espongo un passaggio della conversazione con Alessio.

G.P.: “Ascolta, ma la «E» è quella del tutto inagibile, la «F» pericolo esterno?”

Alessio: “Per esempio questa casa qui che non ha avuto danni – dove c’è l’auletta – in realtà è «F» per una.. perché dicevano che c’era un passetto, questo passetto qui, dove si era fatta una crepina.. tanto per dirti il livello di.. dell’analisi”;

G.P.: “Pericolo esterno quindi..”;

Alessio: “E quindi questo faceva sì che era pericoloso passar là sotto, quindi quella diventa F! Insomma.. una barzelletta abbastanza.. In qualche caso no ovviamente, il pericolo c’è davvero, ma in molti casi han fatto così.. Questa casa di fronte è B, non c’ha praticamente nulla tranne questa crepina qui.. due tre crepine..”;

G.P.: “Ma allora diciamo che «A» è agibile, «B», «C» e «D»..”;

Alessio: “«B» sono danni facilmente removibili, tipo una tegola che sta messa male, arrivi là togli la tegola, sistemi ed è risolto. «C» sono danni un pochino più gravi ma sempre di questo genere. «D» è che dovevano revisionarla.. la torricina per lungo tempo è stata «D» poi l’han rivista e han detto che era «A»! […] Lì c’era il problema di capire cos’era successo sotto alle rocce, se si erano scombicchierate o meno.. poi han detto che non s’erano mosse per cui.. invece «E» danno grave e «F» quello esterno”;

G.P.: “Perché sarebbe questa..”;

Alessio: “Questa è.. inagibile, classificata «E». però il fatto della classificazione è stata una cosa molto da.. perché nei giorni successivi al terremoto sono arrivate squadre da tutta Italia dei tecnici dei vari uffici tecnici dei Comuni, mandati dallo Stato che, che dovevano fare una verifica e con la domanda m’hanno spiegato, siccome sono l’unico presete continuativamente qua.. ho fatto un po’ il San Pietro della situazione: mi son dovuto far dare le chiavi, con un po’ di fatica, da tutti i vicini dell’isolato, e portavo a vedere le varie case per vedere i danni..”;

G.P.: “Venivano i tecnici della protezione civile?”;

Alessio: “Si, una settimana dopo.. e venivano questi che non avevano.. intanto davano giudizi totalmente eterogenei perché avevano formazioni diverse, esperienze diverse.. mi hanno spiegato poi, in realtà, che i tecnici solo il 10% in Italia si sono formati sulla muratura, di ingegneri; gli altri son formati sul cemento armato! La muratura è difficilmente valutabile.. un edificio in muratura, poi, che ha avuto tante aggiunte, cambiamenti. E questi, la domanda a cui dovevano rispondere era: ma se viene un’altra scossa regge sta casa o no? Per cui – immagino io – mettendomi nei loro panni, questi si assumevano la responsabilità di dire: regge.. E quindi questa prima ricognizione che serviva solamente per dire se la gente può rientrare in casa o no, hanno detto molto spesso che le case sono inagibili quando magari buona parte erano agibili..”;

G.P.: “E quindi si potrebbe dire che la classificazione di agibilità di una casa non segue un criterio oggettivo..”;

Alessio: “Assolutamente no! Per dire: la casa qua di fronte che poi hanno fasciato, l’hanno classificata B, che ha danni leggeri, e però addirittura hanno messo le fasce perché un muro si è un po’ spanciato.. non è in condizioni gravi però sicuramente ha più danni di questa. Però siccome questa è collegata ad un altro edificio, più in là, che è messo male poi dopo son passati i tecnici e hanno detto: eh ma qui la malta è vecchia.. e grazie al cavolo! Ha centinaia d’anni sta casa, per forza è vecchia! Davano dei giudizi poi con quest’aria da.. io non sapevo com’era la situazione realmente e questi pure! E quindi andavano dentro e sembrava che entrassero in un posto che stava per crollare da un momento all’altro! Poi mi son reso conto che non è assolutamente così perché son venute parecchie altre scosse e questo sta in piedi benissimo, non ha avuto altre crepe!”;

G.P.: “Ma quante scosse hai contato?”;

Alessio: “Tante.. non ho idea.. noi avevamo, proprio i giorni successivi, eravamo qua dentro per far vedere a un parente che è compente sui danni, è arrivata una scossa e ci siam fatti una corsa! Anche perché, poi, qui non sai dove scappare.. cioè hai il problema qui di tutti sti vicoletti che non è facile fuggire..”;

G.P.: “Ma quindi i tecnici ti hanno spiegato..”;

Alessio: “Noo.. i tecnici non m’hanno spiegato niente.. avevano una scheda demenziale da compilare, che neanche loro sapevano bene come compilare, fotocopiata male per cui certe cose non si capivano cosa c’era scritto e hanno fatto questa prima ricognizione, così, alla buona. L’han depositata in Comune e il Comune ha fatto l’ordinanza dicendo che era inagibile. Poi L’Aquila è completamente diverso perché qui nessuno ha controllato che effettivamente nessuno andasse in casa o meno. per cui noi, passata la prima grossa paura, qui ci siamo venuti e ci siamo anche stati un

po’ in attesa sul da fare. In realtà i primi giorni siamo stati in tenda ma non volevamo andare alla tendopoli che era stata allestita.”;70

[…];

Dopo il breve racconto del vissuto di quella notte, inizia per Alessio un’esperienza sconcertante, nuova, del tutto imprevista, ovvero quella che l’etichetta dei media e della tassonomia spinta chiamano terremotato. La battaglia quotidiana si gioca, è proprio il caso di dirlo, in casa: la propria casa. Occorre capire se ha riportato danni, di che entità, quali costi avrà ripararla, quanto tempo ci vorrà per riabitarla e se resisterà al prossimo terremoto.

Alessio: “Ah no dicevo.. in realtà le case che son state colpite, soprattutto, son state quelle che avevano poca manutenzione, in un paese come questo; altrove no. Perché qui non c’è stata, avendo il paese sotto uno zoccolo di roccia, non c’è stata l’amplificazione sismica, tant’è che la cosa buffa – che io ho notato – c’è proprio una specie di rimozione. Pensa che io mi fregio di essere uno che si occupa di paesaggio e di osservare i segni e così.. ma tutti quelli dei terremoti antichi io non li ho voluti vedere. Cioè, nel senso, dopo son venuti degli esperti che abbiamo invitato qua e gli abbiamo fatto fare una visita per il paese e invece è pieno pieno di segni dei terremoti!”;

G.P.: “Potresti indicarmene alcuni?”;

Alessio: “Dopo se vuoi ti faccio fare un giro! Comunque tanto per dire: i muri a spinta, i contrafforti diciamo, i muri a spinta per rinforzare le pareti e pieno! Catene! Ce ne sono di tutte le epoche: dal settecento, da quando questa tecnica è stata inventata in poi.. […] Ci sono poi i rilievi che sono stati aggiunti dopo perché in qualche punto coprono le cornici delle porte […]”;

G.P.: “Quindi c’è una memoria geografica e storica..”;

Alessio: “Sì, però io ero come convinto che il terremoto fosse una cosa del passato, che non potesse più colpire. Succederà magari.. però non può toccare.. Non ci pensai neppure tant’è – pensa che buffo – insomma.. guarda questo soffitto qua, questo solaio qua l’abbiamo rifatto nel 1992-93. Allora il volevo mantenere i mattoncini perché ci tenevo a tenerli. Il muratore, che è un amico e una persona molto intelligente, è stato l’unico, l’unico, l’unico che m’ha detto: guarda questi qua però se vogliamo lasciarli bisogna fissarli bene perché in caso di scossa i travetti si possono muovere e ti cascano in testa! E quindi abbiam messo su del cemento e poi sughero, eccetera. Il solaio che abbiam fatto, sospeso, su un arco di mattoni io avevo detto: dove la volta veniva vicina a questo solaio metto un paletto così si scarica un po’ sulla volta.. lui mi ha detto: stai attento perché questo ti fa l’effetto martello sulla volta di sotto e io non l’ho messo! Però è stato l’unico che mi ha detto che esisteva il terremoto qua, e io poi ero tentato, nel senso: che esagerato, freghiamocene dei suoi consigli! Allora io poi ho restaurato la casa, né il tecnico né l’ufficio tecnico mi han detto: signore,

guardi che qui siamo in zona di terremoto, se vuoi ristrutturar una casa e vuoi farci una struttura ricettiva devi metterci le catene, questo e quell’altro.. zero! Allora la rimozione non è solo mia. Io sono ignorante in materia, mi son fatto un po’ di esperienza sul campo però la rimozione è proprio collettiva e anche di chi dovrebbe assolutamente saperlo. Un tecnico – insomma – che lavora da queste parti, un ufficio tecnico che lavora da queste parti dovrebbe essere l’abc questo e invece proprio neanche un cenno, neanche neanche.. insomma c’hanno rotto le scatole a morte – forse anche giustamente – sugli aspetti energetici che c’era una nuova legge per l’isolamento.. per cui su quello c’hanno rotto le scatole ma su questo neanche accennato! Non è che dici: siamo su una faglia qua! Zero! E quella è una cosa che dopo sconcerta!”;71

[…];

Pare che la memoria storica venga attinta dagli archivi, una volta perduta quella geografica, è il terremoto stesso a riportare all’attenzione della storia ciò che molti uomini hanno dimenticato o mai imparato: la clausola della sismicità. Alessio: “E poi ti dico un’altra cosa! Poi c’è stato il famoso terremoto di Avezzano del 1915 […]. Anche qui questa casa qua è del 1930 perché quello che c’era era caduto col terremoto, e questa zona qui di chiama le sellamate che vuol dire: i crolli. Perché questo muro si era sellamato.. slamare no? Qui è pronunciato lungo: sellamare ma è slamare che vuol dire: crollare, franare. Se tu poi vai a vedere il muro sotto, anche il muro di cinta – diciamo – il muro del paese, dall’orticello mio, si vede proprio che c’era un muro che è crollato e poi è stato ricostruito un po’ arretrato”.72

L’archeologia linguistica e lo scavo stratigrafico verbale, lungi dall’essere un’operazione di riesumazione del significato delle parole, assume un rinnovato valore contestuale e attuale, densificando una memoria ecologica riposizionata nel presente. Questo esempio di «microtoponimo ambientale»73 rappresenta un utilissimo indizio per ricostruire l’orientamento territoriale dei membri della comunità e le conoscenze ecologiche native evidenzianti una memoria geografica significativa poiché non cartografata.

A conclusione di questa conversazione con Alessio vorrei evidenziare, tra gli altri, due punti che reputo essenziali: il primo concerne i consigli del muratore amico di Alessio e il secondo la memoria storica contenuta nella toponomastica locale. Nel primo caso la consapevolezza di abitare una zona a rischio sismico induce il muratore a dare dei consigli sui tipi di lavori restaurativi e, quindi, su particolari comportamenti da tenere sempre ben presenti, operando in area sismica. Questo tipo di conoscenza, che impregna il lavoro stesso del muratore, può essere considerata una

71 Ivi. 72

Ivi.

forma di sapere locale incorporato, imbricata in una certa percezione del rischio sismico e che trasmessa ad Alessio Di Giulio restituisce, ad egli stesso, la consapevolezza di vivere in una casa percepita come sicura.

Nel secondo caso la denominazione dei luoghi reca essa stessa, nel linguaggio, forme di saperi ecologici connessi alla realtà locale. Perciò la memoria di un terreno difficile, franoso e pericoloso se esposto anche al verificarsi di eventi calamitosi lo ha preservato da ulteriori espansioni edilizie, fungendo da fattore in grado di diminuire la vulnerabilità dei membri della comunità, lì residenti. La tabella qui riportata pone in rilievo la classificazione degli esiti di agibilità degli edifici censiti ed esaminati per ogni comune del cratere. La categorizzazione dei danni riportati dalle singole strutture viene ricondotta graficamente all’interno di un’apposita scheda compilata dai tecnici incaricati e suddivisa in nove sezioni74, denominata AeDES; mentre l’esito ufficiale viene dichiarato dagli uffici dell’Amministrazione Comunale preposti.

I giudizi di agibilità sono, quindi, ricondotti all’interno di una scala identificata da una progressione letterale (A, B, C, D, E, F) in cui, ad ogni lettera, corrisponde un esito di agibilità o meno sulla base dell’entità del danno rilevato. Al fine di chiarire il significato dell’attribuzione di agibilità il

Dipartimento di Protezione Civile in coordinazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri,

grazie all’ordinanza n. 3753/2009, ha stilato un documento in cui chiarisce l’esito dei sopralluoghi e la modalità di valutazione75:

- A: Edificio agibile;

- B: Edificio temporaneamente inagibile (tutto o parte) ma agibile con provvedimenti di pronto intervento;

- C: Edificio parzialmente inagibile;

- D: Edificio temporaneamente inagibile da rivedere con approfondimento; - E: Edificio inagibile;

- F: Edificio inagibile per grave rischio esterno;

Il giudizio di agibilità di un edificio è un’operazione che comporta una decisione estremamente delicata e complessa e richiede una notevole responsabilità. Per questo il parere delle squadre di tecnici deve tenere presente un insieme di fattori tra cui: la possibilità che si verifichino altre scosse tali da compromettere ulteriormente la struttura dell’edificio (che implica una variabilità nel breve

74 Sez. 1: Identificazione edificio; Sez. 2: Descrizione edificio; Sez. 3: Tipologia; Sez. 4: Danni ad elementi strutturali e

provvedimenti di pronto interventi eseguiti; Sez. 5: Danni ad elementi non strutturali e provvedimenti di pronto intervento eseguiti; Sez. 6: Pericolo esterno indotto da altre costruzioni e provvedimenti di p.i. eseguiti; Sez. 7: Terreno e fondazioni; Sez. 8: Giudizio di agibilità; Sez. 9: Altre osservazioni.

tempo del medesimo giudizio), la qualità dell’edificato ed il tipo di edificio (cemento e muratura in aggregato o complesso singolo) e il tipo di suolo su cui poggia l’edificio.

Tuttavia alla base di questi giudizi vi è la preparazione dei tecnici e la loro stessa percezione del rischio sismico soprattutto per i rilievi iniziali, quando le scosse di assestamento erano ancora intense e numerose.

Si possono anche verificare situazione molto particolari e quasi paradossali come, ad esempio, il ricevere un esito di agibilità positivo per la propria abitazione la quale, però, essendo situata in una

zona rossa cioè delimitata e chiusa equivale, di fatto, ad un ovvio ed evidente impedimento nel

praticarla.

Ma al di là dell’esito di agibilità ciò che risulta estremamente interessante notare è la percezione del rischio nel decidere di recarsi o meno nella propria abitazione, di restarci anche solo per qualche ora al giorno per sistemare le cose e tenerla in ordine o addirittura per lavorarci, come nel caso riportato nell’intervista ad Alessio.

Cap. 4

Organizzazione del territorio e percezione del paesaggio in ambito post-sismico

Per ricostruzione - nell’ambito di questo testo – si deve intendere quell’avvenimento non comune (straordinario, eccezionale) che succede a una catastrofe e che consiste nel rifacimento – sul sito preesistente, attraverso piani, progetti, ecc. – di un intero contesto, fili e trame insieme, unità e totalità simultanee (la referenza congiunta al referente).

Giovanni Pietro Nimis, La ricostruzione possibile.

La ricostruzione del centro storico di Gemona del Friuli dopo il terremoto del 1976, p.23.

New towns come Thamesmead, non ancora completate, presentavano già i segni di un violento rifiuto da parte degli abitanti. I luoghi destinati alla socializzazione, i ballatoi, i percorsi, le rampe pedonali, erano i più colpiti dal vandalismo. Al contrario ai margini della new town si ergeva un enorme ammasso di copertoni, legna e corde che, assemblati in cataste, scale e torri dai giovani del posto, costituivano il luogo più vissuto e affollato.

Franco La Cecla, Perdersi, L’uomo senza

ambiente, p.77.

Ma poi che sarà mai una new town? Semplicemente una città nuova o qualcosa di simile a quelle città nuove cui rimanda, nella storia, nella storia dell’architettura e nella storia urbana, l’espressione new town?

Francesco Erbani, Il disastro. L’Aquila dopo il

terremoto: le scelte e le colpe, p.75.