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diritti dell’uomo?

1.4. Bail-in e Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

Può essere più vantaggioso per un risparmiatore contestare la legittimità della direttiva 2014/59/UE per contrato con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea?

I segnali che provengono dalla Corte di giustizia non sono per adesso

incoraggianti. Se la sentenza concernente il caso Kotnik e altri28 lascia aperta la

possibilità che in futuro la Corte non ravvisi un contrasto fra diritto di proprietà tutelato dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (oltre che principio generale del diritto dell’Unione) e strumento del bail-in (v. infra), le cose potrebbero non andare meglio in caso contrario. La pronuncia del medesimo

tribunale nel caso Leda Advertising e altri29 (v. infra) indica, infatti, che la Corte,

pur accertando l’esistenza di un contrasto fra diritto di proprietà e disposizioni della direttiva che contemplano il bail-in, potrebbe giustificare limitazioni al godimento dei risparmi in considerazione dell’interesse di garantire la stabilità del sistema bancario di uno Stato e, più in ge-nerale, dell’Unione. Ai sensi dell’art. 17, par. 1, della Carta, infatti, come per l’art. 1 del I Protocollo addizionale alla Cedu, «[n]essuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge» (corsivo aggiunto). A rendere probabile questa conclusione vi è anche il fatto che l’art. 52 del medesimo trattato prevede che quando la Carta contiene diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Cedu il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli garantiti da quest’ultima. E come è stato illustrato (v. par. 1.2), la stabilità del sistema bancario è stata considerata dalla Corte di Strasburgo un motivo di interesse pubblico idoneo a giustificare limitazioni del diritto di proprietà.

Anche nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione europea il giudizio concernente la legittimità della regola del bail-in, sarà in ultima analisi, un giudizio sulla proporzionalità della limitazione del diritto di disporre dei propri risparmi rispetto all’inte-resse generale di proteggere la stabilità del sistema bancario europeo.

28 Sentenza del 19 luglio 2016, Tadej Kotnik e altri c. Slovenia, C526/14. Per alcuni commenti

cfr. F. Croci, La Corte di giustizia si pronuncia sul requisito della condivisione degli oneri relativi agli

aiuti di Stato alle banche: una “legittimazione” del bail-in?, Sidi-blog (www.sidiblog.org), 30 agosto

2016; N. Ruccia, Le crisi bancarie al vaglio della Corte di giustizia. Osservazioni sulla sentenza del 19

luglio 2016, causa c-526/14, Tadej Kotnik e altri, Eurojust.it (http://rivista.eurojus.it), pubblicato il 5

settembre 2016.

1.4.1. Segue: Possibili implicazioni della sentenza della Corte di giustizia del- l’Unione europea nel caso Kotnik e altri

Nella sentenza concernente il caso Kotnik e altri la Corte di giustizia si è pro- nunciata sulla questione se il diritto di proprietà tutelato dall’art. 17 della Carta dei diritti fondamenti dell’Unione possa essere interpretato nel senso che osta alla par- tecipazione di azionisti e obbligazionisti subordinati al salvataggio di un istituto di credito (cd. principio del burden sharing). Tale partecipazione è raccomandata dalla

Comunicazione della Commissione relativa all’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria quale

condizione affinché la Commissione possa autorizzare la concessione di aiuti di stato ad un istituto di credito in crisi.

La sentenza ha escluso il contrasto fra il principio del burden sharing e il diritto di proprietà nella misura in cui gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati, seppur in

misura differente, sono responsabili per le passività della banca 30.

In considerazione di tale conclusione non è semplice pronosticare a quale con- clusione potrebbe giungere la Corte se chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della direttiva 2014/59/UE nella misura in cui prevede la regola del bail-in per contrasto con il diritto di proprietà.

Scegliendo un approccio formalistico, forse più probabile, la Corte potrebbe ac- certare l’esistenza di un conflitto fra tali norme poiché, a differenza degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, stipulando il contratto di deposito i risparmiatori non si sono assunti il rischio d’impresa (almeno per quei depositi che non costitui- scono una forma di investimento).

In una prospettiva di tipo sostanziale, che tenga anche conto degli orientamenti emersi nell’interpretazione dell’art. 1 del I Protocollo addizionale alla Cedu, potreb- be invece essere valorizzata la conoscenza da parte dei depositanti vuoi delle condi- zioni di crisi in cui versava l’ente creditizio presso il quale avevano accantono i loro risparmi, vuoi della possibilità che l’autorità di risoluzione della crisi scelga lo stru- mento del bail-in. Se ai depositanti venisse anche garantita la possibilità di mettere i risparmi al riparo da rischi, la Corte potrebbe escludere l’esistenza di una violazione dell’art. 17 della Carta enfatizzando che in tali circostanze i titolari di depositi non garantiti hanno assunto un rischio decidendo di non ridurre o estinguere i depositi.

1.4.2. Segue: Probabile giustificazione della violazione della Carta ad opera della direttiva 2014/59/UE per proteggere la stabilità del sistema bancario euro- peo: il caso Ledra Advertising e altri

Nella sentenza concernente l’affare Ledra Adverting e altri la Grande sezione si è pronunciata su ricorsi volti ad ottenere il risarcimento del danno che i ricorrenti

asserivano di avere subito a causa del comportamento di due istituzioni dell’Unio- ne, la Commissione e la BCE. Secondo i ricorrenti tali istituzioni, negoziando e concludendo (la Commissione) per conto del Consiglio dei governatori del MES il Protocollo d’intesa sulla politica di condizionalità economica fra Cipro e il MES

del 26 aprile 2013 31, avevano sostanzialmente imposto al governo cipriota, quale

condizione per la concessione dell’assistenza finanziaria richiesta al MES, l’adozione dei provvedimenti legislativi che prevedevano la sottoposizione di due istituti di credito presso i quali i ricorrenti detenevano i propri risparmi ad una procedura di risanamento che aveva comportato una riduzione sostanziale del valore dei loro de- positi. I ricorrenti denunciavano che la condotta delle due istituzioni, all’origine del danno da essi subito, fosse contraria all’art. 17 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione europea 32.

La Corte ha ritenuto che il Protocollo d’intesa non fosse un atto normativo

attri-buibile alle due istituzioni, e dunque all’Unione33. Ciò non le ha impedito di

rite-nersi competente a conoscere dei ricorsi, ritenendo che la responsabilità extra- con-trattuale dell’Unione può sorgere anche quando un’istituzione, agendo al di fuori del quadro normativo dell’Unione, tenga condotte contrarie alla Carta in

quanto anche in tali casi le istituzioni sono tenute a rispettarla 34. Ad esempio se la

Commissione

31 Contestati erano i punti da 1.23 a 1.27.

32 La Grande sezione si è pronunciata sulle domande di risarcimento danni in oggetto dopo

aver annullato tre ordinanze del Tribunale (ordinanze del 10 novembre 2014, Ledra Advertising (T- 289/13), Eleftheriou e altri (T-291/13) e Theophilou (T-293/13)) per effetto delle quali quest’ultimo aveva respinto identici ricorsi proposti dai medesimi ricorrenti giudicandoli in parte irricevibili, in parte infondati. I ricorsi erano stati giudicati irricevibili perché fondati sull’illegittimità di un atto o di un comportamento che non era stato adottato da un’istituzione dell’Unione o dai suoi agenti. In- fatti, ad opinione del Tribunale l’adozione Protocollo d’intesa, che secondo i ricorrenti era all’origine del danno da essi subito, non era attribuibile alla Commissione (né alla BCE), la quale negoziando e firmando il Protocollo d’intesa aveva agito per conto del Consiglio dei governatori del MES. Richia- mando la sentenza della Corte nel caso Pringle (v. sentenza del 27 novembre 2012, C370/12, punto 161), il Tribunale aveva ribadito che le funzioni affidate alla Commissione e alla BCE nell’ambito del Trattato MES non implicano alcun potere decisionale proprio e che le attività svolte da queste due istituzioni nell’ambito dello stesso Trattato impegnano solo il MES. La Corte ha invece ritenuto che il Tribunale fosse incorso in un errore di diritto interpretando le disposizioni del TFUE concernenti il ricorso per risarcimento del danno causato dall’azione dell’Unione nel senso che precludono alla Corte di conoscere di un ricorso quando la condotta o l’atto all’origine del danno non è attribuibile ad un’istituzione dell’Unione, ma l’istituzione ha semplicemente concorso al suo avverarsi: Ledra Ad-

vertising, cit., par. 60.

33 Ledra Advertising, cit., parr. 52-54.

34 Richiamando le conclusioni raggiunte nel caso Pringle (parr. 162-164) la Corte ha infatti ribadi-

to che i compiti affidati alla Commissione e alla BCE nell’ambito del Trattato MES non snaturano le attribuzioni che i Trattati conferiscono a tali istituzioni e che la Commissione, in particolare, continua ad avere il compito e la responsabilità di vigilare sull’applicazione del diritto dell’Unione (art. 17, par. 1, TUE) oltre che, ai sensi del Trattato istitutivo del MES (art. 13, parr. 3 e 4), l’obbligo di monitorare la compatibilità con il diritto dell’Unione dei protocolli d’intesa conclusi dal MES: Ledra Advertising,

avesse nutrito dubbi circa la compatibilità con la Carta del Protocollo d’intesa fra Cipro e MES avrebbe dovuto, ad opinione della Corte, astenersi dal firmarlo. Nel caso specifico, pur riconoscendo che le misure statali adottate in attuazione di detto Protocollo avevano ridotto i risparmi dei ricorrenti, la Corte le ha giustificate in considerazione dell’interesse pubblico a salvaguardare la stabilità del sistema bancario della zona euro nel suo complesso. Ad opinione della Corte tale stabilità avrebbe potuto essere compromessa dalla crisi del sistema bancario in uno Stato

membro, causando anche gravi ripercussioni sull’economia reale35. L’importanza

dell’interesse pubblico da difendere e le perdite finanziarie cui sarebbero stati esposti i depositanti presso le due banche interessate in caso di un loro fallimento sono stati poi gli argomenti utilizzati dalla Corte per giudicare le misure contestate come proporzionali, e così per escludere il diritto dei ricorrenti al risarcimento del danno.

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35 Già alla luce della sentenza concernente il caso Kotnik era possibile pronosticare che la Corte

sarebbe giunta ad una tale conclusione. In quella pronuncia, pur avendo escluso l’esistenza di un con- trasto fra regola del burden sharing e diritto di proprietà, la Corte aveva, ad abundantiam, osservato che l’obiettivo di garantire la stabilità del sistema finanziario, al contempo evitando una spesa pubblica eccessiva e minimizzando le distorsioni della concorrenza, costituivano un interesse pubblico superio- re dell’Unione: Kotnik, cit., par. 69.

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E MONETARIA SUL RISPARMIO:

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