Ugo Bigger
1.6. Quali norme sarebbero opportune oggi?
Come abbiamo visto, le evoluzioni dei mercati e della regolamentazione finan- ziaria rendono ardua l’operazione di delineare la funzione sociale del risparmio e minano l’effettività delle norme poste dall’ordinamento a tutela dei risparmiatori. È possibile uscire da questo trend involutivo?
I criteri principali su cui si basano le idee esposte qui di seguito sono: la trasparen- za, l’interazione positiva che si può generare sul fronte reputazionale con cittadini ed istituzioni e, infine, la limitazione degli eccessi oggi consentiti ai mercati finanziari.
10 Si v. le interessanti analisi formulate, a tal proposito, da T. Piketty, Il capitale nel XXI secolo, trad. it.
1.6.1. Visibilità
In considerazione di quanto detto (v. supra § 1.3) sarebbe sicuramente necessario avere norme che favoriscano la trasparenza e la chiarezza sulle modalità e sui settori di impiego del risparmio da parte degli operatori finanziari e dei singoli prodotti di investimento di risparmio. Una “disclosure” sulle policy di credito o di investimento che potrebbe avere vari livelli di “profondità” anche in funzione del tipo di funzione sociale cui si vuole dare risposta. Il fine è quello di poter verificare in modo semplice ove gli intermediari finanziari indirizzino le risorse raccolte tramite il risparmio e gli investimenti.
1.6.2. Misurabilità
In un’ottica di efficacia sarebbe utile avere un quadro di riferimento sugli indi- catori di misura delle performance sociale (ed ambientali) e quindi sulle modalità di misura. Infatti, la trasparenza sui settori di intervento è utile soprattutto in una logica di selezione negativa: aiuta a verificare che alcuni settori controversi siano esclusi, ma potrebbe dare informazioni incomplete su settori che possono essere potenzialmente dannosi. Si pensi come esempio al settore dell’agricoltura in cui si può avere sfruttamento intensivo dell’ambiente o “land grabbing” o invece pro- duzioni di qualità e pratiche eccellenti di sostenibilità. È così un tema di assoluto rilievo la misura dell’impatto a partire da indicatori chiari. A livello internazionale questa necessità di misurare si incrocia con percorsi di regolamentazione volontaria quali la Global Reporting Initiative promossa dalle Nazioni Unite sui criteri di reda- zione dei bilanci o i sistemi di certificazione ambientale e sociali. Le iniziative che si
susseguono sull’impatto “investing” 11 hanno il focus sugli investitori istituzionali e
non hanno ancora prodotto uno standard anche se, almeno a livello di definizioni comuni, il Global Impact Investing Network ha avviato un lavoro importante per un
set di definizioni comuni degli indicatori nell’ “impact investing” 12.
In ogni caso, il dibattito internazionale testimonia di una consapevolezza e di un interesse crescenti verso la tracciabilità della funzione sociale delle attività finan- ziarie. Sarebbe utile favorire la diffusione della misura di impatto soprattutto tra gli operatori finanziari.
1.6.3. Incentivazione
Il mercato finanziario, nonostante le buone intenzioni, finisce per disincentivare impieghi stabili e con fini di utilità sociale ed ambientale. I risparmiatori sono chia-
11 Si pensi anche in ambito del G8 alla Task Force On Impact Investing. 12 Si v. https://thegiin.org.
mati a porre attenzione solo su aspetti puramente finanziari anche quando potreb- bero avere sensibilità tali da allontanarli da determinati settori di investimento o, ancor di più, avere una propensione per investimenti connessi a chiari impatti sociali ed ambientali positivi. Se si vuole ridare fiducia alla funzione sociale del risparmio occorre incentivare sia i risparmiatori sia gli operatori totalmente dedicati a finanzia- menti di utilità sociale o che almeno misurino e comunichino attivamente il proprio
impatto sociale ed ambientale 13.
Come detto, esistono già schemi di reporting (a partire dal Global Reporting Ini-
tiative) e buone pratiche che possono essere diffuse maggiormente. Gli incentivi
potrebbero essere di tipo fiscale o di semplificazione normativa.
1.6.4. Riscoprire la mutualità
Il tema della mutualità in finanza sembra essere oggi assolutamente in secondo piano. Eppure nello spirito della carta costituzionale era definito come una delle modalità di fare imprese a forte valenza sociale. In realtà la mutualità in finanza pottrebbe avere oggi un valore non certo inferiore al passato e soprattutto attuarsi in forme nuove al momento non riconosciute come mutualistiche sia dal legislatore che dallo stesso movimento cooperativo. Si pensi, ad esempio, alla spinta innova- trice della cosiddetta “sharing economy” o alle interazioni collaborative che possono attuarsi sul web anche nel settore finanziario. Come detto, vi sono nuove frontiere di mutualità in finanza (i social lending, i crowfunding, le monete complementari…) che avrebbero decisamente bisogno di essere riconosciute nel loro valore sociale per evitare derive esclusivamente legate alla logica del profitto che rischiano di annullar- ne la spinta di innovazione sociale.
1.6.5. Controlli
Si necessita di norme che riportino chiaramente l’onere del controllo, della ga- ranzia sulle veridicità delle comunicazioni sociali e, soprattutto, della garanzia del buon funzionamento dei mercati finanziari alle istituzioni preposte piuttosto che alla capacità di informazione dei singoli risparmiatori. Tali norme andrebbero ac- compagnate da una maggiore severità nelle pene in caso di colpevolezza, sia per le persone giuridiche che per i loro amministratori o funzionari. Si pensi, ad esempio, alla debolezza del contrasto del falso in bilancio anche dopo le recenti modifiche. Il rimando all’interpretazione giurisprudenziale per stabilire l’eventuale “danno” del falso in bilancio rende inefficace la tutela penale del risparmio di fronte a comporta-
13 Lo fa in parte la legislazione francese con la Loi n. 2016-1691 du 9 décembre 2016 relative à la tran-
menti fraudolenti come quelli visti nella cronaca italiana riguardante le banche
degli ultimi anni 14. Infine, sarebbe utile in termini di tutela del risparmio e di
controlli considerare la fattibilità di una proposta che consentirebbe alla vigilanza di rendersi conto per tempo di comportamenti anomali in determinate aree geografiche o da parte di alcuni operatori finanziari: istituire una centrale unica per i questionari MiFID. In questo modo, una volta fatta la profilazione del cliente da parte di un operatore, questa sarebbe unica, utilizzabile da altri operatori (su richiesta del cliente) e consentirebbe verifiche massive o statistiche utilizzabili da parte degli organi di controllo.
1.6.6. Limiti
Più in generale sono necessarie norme che consentano di limitare i volumi ge- nerali di transazioni finanziarie su strumenti complessi o speculativi e le pratiche eccessivamente opache. Tra le ipotesi su cui lavorare, la forte limitazione dei paradisi fiscali, l’introduzione nei principi contabili internazionali delle contabilità per paese, la riduzione dei volumi in essere nei mercati dei derivati senza sottostante e, in gene-rale, degli strumenti speculativi, il rallentamento degli scambi finanziari attraverso una tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax), la limitazione delle remunerazioni dei top manager.