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generatori di instabilità

1.7. La trasformazione del risparmio in potenziale di instabilità endogena

L’analisi sviluppata nei paragrafi precedenti ha messo in luce alcuni aspetti fon- damentali, che inducono a concentrare l’attenzione sul Risparmio come sorgente di un potenziale di instabilità endogena ai sistemi economici. Abbiamo visto che sia istituzioni finanziarie come la Bank of International Settlements sia autorevoli studiosi concentrano l’attenzione su un fatto rilevante: la dinamica post-recessiva mostra una riduzione non transitoria dell’output potenziale a livello internazionale, mentre il rallentamento del tasso di crescita, nonostante il low rates world, e l’andamento con-tenuto della spesa per consumi e investimenti sono interpretati come cambiamenti profondi delle funzioni del Risparmio e dell’Investimento in un mondo in cui le interconnessioni generalizzano e amplificano impulsi positivi e negativi. Riprendiamo l’affermazione contenuta in BIS (2016: 22): «È possibile

ge-backed securities), ABS (asset-backed securities, sostanzialmente simili agli MBS), OTC derivatives

che sia aumentata la propensione mondiale al risparmio”. Tale incremento potrebbe essere collegato ad alcuni mutamenti importanti, che hanno modificato le variabili decisionali degli individui e delle famiglie, fino a influire

significativamente sull’emergere del fenomeno in questione 20.

Riflettiamo innanzitutto su un dato: l’aumento della propensione al risparmio è avvenuto non solo durante la fase di sviluppo delle Economie Emergenti e di crescita delle Economie Avanzate, bensì anche durante la Grande Recessione. Ciò significa che la ricerca delle cause deve essere effettuata attraverso l’individuazione di partico- lari fattori determinanti dei processi decisionali. Osserviamo a questo proposito che un tratto generalizzato in quasi tutte le economie OECD è l’incremento pluridecen- nale di reddito e retribuzioni, a cui si sono uniti sottili e generalizzati meccanismi di attrazione per profondi mutamenti del modello di consumo.

A tutto ciò si è poi aggiunto il processo di espansione dei flussi finanziari a livello internazionale, che ha generato movimenti alterni in un trend generale verso l’al- to tramite bolle speculative. In questo scenario espansione del debito e movimenti speculativi si sono reciprocamente stimolati, fino a che non sono avvenuti i crash (intermedio e finale), che hanno segnato la dinamica tecno-economica ciclica.

E ai nostri fini interessante il circuito di feedback esplosivo che si è sviluppato in questo modo (Fig. 16).

Fig. 16 – Cicli di feedback cumulativi

20 La DBR (2016) così descrive la situazione paradossale delle banche europee: “European banks

face a conundrum: their customers are taking out few loans but depositing lots of cash, despite un- precedented low interest rates. In the euro area, lending to the private sector is at the same level as in 2009, while deposit volumes are up almost a quarter. Traditionally, banks in Europe lend significantly more to households and firms than they fund through deposits. Now, the surplus of loans over deposi- ts has fallen to its lowest level – just EUR 770 bn – since the start of the monetary union in 1999…… The “deposit glut” is also a Europe-wide phenomenon and not just confined to countries with strong growth and income dynamics: deposit expansion in Italy, Spain and Portugal is very solid, too.”

Il ciclo espansivo a livello internazionale sul piano economico-finanziario ha pro- vocato una serie di mutamenti di grande portata.

Nello spazio connettivo globale si sono create nuove e distorcenti asimmetrie tra varie tipologie di agenti, dotati di differenti capacità di elaborare sia informazioni che appropriate strategie (network finanziari globali, global player industriali, Piccole e medie imprese, Istituzioni a vari livelli), con un sostanziale indebolimento delle funzioni statuali di controllo del funzionamento dei mercati e dell’osservanza delle regole.

Strettamente connesso alla proliferazione di asimmetrie informative e di potere è stato il mutamento di due elementi centrali del capitalismo del XIX e del XX secolo: la finanziarizzazione e il capitalismo di debito hanno modificato profondamente “il rapporto col tempo” (Dahrendorf, 2015: 22). “Il respiro straordinariamente corto del capitalismo avanzato del debito” ha fatto sì che l’orizzonte decisionale diven- tasse necessariamente a breve. La centralità assunta dal “consuma oggi, pagherai con calma” e soprattutto dall’investimento diretto a impieghi, che avrebbero dovu- to consentire guadagni da variazioni di valore a breve, ha radicalmente cambiato i processi decisionali pubblici e privati, alterandone il senso e la finalità. In un oriz- zonte espansivo apparentemente senza limiti, infatti, l’imperativo sembra diventato l’ampliamento accelerato delle potenzialità, fino a perdere del tutto il contatto con la dotazione di risorse reali, “nocciolo duro” dei processi economico-finanziari. La crisi di mid-surge del 2000-2001 ha calmato momentaneamente gli eccessi su tutti i fronti, ma le politiche di accomodamento monetario hanno poi prodotto nuove, potenzialmente dirompenti, asimmetrie. L’enorme immissione di liquidità e il low

rates world hanno alimentato ulteriori ondate speculative fino al crash finale.

L’evento catastrofico del 2007-2008 ha generato nella sfera del consumo qualcosa di profondamente diverso dal passato, in conseguenza dell’azione di alcuni fattori: 1) la ripresa non esaltante e molto differenziata nei vari Paesi. 2) La necessità di ridurre il peso dei debiti privati e pubblici (deleveraging). 3) Alti livelli di disoccupazione e –anche nei casi in cui la disoccupazione sembra tornata a livelli “fisiologici” (USA)- propensione al consumo molto contenuta. 4) Pressioni politico-istituzionali e para- digma culturale prevalente nella “scienza economica” verso politiche di austerità e di riforme strutturali, in primis quella del mercato del lavoro con una maggiore libertà di licenziamento. 5) Volatilità e incertezza a livello internazionale, a cui si è unita una persistente e aggravata polarizzazione retributiva e reddituale, che hanno reso meno efficaci gli strumenti attrattivi di ampliamento senza limiti dei bisogni da soddisfare. 6) Propensione all’accantonamento monetario, dovuto al rafforzamento di aspetta- tive pessimistiche, in conseguenza della crescita moderata e dei timori di perdita del posto di lavoro, anche in relazione alla maggiore facilità di licenziamento. 7) Ulte- riore senso di incertezza e precarietà, alimentato dalla ristrutturazione dell’apparato produttivo, come effetto della recessione e dell’innovazione tecnologica, che ormai sta modificando anche settori importanti del terziario. 8) Tendenza alla tesaurizza- zione delle risorse finanziarie in varie forme: depositi bancari, cassette di sicurezza,

materiali preziosi, questi ultimi peraltro soggetti a ondate speculative in mercati di fatto oligopolistici a livello internazionale.

I fattori indicati costituiscono un potenziale di instabilità endogeno al sistema economico, perché stanno influenzando profondamente i processi decisionali, che tendono ad essere improntati a precisi orientativi di fondo: 1) minore propensio- ne al rischio, per non dire estrema diffidenza rispetto a qualsiasi forma di impiego delle modeste risorse accumulate, data la volatilità e l’incertezza. 2) Accentuazione, specie nel nostro Paese, del movente della tesaurizzazione per finalità di protezione intergenerazionale, visto che le forme alternative di investimento tendono ad avere rendimenti molto bassi e aleatori. 3) Comportamenti precauzionali, nel timore che accadano eventi sfavorevoli di natura economica come la perdita del posto di lavoro e probabili decurtazioni retributive. 4) Tendenze in fasce minoritarie di popolazione meno informate e scarsamente attente al rischio, ad accettare suggerimenti relativi a schemi assicurativi, finanziari e pensionistici con profili di accentuati di rischiosità, opacizzati da formulari complessi, estremamente articolati e non del tutto com- prensibili per non esperti. Conseguentemente in Paesi come l’Italia, l’incremento della propensione al Risparmio, ipotizzato in BIS (2016) può essere particolarmente accentuato, come del resto si evince dai dati resi noti dall’ABI (2017: 2): “In Italia i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro termine) sono aumentati, a fine dicembre 2016, di circa 54,6 miliardi di euro rispetto a un anno prima (variazione pari a +4,2% su base annuale), mentre si conferma la diminuzione della raccolta a medio e lungo termine, cioè tramite obbligazioni, per quasi 77 mi- liardi di euro in valore assoluto negli ultimi 12 mesi (pari a -19,9%)” , mentre dal 2007 al 2016 l’ammontare complessivo è salito da 1000 a 1367 miliardi.

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