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Gianfranco Martiello

1.3. Il punto d’arrivo: le “regole del gioco” che assicurano il (buon) risparmio

La constatata difficoltà di intendere il concetto odierno di risparmio in chiave di vero e proprio bene giuridico e l’inefficacia pratica di fattispecie costruite in chiave di diretta lesione di tale oggetto, dimostrata plasticamente dalla vicenda applicativa dei reati conchiusi nel Titolo VIII°, Libro II°, del codice penale, ha indirizzato la dottrina verso altre costruzioni sistematiche e la pratica legislativa verso l’adozione di diverse tecniche di tutela penale. In effetti, già da tempo la riflessione scientifica ha chiarito che, ove la sensibilità sociale reclami la più intensa protezione di valori superindividuali ed immateriali, la tutela penale deve tendere ad assumere forme del tutto peculiari rispetto a quella più tradizionale imperniata sulla previsione di illeciti di danno o di pericolo concreto. La “dimensione” di determinati beni supe- rindividuali è difatti tale che scarsa presa applicativa avrebbero fattispecie di reato focalizzate sul necessario riscontro in concreto di un’offesa arrecata agli stessi dalla singola condotta criminosa. D’altra parte, l’empiria dei fenomeni dimostra come le più subdole aggressioni a tali beni provengano o da comportamenti prodromici alla produzione di un evento di danno o di pericolo concreto, ovvero da comportamenti che, individualmente osservati, costituiscono soltanto “microlesioni” del bene, ma che in prospettiva scalare, e specie se ripetuti nel tempo, ben possono pregiudicare l’esistenza del bene in questione. Da qui, l’emersione ed il recepimento legislativo di modelli alternativi di tutela penale anticipata, riconducibili fondamentalmente

a due collaudati paradigmi 38: a) quello della norma penale il cui precetto, negli

auspicati limiti tracciati dalla giurisprudenza costituzionale, rinvia ad una disciplina

Tutela del risparmio: riflessi penali sulla materia societaria, in Dir. prat. soc., 2006, n. 4, 11 s.; A. Perini, Prime osservazioni sui profili penali della nuova legge sul risparmio, in Giur. it., 2006, 878; S. Seminara, Nuovi illeciti penali e amministrativi nella legge sulla tutela del risparmio, in Dir. pen. proc., 2006, 552;

A. Alessandri, Un esercizio, cit., 79 s.; T. Giacometti, La “controriforma” dei reati societari, in L. De Angelis-N. Rondinone (a cura di), La tutela del risparmio nella riforma dell’ordinamento finanziario, Torino, 2008, 574 s.; F. Giunta, Innovazioni e ricadute della legge 28 dicembre 2005, n. 262 in materia

di “falso in bilancio”, in F. Giunta-D. Micheletti (a cura di), La disciplina penale del risparmio, Mila-

no, 2008, 9 s.; A.F. Tripodi, Il nocumento al risparmio (art. 30), in F. Galgano-F. Roversi Monaco (a cura di), Le nuove regole del mercato finanziario, Padova, 2009, 607 s. e 612 s. Successivamente, tra i numerosi critici, v. E. Musco, I nuovi reati societari, IIIª ed., Milano, 2007, 105 s.; C. Santoriello,

Diritto penale societario, in C. Santoriello (a cura di), La disciplina penale dell’economia, I, Torino,

2008, 58; A. Rossi, Illeciti penali e amministrativi in materia societaria, Milano, 2012, 132, tutti con ulteriori riferimenti dottrinali.

38 Cfr. C. Pedrazzi, Odierne esigenze economiche e nuove fattispecie penali, in Riv. it. dir. proc. pen.,

1975, 1101 s.; Id., Problemi di tecnica legislativa (1979), ora in Id., Diritto penale, III, Milano, 2003, spec. 142 s.; A. Alessandri, Parte generale, in C. Pedrazzi- A. Alessandri-L. Foffani-S. Semina- ra-G. Spagnolo, Manuale, cit., 22 s. e 50 s.; A. Fiorella, I principi di offensività e materialità, in L. Conti (a cura di), Il diritto penale dell’impresa, Padova, 2001, 15 s.; G.M. Flick, Problemi e prospettive

del diritto penale dell’impresa all’alba del nuovo secolo: il nodo dei beni protetti, in AA.VV., Governo dell’impresa e mercato delle regole. Scritti giuridici per Guido Rossi, II, Milano, 2002, spec. 1315 s.; A.

amministrativa generale ed astratta che impone il possesso di certi requisiti e/o l’a- dozione di determinate modalità operative per l’esercizio di una determinata attività, la cui violazione viene stigmatizzata con la pena; b) quello della norma penale il cui precetto, entro i confini sopra richiamati, rinvia a provvedimenti amministrativi in- dividuali e concreti che impongono specifiche cautele o l’osservanza di determinate prescrizioni per l’esercizio di una certa attività, la cui violazione viene repressa con la pena (così detto «modello ingiunzionale»). Ne risulta, intuitivamente, l’elevazione

a modello paradigmatico di intervento penale del reato di pericolo astratto 39, in

quanto l’offesa arrecata dalla condotta tipica al bene finale, la cui tutela rappresenta l’intimo scopo della norma incriminatrice, viene sostanzialmente “surrogata”, poiché non agevolmente dimostrabile, dall’offesa inflitta immediatamente a beni «interme-

di» e/o «strumentali», la cui salvaguardia garantisce una sorta di anticipata barriera

difensiva del bene finale (così detta «seriazione di beni giuridici»).

In effetti, uno sguardo alle fattispecie incriminatrici contenute nella Parte Vª del t.u.f., che al risparmio “finanziarizzato” dovrebbe offrire la più immediata protezio- ne, non tarda a mostrare come la gran parte delle stesse risulti attestato sul presidio di beni strumentali, specie di «funzioni amministrative», il che rende questa specifica branca del diritto penale economico il terreno di coltura ideale dei reati così detti

«ad offesa funzionale» 40. Ed invero, volendo fornire alcuni esempi, si può constatare

come al modello sub a) risultino riconducibili, tra le altre, le fattispecie degli artt 166, 170 e 170-bis, posto che, come noto: la prima incriminazione punisce il sogget- to che violi quelle norme extrapenali che disciplinano l’accesso al mercato finanzia- rio, riservandolo ai soli operatori in possesso di determinati requisiti professionali e di solidità economica; la seconda mira a far sì che il «sistema di gestione accentrata» degli strumenti finanziari ammessi al mercato, fondamentale per il pratico svolgi- mento delle operazioni di compravendita di questi ultimi, possa funzionare in modo congruente ai suoi scopi istituzionali, così da evitarne fraudolente strumentalizza- zioni; la terza, infine, tutela l’esercizio del potere di vigilanza sui mercati finanziari riconosciuto dalla legge alla Consob ed alla Banca d’Italia, punendo coloro che a tale esercizio frappongano impedimenti. Al modello sub b) paiono invece ispirarsi le fattispecie criminose degli artt. 169 e 172, le quali puniscono sic et simpliciter la violazione di determinate disposizioni del t.u.f. che, a loro volta, altro non fanno se

39 Sulla dibattuta “rivalutazione” del reato di pericolo astratto in ragione della più efficace tutela

che essi garantirebbero a taluni beni superindividuali, v., pur con diversità di accenti, G. Fiandaca,

Note sui reati di pericolo, in Il Tommaso Natale, 1977, 184 s.; G. Grasso, L’anticipazione della tutela: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 689 s.; C. Bernasconi, Il reato ambientale, Pisa, 2008, 119 s.

40 Cfr. F. Sgubbi, Il risparmio, cit., 137; G. Losappio, Risparmio, funzioni di vigilanza e diritto

penale. Lineamenti di un sottosistema, Bari, 2004, 330 s. e 355 s.; L. Foffani, Sicurezza, cit., 281,

nonché, in precedenza, v. T. Padovani, Diritto penale della prevenzione e mercato finanziario, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1995, 638 s. e D. Pulitanò, L’anticipazione dell’intervento penale in materia economica,

in AA.VV., Diritto penale, diritto di prevenzione e processo penale nella disciplina del mercato finanziario

non imporre a specifici soggetti l’ottemperanza a richieste o prescrizioni provenienti dalle Autorità amministrative di settore. Certo, non mancano fattispecie costruite in chiave di offesa – lesione od esposizione a concreto pericolo – che attinge senza mediazione alcuna beni ad ampio spettro, la cui intangibilità viene espressamente richiamata nel tipo legale. È questo il caso, ad esempio, del reato di «Manipolazione del mercato» di cui all’art. 185, che richiede la concreta idoneità della condotta a «provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari», ovvero di quello di “Insider trading” ex art. 184, che richiede che l’informazione privilegata rivelata od utilizzata dal reo sia idonea a «influire in modo sensibile sui prezzi d[egli] strumenti finanziari». Ma è superfluo ribadire che gli illeciti penali che ubbidiscono a tale modello scontano intuitive difficoltà applicative, in primis l’opinabilità della prognosi postuma che caratterizza il modello del reato di pericolo concreto e le diffi- coltà dell’accertamento causale in quello del reato ad evento di danno.

Se così stanno le cose, non può stupire il fatto che proprio nelle «regole del gio- co» imposte dalla normativa di settore al mercato finanziario una parte cospicua ed autorevole della dottrina rinvenga l’oggetto immediato e diretto della tutela penale. Si osserva, infatti, come il risparmio investito nel mercato finanziario si connoti per un elevato quanto fisiologico tasso di rischio, socialmente accettato, che non può eliminarsi proprio a cagione della natura intrinsecamente incerta degli andamenti di Borsa. Compito del diritto penale, quindi, non potrebbe certo essere quello di azze- rare detta alea ma, al più, quello di impedire l’insorgenza di un rischio “anomalo”, che trascende quello socialmente ammesso, la cui area risulta delimitata dalle sopra richiamate «regole del gioco», ossia da quelle norme comportamentali imposte agli operatori e che hanno principalmente il fine di mantenere la credibilità, l’affidabilità e la trasparente gestione di questi ultimi, di permettere l’espletamento dell’attività di vigilanza sugli stessi da parte dei soggetti preposti, di garantire la parità di accesso alle

informazioni da parte di coloro che agiscono nel mercato, ecc. 41: interessi, questi,

che costituirebbero altrettanti «beni intermedi», funzionali alla tutela ultima degli

investitori e degli stessi operatori finanziari 42. Il presidio penale di tali “regole”, d’al-

tronde, ben potrebbe comunque trovare un addentellato costituzionale nell’art. 47

41 Sul passaggio, infatti, dal modello di tutela tradizionale dell’investitore, teso fondamentalmente

ad annullare il deficit informativo di quest’ultimo e consentirgli, così, scelte economiche efficienti, ai modelli di tutela allargata dell’investitore, visto come soggetto debole, i quali tendono invece ad assi- curare più generalmente la correttezza sostanziale dei rapporti contrattuali mediante una regolamen- tazione più capillare dell’accesso ai mercati finanziari e del loro funzionamento, v. per tutti la sintesi di M.B. Magro, Paternalismo penale e tutela dell’investitore dal rischio finanziario, in C. Borsari-L. Sammicheli-C. Sarra (a cura di), Homo Oeconomicus. Neuroscienze, razionalità decisionale ed ele-

mento soggettivo nei reati economici, Padova, 2015, 197 s., 205.

42 In tal senso, v. F. Sgubbi, Il risparmio, cit., 137; A. Alessandri, Un esercizio, cit., 71 s.; L. Fof-

fani, Sicurezza, cit., 280 s.; C.E. Paliero, Sicurezza, cit., 315 s.; E. Montani, La tutela del corretto

svolgimento dell’attività di intermediazione e bancaria, in A. Alessandri (a cura di), Reati in materia economica, Torino, 2012, 221; P. Severino, Sicurezza dei mercati finanziari: interessi tutelati e strumen- ti di tutela, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, 676 s.

Cost., ove si consideri che l’«incoraggiamento» al quale esso allude si sostanzia anche nel rassicurare l’investitore circa l’esistenza di regole (pubblicistiche) certe e prefissate

che gli consentano di operare scelte realmente libere 43.

In conclusione, non di tutela del risparmio tout court dovrebbe parlarsi, ma di presidio di quelle forme organizzative e tecnico-operative che mirano ad evitare che esso sia esposto ad una rischiosità anomala.

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