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Ai nostri fini è opportuno descrivere sinteticamente l’ultimo processo ciclico fino al grande crash del 2007-2008, successivo al collasso del NASDAQ del 2000-2001. Il periodo di introduzione ed espansione dagli anni ’70 in poi si è incentrato sulle

ICT, la cui crescita e diffusione, insieme a una serie di tecnologie complementari, sono stati i meccanismi propulsori alimentati dalla bolla speculativa denominata “Net-mania”, il cui nucleo dinamico è ben rappresentato in una serie di sistematiche analisi, svolte da Hirooka (2001, 2003) (Fig. 12)

Fig. 12 – Innovation Paradigms in Electronics

Fonte: Hirooka, 2001, Fig. 3

Successivamente al primo crollo del 2000-2001 si è verificata l’ulteriore diffusio- ne di altre tecnologie: processori sempre più potenti e quindi crescita esponenziale della potenza computazionale, sviluppi dell’Intelligenza Artificiale e del Quantum

Computing, nanotecnologie, nuovi materiali, inizio della traiettoria verso “Industria

4.0” 13. Parallelamente si sono realizzati una serie di circuiti di feedback auto-rinfor-

zantisi, grazie all’indebitamento di individui, famiglie, imprese e Stati sovrani, con la conseguenza dell’aumento esponenziale di flussi finanziari globali fino all’esplosione finale della bolla, seguita da interventi pubblici e processi che hanno portato all’at- tuale low rates world, da cui siamo partiti in questo contributo.

Un aspetto su cui fermare l’attenzione è il seguente: nello spazio connettivo glo- bale una serie di meccanismi hanno agito in modo convergente nel potenziare la traiettoria complessiva: la dinamica tecnico-scientifica e la creazione di hypernetwork (economico-produttivi e finanziari) hanno creato nuove condizioni per il breaking

loose del capitale finanziario. È infatti diventato dominante il mindset orientato alla

sistematica de-regolamentazione dei mercati, le cui tappe fondamentali possono es- sere individuate in una sequenza di step: 1) la fine dell’inconvertibilità del dollaro

(1971) e le crisi petrolifere hanno prodotto un vero e proprio break strutturale nella dinamica economico-produttiva internazionale. 2) La dinamica tecnologica e i pro- cessi innovativi avviati negli anni ’80 (diffusione dei PC e delle emergenti ICT) han- no avuto bisogno di circuiti finanziari meno soggetti alle regole stabilite dopo la crisi degli anni ’30. Di qui le pressioni per la progressiva liberazione delle forze di mercato dal controllo pubblico. Nel 1986 viene eliminato definitivamente negli USA il tetto alla remunerazione dei depositi vincolati e a tempo, contenuta dalla Regulation Q, introdotta nella Glass Steagall-Act del 1933 a fini di controllo dei flussi finanziari, separando l’attività bancaria ordinaria da quella di investimento. La Regulation Q è stata poi eliminata del tutto nel 2011 insieme alla cancellazione dell’altro vincolo, cioè la proibizione per le banche di pagare tassi di interesse sui depositi a vista. Il completamento della deregulation è avvenuto con l’abrogazione della Glass-Steagall

Act nel 1999 durante la Presidenza Clinton, ma l’iniziativa era del Partito Repubbli-

cano. Il modello concettuale basato sulla deregolamentazione si è poi diffuso a livello internazionale, arrivando anche in Italia, con la riforma del Legge Bancaria del 1936 mediante il Testo Unico Bancario del 1993.

Possiamo quindi rappresentare la dinamica ciclica, basata sulla diffusione del pa- radigma delle ICT, mediante questa sintetica periodizzazione, che replica il pattern ricorrente negli ultimi due secoli con le specificazioni relative al paradigma ora do- minante: 1) Negli anni ’80-’90 si ha la fase di introduzione progressiva delle ICT, quella che Schumpeter definisce “distruzione creatrice” per indicare un cluster di nuove tecnologie, sostitutive delle tecnologie sino ad allora prevalenti. 2) Fino al 2000 si sviluppa una divaricazione crescente tra le attività reali e quelle finanziarie, con la prima bolla e l’espansione della sfera economico-finanziaria attraverso casi-

no-type activities. E’ anche l’era in cui incominciano ad emergere asimmetrie cre-

scenti di competenze e di potere economico, insieme a fenomeni di polarizzazione socio-economica, cioè inizia ad accelerare una traiettoria di lungo periodo nelle disu- guaglianze di reddito e di ricchezza, che si amplificano via via e durano fino ai giorni nostri, nonostante l’interruzione nel biennio post-crisi (Fig .13).

Fig. 13 – La crisi non ha ridotto la disuguaglianza

Fonte: OECD, 2016, Fig. 1.

NB. Nella Figura è rappresentato come indicatore delle disuguaglianza il coefficiente di Gini, i cui valori variano nel range 0-1. Prossimità vicina allo zero indica distribuzione più equa e viceversa per valori prossimi a 1.

La disuguaglianza è aumentata in quasi tutti i Paesi OECD, nonostante lo stallo nei primi anni post crisi (Fig. 14)

Fig. 14 – La disuguaglianza è aumentata nella maggior parte dei Paesi OECD

Fonte: Cingano, 2014, Fig. 1

In questi decenni l’entusiasmo per le nuove tecnologie e i progetti tecno-econo-

mici ad esse collegati alimentano quella che Galbraith (1990) 14 denomina “euforia

finanziaria”, favorita dal un allentamento delle funzioni di controllo e sorveglian- za, ma soprattutto dall’espansione apparentemente senza limiti di nuovi strumenti di credito, fino a configurare un vero e proprio “sistema bancario ombra” (shadow

banking system) a livello nazionale e internazionale. Tutto ciò è reso possibile dal

diffondersi di un panorama economico-finanziario caratterizzato da tre elementi prevalenti: 1) progressivo deterioramento delle regole di gestione degli affidamenti, sia nell’apparato finanziario non bancario che nelle stesse banche, con circuiti di feedback auto-rinforzantisi e chiaramente destabilizzanti nel lungo periodo. 2) Ge-

14 Nella sua Brief History of Financial Euphoria (Cap. 1) Galbraith individua alcuni denominatori

comuni delle crisi finanziarie degli ultimi cinque secoli: 1) estrema brevità della memoria finanziaria, che porta gli individui a dimenticare rapidamente i disastri. 2) Pretestuosa associazione tra denaro e intelligenza: maggiore è la quantità denaro che uno possiede, più elevata è la sua reputazione. Deve essere per forza intelligente! 3) I possessori di denaro da prendere a prestito -per la forza dell’abitu- dine, tradizione o più specificamente per la necessità di quelli che ne hanno bisogno- godono della deferenza da parte dei richiedenti prestiti, che spesso si trasforma nell’auto-convinzione –da parte dei prestatori- della propria superiorità mentale. Su questo si fonda poi la tendenza a pensare che si sviluppi l’innovazione finanziaria, la quale non è altro che una leva basata sulla creazione di debiti in forma cumulativa, fino al crash finale.

neralizzata e sistematica perdita di percezione del rischio, quindi della capacità di gestirlo, data la proliferazione di flussi e strumenti finanziari a scala globale, gestiti sempre più di frequente da organismi ed entità con capacità di risk management progressivamente ridotta per il grado di sofisticazione raggiunto dagli asset creati. Si pensi all’enorme espansione dei derivati e alla cosiddetta innovazione finanziaria, che richiede tipologie di competenze ignote a molti agenti e investitori: pubblici e privati, enti gestori del risparmio, soggetti emittenti dei titoli. Su tutto questo si innestano, poi, le specificità nazionali, ovvero i livelli differenziati di arretratezza e il grado di apertura mentale, oltre che la propensione al cambiamento culturale e manageriale, presente nelle varie realtà nazionali. 3) La dinamica dei flussi finanziari a livello internazionale è stata enormemente potenziata dall’incremento delle fonti di investimento richiesto per lo sviluppo di Paesi e imprese fino ad allora esclusi dalla crescita mondiale.

Su queste basi si comprende come si sia progressivamente configurato, di fronte a operatori pubblici e privati di tutto il mondo, un insieme apparentemente senza limiti di opportunità di impiego delle risorse. Lo scoppio della bolla incentrata sulla

New Economy e la crisi del 2000-2001 hanno costituito, per così dire, l’interludio

del processo selettivo tra impieghi esagerati e fuori controllo, alimentati dall’euforia contagiosa à la Galbraith della prima fase espansiva. Depurato da alcuni eccessi, si è negli anni successivi avuto il pieno dispiegamento del paradigma tecno-economico delle ICT, che ha potuto realizzarsi anche grazie a due importanti fattori propulsivi negli USA e in molte altre economie: crescente polarizzazione sociale nella corsa all’arricchimento verso l’Eldorado della New Economy e l’indebitamento di ampie fasce di popolazioni e di Stati. In sostanza, quindi, la bolla immobiliare si è diffusa in numerose aree del mondo ed ha costituito la forma fenomenica peculiare di que- sto pattern evolutivo ricorrente: spesa per consumi e investimenti basata sul debito, concesso con estrema facilità grazie agli aspetti prima descritti, ovvero deregolamen- tazione dei mercati, perdita generalizzata della percezione del rischio, innovazione finanziaria per un’apparente diluizione del rischio, che in effetti aumentava per una serie di ragioni.

Tra queste vi è innanzitutto il fatto che le economie capitalistiche, a partire dagli USA, si sono essenzialmente trasformate in spending machines, basate sul debito pri- vato e pubblico. Come hanno riconosciuto autorevoli studiosi, tra cui Dahrendorf (2015), il capitalismo da debito è diventato un motore fondamentale della dina- mica economica per più di un ventennio. Un secondo elemento su cui concentrare l’attenzione è dato dal progressivo consolidarsi negli anni 2000, dopo l’entrata del- la Cina nel WTO (2001), di flussi economico-produttivi a livello globale, uniti a complementarità e interdipendenze tra Paesi, apparati produttivi e imprese a varia scala, grazie ai Global Production Network e alle Global Value Chain. In questo oriz- zonte i processi e i circuiti cumulativi hanno assunto una portata globale, con effetti amplificati in direzione sia espansiva che recessiva, dopo il crash finale del 2007- 2008, quando la caduta della Lehman-Brothers ha innescato spinte involutive che, in forza delle strutture connettive globali (hypernetwork economico-finanziari) e alla

superfetazione di meccanismi di finanziamento ad essi collegati, hanno accelerato la propagazione degli impulsi negativi. Per dare un’idea dell’ampiezza della leva creatasi nel sistema finanziario globale, alcuni dati sono emblematici:

1. negli Usa le cinque banche di investimento avevano una “leva finanziaria”

pari a 88 volte il capitale alla fine del 2007 (Sheng, 2011: 4);

2. il totale degli asset finanziari (tutti gli asset esclusi i derivati), sono cresciuti ad un tasso maggiore del prodotto mondiale: dal 108% del PIL nel 1980 al 400% nel 2009 (555% per l’EU);

3. sommando al totale degli asset il valore totale dei derivati (615trn di dollari nel 2009, pari a 10,6 volte il PIL) la dimensione del sistema finanziario e il suo leverage ratio sarebbe stato 5 volte il PIL (Sheng, 2011: 3).

In breve quindi, nei primi anni ‘2000, durante la Golden Age del paradigma tecno-economico, indebitamento e ingegneria finanziaria sono diventati leve fon- damentali dell’economia mondiale, mentre l’interconnettività tra soggetti attivi a livello globale si è sviluppata senza limiti, in assenza di efficaci poteri di regolamen- tazione e di supervisione. Basti pensare al fatto che nel 2008 le 25 banche più grandi hanno asset per 44,7 trn di dollari, pari al 73% del PIL (2008) e 42,7% del sistema bancario.

Nel 1990 nessuna delle 25 aveva asset più ampi del PIL nazionale. Nel 2010 sono 7 quelle che posseggono asset di valore superiore al PIL nazionale, come ad esempio l’UBS (376% PIL della Svizzera), RBS (131% rispetto al PIL dell’Inghilterra).

L’intero mercato mondiale è in realtà diventato un insieme di hypernetwork di reti locali ad elevata concentrazione oligopolistica. Si pensi alle attività economiche fondamentali nel pieno dispiegamento delle ICT, quali la produzione di micropro- cessori, smartphone e nuovi strumenti di connessioni, motori di ricerca, dispositivi per la produzione di energia e sviluppi dell’Intelligenza Artificiale.

Nel 2008 si generalizzano a velocità impressionante nello spazio connettivo glo- bale gli effetti del brusco arresto del motore fondamentale dell’economia mondiale: la spending machine USA si arresta. In primavera Martin Feldstein (Harvard Uni- versity) parla di black hole stimando una distruzione di valore, in conseguenza della caduta dei valori mobiliari e dei prezzi delle case Usa, equivalente al 75% del PIL (Feldstein, 2009a,b), con una caduta della domanda -rispetto a quella corrispon- dente al livello di piena occupazione- pari a 750mila miliardi di dollari. Il black hole della spesa americana in realtà si aggiunge ad una serie di altri fattori che generano squilibri di fondo del sistema finanziario globale.

Ripercorriamo allora sinteticamente le fasi evolutive della crisi odierna: 1) scop- pio della bolla “subprime mortgage”, 2) credit crunch, 3) crisi finanziaria globale, 4) crisi economica globale.

Il dato da tenere presente è che soprattutto negli ultimi due decenni si è svilup- pato un “capitalismo finanziario” con determinate peculiarità: 1) espansione della liquidità globale, 2) enorme incremento di “derivati” finanziari, 3) crescita di un sistema bancario “ombra” (Kim, 2009). All’interno di tale tipologia di capitalismo

la funzione di intermediazione finanziaria per far fronte ai costi di transazione e alle inevitabili asimmetrie informative tra gli agenti è stata del tutto sovrastata dalla tendenza inarrestabile ad ampliare a dismisura il profilo del rischio e quindi il risk management. Ciò ha comportato un ampliamento dell’offerta di innovazioni finan-ziarie: sono emerse senza sosta nuove tipologie di asset, che si sono progressivamente accumulate su se stesse grazie alla creazione di prodotti “annidati”, ovvero che al proprio interno racchiudono pacchetti di titoli, di cui dopo qualche passaggio si per-de il fondamento reale in termini di ricchezza effettiva. Una delle conseguenze più rilevanti di questo processo è stata una profonda alterazione dei meccanismi decisio-nali, perché l’investimento di risorse è stato diretto alla ricerca di variazioni di valore a breve (redditività finanziaria in termini di prezzo delle azioni e degli asset) più che al perseguimento di redditività

reale (progetti a medio-lungo termine, connessi a strategie d’impresa) 15. Il

passaggio dalla banca come agente di intermediazione alla “banca universale” (eliminazione dello Glass-Steagall Act) ha segnato la transizio-ne verso la liberalizzazione dei movimenti di capitale e la de-regolamentazione dei mercati finanziari, che hanno consentito tre processi convergenti: 1) alimentazione di flussi finanziari a livello internazionale, 2) incremento delle fonti di investimento per Paesi e imprese finora esclusi della crescita economica mondiale, 3) espansione apparentemente senza limiti delle opportunità di impiego degli attivi che si auto-a- limentano presso gli operatori.

Il braking loose ha quindi spianato la strada al meltdown del 2007-2008 e alla successiva Grande Recessione.

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