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Gianfranco Martiello

1.2. L’evoluzione del concetto: il risparmio-investimento

Di tutela del risparmio la dottrina penalistica è tornata poi ciclicamente a parlare ogniqualvolta essa ha cercato di conferire un ordine sistematico all’addenda sanzio- natoria che di norma è posta in coda ad ogni provvedimento di riforma o riassetto della disciplina regolativa dei mercati finanziari che il legislatore ha storicamente varato.

Va invero premesso che è prassi ormai consolidata della nostra penalistica con- durre l’analisi di ogni fattispecie incriminatrice muovendo dall’individuazione del suo precipuo oggetto di tutela. Allorquando, poi, l’indagine abbracci più illeciti rag-

15 V. al riguardo V. Militello, voce Patrimonio (delitti contro il), in Dig. disc. pen., IX, Torino,

1995, 293 s. e F. Mantovani, Diritto penale, cit., 16 s.

16 Sul punto, v. per tutti l’ampio studio di M. Atripaldi, La tutela del risparmio popolare nell’ordi-

gruppati in un medesimo testo normativo o comunque inerenti a settori di attività reputati omogenei, la tendenza ora ricordata si spinge sino al tentativo di emarginare oggettività giuridiche “di categoria”, in grado, almeno nelle intenzioni, di esprimere in modo sintetico ed unitario i beni salvaguardati dalle singole ipotesi di reato prese in esame. A prescindere dal reale valore euristico che si voglia riconoscere a tali og-

gettività di categoria 17, un siffatto tipo di indagine esita di norma in un’ampia ridda

di opinioni, tanto più ampia ove la ricerca coinvolga il diritto penale complemen- tare, nel quale raramente l’interprete può beneficiare quanto meno dello “spunto” ermeneutico offerto dalle partizioni legislative, che invece si ritrovano nel codice penale.

Nell’economia della presente trattazione, tuttavia, sarà sufficiente segnalare come proprio nel «risparmio» un’autorevole opinione abbia riconosciuto l’oggetto in grado di polarizzare attorno a sé le incriminazioni contenute nei numerosi provvedimenti legislativi succedutisi nel tempo in materia di intermediazione finanziaria, culmina- ti da ultimo nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 («Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria […]»: d’ora in poi t.u.f.). In tale prospettiva, il risparmio andrebbe visto in senso «dinamico» e «marcatamente pubblicistico», e precipuamente identificato «con l’interesse ad una migliore allocazione della ric- chezza e con l’interesse ad una più robusta struttura economica». Tale interesse – si

prosegue – troverebbe un autorevole referente normativo nell’art. 47 Cost. 18, che in

effetti, quanto meno nella sua genesi storica, intendeva offrire tutela anzitutto al «ri- sparmio» quale entità di natura oggettiva e pubblicistica, piuttosto che all’interesse

privatistico dei “risparmiatori” 19.

17 Le perplessità sulla reale consistenza ed utilità dell’oggetto giuridico di categoria sono da tempo

emerse in dottrina: sempre attuali, al riguardo, le parole di A. Molari, La tutela penale della condanna

civile, Padova, 1960, 158 s. di G. Gregori, Saggio sull’oggetto giuridico del reato, Padova, 1978, 74 s.; da

ultimo, e per tutti, v. D. Pulitanò, Introduzione alla parte speciale del diritto penale, Torino, 2010, 51 s.

18 V. anzitutto F. Bricola, Il diritto penale del mercato finanziario, in AA.VV., Mercato finanziario e

disciplina penale, Milano, 1993, 37 s., e successivamente, tra gli altri, P. d’Agostino-A. Di Amato, Il diritto penale degli intermediari finanziari, Padova, 1995, 39; A. Masi, Le condotte illecite degli interme- diari finanziari, Torino, 1998, 139 s.; S. Magnanensi, Profili di responsabilità penale degli intermediari finanziari, in G. Schiano di Pepe (a cura di), Diritto penale delle società, IIa ed., Milano, 2003, 468

s., nonché, sebbene con riferimento ai soli reati di ostacolo all’esercizio delle funzioni della Consob e della Banca d’Italia, A. Manna, Lineamenti generali del diritto penale dell’impresa, in A. Manna (a cura di), Corso di diritto penale dell’impresa, Padova, 2010, 12 s. Contra, S. Seminara, La tutela penale

del mercato finanziario, in C. Pedrazzi, A. Alessandri, L. Foffani, S. Seminara, G. Spagnolo, Manuale di diritto penale dell’impresa, IIa ed., Bologna, 2000, 520, secondo cui l’art. 47 Cost. «riguar-

da esclusivamente il “risparmio popolare” (cioè un risparmio limitato e a lenta formazione”) e non si estende ad ogni forma di investimento nel capitale delle imprese».

19 Sulla genesi storica e sulle trasformazioni, imposte dalla mutata realtà economica, sociale ed

istituzionale, subite nel tempo dal principio costituzionale di tutela del risparmio, v. per tutti F. Zat- ti, La dimensione costituzionale della tutela del risparmio. Dalla tutela del risparmio alla protezione dei

risparmiatori/investitori e ritorno?, in AA.VV., Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, II, Napoli, 2010,

Invero, è difficile negare che la funzione propria del mercato finanziario sia quella di porre in contatto, entro un ambiente giuridicamente protetto, i detentori del risparmio, inteso quale risorsa economica sottratta al consumo, con coloro che di tale liquidità necessitano per finanziare l’esercizio e lo sviluppo della propria atti- vità. Non è un caso, difatti, che l’art. 117, comma 2, lett. e, Cost. abbini «mercati finanziari» e «tutela del risparmio» e che la prevalente dottrina ritenga quest’ultima formula, utilizzata anche nell’art. 41, comma 2, Cost., riferibile al risparmio che

gli investitori fanno circolare nei mercati degli strumenti finanziari 20. Tuttavia, ciò

non significa che il concetto «risparmio», che senza ombra di dubbio possiede una forte capacità evocativa, sia idoneo a vestire i panni di un “bene” o comunque di un “valore” attorno al quale coagulare una disciplina di protezione penale o per il quale costruirla.

In effetti, la questione non è tanto di astratta «meritevolezza di pena» (Strafwürd-

igkeit), vale a dire di idoneità di un certo valore ad elevarsi – poiché ritenuto appun-

to “meritevole” – al rango di interesse presidiabile con la sanzione penale 21. Sotto

questo punto di vista, in effetti, il risparmio parrebbe soddisfare i dettami della clas- sica teoria costituzionalmente orientata del bene giuridico, la quale, nel tentativo di circoscrivere ex ante l’area di discrezionalità del legislatore penale, richiede che ciò che si vorrebbe proteggere con la pena debba essere un valore quanto meno «non

incompatibile» con quelli espressi dalla Carta 22. Anzi, proprio l’intonazione impe-

rativa del comma 1 del più volte citato art. 47 Cost., secondo cui «La Repubblica

incoraggia e tutela il risparmio […]», potrebbe addirittura far pensare all’esistenza

di un vero e proprio “obbligo” di ricorso alla più grave delle sanzioni disponibili, sebbene la dottrina di settore sia da tempo tiepida, per evidenti ragioni di legali- tà e di politica criminale, vero la teorica dei così detti «obblighi costituzionali» di

20 Cfr. N. Pecchioli, Incoraggiamento del risparmio e responsabilità delle autorità di vigilanza,

Torino, 2007, 61 s.; S. Baroncelli, Art. 47, in R. Bifulco-A. Celotto-M. Olivetti (a cura di), Commentario alla costituzione, I, Torino, 2006, 950 s. Tra i penalisti, v. F. Guerrini, La tutela

penale del mercato azionario, Padova, 1984, 18 s. ed. A. Alessandri, Un esercizio di diritto penale simbolico: la c.d. tutela penale del risparmio, in AA.VV., La nuova legge di tutela del risparmio, Mi-

lano, 2007, 74.

21 Sul concetto di «meritevolezza di pena» e su quello, ad esso complementare, di «bisogno di

pena», quale coppia che esprime categorie euristiche proprie della politica criminale, v. autorevolmen- te G. Fiandaca, Il «bene giuridico» come problema teorico e come criterio di politica criminale, in A.M. Stile (a cura di), Bene giuridico e riforma della parte speciale, Napoli, 1985, 46 s.; D. Pulitanò, voce

Politica criminale, in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 88 s. e 96 s.; C.E. Paliero, Il principio di effet- tività nel diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 462 s.; M. Romano, «Meritevolezza di pena», «bisogno di pena» e teoria del reato, ivi, 1992, 39 s.

22 Sulla parabola della teoria costituzionalmente orientata del bene giuridico, dalle iniziali proposte

“forti” di Franco Bricola alle più recenti accezioni “deboli”, v. per tutti l’ampia sintesi di V. Manes, Il

principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005, 41 s.

tutela penale 23. Altri, semmai, appaiono i problemi che l’assunzione del risparmio

al rango di bene giuridico porrebbe. In primo luogo, si tratterebbe di dimostrarne ulteriormente il «bisogno di pena» (Strafbedürfnis), che nel linguaggio della dottrina designa l’insieme delle condizioni – per la verità non sempre univoche – che do- vrebbero ricorrere per l’opportuno impiego della sanzione penale a tutela del bene, e che qui possiamo esemplificare nel rispetto dei canoni di «sussidiarietà», che pone l’esigenza di confrontare l’efficacia della pena con quella di altri possibili strumenti di salvaguardia del medesimo bene, e di «effettività», che impone di misurare, sia ex

ante che ex post, la specifica funzionalità generale e special-preventiva della pena nel

precipuo ambito di impiego 24: ma su tali questioni, di intuibile ampio respiro, si

tornerà brevemente in sede di riflessioni conclusive. In secondo luogo, occorrerebbe verificare la congruenza del concetto di risparmio che si volesse adottare rispetto ai caratteri di “afferrabilità” e “concretezza” che tradizionalmente si richiedono ad ogni interesse sociale che si candidi al ruolo di bene giuridico, perché proprio essi consen- tono a quest’ultimo di svolgere praticamente le funzioni interpretative e di referenza dell’offesa che lo caratterizzano.

Ebbene, proprio siffatta questione è tornata al centro del dibattito dottrinale al- lorquando il legislatore, allarmato dai cracks finanziari di alcuni importanti gruppi industriali nazionali avvenuti nei primi anni duemila, decise di correre ai ripari con la l. 28 dicembre 2005, n. 262, eloquentemente intitolata «Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari». Tra le numerose ed eterogenee disposizioni in essa contenute, quelle del Titolo V°, dedicato alle «Modifiche alla disciplina in materia di sanzioni penali e amministrative» (artt. da 30 a 40), prov- vedevano tra l’altro sia ad introdurre nuove fattispecie criminose, sia a modificarne altre già presenti nel codice civile, nella legge fallimentare, nel testo unico bancario ed in quello dell’intermediazione finanziaria. Orbene, siccome tali misure risultava- no espressamente finalizzate, come detto, ad implementare la «tutela del risparmio», la dottrina penalistica ha colto l’occasione per interrogarsi sulla reale consistenza di siffatto concetto e sulla efficacia degli interventi di natura penale che, nelle intenzio- ni del legislatore, a tale entità avrebbero dovuto approntare un più robusto presidio. Il dibattito che ne è scaturito ha anzitutto evidenziato il solco venutosi a creare tra la forma odierna di utilizzo del risparmio e quella più tradizionale. È stato di- fatti ricordato come, sino a non molti anni fa, l’impiego più diffuso di quella parte di ricchezza sottratta al consumo assumesse le forme o dell’investimento in titoli di Stato o del deposito presso le banche; tale impiego del risparmio poteva quindi sostanzialmente considerarsi “a rischio zero”, dato che le uniche incognite – a parte l’allora inconcepibile ipotesi di default dello Stato – erano difatti quelle legate alla stabilità del sistema bancario e di quello monetario. In tale prospettiva, tutelare il

23 Sia qui sufficiente il rinvio, per tutti, alle sempre attuali riflessioni di D. Pulitanò, Obblighi

costituzionali di tutela penale?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, 484 s.

risparmio significava, in ultima analisi, salvaguardare banche e moneta 25. Diversa

appare, in tale ricostruzione, la prospettiva attuale di impiego del risparmio, che nella sua forma ormai più diffusa confluisce invece nel mercato degli strumenti fi- nanziari; si sarebbe perciò al cospetto di «un utilizzo del risparmio precario, incerto,

di breve termine, liquido, connotato da una elevata rischiosità» 26. Orbene, se questa

è oggi la forma prevalente di utilizzo del risparmio, ben difficilmente – si sostiene – quest’ultimo potrà assurgere al rango di vero e proprio bene giuridico.

A tale proposito, si è difatti anzitutto ricordato che, pur non esigendo necessa- riamente la materialità o la riferibilità ad interessi strettamente personali, per poter

svolgere le proprie funzioni, ed avere quindi una reale utilità 27, il bene giuridico

richiede comunque «una sua facile percettibilità, un inequivoco substrato di valore, suscettibile di essere offeso da condotte diverse ma riconducibili ad unità proprio in

ragione della loro carica e direzione lesiva sostanzialmente unitaria» 28: condizioni,

queste, che però l’attuale fisionomia del risparmio non realizzerebbe. Si è invero rilevato come nel momento in cui assume le forme dell’investimento finanziario il risparmio si ritrovavi «inserito in dinamiche tra loro sensibilmente differenzia- te e quindi esposto a eterogenee tipologie di pregiudizi, che a loro volta suscitano

bisogno di protezione variamente articolati» 29, e ciò sino «al punto di perdere un

comune denominatore o da renderlo talmente generico da essere inutilizzabile an-

che a soli fini classificatori o descrittivi» 30. In altre parole, una volta finanziarizzato,

il risparmio si trasformerebbe in una sorta di “scommessa”, esposta ad un rischio estremamente variabile, sulla quale convergono esigenze di tutela molto diverse che, a ben vedere, si appuntano più sulle condizioni del sistema nel quale tale scommessa avviene che sul risparmio investito in sé e per sé considerato, nel quale si può al più

scorgere lo scopo ultimo della salvaguardia penalistica 31. E riprova ne sia il fatto che

25 In tal senso, F. Sgubbi, Il risparmio come oggetto di tutela penale, in Foro it., 2004, V, 136. Del

resto, che in tale accezione minimale il risparmio fosse inteso, storicamente, dai costituenti lo confer- mano anche M. D’Amico-S. Catalano, Tutela del risparmio e principi costituzionali, in Dir. dell’econ., 2008, n. 1, 35 s.

26 V. ancora F. Sgubbi, Il risparmio, cit., 137. In termini concettuali non dissimili, contrapponeva

il «risparmio statico» al «risparmio dinamico» già A. Alessandri, Offerta di investimenti finanziari e

tutela penale del risparmiatore, in AA.VV., Mercato finanziario, cit., 203.

27 Sulle funzioni ed i necessari caratteri del bene giuridico, anche in prospettiva storica, sia qui

sufficiente il rinvio al classico lavoro di F. Angioni, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, 6 s. e 20 s.

28 Così, A. Alessandri, Un esercizio, cit., 72 (il corsivo è dell’Autore). Evidente, peraltro, il riferi-

menti ad E. Musco, Bene giuridico e tutela dell’onore, Milano, 1974, spec. 127.

29 In questi termini, A. Alessandri, Offerta, cit., 201, che si riferisce, anzitutto, alla natura non

unitaria del mercato finanziario, del quale si evidenziano i distinti segmenti bancario, assicurativo e degli strumenti finanziari.

30 Testualmente, ancora A. Alessandri, Un esercizio, cit., 75.

31 Sulla inidoneità del risparmio a porsi quale bene giuridico concorda oggi la più autorevole dot-

allorquando il legislatore ha costruito, od ha avuto in animo di costruire figure cri- minose espressamente incentrate su condotte produttive di un diretto ed immediato «nocumento» al risparmio, il risultato è stato un prodotto normativo tecnicamente discutibile e dagli effetti pratici – previsti o riscontrati sul campo – nulli o poco più che simbolici.

Il riferimento è anzitutto, e de iure condendo, al così detto “Progetto Tremon-

ti” 32, prodromico alla l. 262/2005, il cui art. 44 intendeva inserire tra i reati del già

richiamato Titolo VIII°, Libro II° del codice penale il delitto di «Nocumento al ri- sparmio» (art. 499-bis). Per mezzo di tale previsione incriminatrice si sarebbe voluto punire in modo rigoroso colui che, commesso intenzionalmente uno degli illeciti amministrativi (sic!) individuati per relationem dal riferimento ai principali testi nor- mativi in tema di attività bancaria, di intermediazione finanziaria, di assicurazioni e di pensioni integrative, avesse cagionato un «grave nocumento ai risparmiatori», per tale intendendosi quello che avesse «riguardato un numero di risparmiatori superiori all’uno per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento Istat», ovvero che fosse consistito «nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità com-

plessiva superiore all’uno per mille» 33. Ma proprio l’esplicita assunzione del rispar-

mio, cit., 137; L. Foffani, Sicurezza dei mercati e del risparmio, in M. Donini-M. Pavarini (a cura di), Sicurezza e diritto penale, Bologna, 2011, 276 s., nonché, sostanzialmente, C.E. Paliero, Sicurezza dei mercati o mercato delle insicurezze? Prove libere di psicopolitica criminale, ivi, 311 s., sebbene l’A. si

riferisca espressamente alla «sicurezza economica». Tuttavia, per una rivalutazione del risparmio quale bene giuridico, v., limitatamente all’ambito dei reati in materia di intermediazione finanziaria, A. Ni- sco, Controlli sul mercato finanziario e responsabilità penale: posizioni di garanzia e tutela del risparmio, Bologna, 2009, 75 s. (ma spec. 91 s.), nonché, in prospettiva ancora più generale, C. Pedrazzi, La

riforma dei reati contro il patrimonio e contro l’economia (1993), ora in Id., Diritto penale, II, Milano,

2003, 387 s.

32 Si trattava, in particolare, del d.d.l. presentato alla Camera dei Deputati il 16 febbraio 2004

(A.C. n. 4705) e previamente approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 febbraio 2004, reperibile all’indirizzo internet http://storia.camera.it/documenti/progetti-legge/20040217-4705-interventi-tute-

la-del-risparmio-4705.

33 Il testo dell’auspicato art. 499-bis c.p. così suonava: «[1] Chiunque, commettendo intenzio-

nalmente uno o più illeciti amministrativi previsti dal D. Lgs. n. 385/93, D. Lgs. n. 58/1998, dalla Legge n. 576/1982 e dal D. Lgs. n. 124/1993, cagiona un grave nocumento ai risparmiatori è punito, in concorso con le sanzioni amministrative applicabili, con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa non inferiore a Euro 500.000. [2] Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiori all’uno per mille della popolazione risultante dall’ultimo censi- mento Istat, ovvero sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore all’uno per mille del prodotto interno lordo. [3] La stessa pena si applica quando uno dei fatti previsti dagli articoli 2624 e 2625, 2635 e 2637, limitatamente alle condotte poste in essere dai responsabili del controllo contabile o della revisione, e 2638 del Codice civile deriva, quale conse- guenza non voluta dal colpevole, un grave nocumento ai risparmiatori, così come definito dal comma 1. [4] Le pene sono aumentate se i fatti sono commessi da chi esercita funzioni di amministrazione direzione o controllo ovvero attività di lavoro dipendente presso società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’art. 116 del D. Lgs. n. 58/1998. [5] Alla condanna per i reati previsti dal presente articolo consegue la pubblicazione della sentenza. [6] Al reato previsto dal presente articolo conseguono le

mio nella sua totalizzante dimensione macroeconomica ad oggetto immediato della tutela penale, plasticamente espressa dal “gigantismo” dell’evento offensivo, ha reso agevole la collocazione della prospettata fattispecie tra gli esercizi di diritto penale

simbolico 34. Buon gioco, infatti, ha avuto la dottrina ad evidenziare criticamente,

tra l’altro: la prevedibile limitatissima area operativa della disposizione, posto che il macroevento tipizzato dai conditores si sarebbe potuto verificare soltanto a seguito dei più disastrosi scandali finanziari; l’insidiosità – per non dire la diabolicità – della prova che l’accusa avrebbe dovuto fornire tanto della predetta verificazione empirica dell’evento, che in sede processuale si sarebbe prestata verosimilmente ad intermi- nabili contenziosi statistici e numerici, tanto della sua riconducibilità causale alla condotta; infine, l’estrema difficoltà di dimostrare la puntuale rappresentazione e

volizione di tale macroevento nella psiche del soggetto agente 35. Ed in parte analo-

ghi rilievi critici in punto di titanismo dell’evento, di sua riconnessione causale ad una o più condotte, magari dilazionate nel tempo, di bontà dei parametri prescelti per la sua definizione, di riverberi sul profilo soggettivo sono stati riproposti in dot- trina allorquando è stato chiaro che il legislatore, pur abbandonato il progetto di un tale art. 499-bis c.p., aveva tuttavia insistito nella considerazione d’insieme del fenomeno-risparmio, avendo infatti riproposto la previsione del «grave nocumento ai risparmiatori», in parte ridimensionato, stavolta nell’ambito del delitto di false

comunicazioni sociali 36, che non a caso, in questa sua parte, non ha avuto alcun

riscontro giurisprudenziale durante i suoi anni di vigenza 37.

sanzioni amministrative di cui all’art. 9, commi 1 e 2 del D. Lgs. n. 231/2001. La sanzione pecuniaria è applicata in un numero di quote non inferiore a cinquecento e fino ad un massimo di duemila; l’im- porto di una quota può essere fissato da un minimo di euro mille a un massimo di euro cinquemila».

34 La messa in guardia dal «gigantismo» di quelle fattispecie nelle quali «l’evento di danno o di peri-

colo assume proporzioni smisurate, a ovvio scapito dell’efficacia pratica»» è nota e risale a C. Pedrazzi, voce Economia, cit., 281, che l’aveva formulata con riferimento ad alcune figure criminose contenute proprio in quel medesimo Titolo VIII°, Libro II° del codice penale entro cui, paradossalmente, il de- litto dell’art. 499-bis avrebbe dovuto collocarsi; di recente, e per tali motivi, ha confermato il «bilancio sconfortate» della rilevanza pratica delle fattispecie de quibus, N. Mazzacuva, Introduzione, cit., 18.

35 Convergenti su questi ed altri punti critici della progettata incriminazione risultavano A.R. Ca-

staldo, La nuova fattispecie di reato di nocumento al risparmio, in Dir. prat. soc., 2004, n. 5, 6 s.; E. Musco, Nasce il nocumento al risparmio una inutile “norma spettacolo”, in Dir. giust., 2004, n. 6, 8 s.; S. Seminara, Considerazioni penalistiche sul disegno di legge in tema di tutela del risparmio, in Dir. pen.

proc., 2004, 507 s.

36 Il riferimento è ai commi 4 e 5 dell’art. 2622 c.c. come modificati dalla l. 262/2005, i quali così

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