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L’analisi dei dati ufficiali elaborati da Banca d’Italia relativi all’andamento dei va- lori assoluti e relativi dei crediti deteriorati del sistema bancario italiano, nel periodo che va dall’inizio della recessione economica (2008) alla fine del primo semestre del 2016 (Fig. 1), consente di rilevare che:

a) il peso percentuale dei crediti non performing sul totale degli impieghi delle banche italiane è triplicato, passando dal 6% circa di fine 2008 al 18% di fine giugno 2016;

b) il peso percentuale delle sole sofferenze (sempre sul totale degli impieghi) è cresciuto con ritmi analoghi, passando dal 3,5% circa di fine 2008 al 10,5% di fine giugno 2016;

c) a giugno 2016, in valore assoluto, i crediti deteriorati hanno raggiunto 360 miliardi di Euro, di cui 210 miliardi di sofferenze.

1 È questa la strada intrapresa negli Stati Uniti dopo la crisi del 2008, quando il paese dovette af-

frontare un crollo di fiducia molto simile a quello che l’Italia sta vivendo oggi. Fu creato il Consumer financial protection bureau (Cfpb), la cui funzione è specificamente quella di «rendere le regole più efficaci, farle rispettare in modo coerente ed equo, e... mettere i consumatori nelle condizioni di pren- dere un maggiore controllo sulla loro vita economica» (Guiso e Zingales, 2016).

Tali dati, pur evidenziando che la crescita del peso relativo dei crediti deterio- rati sul totale degli impieghi bancari sta progressivamente rallentando, mostrano che tale peso ha raggiunto a fine giugno 2016 il valore più elevato dall’inizio della recessione. Non ha dunque ancora preso avvio alcun processo di riduzione dell’in- cidenza percentuale dei crediti non performing sul totale dei prestiti delle banche italiane.

Fig. 1 – Banche italiane: crediti deteriorati (valori percentuali sul totale dei prestiti alla clientela)

Fonte: Banca d’Italia, 2016

La Figura 2 evidenzia l’andamento “annualizzato”, su base trimestrale, nel pe- riodo primo trimestre 2007 – secondo trimestre 2016, del rapporto tra nuovi flussi di crediti deteriorati e totale dei crediti in bonis all’inizio di ciascun trimestre (linea azzurra) ed del rapporto tra nuovi flussi di sofferenze e totale dei crediti in bonis sempre all’inizio di ciascun trimestre (linea rossa). Le due linee misurano quindi l’in- tensità con la quale sono emersi, nel periodo considerato, nuovi crediti deteriorati e nuove sofferenze.

L’analisi del grafico consente di rilevare che nel 2016, rispetto al picco del 2013, l’entità dei nuovi flussi di crediti deteriorati si è ridotta (dal 6% al 3% per il totale dei crediti deteriorati; dal 3% al 2,5% per le sole sofferenze). Tuttavia i tassi di deterioramento del credito rimangono nel 2016 più elevati rispetto ai valori ante crisi (3% contro 2% per il totale crediti deteriorati; 2,5% contro 1% per le sole sofferenze). La qualità degli impieghi bancari italiani nel 2015 e nel 2016 non è dunque migliorata ma ha continuato a peggiorare, seppur a ritmi meno elevati rispetto al passato.

Fig. 2 – Tassi di deterioramento e di ingresso a sofferenza dei prestiti. Sistema Italia (dati trimestrali annualizzati; valori

percentuali)

Fonte: Banca d’Italia, 2016

Confrontando i pesi percentuali sugli impieghi totali dei crediti deteriorati (al 31 dicembre 2015) nei sistemi bancari dei diversi paesi dell’Unione Europea (Figura 3) si evince che il peso dei crediti non performing del sistema bancario italiano (18%) è più che triplo rispetto a quello medio UE ed è superiore a quello di tutti gli altri paesi europei ad eccezione di Cipro, Grecia, Slovenia, Portogallo e Irlanda. Con spe- cifico riferimento alla qualità degli attivi bancari, il posizionamento nell’ambito del contesto europeo del nostro sistema bancario appare dunque debole.

Il mercato sembra confermare queste valutazioni: nel primo semestre del 2016 i titoli bancari quotati alla Borsa Italiana hanno perduto circa 50 miliardi di capitaliz- zazione. Il crollo dei titoli bancari avvenuto nel 2011 e nel 2012 fu motivato dalla crisi finanziaria globale ed amplificato dal “rischio-Italia”. Oggi il rischio sovrano è superato o quanto meno fortemente ridimensionato. È dunque verosimile che tra le cause del calo dei prezzi azionari verificatosi in questa prima metà del 2016 vi siano proprio l’elevato peso relativo del credito deteriorato e/o la presenza di perdite latenti (ovvero non ancora emerse contabilmente) che caratterizzano, rendendolo vulnera- bile, il nostro sistema bancario.

Secondo la classificazione ufficiale Banca d’Italia (attuativa della normativa vi- gente a livello europeo) il credito deteriorato è formato da sofferenze, inadempienze probabili (ex incagli) ed esposizioni scadute e/o sconfinanti da oltre 90 giorni.

Definiamo credito “problematico” l’insieme di tutti i crediti bancari che presen- tano una qualche forma di anomalia (intesa quale sintomo di una qualche difficoltà da parte del debitore nella gestione regolare della relazione con la banca), che non si è ancora tradotto in inadempienze tali da far scattare i criteri di inclusione in una delle categorie di crediti deteriorati sopra individuate (es. presenza di scaduti

Fig. 3 – I crediti deteriorati nei sistemi bancari dei paesi UE (valori percentuali sul totale dei prestiti alla clientela al 31

dicembre 2015)

Fonte: European Banking Authority, 2016

Fig. 4 – Oltre il credito deteriorato: il credito anomalo

inferiori a 90 giorni, trascrizione di pregiudizievoli, forte indebolimento di alcuni indici di bilancio per i clienti imprese). Banca d’Italia diffonde periodicamente statistiche dettagliate su entità, peso, composizione, ecc. dei crediti deteriorati. Non esiste invece alcuna statistica ufficiale sull’entità dei crediti “problematici”. Sulla base di alcune evidenze empiriche è tuttavia possibile stimare che almeno un terzo delle imprese italiane presentino squilibri economici e/o finanziari tali da renderle “vulne- rabili” (cfr. ad esempio Cerved, 2016 e Banca d’Italia, 2016). Considerando che il valore assoluto dei prestiti delle banche italiane alle famiglie è pari a circa il 70% di quello alle imprese e che l’incidenza dei crediti deteriorati è per il “mondo imprese” in media pari al doppio rispetto a quella del “mondo famiglie”, è possibile stimare che il peso complessivo di tale credito problematico si pari ad almeno il 12% degli impieghi bancari totali. Ne consegue che il rapporto tra credito bancario anomalo (credito deteriorato più credito problematico) e impieghi bancari totali può oggi essere stimato intorno al 30%. In altre parole è ragionevole ipotizzare che circa tre milioni di euro di impieghi bancari su dieci si trovino oggi nell’area della “anomalia”, una area caratterizzata da una qualche difficoltà da parte della banca nel recuperare dal cliente la somma concessa in prestito.

Tab. 1 – Banche residenti in Italia: Conto Economico del Sistema esclusi i 5 maggiori gruppi. - Milioni di Euro

Fonte: Banca d’Italia, 2016

La Tab. 1 espone in forma sintetica il conto economico aggregato relativo agli esercizi 2014 e 2015 del sistema bancario italiano, con esclusione delle 32 ban- che appartenenti ai primi 5 gruppi bancari italiani (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, UBI Banca e Banco Popolare): si tratta quindi del conto economico aggregato del 96% delle 644 banche italiane. I dati esposti evidenziano il forte impatto che la bassa qualità degli impieghi ha determinato

sui conti economici: le rettifiche di valore su crediti sono state pari nel 2014 e nel 2015 rispettivamente all’85% ed all’80% del risultato della gestione operati- va, contribuendo in maniera determinante ad azzerare o quasi la redditività del capitale proprio (Return on Equity inferiore all’1% in entrambi gli esercizi). Il risultato è che oggi i manager bancari sono stati costretti a ribaltare le logiche tradizionali di definizione degli obiettivi, di elaborazione dei budget e di controllo dei risultati economici. Prima della crisi l’obiettivo principale era stabilito in un certo livello di redditività del capitale proprio, che si traduceva in livelli ricercati di utile netto, da conseguire attraverso un adeguato differenziale tra ricavi e i costi operativi. Oggi il punto di partenza è rappresentato dalle previsioni di rettifiche su crediti che si prevede di dover subire (a fronte dei flussi attesi di nuovi crediti deteriorati), dalle quali conseguono obiettivi di flussi di proventi operativi (margi- ne di interesse e commissioni) tali da consentire, al netto degli oneri operativi, di evitare o limitare perdite d’esercizio.

Ciò rende a nostro avviso non più rimandabile l’implementazione da parte delle banche italiane dei seguenti mutamenti gestionali ed organizzativi, idonei ad affron- tare questo nuovo contesto operativo:

a) superamento della separazione organizzativa tra gestione del credito ano- malo e gestione del credito in bonis. Se prima le due attività erano diverse e come tali gestite con strumenti, tecniche, competenze e criteri diversi, oggi questa separazione appare superata: una quota rilevante delle posizioni cre- ditizie si trova infatti in una zona “grigia”, che si caratterizza per la presenza di una qualche gradazione di anomalia e che richiede approcci personalizzati e flessibili ed un utilizzo mixato di una ampia gamma di strumenti e compe- tenze creditizie, relazionali, gestionali e legali;

b) maggior tempestività nella percezione e gestione delle crisi aziendali. Per po- ter gestire efficacemente il risanamento delle situazioni di crisi delle imprese clienti la tempestività dell’azione (tale da consentire l’intervento prima che la crisi divenga irreversibile) rappresenta un fattore decisivo ai fini del successo del processo di turnaround. Diviene quindi essenziale che la banca sviluppi nuove capacità di cogliere in anticipo i segnali deboli del deterioramento degli equilibri aziendali della propria clientela e di percepire con tempesti- vità le anomalie gestionali non conclamate, prima che la crisi si manifesti a livello contabile ed impatti in modo irreversibile sulla capacità del cliente di far fronte i propri impegni.

La Tabella 2 espone i valori degli importi, delle incidenze percentuali e dei tassi di copertura (ovvero delle percentuali di svalutazione cumulata a cui sono state as- soggettate) delle diverse categorie di crediti (crediti in bonis, sofferenze, altri crediti deteriorati), per il sistema bancario italiano nel suo complesso e per ciascuna delle quattro classi dimensionali di imprese bancarie individuate da Banca d’Italia (i primi 5 gruppi bancari, ovvero UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, UBI Banca, Banco Popolare; le banche grandi, ovvero quelle con attivo mag-

Tab. 2 – Qualità del credito: importi, incidenze dei crediti deteriorati e tassi di copertura. (miliardi di euro e valori percentuali;

dicembre 2015)

Fonte: Banca d’Italia, 2016

giore di 21,5 miliardi di euro; le banche piccole, quelle con attivo compreso tra 3,6 e 21,5 miliardi di euro; le banche minori, quelle con attivo inferiore a 3,6 miliardi di euro).

I dati esposti ci consentono di sviluppare una riflessione sul tema dell’impatto economico latente del credito anomalo; un impatto che non si è ancora manifestato ma che potrebbe nei prossimi semestri manifestarsi nell’ambito del “mondo delle banche di minori dimensioni”. I valori relativi ai tassi di copertura delle diverse ca- tegorie di crediti evidenziano infatti che tutte le classi dimensionali sono sostanzial- mente in linea con le medie di sistema ad eccezione delle “banche minori”, che fan- no rilevare percentuali di copertura molto al di sotto della media nazionale (40,8% contro 45,4% con riferimento al totale dei crediti deteriorati e 55,3% contro 58,7% con riferimento alle sole sofferenze).

In Fig. 5 sono esposti i valori percentuali dei tassi di copertura delle diverse cate- gorie di crediti (in bonis, sofferenze, altri crediti deteriorati) per le banche minori e per il resto del sistema. I tassi medi di copertura dei crediti deteriorati delle banche minori sono molto al di sotto dei tassi medi del resto del sistema (40,8% contro 45,9% per il totale dei crediti deteriorati, 55,3% contro 59,0% per le sole soffe- renze, 22,5% contro 27,2% per gli altri crediti deteriorati): il gap è di oltre 5 punti percentuali per il totale dei crediti deteriorati, di quasi 4 punti percentuali per le sof- ferenze e di quasi 5 punti percentuali per i crediti deteriorati diversi dalle sofferenze. Nella categoria delle banche minori (quelle con un attivo inferiore a 3,6 miliardi di euro) rientra il 70% delle banche italiane: 451 banche i cui impieghi sono comples- sivamente pari a oltre 180 miliardi di euro. L’ipotesi che i crediti deteriorati delle banche minori siano stati svalutati con minor intensità in quanto di miglior qualità e/o in quanto maggiormente presidiati da garanzie reali rispetto a quelli del resto del sistema non risulta dimostrata da nessuna evidenza ufficiale; tale ipotesi risulta invece smentita dalla forte svalutazione (pari a circa l’80% del valore lordo) subita dalle sofferenze di Cassa di Risparmio di Ferrara in occasione del piano di salvataggio deliberato da Banca d’Italia a novembre del 2015.

Fig. 5 – Tassi di copertura crediti deteriorati al 31 dicembre 2015. Banche minori vs Resto del Sistema (dati di fine periodo:

valori percentuali)

Fonte: Banca d’Italia, 2016

È dunque ragionevole ipotizzare la presenza di un certo grado di sopravvaluta- zione dei crediti deteriorati della banche minori ovvero, detto in altri termini, la presenza di perdite latenti, non ancora emerse contabilmente. Il valore delle mag- giori rettifiche su crediti che queste banche dovrebbero effettuare per adeguare i loro “gradi di copertura” dei crediti non performing a quelli medi del “resto del

sistema bancario italiano” è pari a circa 1,5 miliardi di euro 2. Considerando poi che,

mediamente, nell’arco di 2 anni il 50% degli altri crediti deteriorati si trasforma in sofferenze e che quando ciò avviene occorre in media svalutare questi crediti di un ulteriore 30% (pari alla differenza tra tasso medio di copertura delle sofferenze e tasso medio di copertura degli altri crediti deteriorati), si può stimare che le banche minori dovranno far emergere nei prossimi 2-3 anni ulteriori rettifiche su crediti per circa 2,5 miliardi di euro.

Confrontando l’entità complessiva di tali “rettifiche latenti” con il patrimonio netto complessivo delle 451 banche minori italiane e considerando che tra le ban-

2 Si noti che le banche minori italiane non sono ad oggi ma state sottoposte alle analisi della Bce

(Stress test, asset quality review), che non detiene poteri di vigilanza diretta sulle banche con attivi inferiori a 30 miliardi di euro. Se tali test fossero estesi anche alle banche minori l’inadeguatezza dei tassi di svalutazione dei crediti deteriorati emergerebbe con immediatezza, così come emergerebbe la conseguente la necessità di aumentare i mezzi propri di tali banche per poter assorbire tali svalutazioni senza finire in situazione di default.

che minori italiane vi sono banche molto più solide della media, ma vi sono anche banche molto meno solide della media, si può ragionevolmente ipotizzare che una quota non irrilevante delle 451 banche minori italiane si troverà a dover affrontare nel prossimo futuro situazioni di stress economico-finanziario.

1.3. Le esigenze di tutela del risparmio impiegato in prodotti finanziari emes-

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