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Le Scuole di pensiero

Capitolo 10 Gli Autor

10.4. Benjamin Mendelsohn

Mendelsohn, avvocato a Bucarest in Romania, ha sempre rivendicato la paternità della vittimologia, avendo contribuito a porre le basi scientifiche di questa disciplina. I suoi studi inizialmente furono motivati dalla necessità di strutturare una migliore difesa per i suoi clienti. Aveva preparato un dettagliato questionario con oltre trecento domande che aveva sottoposto ai propri clienti accusati di vari reati ma anche a persone del loro ambiente familiare e sociale. I dati ottenuti erano integrati con le dichiarazioni delle vittime e dei testimoni disponibili nelle fasi preliminari del processo. Così si era riproposto di indagare parallelamente sulla personalità del criminale e della vittima da un punto di vista biologico, psicologico e sociale, nonché sulla loro relazione (Saponaro, 2004).

Anche questo Autore, come von Henting, focalizzò l‟attenzione sul ruolo giocato dalle vittime nei crimini violenti, anche se ne sottolineava maggiormente la valenza quale circostanza attenuante nella decisione sulla punizione del colpevole (van Dijk 1997).In particolare egli vedeva la totalità dei fattori causali del crimine come “complesso criminogeno” di cui alcuni riguardavano il criminale e altri interessavano la vittima (Schafer, 1968). Per questo, del tutto in maniera ingiustificata, la criminologia aveva ignorato la vittima.

Mendelsohn nel corso del tempo e dei suoi studi modificò la sua impostazione originaria trasformando la sua attenzione alla difesa dei criminali con la tutela delle vittime. Fu il primo promotore di un‟azione politica e sociale in favore dei diritti delle vittime, avviando quel carattere di advocacy, di supporto, di movimento sociale e politico

70 A Londra nel 1888, qualcuno che poi verrà soprannominato “Jack the ripper” uccise 5 prostitute con

lo stesso modus operandi e la stessa firma, anche se i cadaveri di prostitute rinvenuti furono 9. Thomas Bond, medico legale che si occupò delle vittime, tracciò il primo profilo criminale concludendo ipotesi che andavano oltre ciò che si poteva dimostrare direttamente dall’evidenza. Il caso non è mai stato risolto e quindi non si è mai potuto sapere se vi sia stato un riscontro.

in favore di una maggior tutela e garanzia dei diritti delle vittime, ed in favore della creazione e del miglioramento dei servizi focalizzati sui bisogni delle stesse.

Mentre von Henting aveva posto l‟accento solo sulla necessità di prevenzione della vittimizzazione, che poteva essere consentita dalla miglior conoscenza della vittima del crimine, Mendelsohn propose anche altre riflessioni che riguardavano il ruolo e lo status della vittima in rapporto al sistema sociale in generale e della repressione penale in particolare. Sottolineò l‟assenza di considerazione della vittima, il suo ruolo marginale nel processo penale e la mancanza di attenzione politica e sociale ai suoi bisogni, invocando un sistema penale maggiormente victim-oriented. Riteneva, infatti, che la vittima non solo non fosse sufficientemente studiata ma neppure sufficientemente difesa nel sistema giudiziario, né sufficientemente sostenuta sul piano sociale dall‟opinione pubblica. Denunciò come il sistema di controllo sociale fosse orientato totalmente nei confronti di colui che delinque, senza spazi per la vittima, ritenendo che l‟amministrazione della giustizia dovesse occuparsi anche dell‟altra parte in gioco, dei suoi bisogni e dei suoi diritti.

Anche Mendelsohn propose una sua classificazione vittimologica basata su una sorta di partecipazione morale della vittima al reato, elaborando una sintesi dei suoi studi legali nel tentativo di individuare il grado di provocazione della vittima nell‟interazione con il criminale (Saponaro, 2004).

Mendelsohn (1956; 1976) elaborò il concetto di “grado di colpa” della vittima nella determinazione del crimine proponendo uno schema:

1. Vittima del tutto innocente (bambini): sono coloro che non hanno alcun comportamento provocatorio o facilitante prima dell‟attacco dell‟aggressore; la vittima ha un ruolo passivo e quasi costituisce il mero oggetto dell‟aggressione criminale

2. Vittima con “colpa lieve” e vittima per “ignoranza”, che ha meno colpa del criminale: la vittima ha un ruolo attivo ma solo perché ha adottato un comportamento imprudente o negligente, finendo per porsi in una situazione di pericolo. L‟istigazione all‟azione criminale è solo indiretta.

3. Vittima “colpevole quanto il delinquente” e vittima “volontaria”: vi sono inclusi i casi di suicidio o di coloro che assistevano o cooperavano con altri nel commettere dei crimini cadendone vittime (prostituzione, tossicodipendenza, gioco d‟azzardo) 4. Vittima “maggiormente colpevole del delinquente” (vittima provocatrice o vittima

5. Vittima “con altissimo grado di colpa” e vittima “come unica colpevole” : vi sono inserite le figure del criminale-vittima cioè del criminale che nel corso dell‟azione delittuosa diventa vittima dell‟antagonista che agisce in sua difesa

6. Vittima immaginaria o simulatrice: sono vittime che a causa di determinate psicopatologie possono giungere a credere di essere vittime (vittime immaginarie) o persone che coscientemente o premeditatamente denunciano una falsa vittimizzazione (vittima simulatrice).

L‟importanza della classificazione è legata alla descrizione del ruolo attivo della vittima nell‟interazione con il suo aggressore: una partecipazione ed una responsabilità sul piano morale che richiamano un forte giudizio di biasimo e cioè di colpevolezza per la sua vittimizzazione stessa. Vengono considerate le caratteristiche della vittima come potenziali elementi “attrattori” nei confronti del criminale ed inoltre vi è un giudizio morale sulla vittima, in modo parallelo come per quanto avviene per il reo.

Nel 1974, l‟Autore introduce in un saggio, rimasto a lungo inedito, il neologismo “vittimalità”, allontanandosi dalle radici dei suoi studi, afferenti alle scienze penali e criminologiche, e pensando alla vittimologia come scienza autonoma. La nozione di vittimalità (o vittimità) non è identica all‟opposta nozione di crimine (o criminalità), né per quanto concerne il suo campo di indagine, né per quanto concerne il suo contenuto (Vezzadini, 2012). La fenomenologia socio-bio-psicologica della vittimalità può consistere nella determinazione delle cause della vulnerabilità dell‟uomo o delle conseguenze del comportamento nocivo dello stesso, sia che tale nocività sia di tipo criminale che penale, che delle vittime in generale, che la società desidera prevenire e combattere, indipendentemente dalle loro determinanti (Mendelshon, 1976).

L‟Autore assegna alla vittimologia un proprio oggetto di studio e una propria metodologia, non mutuata dalla criminologia, e avente come obiettivo quello di limitare la vittimizzazione nei differenti ambiti della società, escludendo come cause uniche quelle afferenti la criminalità. Poiché il concetto di vittima non è riconducibile a definizioni strettamente legali o nettamente scientifiche, sarà necessario identificare gli ambiti e i fattori interni al soggetto, o esterni ad esso, alla base dei processi di vittimizzazione.

L‟autore, fondatore della vittimologia generale, individua alcuni contesti determinanti la vittimizzazione, come l‟ambiente endogeno bio-psicologico del soggetto stesso, l‟ambiente naturale circostante, e quello naturale modificato, l‟ambiente sociale dal

quale possono emergere condotte devianti rispetto a norme condivise e dunque comportamenti criminali, l‟ambiente antisociale nel quale vige un potere totalitario o dittatoriale, l‟ambiente automatizzato nel quale la sorgente del potere può sfuggire al controllo umano (Mendelshon, 1973) 71. A questo Autore spetta il merito di aver colto il carattere “sociale della sofferenza”, accumunando tutte le vittime indipendentemente dal cause specifiche e manifeste della loro sofferenza.