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Le Scuole di pensiero

Capitolo 10 Gli Autor

10.2. Hans von Henting

Hans von Henting, vittima della Seconda Guerra Mondiale, fuggito dalla Germania nazista e rifugiatosi negli Stati Uniti63, nella sua opera “ The criminal ed his victim” (1948)

e in particolare nell‟ultimo capitolo intitolato “The Contribubution of the Victhim to the

Genesis of Crime”, affronta quella che l‟autore definiva la sociobiologia del crimine e il

tema dell‟interazione tra criminale e vittima (Saponaro, 2004).

L‟autore viene ricordato come il padre della vittimologia, pur non avendone coniato il termine, per aver contribuito fortemente al dibattito negli Stati Uniti intorno alla figura della vittima, dando l‟avvio a un nuovo settore di indagine e allo sviluppo di ricerche tese ad approfondire quali fattori individuali e sociali esponevano la vittima alla vittimizzazione e la possibile prevenzione da attuare (Bandini 1993). Nella sua opera l‟Autore guarda alla vittima come un “fattore causale” del crimine, analizzando quelle caratteristiche e quei comportamenti che potevano determinare un passaggio all‟atto da parte del criminale. Pur ammettendo l‟esistenza di molti atti criminali in cui si evidenziava un minimo o nessun contributo da parte del vittimizzato, aveva osservato che c‟erano altrettanti casi in cui vi era una reciprocità nel legame tra reo e vittima.

Fu dirompente tale impostazione in quel momento storico in cui lo studio scientifico del crimine era orientato sull‟autore del reato, sia nell‟indirizzo antropologico criminale, predominante in Europa per l‟influenza della Scuola positiva, sia nell‟approccio socio-ambientale introdotto nella criminologia dalla Scuola di Chicago. Il diritto penale e la criminologia, infatti, osservavano il crimine come una contrapposizione tra il reo, emblema del male, e la vittima, soggetto passivo innocente.

Von Henting partì dalla critica di tale stereotipo raffigurato meccanicamente nella legge penale. Infatti, essendo la vittima reale e non fittizia, si distinguono due partner: colui che agisce e colui che subisce l‟azione, colui che infligge sofferenza e colui che la soffre, il soggetto che attivamente infrange la legge e chi passivamente ne subisce le conseguenze. La relazione, secondo tale criterio formale ed esteriore della legge-penale, è quella “soggetto-oggetto”. L‟Autore invece osservò che dal punto di vista sociale e psicologico la relazione “soggetto-oggetto” in numerosi casi non rispecchiava la realtà. La vittima non sempre ha un ruolo passivo, non è l‟oggetto della relazione, ma spesso interagisce con il criminale attivamente in molti modi, fino al punto che i ruoli stessi tra i partner possono scambiarsi sulla base di una relazione caratterizzata da mutua connessione e reciprocità. Allo stesso modo criminale e vittima possono essere complementari, anzi la vittima potrebbe addirittura “conformare e plasmare il criminale”.

Partendo da queste considerazioni von Henthing, chiedendosi come la vittima contribuisse a creare l‟azione criminale, giunse alla conclusione che la stessa vi partecipava con il suo modo di essere, le sue caratteristiche personali e sociali, le sue

attitudini, il suo comportamento attivo. Un‟ampia gamma di fattori, che potevano comprendere anche la “provocazione” nell‟atto criminale (aggressore-aggredito; disonesto- truffato), perché la vittima nella sua relazione ed interazione con il vittimizzatore, plasmava, influenzava e determinava, attualizzava l‟azione criminale.

Sono “provocatrici” tutte le caratteristiche fisiche, psicologiche, sociali ed i comportamenti della vittima che hanno maggiore potenzialità di determinare l‟atto criminoso nei confronti di se stessa ed in quella data situazione, e che agiscono come fattore ambientale esterno. Osserva l‟Autore che una vittima poteva anche consentire tacitamente, cooperare, cospirare e provocare la sua vittimizzazione diventando uno dei fattori causali del crimine (Saponaro, 2004).

Von Henting elaborò una classificazione delle vittime tentando sistematicamente di descrivere i diversi tipi d‟interazione tra criminale e vittima, costruendo un modello teorico esplicativo (Saponaro, 2004). Per l‟Autore, il processo dinamico tra criminale e vittima non poteva essere né fortuito né imprevedibile, ma sosteneva che la relazione si modellasse e fosse determinata in base alle condizioni e alle caratteristiche della vittima. La regolarità del ripetersi delle situazioni era data dal fatto che ogni criminale era attratto da quelle caratteristiche o condizioni fisiche, sociali o psicologiche che rendevano la vittima maggiormente vulnerabile all‟attacco (preda- predatore).

La sua classificazione delle caratteristiche delle vittime è il tentativo di identificare quali peculiarità personali, sociali, psicologiche o fisiche fossero determinanti nel favorire, attivare, causare l‟interazione con il criminale. Riteneva che il crimine fosse la risultante sia della costituzione ereditaria del criminale, sia delle forze ambientali (personali, familiari, sociali) che premevano su di lui e che la vittima fosse una di queste forze ambientali. La vittima era un “agente- rovocatore” come una forza che agisce dall‟esterno sul criminale dando luogo a una serie di stimoli determinanti il comportamento criminoso.

Von Henting ritiene che raramente la vittima fosse del tutto innocente, più facilmente sarà possibile riscontrarne una certa partecipazione, anche fino alla provocazione, o responsabilità, anche nei casi in cui poi morirà. Introduce quindi il concetto di “mutuality”, intendendo la partecipazione della vittima alla propria vittimizzazione, ed individuando tre macro aree di vittime (Vezzadini, 2012)64.

64 Esattamente come l’identificazione di costanti nel criminale risponde alla necessità di pensare al

delitto come qualcosa di circoscrivibile, e dunque in certa misura prevedibile e controllabile, così la vittimologia ha elaborato classificazioni nel tentativo di circoscrivere la portata del fenomeno, relegandolo ad alcune categorie di soggetti.

Nella sua classificazione l‟Autore elabora le caratteristiche di alcuni gruppi di vittime:

Una classe generale: in cui sono inclusi i più giovani, gli anziani, le donne, i “deboli di mente e gli ingenui”, i soggetti portatori di deficit fisici, gli immigrati e le minorante etniche:

 I minori di età: riteneva gli infanti e gli adolescenti maggiormente esposti alla vittimizzazione per a loro debolezza fisica e mentale e la conseguente minor capacità di resistenza o reazione. L‟Autore indicava l‟età anche come fattore situazionale e psicologico riferendosi ai casi di concorso del minore in un reato o di sua complicità nel crimine, per lo stato di soggezione e sottomissione tipico del minore con un adulto criminale.

 Le donne: considerava il genere femminile maggiormente vulnerabile a prescindere dall‟età, per la minor prestanza fisica e la minor difesa nei confronti degli aggressori di sesso maschile.

 Gli anziani: l‟età influirebbe sul rischio di potenziale vittimizzazione, sia da un punto di vista fisico per il decadimento delle facoltà fisiche e mentali, sia da un punto di vista sociale per il possesso di maggior ricchezza e potere.

 Mentalmente deficitari o disturbati: include in questa categoria subnormali, malati di mente, tossicodipendenti ed alcolisti

 Immigrati, minoranze, “ingenui”: la vulnerabilità in questa categoria era rappresentata da uno svantaggio di tipo sociale. Per l‟immigrato il cambiamento di società, usi, costumi, relazioni sociali, cultura e lingua poneva il soggetto facilmente in uno stato di errore, sfruttamento, raggiro, proprio per la sua difficoltà di comprensione nei processi comunicativi e di relazione interpersonale e sociale. Anche appartenere ad una minoranza etnica o raziale determinava per gli individui che vi appartenevano una condizioni di marginalità e disagio che le esponeva maggiormente alla vittimizzazione. Con “ingenui” l‟autore indicava quei soggetti che non hanno età mentale o che hanno un quoziente intellettivo tale da considerarli subnormali (quasi “vittime nate”).

Una classe descrittiva dei tipi psicologici:

o Il depresso: alcune vittime desiderano essere vittimizzate, la lesione può essere il prezzo di un maggior vantaggio o è stata istigata o provocata dalla vittima in vario

modo (von Henting 1948). L‟atteggiamento della vittima può essere passivo, apatico o letargico, o moderatamente favorente cioè sottomesso, connivente, o partecipante cioè cooperativo, coadiuvante o infine istigatorio, provocatorio, sollecitante. Lo stato depressivo può condurre ad un disturbo dell‟istinto di conservazione, di tutela della propria integrità fisica, tanto che l‟individuo può diventare indifferente al pericolo, apatico nella difesa, privo di attenzione o di paura per le conseguenze dei propri comportamenti o delle situazioni in cui si trova esponendosi per questo maggiormente allo sfruttamento o all‟aggressione altrui. o L‟acquisitivo: sono coloro che spinti dall‟eccessivo desiderio di guadagno o dalla

cupidigia si pongono in situazioni pericolose. Il criminale ricerca vantaggi sociali, economici, patrimoniali.

o Il seducente- promiscuo: l‟Autore considera la propensione alla sessualità o ai comportamenti promiscui fattori di propensione alla vittimizzazione65.

o Asociali, afflitti: l‟isolamento e la solitudine causano uno stato psicologico e situazionale di vulnerabilità perché le facoltà critiche sono indebolite, tanto da rendere la vittima imprudente, negligente o partecipante. È sociale perché priva la vittima della protezione del gruppo: colui che è socialmente isolato può essere facilmente vittimizzato fino all‟omicidio senza che si attivino meccanismi di reazione sociale (denuncia o investigazione). Afflitti sono coloro che hanno subito un lutto e si trovano in uno stato mentale particolarmente disarmante e vulnerabile. o Il tormentatore: è il criminale- vittima o colui che infligge sofferenza, tortura,

perseguita, tormenta, maltratta, abusa anche per anni e poi subisce una lesione o viene ucciso dalla sua vittima. È la vittima che commette un atto criminale verso il suo persecutore.

Una classe comprendente i tipi sociali:

 Vittime bloccate: sono le vittime che non pongono resistenza o difesa perché queste reazioni sarebbero più nocive dell‟atto criminale in sé, come coloro che sono ricattati e che sono vulnerabili di fronte alle informazioni che altri hanno su di loro.

65 L’autore aveva come riferimento la figura femminile del suo tempo con comportamenti seduttivi o

promiscui nei casi di violenza sessuale e sottolineava il ruolo attivo e non passivo della donna, per la quale concorrevano fattori la condizione del tempo, la solitudine, l’alcol, e certe fasi critiche della biologia e fisiologia della donna (menopausa, ciclo mestruale)

 Le vittime esonerate: sono le vittime escluse dai criteri di selezione del criminale per motivi inibitori, culturali, di religione etc.

 Le vittime resistenti: reagiscono con diversi gradi di forza fisica agli aggressori e l‟autore rileva come una reazione aggressiva della vittima poteva aggravare il pericolo di vittimizzazione o le sue conseguenze.

 La vittima-criminale: sono vittime individuali o collettive che subendo sofferenza o ingiustizia diventano criminali. La perdita o la sofferenza a causa di un atto criminale possono comportare un comportamento criminale da parte della vittima se il torto subito non ha ricevuto adeguata riparazione. Anche l‟azione dei meccanismi istituzionali del controllo sociale, se disfunzionali e non adeguatamente misurati ed equilibrati possono portare alla criminalità.

La classificazione di von Hentin, seppur non supportata da verifica empirica (Schafer 1968), tenta di delineare un profilo di quelle che possono essere le vittime latenti o potenziali con il fine di prevenire la vittimizzazione del crimine. Da un‟altra prospettiva le caratteristiche personali, psicologiche, sociali della vittima potenziale possono anche essere fattori predisponenti al crimine. Per questo nell‟ambito della prima vittimologia positiva si elaborò il concetto di “predisposizione vittimogena specifica” poi ripresa da Fattah (1971) e da Gullotta (1976, 2003).

Von Henting (1948) ha elaborato due concetti fondamentali, anche in ambito criminologico, che poi sono stati ripresi e sviluppai da molti autori:

a. Vittima latente: “in certe persone esisterebbe una predisposizione a diventare vittima di reati e, in un cero senso, ad attrarre il proprio aggressore” (Bandini, 1993). Un individuo, a causa di alcuni fattori di vulnerabilità può più facilmente di altri, andare incontro alla sua vittimizzazione. In certe persone potrebbe quindi esservi una certa “predisposizione” a diventare vittima di reati e in un certo senso ad attrarre il proprio aggressore. Oltre a una predisposizione generale evidente nelle “vittime nate” e nelle “vittime recidive”, esisterebbe anche una predisposizione “speciale”, dovuta alla presenza di alcuni fattori specifici sociodemografici e psicopatologici. Le vittime recidive sono persone che subiscono continuamente episodi di vittimizzazione e che quindi, per motivi psicologici anche patologici, tendono o anelano ad essere vittime. Ciò può dipendere da fattori inconsci, stati depressivi, che possono portare a impulsi e tendenze autolesionistiche e autodistruttive fino a quella definita “pulsione di morte”.

Le “vittime nate” sono le vittime “collezioniste d‟ingiustizie” che tendono a porsi nelle situazioni di pericolo e sofferenze per ricavarne un piacere masochistico o nell‟espiazione di sensi di colpa (Strano, Gotti, 2003). In chiave moderna il concetto di “vittima nata” non ha più l‟accezione deterministica della vittimologia positiva: solo in alcuni rari casi un certo tipo di personalità uno stato psicologico transitorio possono portare un soggetto ad essere spinto verso situazioni pericolose o dannose fra le quali può essere annoverata anche una situazione potenzialmente criminogena, come una pulsione ad essere vittima ma in senso autolesionistico e autodistruttivo.

b. Criminale-vittima: si riferisce a tutti i casi in cui il soggetto può diventare criminale o vittima a seconda delle circostanze, può essere prima criminale e poi vittima o viceversa, può essere nello stesso tempo criminale e vittima

Questi concetti ritrovano dall‟epoca ad oggi un‟importante valenza nel sistema investigativo, dove peraltro la vittima è disponibile mentre il reo spesso è sconosciuto. Centrando l‟attenzione sulla vittima si possono ricavare informazioni utili sia sul singolo caso66, che sulle dinamiche più generali, ma all‟epoca l‟approccio assolutamente innovativo da un punto di vista scientifico destò particolare interesse.