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Le teorie del conflitto

6.5. La criminologia radicale inglese

Un altro approccio alla criminologia radicale si deve alla National Deviance

Conference (N.D.C.), organizzazione nata nel 1968 ad opera di alcuni criminologi inglesi,

che partendo dalle posizioni della sinistra radicale e nel tentativo di ribaltare il paradigma positivista proprio della criminologia anglosassone del tempo, pragmatica e orientata a dare risposte al sistema politico, intesero sottolineare la complessità della devianza e l‟impossibilità di ricondurla alla sola lotta di classe, ponendo al centro la riqualificazione del ruolo soggettivo e dell‟autocoscienza individuale come affermazione politica. Alle classi marginali viene attributo quindi un ruolo rivoluzionario. Dopo aver attraversato un approccio “scettico” verso l‟impostazione soprattutto nordamericana e un approccio “romantico” del crimine per l‟idealismo improntato sul volontarismo marxista e socialista, si approda a posizioni radicali e critiche che ne caratterizzeranno la struttura teorica.

La sociologia della devianza che matura nel contesto della Conference pone al suo centro:

 l‟attenzione al significato che il comportamento deviante ha per il soggetto che lo pone in essere,

 il rifiuto dell‟assolutismo, ovvero della concezione della società come sistema monolitico e sorretto dal contesto generalizzato,

 riconoscimento dell‟esistenza di realtà culturali caratterizzate da diversità di valori di riferimento,

 presa di coscienza circa la problematicità della reazione sociale al comportamento deviante,

 conseguente critica al “correzionalismo” nelle sue varie espressioni (da quelle repressive a quelle esistenziali) ,

 critica all‟ideologia positivista sottesa alla pretesa scientificità delle posizioni che erano a fondamento del correzionalismo,

 rivalutazione delle motivazioni individuali e della capacità di auto- determinazione dei soggetti.

I teorici della N.D.C. sostennero la necessità di rivalutare l‟azione deviante, considerandola dal punto di vista di chi l‟ha commessa (Taylor, Young, Walton 1975). La devianza è, entro certi limiti, normale perché si è consapevolmente impegnati nell‟affermazione della propria umana diversità. L‟obiettivo quindi non è solo capire i problemi ma porre in essere una società in cui le diversità personali o sociali non siano oggetto di criminalizzazione da parte del potere (Cohen, 1971). Più che una prospettiva marxista si afferma una visione dell‟underdog (gruppi di marginalità)46

e l‟interesse si sposta sul singolo alla sua soggettività e condizione marginale e sulla razionalità del crimine riappropriandosi l‟attore della sua azione. Alla razionalità delle scelte si contrappone l‟operato delle agenzie di controllo sociale e l‟azione deviante viene valutata come controreazione a una reazione verificatasi per una precedente infrazione da intendersi come scelta libera.

La sociologia americana della devianza venne diffusa in Inghilterra grazie all‟opera di Taylor, Walton e Young (1975) quale ricostruzione critica delle teorie d‟oltre oceano che andavano incrociandosi con la critica del diritto che si era andata sviluppando. Gli Autori sostengono la scelta della prospettiva marxista perché consente di (Berzano, Prina, 2003):

a) spiegare attraverso quali modi particolari periodi storici, caratterizzati da specifici rapporti sociali e mezzi di produzione, hanno visto l‟affermarsi dei tentativi compiuti dai detentori del potere economico e politico di dare un particolare tipo di ordine alla società;

b) individuare i responsabili dell‟attività “definitoria”, non soltanto nella generale struttura del mercato, ma più specificatamente nel loro rapporto con la incombente struttura di produzione materiale e della decisione del lavoro;

c) evidenziare, avvalendosi di una nozione dell‟uomo che si diversifichi molto chiaramente dalle immagini dell‟uomo di tipo “classico”, positivistico o interazionistico, il grado di coscienza di ciascuno (collegato alla diversa ubicazione degli individui nella struttura sociale della produzione, dello scambio e della dominazione) come fondamento sia dell‟azione deviante, sia del modo in cui egli vive il suo status di outsider.

Gli autori connettono quindi i contributi dell‟interazionismo e altri orientamenti aperti alla considerazione del mondo soggettivo dell‟uomo, alle teorie della struttura sociale implicite nel marxismo ortodosso. L‟obiettivo di programma della “nuova criminologia” è la costituzione di una teoria sociale della devianza e della criminalità i cui elementi costitutivi sono:

 i fondamenti più generali dell‟atto deviante: la teoria deve saper collocare l‟atto nel contesto delle sue basi strutturali più allargate, attraverso una riconduzione dei temi strutturali intermedi (aree ecologiche, subculture) nel quadro del contesto che fa da supporto alle disuguaglianze di potere, ricchezza e autorità nelle società industriali avanzate (il requisito formale è l‟economia politica del crimine)

 i fondamenti immediati dell‟atto deviante: posto che le costrizioni sociali non vengono sperimentate in modo uniforme da tutti, una teoria soddisfacente della devianza deve chiarire quali siano le occasioni, le esperienze, gli sviluppi, che fanno precipitare l‟atto (il requisito formale è una psicologia sociale del crimine).

 L‟effettivo atto deviante: si tratta di spiegare il rapporto tra convinzioni e azione, fra scelte razionali ritenute ottimali e comportamenti in cui gli uomini si trovano invischiati, come pure il perché di una scelta deviante piuttosto che un‟altra, facendo riferimento alle reali dinamiche sociali in cui si è coinvolti

 le origini immediate della reazione della società: anche la definizione successiva dell‟atto deviante costituisce il risultato di rapporti personali ed è conseguenza di

scelte operate da chi circonda il deviante all‟interno di una gamma di possibilità. Le stesse agenzie formali del controllo sociale (polizia, servizi, istituzioni) possono reagire in modi diversi e con diversi gradi di intensità, a seconda delle propensioni individuali, ma soprattutto degli orientamenti di gruppo che a loro volta risentono del clima morale presente in un certo momento e contesto. Per formulare una teoria compiuta è necessario pervenire a una spiegazione della reazione immediata cui il pubblico ha dato vita all‟interno della gamma di scelte disponibili (psicologia sociale delle reazioni della società)

 le origini remote della reazione della società: la reazione di coloro che circondano il deviante, come pure le iniziative politiche che creano la legislazione, che definiscono la sanzionabilità dei comportamenti e che assicurano l‟applicazione della stessa legislazione sono intrecciate con la struttura dell‟economia politica dello Stato (requisito formale è l‟efficace ricostruzione degli imperativi economici e politici che motivano le “crociate morali” e all‟insieme di iniziative destinate a controllare il livello della devianza e a punire i trasgressori. La necessità di una economia politica del reagire della società)

 le conseguenze della reazione sociale per il successivo comportamento dell‟attore deviante: se l‟azione deviante è un tentativo del trasgressore per rispondere alla reazione sollevata da una precedente infrazione e che tale tentativo è da intendersi in ogni caso come una scelta, una teoria della devianza di stampo sociale deve prendere in considerazione la reazione della persona contro il rifiuto sociale o lo stigma e l‟interconnessione di queste con la scelta consapevole che ha scatenato l‟infrazione iniziale. Si tratta di riconoscere al deviante un certo livello di consapevolezza per le conseguenze che la reazione del pubblico può avere nei suoi confronti.

L‟opera di questi autori è stata considerata il manifesto della criminologia radicale europea.