• Non ci sono risultati.

Sutherland e la teoria delle associazioni differenziali I “withe collar crime”

Il paradigma sociale

2.4. Sutherland e la teoria delle associazioni differenziali I “withe collar crime”

I primi tentativi sociologici di definire ed identificare i processi attraverso cui alcuni soggetti possono diventare criminali, hanno utilizzato concetti come imitazione (Tarde, 189021; Bandura, 1962), role- playing (Sarbin, Allen,1962), identificazioni differenziali (Glaser, 1956). Per coniugare i tassi di criminalità nelle società con i mutamenti dell'organizzazione sociale molti criminologi hanno elaborato teorie di causazione multipla che si sono dimostrate vaghe e assenti di riferimenti teorici.

In questo quadro si inserisce la teoria delle "associazioni differenziali" di E.H. Sutherland che ebbe forte impatto sia in ambito sociologico che criminologico. Inserendosi nel filone più maturo della Scuola di Chicago e avvalendosi delle acquisizioni dell'antropologia culturale e dell'interazionismo simbolico, l‟Autore sostiene che il comportamento criminale viene appreso per "trasmissione culturale", e rimuove così dall‟eziologia ogni influenza dei fattori biologici e psichiatrici (Marotta, 2004). Non si apprende quindi per imitazione ma attraverso l'associazione interpersonale con individui che già si comportano come delinquenti. Pertanto, in base alle persone con cui si viene in contatto e ai loro valori, si ha un processo analogo ma di segno opposto a quello tramite il quale si apprende il rispetto delle norme legali.

Con il termine "associazione differenziale", Sutherland indica la partecipazione a certi gruppi sociali "differenti" dagli altri per la loro incuria della legge: delinquenti comuni, truffatori, sfruttatori della prostituzione etc.. Si riferisce anche a quei gruppi di soggetti non necessariamente rientranti in categorie criminali ma che si comportano compiendo atti contrari alle legge (commercianti o professionisti disonesti, o imprenditori non osservanti abitualmente le norme legali, etc.) (Sutherland, 1947).

Nella sua opera "Principles of Criminology" del 1947, l'autore elenca le nove asserzioni alla base della sua teoria:

21 La trasmissione degli schemi di comportamento delinquenziale da persona a persona attraverso il

meccanismo dell'imitazione era stata proposta da Tarde (1886) con il nome di "imitazione sociale". Con notevole anticipo questo studioso indicò nel mutamento prodotto dall'industrializzazione, con l'aumento di scambi e contatti interpersonali, uno dei fattori della crescita della criminalità, che si era verificata con lo sviluppo del capitalismo.

1. il comportamento criminale è appreso,

2. il comportamento criminale è appreso dall'interazione con altre persone attraverso un processo di comunicazione (verbale e non verbale),

3. la parte fondamentale dell'apprendimento del comportamento criminale avviene all'interno di intime relazioni interpersonali,

4. l'apprendimento del comportamento criminale include quello di a) tecniche relative alla commissione del reato, che a volte sono molto complesse e a volte molto semplici, b) orientamento specifico di motivazioni, pulsioni, razionalizzazioni, atteggiamenti,

5. l'orientamento specifico di motivazioni e pulsioni è appreso dalle definizioni dei codici legali come favorevoli o sfavorevoli,

6. una persona diventa delinquente a causa di un eccesso di definizioni favorevoli alla violazione della legge rispetto a quelle contrarie ad essa,

7. le associazioni differenziali possono variare in frequenza, durata, priorità (precocità nello stabilirsi) e intensità (contatto stretto e suo prestigio),

8. il processo di apprendimento del comportamento criminale attraverso l'associazione con modelli criminali o non criminali implica tutti i meccanismi di qualsiasi altro processo di apprendimento,

9. sebbene il comportamento criminale sia espressione di bisogni e valori generali, non si può spiegare in base a questi in quanto anche il comportamento conforme è espressione degli stessi bisogni e valori.

I singoli acquisiscono modelli di comportamento, sia criminali che conformi, in base all'interazione con gli altri. La specifica direzione delle motivazioni, delle pulsioni, delle razionalizzazioni e degli atteggiamenti, viene appresa, in senso sociale o antisociale, da persone che definiscono le norme come regole da osservare o favorevoli alla loro violazione (Sutherland, 1947). In un‟ elaborazione successiva Sutherland e Cressey (1996) affermarono che un soggetto diviene delinquente a causa di una prevalenza delle definizioni favorevoli alla violazione della legge rispetto a quelle sfavorevoli alla violazione stessa.

I processi di comunicazione culturale, essendo più intensi e numerosi nell'ambito dei microgruppi, trovano in essi, se orientati verso l'antisocialità, l'habitat o la "cultura" ottimali per la formazione del delinquente. L'apprendimento si sviluppa sia rispetto alle motivazioni ideologiche o culturali, sia rispetto alle tecniche operative. Per quanto concerne le motivazioni, l'apprendimento si elabora attraverso un processo definitorio e/o

posizionale rispetto alla morale, ai valori vigenti e al diritto positivo; il prevalere di definizioni e/o posizioni sfavorevoli, significa per il soggetto assumere atteggiamenti devianti o antigiuridici.

Questa teoria venne proposta come teoria generale della criminalità, capace di spiegare tutti i tipi di condotta criminale. Illustrava inoltre perché negli individui si verificassero atteggiamenti differenti circa il rispetto o meno della legge in base alla frequentazione di gruppi non osservanti le nome stesse. Una persona è quindi favorita nella scelta delinquenziale, a parità di condizioni economiche e sociali, quando si trova inserita in un gruppo dove prevalgono le definizioni favorevoli alla violazione della legge, rispetto a quelle sfavorevoli. L'inosservanza però non si riferisce a tutte le norme penali ma ad alcune che appartengono a quel gruppo come indicazioni favorevoli alla violazione (l'imprenditore corrotto ad es. è osservante delle norme familiari, etc.). Valori etici e tecniche per compiere delitti, vengono apprese da coloro che appartengono a quel gruppo e non esisterebbe quindi una criminalità "innata", tanto che si imparerebbe a delinquere assimilando i modelli di comportamento proposti da un certo ambiente.

Nel corso della sua vita un individuo entra in contatto con molti gruppi, alcuni devianti ed altri no, ma tutti influenzano il suo comportamento: quelli frequentati con maggior frequenza condizioneranno il suo comportamento con maggior intensità, così come avranno più pregnanza i gruppi con maggior priorità (perché i membri godono per il soggetto di maggior prestigio), quelli dove i rapporti hanno maggior durata, e quelli che per anteriorità si sono proposti in epoca più precoce e in età più giovanile. In conclusione l'associazione soggettivamente percepita come più importante, che si basa su una maggior frequenza, che è inoltre più duratura e anteriore, è quella da cui più facilmente vengono assimilati ideali, valori e tecniche di condotta, e se questa associazione è di tipo delinquenziale, si apprenderà uno stile di vita criminoso (Sutherland, 1937).

L'Autore si sforza in tutta la sua opera di costruire una teoria eziologica, unica e generale avulsa da approcci multifattoriali, per spiegare in maniera sistematica ogni forma di criminalità. Non nega l'esistenza delle diverse predisposizioni individuali, ma sostiene che queste concorrono a predisporre variamente una persona all'apprendimento. Quindi non vi è un rapporto significativo tra inclinazioni, motivazioni, bisogni individuali e scelta comportamentale delinquenziale. Non esclude quindi "altri" fattori nell'eziologia del crimine individuati nell'intensità del bisogno, nelle opportunità, nella possibilità che vengano proposte alternative al comportamento criminoso, e soprattutto nella

"disorganizzazione sociale" che indicò, dopo l' "associazione differenziale", come secondo processo generale delle criminogenesi.

L'assunto secondo cui gli atteggiamenti e le tecniche criminali devono essere appresi non è però applicabile a tutte le forme di criminalità. La teoria di Sutherland illustra i meccanismi di apprendimento di talune condotte criminali, come quelle della delinquenza professionale comune e organizzata, delle sottoculture violente, e quelle del mondo economico, della finanza, delle imprese e dei professionisti (white collare crime), ma non spiega la criminalità dovuta all'aggressività d'impeto, né quella con base emotiva - passionale agita dai singoli o delle delittuosità occasionale. Né spiega perché, a parità di esposizione ad associazioni differenziali criminose, alcuni individui interiorizzino modelli criminali e altri no. Anzi non ammette come causa criminogenetica la patologia individuale (la patologia mentale, psicopatia, disturbo emotivo) affermando che gli imprenditori che delinquono sono emotivamente e psicologicamente equilibrati (Sutherland 1940). Non manca l'Autore di mettere in evidenza, e ciò in linea con Weber (1961), l'influsso determinante del carisma di certi personaggi della malavita, carisma visibile e ampiamente riscontrabile nella società americana e nella criminalità organizzata.

Un limite nell'elaborazione di Sutherland è individuabile nella difficoltà di pervenire a una dimostrazione empirica per l'impossibilità di individuare, valutare e quantificare il peso delle associazioni differenziali, siano esse di un tipo o del suo opposto (De Fleur, Quinney, 1966) e i perfezionamenti apportati da Cressey (1954) alla teoria di Sutherland, che la riconducono a una teoria generale non della criminalità ma dell'apprendimento della criminalità, la rendono proficua ai fini di una interpretazione sociologica nei confronti dell'ambiente culturale generatore di devianza.

Le maggiori critiche alla teoria dell'Autore non riguardano tanto la teoria delle associazioni differenziali, quanto l'ambizione di costruire una teoria unicasuale alla criminalità. Ma un merito (come avviene per la teoria dell'anomia di Merton) è quello di aver infranto l'equazione secondo cui la criminalità è sempre e solo strettamente correlata all'indigenza e alle condizioni sociali sfavorevoli.

Non pochi sono stati i tentativi di riformulare la teoria di Sutherland su basi empiriche più valide e in termini più precisi. Burgess e Akers (1966), hanno collegato il concetto di associazione differenziale con i concetti relativi al condizionamento operante o alla teoria del rinforzo, rifacendosi quindi alla corrente comportamentista. La loro teoria dell‟associazione- rinforzo differenziale" si basa principalmente sulla definizione dei comportamenti che possono produrre un rinforzo positivo, negativo o neutro. Akers (1985)

sviluppò ulteriormente questa impostazione fino a definire la teoria dell'apprendimento sociale, per la quale le persone apprendono sia il comportamento criminale sia le sue definizioni attraverso un processo diretto, come nel condizionamento, o indiretto come nell'imitazione o nel modeling. La devianza appresa può poi rinforzarsi o indebolirsi con la punizione e ciò dipende anche dai rinforzi dei comportamenti alternativi o non devianti.

Glaser (1956) sostituì il termine "associazione" con "identificazione" per sottolineare lo stress che il singolo subisce nel ricevere stimoli da modelli opposti. La sua teoria delle identificazioni differenziali, applicata alle variazioni dei tassi di criminalità in ampi sistemi sociali viene definita come "teoria dell'organizzazione sociale differenziale". In un'opera successiva Glaser (1978) ha proposto un'ulteriore analisi con la teoria dell'anticipazione differenziale, in cui, con l'apprendimento sociale, sottolinea l'importanza delle aspettative, che distingue in legami sociali pro e contro il crimine, apprendimento differenziale e opportunità percepite. In pratica un individuo commette un reato quando l'aspettativa del guadagno supera la punizione prevista, in base ciò che ha appreso dal proprio ambiente sociale.

Sutherland va inoltre ricordato per aver centrato l'attenzione, per la prima volta, sui reati commessi dai dirigenti delle imprese industriali, finanziarie, commerciali e dai professionisti. Fino a quel momento i criminologi si erano occupati dei reati compiuti dalle classi più sfavorevoli e ne avevano cercato le motivazioni nelle cattive condizioni economiche. L'Autore inquadrò i risultati dei suoi studi nella teoria delle associazioni differenziali includendo tra queste ultime non solo quelle della delinquenza comune, ma anche di certi ambienti professionistici e imprenditoriali nei quali prevalevano le definizioni favorevoli alla violazione della legge (Sutherland, 1940). Da qui la facilitazione ad apprendere i loro particolari reati e a compierli senza grandi resistenze, essendo in quegli ambienti divenuta prassi frequente se non generalizzata. Sono reati quali l'evasione fiscale, frodi nei bilanci, illeciti nel commercio, aggiotaggio, bancarotta fraudolenta, illecita concorrenza, elusione delle leggi antitrust, furto di brevetti, pubblicità fraudolenta, esercizio abusivo o illeciti professionali che l'Autore chiamo "white collar crime" perché secondo la moda dell'epoca le persone di ceto elevato portavano camice non colorate , contrariamente agli operai e ai contadini.

Questo tipo di delinquenza aveva determinate caratteristiche (Sutherland, 1940):

 Si realizzava negli stessi ambienti in cui si producono beni e servizi ed è strettamente connessa ai processi della loro produzione cioè viene commessa nello

stesso momento in cui sono perseguire le attività istituzionali proprie delle imprese o della loro professione.

 La delittuosità dei colletti bianchi si caratterizza per non essere del tutto parassitaria come quella della delinquenza comune, che si procura ricchezza con i reati ma senza produrre alcun beneficio legittimo. Inoltre il suo costo sociale è rilevante perché questi reati coinvolgono più settori produttivi.

 L'indice di occultamento di questi reati, professionali o d'impresa che siano, è molto elevato perché non sono crimini evidenti come quelli di strada e le indagini presentano complessità e difficoltà di identificazione

 Gli autori di questi delitti godono di un alto tasso di impunibilità, perché ricoprono posizioni influenti e hanno connivenze con aree di potere politico e giudiziario. Il prestigio sociale, il potere finanziario degli autori di questi delitti, la rispettabilità di cui godono, le relazioni sociali elevate e la possibilità di essere rappresentati da eminenti avvocati, assicura loro un trattamento che, anche quando vengono identificati e condannati, non è particolarmente severo.

 La reazione sociale di censura nei loro confronti è minore da parte della società (spesso viene usato l'aggettivo "disonesto" invece di "criminale").

 Per chi compie questi delitti perdono di significato quei valori di anomalie di personalità e di sfavore sociale.

 Per poter parlare di reati di colletti bianchi è necessario che la tipologia dei delitti commessi sia strettamente connessa con attività di produzione di beni e servizi (se un professionista con status elevato uccide l'amante questo reato non rientra nei "white collar crime")

Dalla complessità proposta dall‟Autore si possono sintetizzare profili di contesto (l‟ambiente in cui il reato di consuma), ma anche profili criminali degli autori, che appartengono a classi sociali elevate, svolgono lavori in genere legati al “businnes”, ed hanno comunque strumenti e competenze per poter porre in essere particolari questi agiti criminali.

La tolleranza della collettività verso certi tipi di reati è data da un lato dall‟aleatorietà degli stessi, dall‟altra dal fatto che sono reati legati ad un‟aggressività strumentale non violenta volta solo all‟ottenimento di beni. Per essere compiuti richiedono competenze specifiche e una preparazione culturale di buon livello che non tutti posseggono. La criminodinamica ha come caratteristica la velocità e quindi

nell‟immediatezza non vengono collocati in dimensioni spazio- temporali chiare (si pensi ai trasferimenti di denaro tra società e al trasferimento di capitali in fondi diversificati e alle frodi on-line), ma soprattutto richiamano nella collettività cornici implicite legate all‟espressione del potere che il danaro simbolizza.

2.4.1. Crimini economici e vittime

Proponendo un‟analisi solo criminologica di sintesi quindi, si intendono reati economici l‟insieme degli agiti penalmente puniti commessi dai “white collar”, qualunque reato compiuto con finalità di natura economica, e quei reati che presentano significative analogie gestionali con attività economiche normali e del tutto lecite. Tra questi ultimi rientrano i reati commessi come attività ancillari ai businnes legali, quelli che sfruttano le opportunità illegali presenti nel mondo degli affari, i reati commessi nella gestione con strumenti illeciti dell‟offerta di beni e servizi leciti, i reati tipici della gestione illecita di beni e servizi che sono essi stessi illeciti. Possono essere quindi definiti “crimini economici” quei reati che per i soggetti che li commettono, per il loro contenuto o per le tecniche utilizzate sono riferiti direttamente ad una attività d‟impresa economica o ad una attività professionale. Le condotte di criminalità economica assumono spesso, per avere successo, l‟apparenza di transazioni e di comportamenti legittimi. Le modalità dei crimini economici tendono a creare una separazione di tempi e di luoghi, tra chi compie il crimine e chi ne subisce il danno, che talvolta si materializza senza alcun esplicito collegamento all‟azione del criminale. Di fatto vi è una scollatura tra la previsione d‟illiceità del codice e una diffusa accettazione dei comportamenti illeciti in ampi strati del contesto sociale e manca una codificazione omogenea tra i sistemi giudiziari, che spesso delegano la loro sanzione al diritto civile o amministrativo.

Una caratteristica fondamentale di questi reati è che nell‟attività criminale d‟impresa i soggetti coinvolti come vittime, anche in gruppi estesi, sono molto spesso indeterminati e non definibili a priori. Questi soggetti non si rendono neanche conto di essere esposti a rischi e danneggiamenti, perché gli effetti negativi si rilevano solo a seguito della loro reiterazione o con l‟accumulo degli effetti stessi. Questi reati agiscono soprattutto sui beni collettivi d‟interesse pubblico come l‟ambiente, la genuinità degli alimenti, la salubrità delle condizioni di vita, sul buon funzionamento dei mercati o sulla fiducia dei risparmiatori.

Inoltre da parte della collettività vi è spesso indifferenza ai danni e alle sofferenze causate da questi tipi di reati perché colpiscono indirettamente la fisicità del soggetto, in quanto lo privano dei propri averi e magari del sostentamento economico per la sopravvivenza, ma non lo colpiscono nel corpo, non producono lesioni fisiche. Le lesioni sono quelle economiche e morali, colpiscono la dignità della vittima determinando uno stato di crisi rispetto all‟adeguatezza e alla consapevolezza di aver perso tutto o parte del proprio benessere o il proprio status sociale, e di aver perso soprattutto la capacità di provvedere a se stessi e ai propri cari. In questo sistema, di beni e danaro aleatori, è anche molto problematico ottenere giustizia, poiché le indagini, soprattutto di tipo economico, sono estremamente complesse e difficili, richiedono molto tempo, è arduo individuare i responsabili ed impossibile di solito ottenere un risarcimento economico per quanto è stato tolto.