• Non ci sono risultati.

Nuovi approcci teorici: la devianza come costruzione sociale e la sociologia fenomenologica

Devianza come costruzione sociale: l’Interazionismo Simbolico

3.1. Nuovi approcci teorici: la devianza come costruzione sociale e la sociologia fenomenologica

Dall‟inizio degli anni „60 vi è un cambiamento in criminologia e nelle teorie sociologiche della devianza, soprattutto statunitensi, che abbandonano l‟impostazione positivista e che sono strettamente legate al tempo e al costrutto sociale dell‟epoca. Non ultime le teorie sui “white collar crime” che identificano uno spaccato diverso di criminalità, ancora per altro attuale, in contesti e classi sociali non ancora studiati, con interrogativi nuovi e necessità di nuove metodologie di ricerca e analisi.

Si identificano nel “paradigma della devianza come costruzione sociale” varie teorie che guardano alla “devianza” con approcci non convenzionali e con metodologie di studio e ricerca innovative. Di rilevanza il modello “pluralista” cui si ispirano le teorie dell‟associazione differenziale e della criminalità dei colletti bianchi e quelle di matrice interazionista, tra cui il labelling approach. Il modello pluralista, riconoscendo l‟esistenza di vari gruppi sociali, ognuno dei quali portatore di interessi propri, spesso confliggenti con quelli degli altri gruppi, e dotati di gradi di potere differenziati, è molto vicino alle teorie del conflitto non marxiste per cui conflitto e interessi hanno radici nel sistema legale e quindi nella definizione dei comportamenti contenuti nelle norme.

Il conflitto ha valenza di competitività, e quindi valenza positiva, perché volto al cambiamento. Non a casa queste teorie nascono in un‟epoca in cui in America le tensioni sociali sono forti e contraddittorie, con un‟espansione del mercato sempre più collegata ad una differenziazione sociale supportata e ad una produzione sempre più diversificata di beni e servizi.

In questo contesto emergono metodologie di ricerca nuove con tecniche di indagine qualitative (Schwartz, Jacobs, 1987) come l‟osservazione partecipante, le interviste aperte, le storie di vita, e le ricostruzioni situazionali degli attori sociali.

L‟opera di Berger e Luckmann “La realtà come costruzione sociale” (1969)29

, definiscela “realtà sociale” come realtà di tipo cognitivo cioè strutturata da idee, pensieri e contenuti di coscienza ed è costantemente costruita e reinterpretata dagli individui nelle loro interazioni, con una relatività dei punti di vista che si confrontano sulla realtà che è “socialmente costruita”. Criminalità e devianza, quindi, non esistono di per sè, ma sono processi di definizione e interazione sociale e quindi oggetto di studio della sociologia diverrà non solo il comportamento criminale ma soprattutto il comportamento deviante, centrando l‟attenzione sulla sociologia della devianza piuttosto che sulla criminologia di stampo sociologico. Il termine devianza include quindi tutti quei comportamenti che violano le norme penali (quindi criminali) e le norme sociali (patologie sociali, problemi sociali e stili di vita diversi) perché rifiutati e condannati dalla società (Berzano-Prina, 2003). Deviante come soggetto “anormale” perché non integrato normativamente nel sistema sociale, estendendosi fino non solo all‟allontanamento dalla norma, ma anche lontano dagli ideali e dai modelli imposti. Ciò che è deviante viene definito dalle mutevoli dinamiche sociali, economiche e politiche del tempo (Goffman, 2006). Ne deriva una tolleranza maggiore per certi tipi di reati e la messa in discussione della rigidità del controllo sociale nei confronti di certi comportamenti (in particolare le devianze senza vittime)a seconda del tempo che si sta vivendo.

L‟approccio della sociologia fenomenologica propone come oggetto di studio la realtà quotidiana attraverso l‟azione sociale e l‟intersoggettività che le da significato. Vi è un rapporto dialettico tra uomo e mondo sociale che egli stesso produce e che lo conforma a sua volta, in quanto realtà oggettiva, attraverso l‟interiorizzazione dei suoi elementi. All‟esterno dell‟uomo, costruita dall‟uomo, vi è la realtà oggettiva del mondo istituzionale che esercita un potere coercitivo attraverso i suoi meccanismi di controllo e che l‟uomo, in quanto realtà oggettiva, non può, per effetto della sua volontà, eliminare. Istituzioni e controllo sociale definiscono i ruoli e le regole che se non conformate dall‟uomo, determinano la devianza, che a sua volta viene interpretata attraverso una pluralità di

29 Secondo il “Dizionario di Sociologia”29 per costruzione sociale della realtà si intende “l’insieme dei

processi interiori ed esteriori, dialetticamente interdipendenti, tramite cui gli esseri umani elaborano norme e valori, codici morali e istituzioni, cioè rapporti e relazioni sociali regolate normativamente sul piano dell’azione e legittimate sul pian morale e affettivo, che si impongono agli altri e a loro stessi con una concretezza, durezza e indifferenza alla volontà ed alla sorte del singolo individuo, analoghe alla realtà materiale. Non è una rappresentazione collettiva, né una forma di coscienza sociale, bensì l’attività stessa che produce le costrizioni tipiche della vita associata e la quasi totale impotenza dell’individuo singolo di fronte ad esse”. Riferimenti classici per la prospettiva costruzionista si ritrovano nell’opera di Schutz (1974) per ciò che concerne i fondamenti della conoscenza della vita quotidiana e in Mead (1966) per l’analisi dell’interiorizzazione della realtà sociale

universi coesistenti che determinano a loro volta diversi gradi di tolleranza (Berzano-Prina, 2003).

3.2. L’interazionismo simbolico. Le radici di G.H. Mead, la teorizzazione

di H.Blummer

L‟interazionismo simbolico nasce grazie alle radici teoriche elaborate da Herbert Blummer, allievo di G.H. Mead, e si sviluppa come corrente teorica tra gli anni ‟50 e ‟60 dello scorso secolo, in contrapposizione al funzionalismo30, e con un interesse alla soggettività. L‟esperienza personale è fonte di significati che, attraverso l‟interazione, determinano un sistema di valori relativi riconosciuti dai partecipanti di quella stessa interazione.

Tre sono le premesse dell‟interazionismo (Meltzer, Petras, Reynolds, 1980):

1. gli esseri umani si comportano verso le cose sulla base dei significati che le cose hanno per loro,

2. questi significati sono il prodotto dell‟interazione sociale che avviene nella società umana,

3. questi significati sono modificati e manipolati attraverso un processo interpretativo messo in atto da ogni individuo quando entra in rapporto con i segni che incontra. La condotta umana non è determinata dalla semplice reazione agli stimoli esterni ma dall‟interazione tra esseri umani che dipende dalla loro capacità di interpretazione e simbolizzazione. La risposta di un organismo ad un altro è l‟atto sociale. Così il gesto di Ego produce una risposta da parte di Alter il cui comportamento è a sua volta stimolo per Ego. Attraverso un processo interpretativo il gesto si trasforma in stimolo significante. Anticipando la reazione di Alter, Ego oggettivizza il suo comportamento e lo universalizza nell‟Altro generalizzato.

L‟interazione è simbolica perché l‟uomo vive immerso in una società in cui gli stimoli che lo sollecitano sono dotati di significati e di valori appresi tramite un processo di comunicazione e quindi di interazione sociale. Ogni individuo interpreta le azioni degli altri e non “reagisce” solo ad esse ma risponde alle azioni a seconda del significato che a loro viene dato. Individuo e società sono interdipendenti ed il comportamento umano,

30Al funzionalismo viene contestato il presupposto di un sistema di valori e norme condiviso in una società differenziata culturalmente e socialmente

anche deviante, è “l‟esito di una interpretazione cosciente e socialmente derivata degli stimoli interni ed esterni” (Salvini, 1981). L‟interazione umana è quindi mediata dall‟uso di simboli che sostengono l‟interpretazione o la comprensione delle azioni dell‟altro e che determinano risposte diverse in virtù della significatività data all‟azione. Le diverse radici teoriche comporteranno la determinazione di due modelli, anche di ricerca metodologica, diversi.

Per Mead (1934), che propose una teorizzazione filosofico sociale, il comportamento umano è la somma delle reazioni degli esseri viventi ai rispettivi ambienti, agli oggetti (quali costruzioni umane cui ci si riferisce, siano esse oggettive o astratte) che all‟interno di esse hanno significato. Gli individui non posseggono menti e coscienza originariamente precostituiti e dati, ma ne maturano lo sviluppo attraverso l‟interazione con gli altri. L‟autore sostiene l‟esistenza di un “Sé” che nasce nella condotta quando l‟individuo costituisce, rispetto a se stesso, un oggetto sociale nell‟esperienza. L‟uomo si percepisce, comunica con se stesso, attraverso una comunicazione interiore che gli permette di giudicare, analizzare e valutare le sue azioni. È un processo di autointerazione che consente all‟individuo di interpretare il mondo che ha di fronte e reagirvi attraverso azioni che cambiano a seconda del significato dato (Blummer, 2008).

Il Sé permette all‟individuo di costruire una prospettiva comportamentale, indipendentemente da ciò di cui egli è consapevole o dalle azioni degli altri, partecipando alla costruzione continua delle azioni, come soggetto che con la propria personalità agisce con e verso gli oggetti costruendo le azioni. L‟individuo recepisce e interiorizza gli atteggiamenti che gli altri hanno nei suoi confronti e rivede se stesso nel modo in cui reputa che gli altri lo vedano, fino a definire il proprio comportamento in relazione a ciò che crede che gli altri percepiscano di lui. Ecco che il gruppo ha un ruolo centrale nell‟orientare il comportamento degli individui ed è il contesto nel quale si costruisce/definisce il Sé del singolo. Ogni appartenente al gruppo costruisce le proprie linee di azione in base all‟interpretazione costante delle azioni altrui, riorganizzando costantemente i propri desideri, sentimenti e atteggiamenti. Anche il gruppo stesso si muove attraverso un processo continuo che adatta le linee di comportamento in divenire, rinforza i modelli di condotta comune e ridefinisce attraverso la creazione di nuovi oggetti, nuove relazioni e nuovi comportamenti. La società umana si definisce su un processo sociale, dove gli individui sono impegnati in azioni comuni per trattare le nuove situazioni che devono affrontare. La società non è quindi una struttura determinata ma un insieme di persone che interagiscono rispetto alle loro condizioni esistenziali. Status e ruoli sociali

entrano nel processo di interpretazione e definizione dell‟azione comune ma l‟interazione avviene tra persone e non tra ruoli.

Blumer (2008), allievo di Mead, utilizzò per primo la definizione di “interazionismo simbolico”, dando vita ad un filone teorico che si sviluppò all‟interno della Scuola di Chicago, la cui particolarità fu l‟applicazione di una metodologia di ricerca di tipo qualitativo e interpretativo. La presenza di William I. Thomas e di Robert E. Park ampliarono i settori di ricerca empirica e portarono Blumer ad una teorizzazione più sociologica dell‟interazione umana.

L‟Autore pone l‟accento sulla dimensione collettiva della realtà statunitense in cui gli individui costruiscono i significati e danno senso alla realtà sociale, complessa ed in continuo contraddittorio (Blumer, 1951). In contrapposizione ad un‟ipotesi meccanicistica tra stimolo e risposta, quale base dell‟azione sociale e del rapporto tra soggetti, interpreta il comportamento umano attraverso azioni di ricerca calate nel contesto sociale e osservanti l‟interazione umana come sostanziale interpretazione di significati e definizioni delle singole realtà31. L‟interazione sociale è quindi un processo comunicativo in cui le persone condividono esperienze anche con un impegno reciproco nell‟azione comune (Blumer, 2008).

La società moderna, di cui Chicago era l‟espressione in quel momento storico di rapida espansione industriale e cambiamento sociale e fertile terreno di studio, doveva essere studiata attraverso l‟osservazione dei gruppi e quindi degli esseri umani nella loro vita collettiva e nel loro ambiente culturale, e nelle loro interazioni sempre mediate dall‟uso di simboli, dall‟interpretazione e da risposte fondate sul significato attribuito a quei rapporti.

Gli individui possono agire singolarmente, collettivamente o nell‟interesse di qualcun altro, o in rappresentanza di organizzazioni o altri gruppi, attraverso attività contestuali alle situazioni in cui devono agire. Gruppi e società quindi esistono nell‟azione e devono essere considerati caratteri dell‟azione stessa (Blumer, 2008).

Elemento di ulteriore crescita teorica, all‟interno della Scuola di Chicago, sarà proprio il dibattito tra Blumer e Thomas sull‟utilizzo delle testimonianze nella ricerca empirica e alla difficoltà di sostenere scientificamente queste nuove metodologie di analisi (Blumer, 1939).

31Centrale nella teorizzazione di Blumer il pensiero di W.I.Thomas per il quale le scelte degli individui sono fortemente conseguenti all’interpretazione delle molteplici, continue, differenti situazioni che devono affrontare e che si intrecciano con le scelte di tutti i soggetti che si trovano in un determinato contesto storico-sociale.

L‟opera di W.I.Thomas e F.Znaniecki propone uno studio sui contadini polacchi immigrati negli USA e ne interpreta il comportamento tenendo conto delle capacità di simbolizzazione e di interpretazione degli individui, che ne determinano gli atteggiamenti, sia della cultura e dei valori che quel gruppo condivideva. Blumer teorizzerà quindi che gli individui agiscono nei confronti del mondo e del Sé partendo non da una cultura e da una struttura sociale date, ma dalle definizioni e dai significati che essi stessi danno di volta in volta alle situazioni stesse. Cultura (consuetudini, tradizioni, norme, valori) e struttura sociale (posizione sociale, status, ruolo, autorità, prestigio) dipendono quindi da quello che gli individui fanno nell‟agire reciproco. Proprio dall‟opera di Thomas emergerà l‟aspetto conflittuale dell‟ambiente che porta l‟individuo a ridefinire costantemente il proprio Sé già sviluppato per tutto l‟arco della sua vita attraverso le interazioni simboliche che si verificano nel contesto sociale. Il modello interpretativo di Thomas tiene conto sia della capacità di interpretazione che di simbolizzazione degli individui (gli atteggiamenti) sia dei loro valori condivisi (la loro cultura). Il concetto di “definizione della situazione”, determinata quindi dagli atteggiamenti e dalla cultura dei diversi gruppi sociali, consente all‟Autore di postulare come non sia necessario conoscere la situazione reale per interpretare l‟agire sociale, quanto sapere su che base di credente soggettive sia ritenuta reale perché sia reale nelle sue conseguenze.

La società è l‟interazione tra individui e quindi il loro rapporto reciproco, quale processo attraverso cui si forma la condotta umana, indipendente dalle determinanti sociologiche e psicologiche, sono gli assunti per spiegare forme specifiche del comportamento umano. Gli individui dovranno così tener conto delle azioni degli altri, che influenzeranno la loro condotta, in un processo duale nel quale si indica agli altri come agire e si interpretano le indicazioni provenienti dagli altri (Blumer, 1962). Gli individui agiscono nei confronti del mondo e del proprio Sé non sulla base della loro cultura o della struttura sociale in cui vivono, ma sulla base delle definizioni che essi di volta in volta attribuiscono alle situazioni stesse. Possono vivere anche nello stesso tempo in “mondi” diversi quando danno agli oggetti, prodotti dall‟interazione simbolica che compongono il loro ambiente, significati diversi. Un oggetto fisico, sociale o astratto, è qualcosa che può essere identificato, a cui ci si può riferire e che ha un significato in base al modo con cui una persona lo vede definito dagli altri con cui interagisce. Il significato degli oggetti può quindi cambiare anche in base all‟interazione che gli individui hanno con se stessi, un‟interazione sociale con il proprio Sé: in questa interazione la persona trova indirizzo e costruisce risposte di senso al suo agito, dandosi indicazioni. L‟agire umano ha quindi una

dimensione autoriflessiva attraverso un processo di autoindicazione per cui gli individui, prendendo atto dei reciproci comportamenti, li collegano al proprio agire (Blumer, 1962)

Se Mead e Blumer non si sono occupati di criminalità nello specifico, le loro teorizzazioni hanno comunque influenzato le prospettive criminologiche degli anni ‟40 e ‟50 dello scorso secolo, riscontrabili nell‟analisi di Sutherland sulla criminalità dei colletti bianchi, sull‟apprendimento del comportamento criminale e nelle ricerche sulle subculture.