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Il paradigma sociale

2.2. Strutturalfunzionalismo e devianza: R K Merton, T Parsons

2.2.1. Conformità e vittimità

Una riflessione deve essere proposta sul tema della relazione tra “conformità della vittima” e regole sociali. Apparteniamo a una società complessa, come quella caratterizzante il nostro tempo, dove è reale la scarsità di risorse economiche rivolte al sociale ed è presente una povertà ideologica che non fa proprio il concetto di vittimità nelle politiche sociali, ancora basate su una concezione reocentrica e non vittimocentrica. In questo contesto socio-politico la produttività dei servizi è rivolta a categorie di utenti definite prioritarie16 a scapito dell‟intera collettività, e gli interventi di prevenzione dei processi di vittimizzazione rimangono sottesi e trasversali a tali categorie ma soprattutto ritenuti di competenza “altrui”. Il ruolo delle istituzioni e degli attori che compongono i sistemi di intervento e di controllo sociale devono riacquisire coerenza ed equilibrio all‟interno di strutture condivise ed accettate da tutti, capaci di assumere come proprio e riconoscere anche il ruolo sociale della vittima. Obiettivi di salute comuni e globali in una sussidiarietà orizzontale che tenga al centro il benessere della vittima e riduca i costi sociali dei processi primari e secondari di vittimizzazione attraverso una prevenzione efficace ed efficiente ma soprattutto appropriata.

In realtà, in assenza di politiche sociali mirate, tutto è lasciato senza alcuna organicità programmatica17 alle competenze della vittima, quando ne sia in possesso e anche se residuali, e all‟incrocio di esse con i pochi mezzi che la società offre per superare

16 Si faccia riferimento all’art. 22 L.328/00

17 In Italia manca una legge quadro nazionale a tutela di tutte le vittime di reato cosi come è stato richiesto nelle Decisione Quadro del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla posizione delle vittime nel procedimento penale (2001/220/GAI del 15 marzo 2001) non recepita e nella successiva Direttiva del 25 ottobre 2012 n.29 (2012/29/UE) che l’Italia dovrebbe recepire entro l’Aprile 2015

il trauma e la vittimizzazione. Queste risorse vengono gestite su proposte progettuali e difficilmente trasformate in servizio dal pubblico, tanto che nella maggioranza dei casi sono promosse, progettate e gestite dal terzo settore.

Si realizzano quindi situazioni di conformità quando la vittima vive in un contesto18, e quindi in una comunità, che ha messo in programmazione risorse e servizi per il superamento e la riabilitazione dal trauma, che fornisce mezzi per il risarcimento del danno o per azioni riparative, ma anche quando la vittima è soggettivamente in possesso di strumenti personali e mezzi propri per raggiungere i fini, cioè il superamento dei processi di vittimizzazione primaria e secondaria e quindi l‟acquisizione di sicurezza e tutela. Allo stesso modo può verificarsi una situazione di non conformità se ad esempio la società fornisce i mezzi ma la vittima non è in grado di raggiungere i fini19, nel caso in cui la vittima non veda riconosciuti i propri diritti perché non previsto dalle norme20, ma soprattutto quando la vittima, annientata dal proprio patimento e senza alcun sostegno si isola dal mondo. La non conformità limite, si ha quando la vittima, rifiutando le norme socialmente condivise e riconosciute dalla collettività, diventa, a sua volta, carnefice nell‟atto di difesa e di tutela personale.

Una ulteriore riflessione può essere proposta sulla capacità di reazione e superamento dell‟evento critico di quella vittima che ha avuto adeguati processi di socializzazione primaria e secondaria e che quindi, attraverso l‟adeguata strutturazione della sua personalità, indipendentemente dal suo status sociale, dalla classe di appartenenza, dal ruolo, o dalle sue condizioni psico-sociali, riesce a reagire attraverso le norme condivise, al trauma con strumenti e mezzi adeguati. Un‟imperfetta socializzazione, nell‟ottica parsonsiana, e la presenza di tensioni psichiche legate al non efficace sviluppo della relazione tra alter ed ego, può determinare una vulnerabilità che può rendere l‟uomo facile preda di agiti criminali. Così è possibile trovarci di fronte all‟adattamento passivo della rinuncia quando si perde la fiducia negli strumenti e nelle possibilità offerte in termini di servizi e risorse dalla società, per rimanere in una situazione paralizzante e frustrante di impossibilità al cambiamento. L‟emarginazione delle vittime avviene di fatto

18Le Zone Distretto istituite dalla 328/00 e la programmazione locale

19 Un esempio è fornito dalle normative che stabiliscono tutele, come il decreto antiviolenza che

stabilisce l’irrevocabilità della denuncia, e l’impossibilità della vittima donna, dipendente economicamente e psicologicamente di una relazione patologica, di tutelare se stessa o i figli in assenza di risorse socio-familiari altre.

20 È il caso del mancato risarcimento alle vittime perchè lo Stato non le riconosce come tali. Sono

riconosciute vittime cui spetta il risarcimento economico le vittime del terrorismo, di mafia, dell’usura, le vittime per lo Stato, ma non le vittime di reati comuni.

con l‟introiezione della frattura valoriale del riconoscimento della dignità umana e del valore della “persona” in quanto membro della società, all‟interno del sistema di protezione e sicurezza sociale.

2.3. Le teorie della disorganizzazione sociale: E.H. Sutherland, H.M.

Johnson, G. LaFree

Nelle “teorie della disorganizzazione sociale” confluiscono numerosi studi sociologici che hanno alla base l‟osservazione delle trasformazioni avvenute nella struttura della società nella prima metà del secolo scorso. Un orientamento di pensiero che trova le sue radici in Europa, e che ha avuto un‟ampia diffusione negli Stati Uniti a partire dal 1920.

L‟interesse di queste teorie è polarizzato sul mutamento e l‟instabilità provocati dall‟industrializzazione e da tutti i fenomeni sociali ad essa collegati: urbanizzazione, crisi della vecchia struttura patriarcale del mondo agricolo, modificazione della cultura, emigrazioni, crisi della famiglia, mobilità delle popolazioni. L‟espansione economica, il mutamento degli status sociali, la rapidità dei cambiamenti culturali e di costume hanno determinato una perdita di efficacia delle vecchi istituzioni deputate al controllo sociale.

Con “disorganizzazione sociale” ci si riferisce a quel processo che toglie alla società la capacità di fornire valori stabili, e determina la perdita di efficacia degli abituali strumenti di controllo sociale, primo fra tutti la famiglia, ma anche la funzione di controllo del gruppo.

Secondo tali teorie, tra i diversi strati della popolazione, sono più esposti al rischio di criminalizzazione quei soggetti che, per status inferiore, per la neo- immigrazione, per l‟emarginazione, hanno subito un mutamento delle loro condizioni sociali in maniera più determinante (Berzano, Prina, 2003).

Sutherland ha utilizzato il concetto di disorganizzazione sociale riferendosi, più che al mutamento e all‟instabilità conseguenti l‟espansione industriale, all‟esistenza nella società di contraddizioni normative. Sostiene infatti che una società è disorganizzata perché le norme sono contrastanti e contraddittorie, tanto da non assolvere la funzione di socializzazione. Il delitto avviene perché la società non è organizzata contro questo tipo di comportamento, prevalendo gli interessi particolari dei singoli o dei gruppi, che sono influenzati dai loro ambienti di appartenenza. Il conflitto di norme provoca la

disorganizzazione sociale dal momento che la coesistenza di leggi, regole e costumi tra loro in contrasto riduce di molto l‟efficacia del controllo sulla condotta del singoli (Sutherland, 1940).

Johnson (1960) teorizza che vi sia conflitto di norme quando vi è una socializzazione difettosa o mancante, come per le sottoculture delinquenziali o per chi, essendo in gruppi marginali, è ambivalente verso norme legali che sentono come estranee, o che riguardano solo gli interessi delle fasce sociali più favorite e non propri. Ma ciò avviene anche quando vi sono sanzioni deboli con scarsa intimidazione punitiva verso alcuni delitti che vengono così incentivati o quando, pur esistendo sanzioni, certi reati non vengono puniti, come nel caso dei delitti dei potenti. Inoltre il conflitto si presenta quando vi è inefficienza o corruzione dell‟apparato giudiziario o di polizia e anche nel caso in cui le sanzioni previste nei codici sono severe, la loro efficacia si può ridurre perché le leggi sono usate poco, nulla o in modo discriminatorio. Tutte queste circostanze creano un conflitto di norme e indeboliscono l‟efficacia delle leggi, rendendo più probabile la loro violazione. Il conflitto e la contraddizione delle norme rendono instabile la funzione degli strumenti di controllo e sono quindi causa di disorganizzazione sociale e delinquenza.

LaFree (2000) ha spiegato l‟aumento prima e il calo poi del crimine convenzionale negli USA riferendosi alla istituzioni che possono frenare il crimine “irretendo” gli individui in sistemi sociali che ne riducono la motivazione e funzionando come controllo sia formale che informale. Di contro il forte aumento della criminalità sarebbe dovuto nel dopoguerra alla crisi di legittimità delle istituzioni politiche, economiche e familiari. La perdita di legittimità delle istituzioni politiche ha un rapporto diretto con l‟aumento della criminalità: chi considera ingiuste e poco credibili le istituzioni sarà meno propenso a rispettarne le regole, e contemporaneamente queste istituzioni politiche delegittimate saranno meno efficaci nel proteggere i cittadini dal crimine. Anche le istituzioni economiche e di welfare intervengono nell‟indirizzare i tassi di criminalità perché l‟investimento in programmi assistenziali riduce la motivazione a commettere reati. Atro elemento considerato dall‟Autore è la famiglia: la legittimità della famiglia tradizionale con due genitori di cui uno capofamiglia è diminuita nel tempo in presenza di famiglie miste, allargate, con doppia carriera, monogenitoriali e famiglie gay. Ipotizza che il calo della criminalità negli USA sia ascrivibile al fatto che queste famiglie “alternative” si stanno istituzionalizzando e quindi rappresentano un sistema più variegato ma ugualmente credibile. Ciò anche perché la diffusione di questi nuclei familiari eterodossi è ormai tale

che i bambini ad esse appartenenti non si sentono più etichettati come diversi ed emarginati, e non sviluppano alcun sentimento criminogenetico.

2.4. Sutherland e la teoria delle associazioni differenziali. I “withe collar