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Come è risaputo, con lo straordinario sviluppo delle neuroscienze nel XX secolo, il mind-body problem ha ottenuto rinnovate attenzioni da parte di scienziati e filosofi. In verità, si può dire che la questione sullo statuto ontologico della mente e sulla sua relazione con il corpo non sia mai scomparsa veramente dall’orizzonte filosofico. In Aristotele il sinolo di materia e forma si esplicava in uno dei suoi ‘molti modi’ attraverso il rapporto tra corpo e anima. Invece, Tommaso d’Aquino può essere preso in considerazione come esempio di un ulteriore sviluppo della questione: in età medievale, infatti, guadagna sempre più importanza, in forza anche dell’influsso della religione cristiana, il tema dell’immortalità dell’anima, che viene posta in qualità di punto di unione tra mente immateriale e corpo materiale2. Con le parole di Stephen Brock: «si rileva così la necessaria differenza tra mente e anima. In un certo senso infatti, la mente o intelletto è qualcosa di infinito, mentre la natura umana — l'uomo — è evidentemente qualcosa di finito. L’anima costituisce la potenza di essere uomo; la potenza della mente, invece, si estende ben oltre l’essere uomo». E su questo punto entra in questione l’intelletto agente o attivo, sulla cui interpretazione hanno discusso per secoli gli studiosi di Aristotele: l’idea di una mente che potrebbe estendersi oltre i confini della singola individualità umana e che può essere collegabile, a seconda delle interpretazioni, all’idea stessa di Dio o ad un principio immateriale e immortale, ma comune a tutti gli uomini3.

2 Brock, S. L. (2004) Tommaso d’Aquino e lo statuto fisico dell’anima spirituale, in L’Anima. Annuario di Filosofia 2004, Mondadori, Milano, p. 71.

3 Antonio Da Re suggerisce un possibile collegamento di valore euristico tra intelletto agente e mente estesa, ossia l’idea che la nostra mente non si limiti ai confini del nostro cranio e, in alcuni casi, nemmeno a quelli del nostro corpo. Il concetto di mente estesa verrà meglio esposto nel prossimo

119 Tuttavia, la relazione tra mente e corpo assume in modo decisivo la struttura vera e propria di un ‘problem’ con l’età moderna, attraverso la radicalizzazione di determinate endiadi, come spirito e natura, essere e pensiero, soggetto e oggetto, libertà e determinismo. Divenne pertanto sempre più complessa la questione legata all’interazione tra mente e corpo, in quanto apparivano come delle concretizzazioni di due dimensioni ontologiche opposte e reciprocamente incommensurabili. Come ad esempio è stato accennato nel capitolo primo, la posizione di Descartes può essere considerata il capostipite del “dualismo delle sostanze”, che tuttavia al giorno d’oggi non gode di un grande numero di sostenitori, sicuramente pochi rispetto all’opposizione monista4. Questa sfiducia contemporanea nei confronti della posizione dualista, o almeno della sua variante “forte”, è causata principalmente dal paradigma naturalista americano, che durante il XX secolo si è diffuso al contempo in filosofia e nelle scienze naturali. Il naturalismo, si è già detto, può essere inteso come l’atteggiamento filosofico di chi ritiene che tutti i fatti che esistono possano essere indagati dalle scienze naturali e che noi stessi siamo parte della natura. Visto da un altro punto di vista è un movimento di liberazione da ogni tipo di ‘supernaturalismo’, ossia da tutto ciò che non rientra nel paradigma scientifico. È dunque comprensibile che una posizione dualista sia generalmente non accettabile dal naturalismo, in quanto comprenderebbe necessariamente, almeno in parte, qualcosa di non-naturale5.

Ciò che è avvenuto negli ultimi 150 anni è stato una lenta ma costante naturalizzazione della mente verso l’unificazione e l’identificazione dei processi mentali con quelli cerebrali; inoltre, con la nascita delle neuroscienze la questione sembrò assumere un approccio definitivamente naturalista, che implicava di conseguenza il raggiungimento di una posizione “neurocentrica”, nella sua ricerca multidisciplinare delle basi cerebrali del comportamento e della mente. Questo

capitolo. Cfr. Da Re, A., Ritorno al passato? Dalle neuroscienze alla dottrina classica della psychè, comunicazione presentata al convegno di Neuroetica di Padova, Padova, 6 maggio 2010.

4 Per una panoramica sul dualismo contemporaneo e sulle sue varianti cartesiano/non cartesiano, cfr. Lavazza (2008), pp. 1-63.

5 Ad ogni modo, esistono delle alternative moderate di naturalismo che accettano alcune possibilità dualiste e che esporrò in seguito.

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graduale processo di assorbimento del mentale all’interno dell’ambito del cerebrale è uno dei motivi per il quale mi sembra adeguato chiamare la questione di cui si sta discutendo, non semplicemente mind-body problem, ma mind-brain-body problem.

Ad essere più precisi, durante il XX secolo, tra lo straordinario sviluppo delle neuroscienze sui processi cerebrali e le svariate teorie sull’identità di tipo o di occorrenza della filosofia della mente, il corpo venne nella maggior parte dei casi dimenticato, puntando tutta l’attenzione sulla relazione esclusiva tra le altre due parti. È importante tuttavia ricordare l’esistenza di un’area di ricerca multidisciplinare, che concentra la sua attenzione sul concetto di ‘cognizione incarnata’ (embodied cognition), di contro a posizioni psicologiche e filosofiche come il cognitivismo e il mentalismo: secondo questo approccio i processi cognitivi, anche quelli di ordine superiore, sono intrinsecamente legati alla nostra struttura, sensibilità ed esperienza corporee; di conseguenza il corpo non è semplicemente una macchina mossa dalla mente/cervello, ma possiede un ruolo attivo nella determinazione delle attività cognitive6. Attraverso questo genere di studi, si può dire che il corpo stia rientrando progressivamente all’interno della relazione problematica con la mente ed il cervello (che - guarda caso - è proprio una parte del corpo).

6 Gallese, V., Corpo vivo, simulazione incarnata, intersoggettività. Una prospettiva neuro-fenomenologica, in Cappuccio, M. (a cura di) (2006) Neurofenomenologia: le scienze della mente e la sfida dell’esperienza cosciente, Mondadori Editore, Milano, pp. 293-326.

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3.2 La relazione intrinseca, ma non diretta, tra

epistemologia e ontologia all’interno del