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Dall’epistemologia naturalizzata al fraintendimento del trascendentale, tra psicologismo e neurologismo

2. Neurofilosofie a confronto

2.4 La neurofilosofia non riduzionista di Georg Northoff

2.4.3 Il naturalismo cooperativo di Northoff

2.4.1.1 Dall’epistemologia naturalizzata al fraintendimento del trascendentale, tra psicologismo e neurologismo

Prima di esplicare il metodo di reciproco contenimento tra filosofia e neuroscienze attuato da Northoff, devo aprire una breve parentesi per comprendere le radici filosofiche di partenza e il traguardo riduzionista dell’interpretazione radicale del processo di naturalizzazione dell’epistemologia. Come ho già avuto modo di esporre, l’obiettivo epistemologico della neurofilosofia riduzionista è di porre al centro dell’attenzione lo studio dei processi neuronali alla base della cognizione, piuttosto che i principi epistemologici stessi che sorreggerebbero una

107 Cfr. Northoff (2014c) p. 61.

108 Ivi, pp. 63-65. Come inoltre sarà possibile constatare più avanti, il metodo neurofilosofico di Northoff sembra proprio richiamare l’interazione critica di cui Quine parla.

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determinata capacità di cogliere e comprendere il mondo. In altre parole, l’epistemologia sarebbe tutt’altro che indipendente dallo sviluppo delle conoscenze in ambito neuropsicologico, anzi, risulterebbe solo da essa: studiando le nostre abilità cognitive potremmo definire una teoria della conoscenza adeguata e non viceversa. In realtà, questa prospettiva radicale non trova origine in Quine, come ho cercato di mostrare, né soltanto da un’interpretazione parziale del suo pensiero. Ha radici più profonde e lo si può notare tramite una certa impostazione epistemologica presente, ad esempio, in Patricia Churchland o magari in Paul Thagard, ma anche addirittura in Georg Northoff. Sto parlando della cosiddetta ‘ispirazione kantiana’ a cui fanno riferimento questi autori in maniera più o meno evidente. La Churchland, in Brain-wise, afferma che nella biologia evoluzionistica si applica una qualche sorta di strategia kantiana, ossia si studia come il cervello acquisisce la capacità di inferire la causalità tra gli eventi, tramite certi pattern di regolarità osservati nell’esperienza110. Per questo motivo le rappresentazioni essenzialmente sarebbero degli stati cerebrali o raggruppamenti di attività neuronali che portano con sé una determinata quantità di informazioni; di conseguenza la tecnica di studio migliore sulle nostre capacità cognitive sarebbe la cosiddetta ‘neuroepistemologia’ ovvero lo studio di come il cervello rappresenta il mondo, attraverso le sue funzioni computazionali: una sorta di fondazione biologica delle strutture conoscitive umane111. In modo simile, seppur con le dovute differenze, anche Northoff afferma di ispirarsi nella formulazione del suo metodo non riduzionista a Kant, soprattutto nella definizione di alcuni processi neurali, intesi come una forma necessaria ma non sufficiente per i fenomeni mentali112. Addirittura giunge a parlare di ‘neurotrascendentale’ come della determinazione dei prerequisiti neuronali del cervello che, assieme al contatto con il corpo e gli stimoli esterni, costituiscono le basi dei nostri processi cognitivi113.

110 Churchland (2002) p. 57, 64.

111 Ivi, p. 270.

112 Northoff (2014c) p. 6.

113 Cfr. Northoff, G. (2014b) Unlocking the Brain – Volume 2: Consciousness, Oxford University Press, New York, p. 569.

87 Come dicevo, questa tendenza a riscontrare una sorta di filo rosso tra la filosofia trascendentale di Kant e la ricerca delle funzionalità cognitive cerebrali dei neurofilosofi si fonda su un fraintendimento del pensiero kantiano che trova le sue radici già nella prima metà del XIX secolo, a partire dallo psicologismo di Jacob Friedrich Fries (1773–1843). L’analisi che sto affrontando in questo momento non ha il puro e mero scopo di fare chiarezza storico-filosofica sull’interpretazione del trascendentale; ha piuttosto l’obiettivo di individuare i principi dello psicologismo dal quale, assieme alla spinta empirico-tecnologica del XX secolo, si è successivamente sviluppata la prospettiva del ‘neurologismo’, che vede nello studio del cervello il principio trascendentale necessario allo sviluppo di qualsiasi altra disciplina; come afferma il fondatore della neuroestetica Semir Zeki: «il mio approccio è dettato da una verità che considero assiomatica: che tutta l’attività umana è dettata dall’organizzazione e dalle leggi del cervello; quindi, che non ci possa essere alcuna reale teoria dell’arte e dell’estetica che non sia fondata a livello neurobiologico»114. E la svolta interpretativa del trascendentale o, più in generale, dell’epistemologia, che avvenne nel 1800 con lo psicologismo, oggi si sta verificando nuovamente sotto forma di questo approccio incentrato sullo studio dei processi neuronali: il fraintendimento del trascendentale ad opera dello psicologismo è essenzialmente la sua pretesa di definire i principi trascendentali della conoscenza umana secondo una ricerca di tipo a posteriori, fondata sulla coscienza empirica del soggetto conoscente. Al giorno d’oggi il fraintendimento avviene all’interno dell’idea presupposta della neuroscienza e in parte della neurofilosofia di svolgere una moderna e scientifica versione della deduzione trascendentale di Kant. Questa prospettiva è epistemologicamente pericolosa per il rapporto con la filosofia e presenta delle particolari aporie. Con questa discussione non intendo auspicare un

114 «My approach is dictated by a truth that I believe to be axiomatic -that all human activity is dictated by the organization and laws of the brain; that, therefore, there can be no real theory of art and aesthetics unless neurobiologically based […]». Zeki, S. (2002) Neural concept formation & art Dante, Michelangelo, Wagner, in Journal of Consciousness Studies, 9/3, p. 54 (trad. mia). Cfr. anche Gallagher, S., Zahavi, D. (2008) La mente fenomenologica – Filosofia della mente e scienze cognitive, Raffaello Cortina Editore, Milano, p. 3n.

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ritorno alla deduzione a priori dei principi della conoscenza, ma almeno un corretto utilizzo di concetti filosofici consolidati.

Innanzitutto è necessario chiarire cosa si intende per ‘psicologismo’: si tratta di «una prospettiva filosofica che ritiene necessario considerare la psicologia empirica come scienza fondamentale, in quanto ogni ambito del sapere umano e quindi ogni disciplina scientifica, è in ultima analisi un prodotto della facoltà conoscitiva umana e questa, a sua volta, è oggetto di quella disciplina scientifica che è la psicologia»115. La definizione, sebbene sia portatrice di un significato forte di psicologismo, non è arbitraria e sembra coerente con le classiche determinazioni di tale atteggiamento filosofico, che spesso si oppone al logicismo116. Lo psicologismo dunque sarebbe quell’atteggiamento che pone la psicologia come quella scienza che studia ogni disciplina umana, in quanto ognuna di queste è un prodotto conoscitivo umano e ogni prodotto conoscitivo umano è oggetto della psicologia; ma anche la psicologia empirica è una disciplina; dunque, la psicologia, in quanto prodotto conoscitivo umano, è oggetto di studio di se stessa? Potrebbe anche essere, ma a quel punto mi chiederei quali sarebbero le condizioni di oggettività di una “psicologia empirica della psicologia empirica”, senza considerare oltretutto il rischio di un regresso all’infinito117.

Qui si apre la questione del fondamento della conoscenza, che interessa da vicino sia la filosofia che la neurofilosofia, in rapporto alla domanda “quali sono e di che genere sono i fondamenti della nostra conoscenza?”, riprendendo quello che Karl Popper chiamò ‘trilemma di Fries’118. Secondo il trilemma, le tre possibilità per

115Roberto, D. (2007) Kant e Fries, legittimità e significato della ‘svolta antropologica’, Unicopli, Milano, p. 13 (corsivo mio). Cfr. anche la seguente definizione: «Tendenza filosofica così denominata, più dagli oppositori che dai sostenitori, perché prende come punto di partenza della filosofia la coscienza empirica del soggetto, riconducendo poi la conoscenza di tutta la realtà a quella delle modificazioni psichiche», Santinello, G. (2010) voce ‘psicologismo’, in Enciclopedia Filosofica, vol 14, Bompiani, Milano (corsivo mio).

116 Cfr. Engel, P. (1996) Filosofia e Psicologia, Einaudi, Torino 2000, p. 45 e ss.

117 Dice Quine, con un riferimento implicito allo psicologismo: «Tale abbandono del fardello epistemologico alla psicologia è una mossa che veniva rifiutata nei tempi passati come ragionamento circolare». Cfr. Quine, W. V. O., Epistemologia naturalizzata, in Quine, W. V. O. (1969) La relatività ontologica e altri saggi, Armando editore, Roma 1986, p. 100.

118 Cfr. K. Popper, I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza (1979), ed. Mondadori, Milano 1987. In realtà è più celebre il trilemma di Münchhausen. Il barone di Münchhausen è famoso per essere

89 giustificare una conoscenza sembrano essere: o una assunzione dogmatica o una deduzione logica continua che conduce ad un regresso all’infinito (o ad una circolarità) oppure ancora una fondazione sulla psicologia empirica, come esperienza immediata e data che possa giustificare ogni altra conoscenza mediata; trasponendo la questione sulla mia ricerca specifica, si può dire che una giustificazione neurofilosofica può o essere dogmatica o filosofica oppure fondata sui dati neuroscientifici; certamente non è accettabile una giustificazione di tipo dogmatico, perché altrimenti sarebbe a-filosofica e anti-scientifica. Piuttosto, come sarà più chiaro nelle prossime pagine, per essere una giustificazione neurofilosofica accettabile ed equilibrata deve possedere sia una consistenza logico-filosofica che una plausibilità empirica e neuroscientifica. Fondare invece la conoscenza neurofilosofica solo nella deduzione logica o nelle neuroscienze sfocia nelle due alternative estreme ed opposte: logicismo e neurologismo.