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body problem

3.3 Gli approcci al mind-brain-body problem

3.3.1 Gli approcci mentali

Gli approcci mentali sono essenzialmente accomunati da una constatazione di partenza, che sembrano esistere dei fenomeni (per esempio, l’esperienza cosciente) che non contengono grandezza, peso, forma e altre caratteristiche direttamente misurabili secondo la metodologia fisicalista. Una delle prime posizioni analizzate in modo dettagliato è proprio il ‘dualismo delle sostanze’ di derivazione cartesiana21; la difesa di questa posizione si basa sul fatto che il criterio di esistenza non dipende dalla sua osservabilità empirica nel mondo, infatti nessuno ha mai fatto esperienza di una ‘sostanza mentale’, eppure ciò non conduce necessariamente alla sua inconsistenza ontologica; al contempo però il vero problema non è tanto la non-osservabilità della sostanza mentale, ma la sua progressiva ed apparente irrilevanza negli studi sul cervello. È evidente come qui sussista una discrepanza netta tra dimensioni empirica e concettuale e proprio per questo motivo un dualismo così estremo non possa essere preso in considerazione da una neurofilosofia non riduzionista come quella di Northoff.

Vengono dunque esaminate altre prospettive essenzialmente dualiste, ma più moderate, come il ‘dualismo delle proprietà’, che prevede l’emersione di caratteristiche non fisiche (il pensiero in generale, la coscienza, i concetti mentali, l’intenzionalità, ecc.) da un unico sostrato prettamente fisico (il cervello in quanto

129 organo); da qui si sviluppa e si complica il problema correlato della causazione mentale, inteso come un tipico esempio di dimensione non fisica, che però risulterebbe superfluo nei confronti della spiegazione scientifica dell’azione cosciente da parte delle neuroscienze22. L’epifenomenalismo è invece una posizione ancora più moderata di dualismo, che strizza particolarmente l’occhio all’eliminativismo materialista, in quanto parte dall’assunto che gli stati mentali siano causati dagli stati fisici del cervello e del corpo in generale, ma che a loro volta non abbiano alcun impatto causale su quest’ultimi23. In questo senso, il mentale non avrebbe alcun valore interattivo tra le due dimensioni (evitando dunque tutti i problemi legati al dualismo interazionista) e di conseguenza si svilupperebbero prospettive ontologiche come il parallelismo tra dimensione mentale e fisica. Con un esempio, secondo questa teoria controintuitiva, la sensazione di dolore non sarebbe il motivo per cui ci allontaniamo dalla fonte che ci procura il danno fisico, ma un semplice effetto collaterale mentale (il famoso “sbuffo di vapore della locomotiva”)24. Da un punto di vista neurofilosofico, queste posizioni non sono in nessun modo una soluzione al problema, al massimo mettono in evidenza la problematica in quanto tale, senza tuttavia trovarne un’uscita.

Altri possibili approcci mentali possono essere raggruppati entro il tentativo naturalistico di dualismo, in cui l’obiettivo è generalmente quello di sviluppare una posizione in linea con le leggi naturali, senza cadere in monismi materialistici. Ad esempio, il ‘dualismo naturalistico delle proprietà’ di Chalmers, che prevede l’esistenza di due livelli (fisico e informazionale), ma entro lo stesso insieme naturale25.Per spiegare la dimensione informazionale del suo dualismo naturalistico, Chalmers utilizza ‘l’argomento degli zombie’: queste creature sono concepibili come fisicamente identiche a qualsiasi essere umano, ma prive di coscienza (fisicamente

22 Tornerò su questo punto più avanti, all’interno della proposta di Northoff.

23 Cfr. ivi, p. 141. Ci sono diversi generi di epifenomenalismo: ‘delle occorrenze’, secondo cui gli eventi mentali non hanno efficacia causale, ‘dei tipi’, secondo cui gli eventi mentali sono cause perché in verità fanno parte del tipo fisico, ‘delle proprietà’, secondo cui gli eventi mentali non hanno alcuna possibilità causale, in quanto semplici esemplificazioni di proprietà mentali. Cfr. Lavazza (2008) p. 23.

24 Cfr. ibidem.

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uguali, ma senza informazione); questo implicherebbe l’esistenza di una dimensione sotto un dominio diverso da quello delle scienze fisiche e biologiche (la teoria dell’informazione), ma nondimeno parte del mondo naturale26. L’argomento degli zombie, essenzialmente, è una versione debole dell’argomento della concepibilità o anche detta ‘modale’ di Meixner e Hart, di derivazione cartesiana (Sesta Meditazione):

1. «È immaginabile che esista una mente senza il corpo, quindi 2. È concepibile che esista una mente senza il corpo, quindi 3. È possibile che esista una mente senza il corpo, quindi 4. La mente è un’entità distinta, diversa dal corpo»27.

È evidente che, secondo questa argomentazione logica, esisterebbe un’inferenza diretta tra immaginazione, concepibilità e possibilità; con le parole di Hart: «Ciò che si può immaginare è possibile. L’idea di fondo è un’analogia: l’immaginazione è per la conoscenza della possibilità non attuale ciò che la percezione è per la conoscenza di ciò che è attuale»28. L’argomento classico, come quello degli zombie, non induce ad assumere che la mente sia necessariamente una sostanza che va oltre la fisicità del corpo, ma piuttosto che la mente non sia per forza dipendente dal corpo, come invece vorrebbero le scienze naturali; in altre parole, è possibile che sia ‘disincorporata’. Naturalmente si potrebbero aprire numerose discussioni sulla validità di questo argomento o della sua versione contemporanea sugli zombie; tuttavia, qui basterà riscontrare il fatto che, sebbene l’argomento abbia una sua consistenza logica, non possiede effettivamente alcuna plausibilità empirica, di conseguenza non è sufficiente a sostenere una tesi di tipo neurofilosofico tout court.

Un’altra approccio mentale alternativo di tipo naturalistico è il ‘dualismo concettuale o predicativo’ di Bennet e Hacker, secondo i quali alla base della nostra relazione con il mondo sussiste un’intuizione dualista che produce la dicotomia

26 Cfr. Lavazza (2008) pp. 60.

27 Cfr. Lavazza (2008) p. 40. Cfr. anche Hart, W. D., Unità e dualismo, in Lavazza (2008) p. 107: «La premessa maggiore è che ciò che si può immaginare è possibile; in particolare, se si può immaginare di non essere incorporati, allora si può non essere incorporati. La premessa minore è che si può immaginare di essere non incorporati. La conclusione è che si potrebbe essere non incorporati».

131 esplicativo-predicativa, non ontologica, tra il dominio concettuale (credenze, intuizioni, desideri) e quello fisico (movimento, peso, grandezza, forza). Più che una soluzione al mind-body problem, questa sembra essere una distinzione concettuale utile ad affrontare il cosiddetto ‘interface problem’, ossia la questione legata alle dicotomie esplicative tra domini di ricerca apparentemente incommensurabili29.

Northoff successivamente presenta anche alcuni tentativi di conciliazione tra studi neuroscientifici e approccio mentale30, che si potrebbero chiamare anche ‘dualismi neuronali’. Si tratta di rari casi di sviluppo del dualismo all’interno dello spazio di ricerca neurologico, quando solitamente il materialismo monista è imperante in questo contesto scientifico. A tal proposito, Northoff esamina le due differenti sintesi (physico-chemical e psychological) elaborate dal neurologo e premio Nobel Charles Sherrington (1857-1952): queste due sintesi lavorerebbero in parallelo, senza interferenza alcuna, occupandosi l’una delle funzioni sensomotorie, l’altra delle funzioni psicologico-cognitive. Esempi che cercano di dimostrare una teoria di questo genere sono derivabili dalle ricerche su pazienti epilettici di Wilder Penfield (1891-1976), che indicavano la presenza della mente anche durante lo ‘spegnimento’ di determinate aree del cervello, a causa di lesioni o tramite stimolazione elettromagnetica. Nonostante ciò, recenti ricerche suggeriscono che alcune aree del cervello come il claustro, se stimolate, possono provocare la perdita di consapevolezza (conscious awareness) durante lo stato di veglia (wakefullness)31 e di conseguenza una certa, almeno parziale, dipendenza della coscienza dagli stati neuronali; la discussione su questa tematica precisa, come mostrerò nel successivo capitolo, rimane, per questo ed altri motivi, ancora completamente aperta.

29 Cfr. Northoff (2014c) p. 251-252.

30 Cfr. ivi, pp. 142-146.

31 Cfr. Koubeissi, M. Z. et al. (2014) Electrical stimulation of a small brain area reversibly disrupts consciousness, Epilepsy & Behavior Volume 37, August, pp. 32–35. È da precisare tuttavia che lo studio si basa su un solo soggetto paziente, affetto da epilessia, al quale inoltre mancava parte dell’ippocampo; pertanto, il massimo che si può dedurre da questa ricerca è che l’area situata tra il claustro e l’insula anteriore dorsale può essere considerata un prerequisito interessante per il funzionamento degli stati mentali coscienti.

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Come ultimo esempio di questo genere, Northoff infine si concentra sul più famoso ‘dualismo interazionista’ di John Eccles e Karl Popper, che propone una relazione tra mente e cervello sulla base della struttura a tre mondi del filosofo austriaco: secondo questa teoria, il mondo degli stati coscienti (Mondo 2) costituisce il nostro accesso primario al mondo fisico (Mondo 1), permettendo dunque lo studio e la retroazione sulla struttura neuronale del nostro cervello e sul nostro corpo32. Il terzo mondo è quello della conoscenza in senso oggettivo, che fornisce il sostrato linguistico, culturale e sociale del nostro essere. L’interazione tra questi mondi, in particolare tra rappresentazioni della mente e gruppi di neuroni (chiamati ‘dendroni’), avverrebbe tramite unità mentali che il neurologo Eccles chiama ‘psychons’. Al di là dell’ampissima discussione che si potrebbe intraprendere intorno al grado di impegno ontologico necessario a sostenere la divisione dei tre ‘mondi’, questa proposta dualista non è compatibile con un approccio neurofilosofico, in quanto gli psiconi non sono rintracciabili in alcun modo scientificamente, tanto quanto non sono riscontrabili le funzioni che Descartes, a sua volta, attribuì alla ghiandola pineale come centro intermedio tra mente e corpo33; sebbene io abbia l’intenzione di sostenere in alcuni casi la validità di determinati elementi mentali senza diretto riscontro nelle ricerche empiriche (ad esempio, gli stati psicologici comuni), questo non comporta che sia necessario difendere qualsiasi assunzione ontologica, inserita ad hoc per cercare di proteggere il tallone d’Achille del dualismo mente-cervello: l’interazione stessa34.

Gli esempi di approcci mentali finora affrontati (epifenomenalismo, parallelismo, dualismo interazionista, dualismi neuronali, ecc.) si fondano sull’esistenza della realtà esterna, come datità in quanto tale, e da questo assunto ontologico cercano di ricavare “quel qualcosa d’altro” che il mondo fisico da solo non riesce a spiegare. Ma ci sono posizioni che, invece di dedurre il mentale dal fisico, assumono come punto di partenza l’esistenza stessa del mentale, rovesciando il

32 Infatti, contro il principio di chiusura causale del mondo fisico, esisterebbero delle «piccole crepe tra Mondo 1 e 2». Cfr. Lavazza (2008) p. 57.

33 Cfr. Northoff (2014c) p. 146.

133 processo intero. Northoff racchiude in questo insieme particolare di approcci il panpsichismo, inteso come un tentativo di uscire dalla schizofrenia del dualismo, istituendo il primato della mente sul resto dell’esistenza35. Inoltre, il panpsichismo dell’ultimo secolo si collegherebbe con alcuni sviluppi della fisica quantistica, fornendo ulteriori ipotesi sulla priorità ontologica del mentale sul materiale. Northoff si sofferma in particolare su alcune proposte panpsichiste del XX secolo, a partire dalla teoria di Alfred North Whitehead (1861-1947), che prevede l’esistenza di ‘eventi e processi’ alla base dell’universo intero, piuttosto che di oggettività esterne come ‘spazio, tempo e materia’; in questo senso, il mondo stesso dovrebbe possedere delle caratteristiche mentali, non solo il cervello umano. Successivamente accenna a proposte più moderate, in cui il mentale non è onnipervasivo nel mondo, ma piuttosto viene assunta l’esistenza di alcune caratteristiche proto-mentali, che predisporrebbero all’emergere del mentale in quanto tale nel mondo; da qui deriverebbe tutta una serie di ipotesi sulla natura quantistica della coscienza nell’universo36.

Ad ogni modo, anche in questo caso non sarà possibile annoverare questo genere di proposte, spesso controintuitive, all’approccio neurofilosofico, in quanto, sebbene il monismo mentale riesca ad evitare la questione dell’interazione tra dimensioni differenti, al contempo dà vita ad una serie di nuove problematiche, tra cui la non plausibilità empirica di determinate conclusioni mentalistiche estreme37.

35 «Panpsychism assumes that the mind, and thus the mental realm, is the fundamental feature of the world that exists throughout the universe. Our universe is not physical, but mental». Northoff (2014c) p. 151. Questa teoria estrema può essere vista come la controparte speculare del monismo materialista e permette anche di capire che con ‘approccio mentale’ Northoff non indica esclusivamente i dualismi, ma qualsiasi posizione che abbia come punto nevralgico (di partenza o di arrivo) l’esistenza della mente.

36 Uno dei più importanti esponenti di questa teoria è il matematico Roger Penrose, il quale, con studi empirici alla mano, sostiene che la coscienza sia il prodotto probabilistico di vibrazioni quantistiche all’interno dei microtubuli presenti nei neuroni, concludendo inoltre che nell’universo stesso l’elemento cosciente svolge un ruolo intrinseco. Cfr. Hameroff, S., Penrose, R. (2014) Consciousness in the universe: A review of the ‘Orch OR’ theory, in Physics of Life Reviews, Volume 11, Issue 1, March, Pages 39-78.

37 Secondo alcuni risvolti dello panpsichismo in senso forte, anche le pietre potrebbero possedere una proto-coscienza. Cfr. Northoff (2014c) pp. 151-152.

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