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body problem

3.3 Gli approcci al mind-brain-body problem

3.3.3 Gli approcci non fisici e non mentali

Finora sono stati esaminati gli approcci mentali e fisici con i loro relativi limiti, rispettivamente, una generale non plausibilità empirica nella maggior parte delle posizioni mentaliste e una non corrispondenza fenomenica per quanto riguarda le ragioni fisicaliste. Inoltre, sembra che a volte queste due posizioni non funzionino se non quando vengono opposte una all’altra; la sensazione di Northoff è che, ad esempio, la validità della maggior parte delle posizioni fisicaliste/moniste si fondi sulle difficoltà esplicative delle teorie mentaliste/dualiste opposte e viceversa. In altre parole, gli approcci stanno in piedi solo se vengono inserite all’interno di una relazione dicotomica e antitetica, rapportandosi con i loro opposti, non in virtù di una loro struttura interna coerente e ben costruita. A tal proposito, Northoff parla di un cosiddetto ‘inference problem’, che conduce alla produzione di inferenze all’interno di una teoria, a partire da una mancanza o da un “difetto” di una teoria opposta58. È chiaro, tuttavia, che questo procedimento per antitesi può facilmente produrre dei falsi positivi; per fare un esempio, se nel fisicalismo si riscontrano problemi esplicativi, non è detto che di conseguenza sia più adeguata e veritiera una posizione mentalista.

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Per cercare di superare questo problema, Northoff propone di rinunciare alla rigidità degli approcci dicotomici appena esposti, in quanto sembrano costituiti da presupposti interni al mind-brain problem stesso. Fino a quando si continuerà a riflettere su tale questione secondo approcci antitetici ed esclusivi, come se fossero dei compartimenti a tenuta stagna, il risultato non può essere in nessun modo la soluzione del problema, piuttosto la sua radicalizzazione. Per questo motivo, Northoff analizza alcune vie di fuga (escapes) dall’endiadi mentale-fisico, come il ‘naturalismo biologico’ di Searle. Per il filosofo statunitense tale dicotomia è errata e deve essere sostituita dalla distinzione tra stati fisici oggettivi e stati fisici soggettivi, entrambi parte del dominio epistemologico empirico: secondo questa impostazione, i cosiddetti ‘eventi mentali’ possono essere spiegati secondo caratteristiche biologiche, pur mantenendo le loro qualità particolari59; dunque, la coscienza sarebbe una “caratteristica di ordine superiore” del cervello (high-order feature), una manifestazione empirica strutturata di stati fisici soggettivi, qualitativi e intenzionali; di conseguenza verrebbe trattata secondo le sue caratteristiche biologiche, come avviene per la digestione, la fotosintesi o la secrezione ormonale, mantenendo sia le qualità fisiche che quelle fenomeniche60. Se dunque la coscienza è un fenomeno biologico, per quanto dotato di caratteristiche speciali, può essere considerata all’interno della dimensione empirica, studiandone i suoi componenti senza implicare ‘speciali’ questioni metafisiche sulla sua possibile natura extra-materiale; per quanto la coscienza sia un fenomeno qualitativo, soggettivo, intenzionale, può e deve essere analizzato all’interno del dominio empirico61. Pertanto, sembra che la

59 «I have argued in a number of writings that the philosophical part (though not the neurobiological part) of the traditional mind–body problem has a fairly simple and obvious solution: all of our mental phenomena are caused by lower level neuronal processes in the brain and are themselves realized in the brain as higher-level, or system, features. The form of causation is ‘bottom up’ whereby the behaviour of lower-level elements, presumably neurons and synapses, causes the higher-level or system features of consciousness and intentionality. (This form of causation, by the way, is common in nature; for example, the higher-level feature of solidity is causally explained by the behaviour of the lower-level elements, the molecules.) Because this view emphasizes the biological character of the mental, and because it treats mental phenomena as ordinary parts of nature, I have labelled it ‘biological naturalism’». Searle, J. R. (2002) Why I Am Not a Property Dualist, in Journal of Consciousness Studies, 9, No. 12, 2002, p 57.

60 Cfr. Searle (2002) p. 56. Cfr. anche Northoff (2014c) p. 192.

143 posizione di Searle non sia identificabile totalmente né in un fisicalismo, in quanto riconosce la realtà degli stati soggettivi ineliminabili né in un approccio mentale, poiché i fenomeni qualitativi non posseggono alcuno statuto privilegiato non analizzabile dalle scienze naturali.

Tuttavia, i problemi sorgono proprio nel momento in cui questa dicotomia tra stati si posiziona a livello metafisico-ontologico, proponendo una distinzione tra

Third-Person Ontology e First-Person Ontology. In altre parole, nel naturalismo

biologico sembrano sussistere due ontologie (e non due prospettive epistemologiche, come invece avviene nell’approccio neurofilosofico), che si riferiscono entrambe al mondo fisico, come se si trattasse di una sorta di dualismo delle proprietà, nonostante Searle stesso abbia più volte ribadito il contrario62. In questo modo, la dicotomia mentale-fisico sarebbe superata, eliminando l’esistenza di una ‘realtà mentale’, ma al costo di una nuova distinzione ontologica interna al dominio naturale; il problema sembra essersi semplicemente spostato63.

Un altro esempio di approccio non fisico e non mentale può essere rintracciato in quello che Northoff definisce ‘epistemic escape’, che sposta la questione su un piano prettamente epistemico, legato alle nostre possibilità di cognizione del mondo come oggetto di conoscenza64. Secondo questa prospettiva, non possiamo produrre inferenze metafisiche sull’esistenza del mentale, né fare assunzioni sulla validità del principio di chiusura causale del mondo fisico; piuttosto dobbiamo caratterizzare il

mind-brain problem non in senso ontologico, ma come un ‘dualismo epistemico’, che

62 Searle difende la sua posizione nè dualista nè fisicalista in Searle, J. R. (2002). In risposta a questo articolo, propongo invece la riflessione di Edward Feser, sul più o meno consapevole dualismo delle proprietà di Searle: Feser, E. (2004) Why Searle Is a Property Dualist, paper presented at the American Philosophical Association Pacific Division meeting in Pasadena, CA, March 24-28.

63 Cfr. Northoff (2014c) p. 193. Cfr. anche Feser (2004), p. 28: «In fact Searle’s “solution” appears to be little more than to redefine the mind-body problem in such a way that the philosophical heart of it – the difficulty of fitting what is irreducibly subjective into the objective physical world – is arbitrarily re-classified as a problem for biology. I say “arbitrarily” because there is no reason whatever to believe that the methods of biology are any more likely to be able to deal with the objective/subjective divide than those of philosophy. Indeed, given the inherently conceptual nature of the problem, they are surely less likely to be able to do so. In any case, the problem remains, and remains just as difficult as it ever was, however we decide to label it. Once again, Searle’s position appears to rest on little more than wordplay».

64 Nella descrizione di tale approccio, Northoff si ispira in particolare al pensiero di Hume e Kant e alle riflessioni sul tema di Tobias Schlicht. Cfr. Northoff (2014c) pp. 198-207.

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descrive due modalità di accesso al mondo, il senso esterno che permette la cognizione del mondo attraverso la percezione degli stimoli oggettivi e il senso interno che provvede alla consapevolezza dei nostri stati mentali e all’introspezione65. Ritengo che l’analisi epistemica in quanto tale del mind-brain

problem sia insufficiente a descrivere e risolvere le relazioni tra mente cervello (e

corpo, dato che si parla anche di percezione sensibile); tuttavia, la questione legata ai nostri limiti e capacità cognitivi può risultare un presupposto necessario da affrontare assieme alla ricerca di tipo ontologico. Infatti, come è stato detto precedentemente, il mind-brain-body problem può essere analizzato su più fronti, secondo la prospettiva epistemica, ontologica, metafisica e fenomenica. A tal proposito, l’approccio neurofilosofico non riduzionista cerca di superare quello che Northoff definisce come il ‘problema di dominio’ (domain problem): alla domanda “qual è il dominio principale del mind-brain problem?”, Northoff risponde con un pluralismo di domini, indirizzando la ricerca neurofilosofica contemporaneamente su più livelli.