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2. Neurofilosofie a confronto

2.4 La neurofilosofia non riduzionista di Georg Northoff

2.4.4 Il metodo iterativo tra concetto e fatto

2.4.1.2 I principi di metodologia transdisciplinare

È stata avanzata l’idea che i concetti filosofici e i dati neuroscientifici possano sviluppare un rapporto produttivo in direzione di una formazione di ipotesi genuinamente filosofiche. In seguito ho evidenziato come Northoff giustifichi e deduca la possibilità di questo approccio interdisciplinare, tramite una neurofilosofia non riduzionista basata su un naturalismo cooperativo, che prevede una connessione tra domini ontologici diversi, il pluralismo epistemologico e l’iterazione del processo di ricerca. Ora, per entrare sempre più nel concreto, esporrò brevemente i principi metodologici che Northoff propone, facendoli successivamente accompagnare da alcuni potenziali argomenti da lui ipotizzati, contro la possibilità di una neurofilosofia efficace.

1) Il ‘principio di asimmetria’ (principle of asymmetry)126. In neurofilosofia sono implicati gli insiemi delle condizioni logiche e naturali. Per insieme di condizioni logiche Northoff intende tutti i mondi logicamente possibili, quindi sia mondi

125 Cfr. ivi, p. 121.

93 naturali che non; per insieme di condizioni naturali intende solo il mondo naturale con le sue rispettive leggi fisiche e biologiche. L’insieme logico include al suo interno quello naturale, per cui si tratta di una relazione asimmetrica. Questo principio impedisce innanzitutto la produzione di inferenze dirette da condizioni logiche a naturali: la possibilità logica è molto più vasta del mondo naturale attuale, per cui non è possibile inferire l’esistenza di qualcosa solo su base logica. In secondo luogo il principio impedisce una qualsiasi inferenza diretta dalle condizioni naturali a quelle logiche, in quanto non è possibile comparare il più vasto insieme di concepibilità logica con quello del mondo naturale127. Ad ogni modo, lo stesso principio permette che se un determinato sottoinsieme di condizioni logiche coincide con quelle naturali (in quanto la totalità delle prime include in sé anche le seconde), allora è possibile produrre una genuina inferenza neurofilosofica, attraverso l’unione di teorie filosofiche e ipotesi neuroscientifiche. Infine il rapporto asimmetrico impedisce l’eliminazione delle condizioni logiche in favore di quelle naturali, come invece avverrebbe con un principio di simmetria (si pensi alla co-evoluzione delle teorie nella riduzione interteorica, in cui le condizioni logico-filosofiche sono sostituite dai fatti neuroscientifici).

2) Il ‘principio di bidirezionalità’ (principle of bidirectionality)128. Implica un reciproco rapporto tra teorie filosofiche e neuroscientifiche e, di conseguenza, tra condizioni logiche e naturali. Con questo principio in primo luogo è possibile indagare la consistenza empirica di una determinata teoria filosofica, per constatare se le sue condizioni logiche coincidono con quelle naturali; queste conseguenze possono produrre o un gap esplicativo tra le due posizioni oppure una rianalisi concettuale. In secondo luogo, invece, è possibile collegare una

127 Un esempio sul mind-brain problem: da una parte non è possibile inferire direttamente la non esistenza della mente solo per il fatto che non si ‘trova’ nei dati raccolti dalle ricerche neuroscientifiche sul cervello; dall’altra una eventuale soluzione al mind-brain problem offerta sul livello puramente logico potrebbe non essere applicabile al mondo naturale, al cervello in quanto organo fisico del nostro corpo. Le indebite inferenze dirette di questo genere sono chiamate da Nortoff conditional fallacies. Cfr. ibidem.

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teoria neuroscientifica con una filosofica, per saggiarne la consistenza logica e, in caso, modificarne i presupposti ontologici ed epistemologici. Infine il rapporto bidirezionale permette di evitare la riduzione di una posizione all’altra, in quanto posseggono lo stesso diritto di relazione e verifica reciproca.

3) Il ‘principio di circolarità transdisciplinare’ (principle of transdisciplinary

circularity)129. Implica il processo circolare di passaggio da teorie filosofiche e neuroscientifiche e viceversa, allo scopo di formare autentiche ipotesi neurofilosofiche. Riferendosi a Francisco Varela, Northoff intende parlare di un rapporto interdisciplinare di ‘circolarità disciplinata130‘; in primo luogo avviene una doppia fase di ‘esplicitazione teoretica’ e di ‘implicazione empirica’, in cui si selezionano determinate teorie ed osservazioni: da una parte vengono presi in esame tutti i presupposti ontologici ed epistemologici di partenza impliciti nelle ipotesi neuroscientifiche, mentre dall’altra si verifica la compatibilità tra proposizioni empiriche e proposizioni filosofiche. In secondo luogo si testa la consistenza logica ed empirica, rispettivamente delle ipotesi e delle teorie, con una mutua comparazione tra proposizioni filosofiche e neuroscientifiche. Il terzo passaggio prevede una fase di ‘homogenisation’ e ‘analogisation‘131, in cui si cerca di sistemare eventuali inconsistenze logiche prodotte da proposizioni di natura neuroscientifica e/o di adattare alcune proposizioni filosofiche empiricamente non plausibili. Infine, dopo aver quindi limato alcune spigolosità tra proposizioni empiriche e filosofiche, si affronta una nuova mutua comparazione tra le diverse condizioni; alcune ipotesi empiriche o teorie filosofiche possono rimanere indipendenti una rispetto all’altra, mentre altre, unendosi, possono sviluppare un’ipotesi neurofilosofica vera e propria.

Questi sono i principi che nella concreta ricerca interdisciplinare hanno il compito di produrre teorie neurofilosofiche rigorose, che non siano il semplice

129 Cfr. ivi, pp. 31-37.

130 Cfr. Varela, F.J. (1996) Neurophenomenology - A Methodological Remedy for the Hard Problem, Journal of Consciousness Studies, 3, No. 4, p. 344.

95 adattamento filosofico all’empirico o la forzatura ideologica dei dati neuroscientifici. Essendo prodotta all’interno di un processo interdisciplinare di tal genere, una qualsiasi ipotesi neuroscientifica non può essere caratterizzata da un primato ontologico sulla dimensione epistemologica, in cui le assunzioni su ciò che esiste ed è ‘reale’ determinano le possibilità di conoscenza ed esperienza; allo stesso tempo non può sussistere nemmeno un primato epistemologico, in cui sono le nostre capacità di conoscenza a definire cosa è meritevole essere considerato ontologicamente consistente. Northoff parla piuttosto di un complementarità tra la dimensione epistemologica ed ontologica, in favore di un pluralismo di domini132. Inoltre ritengo che la costituzione di una qualsiasi ipotesi neurofilosofica possegga tutti i pregi e i difetti di entrambi gli approcci filosofico ed empirico: infatti da una parte la sua struttura è fragile, perché può essere falsificata sia dall’inconsistenza logica che empirica della teoria sostenuta, ma anche da un eventuale rapporto tra filosofia e neuroscienze che risultasse troppo sofisticato e costruito ad hoc; d’altra parte però, un’ipotesi neurofilosofica ha la possibilità di essere alimentata e revisionata da entrambi i lati disciplinari e per questo può essere sottoposta a continui test e revisioni, a seconda dei risultati empirici o delle analisi concettuali; in altre parole, ad una teoria neurofilosofica difficilmente si può applicare una scelta del tipo “o tutto o niente”.