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body problem

4 La neurofilosofia dell’embedment

4.3 La neurofilosofia dell’embedment e il rapporto cervello- cervello-corpo-ambiente

4.3.1 Embedment spaziale

«L’embedment spaziale descrive l’integrazione del corpo entro le coordinate spaziali dell’ambiente»53, ovvero la relazione tra ‘spazio interno’ e ‘spazio esterno’. Lo spazio interno ha caratteristiche che permettono di distinguere il proprio corpo dal resto del mondo, pur mantenendo la relazione dentro-fuori: Northoff parla di uno ‘spazio fenomenico’ diverso dallo spazio oggettuale esterno (bodily embedment), di uno ‘spazio intra-individuale’ che permette di distinguere il proprio corpo da quello degli altri (individual embedment), infine di uno ‘spazio qualitativo’ che è esperito in modo differente rispetto a qualsiasi altro oggetto esterno (emotional

embedment).

1) Bodily embedment: per descrivere tale integrazione corporea dal punto di vista neuroscientifico, Northoff analizza la nostra capacità di crearci uno schema corporeo, che è correlata alle impressioni sensibili e alle funzioni viscerali ed emotive del nostro corpo. I network neuronali coinvolti sono diversi, come la corteccia somatosensoriale (forma generale del corpo), la corteccia parietale posteriore (relazione tra forma corporea e coordinate spaziali) e il sistema limbico (connessione con gli elementi viscerali ed emotivi del corpo)54. Dal punto di vista epistemico, si parla invece di ‘spazio fenomenico’, che si crea a

change the respective empirical feature of the brain can be regarded as necessary». Northoff (2003), p. 60.

52 Cfr. ivi, p. 59.

53 Ivi, p. 61.

54 Cfr. con l’impostazione pragmatista di Freeman: anche per Northoff il sistema limbico è di fondamentale importanza per il rapporto spaziale con l’esterno.

169 partire da un continuo rapporto di differenziazione tra i diversi stimoli provenienti dall’esterno. A tal proposito, Northoff descrive il meccanismo di

sparse coding, ossia la codifica neuronale basata non sui singoli stimoli raccolti

di volta in volta dall’esterno, ma sul calcolo statistico della differenza spazio-temporale tra gli stessi (stimulus-based vs difference-based coding), secondo una relazione many-to-one (molti stimoli codificati da un solo neurone) e non

one-to-one55. Questa interpretazione dei processi di codificazione degli stimoli esterni secondo una struttura virtuale intrinseca al cervello, gli permette di giungere ai concetti di ‘unità e omogeneità’ dello spazio fenomenico: noi non percepiamo una catena consequenziale ed eterogenea di stimoli, ma ci sembra di essere situati con il corpo entro delle coordinate spaziali continue e costanti. Tale omogeneità spaziale è possibile solo grazie alla creazione di uno schema corporeo che ci permette di essere situati e integrati nel mondo a livello percettivo56. In tal senso, lo ‘spazio corporeo fenomenico’ diviene la condizione necessaria per la concepibilità di uno ‘spazio fisico’ intorno a noi57. Da una prospettiva di tal genere, il corpo non è più ravvisabile semplicemente come una macchina mossa estrinsecamente dal cervello, ma come parte attiva della cognizione del mondo58.

2) Individual embedment: Northoff intende la capacità di percepire il corpo come proprio (intra-individual) e come diverso da quello degli altri (inter-individual). Per comprendere le caratteristiche empiriche di questa struttura concettuale, piuttosto che esporre le aree cerebrali coinvolte, è più utile analizzare per

55 Cfr. Northoff (2014b) pp. XXIII-XXIV, 69.

56 Qui Northoff non esita a citare direttamente Merleau-Ponty, quando afferma che «il nostro corpo non è solo in principio nello spazio, è addirittura una parte di questo» (trad. mia). Non c’è separazione tra corpo e spazio. Cfr. ivi, p. 65.

57 Cfr. ivi, p. 66.

58 «Un altro aspetto della motricità è che essa non è soltanto un prodotto del cervello, controllato dalla mente, ma anche un meccanismo che dà forma alla mente e alla stessa coscienza. I movimenti infatti non sono un puro congegno, un mezzo per ottenere qualcosa: essi sviluppano la logica della mente, fanno sì che cogliamo nessi temporali come il prima e il dopo, nessi di causa effetto […]. Non è soltanto il centro, cioè il cervello-mente, a influenzare la periferia, cioè il corpo e i suoi muscoli, ma si verifica anche il contrario» Oliverio (2010), pp. 69-70, 91.

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contrasto di cosa si tratta: per quanto riguarda la nostra capacità di percepirci autenticamente come corpo, Northoff analizza la sindrome dell’arto fantasma, che può essere interpretato come un deficit legato all’intra-individual

embedment: la sindrome dell’arto fantasma è un disturbo della nostra capacità

di crearci uno schema corporeo, in quanto può accadere che alcune persone, una volta perso un braccio o una gamba, continuino a percepire l’arto come se fosse ancora lì e in alcuni casi a provarne il dolore59. Sembra che la sindrome sia correlata a dei processi di riorganizzazione corticale, in modo da trasferire le abilità dell’arto perduto nell’altro (pensiamo alla mano per un musicista), a seconda del livello di plasticità cerebrale disponibile; da qui, può nascere la confusione cognitiva e la conseguente corrispondenza di determinati stimoli all’arto non più esistente60. A partire da questa descrizione per negazione di determinate caratteristiche inerenti alla propriocezione del nostro corpo, si può definire fenomenicamente l’intra-individual embedment come l’esperienza di privatezza e inacessibilità legata al nostro schema corporeo: infatti, è comune a tutti il fatto che il modo in cui percepiamo il nostro corpo non è accessibile a nessun altro tranne che a noi stessi; nella sindrome dell’arto fantasma, anche quando viene oggettivamente confermato al pazienze di non possedere alcun arto illusorio o in eccesso, comunque la sensazione rimane soggettivamente esistente61.

3) Emotional embedment: la creazione di un’immagine corporea corretta nella sua interezza necessita anche della percezione emotiva e viscerale, legata in particolare al sistema limbico, ma anche alla corteccia orbitofrontale (per la valorizzazione emotiva della memoria)62. Ogni nostra azione è marcata dal punto di vista emotivo, tanto che è più facile ricordare eventi emotivamente

59 Cfr. ivi, p. 68.

60 Cfr. ivi, pp. 68-70.

61 «I: How many arms do you have? P: Three. I: How did that happen? P: I had one amputed. I: If you have two arms and one was amputed, how many arms would you have? P: Two or three. I know it’s a nonsense». Intervista ad un paziente con sindrome dell’arto fantasma. Cfr. ivi, p. 69.

171 rilevanti rispetto a situazioni più neutre; inoltre, possediamo costantemente una percezione indiretta del nostro stato somatico interiore (maggiormente percepibile quando stiamo male a livello fisico). Pertanto, lo schema corporeo non è descrivibile e determinabile solo in base a proprietà spaziali e individuali, ma anche attraverso le nostre funzioni viscero-emozionali; sembra una banalità, ma è bene ricordare che, sebbene le funzioni emotive trovino il loro centro organizzativo nel cervello, la percezione qualitativa e privata delle nostre emozioni come tale avviene essenzialmente attraverso il corpo; Damasio ha chiamato ‘somatic maker’ il prodotto “contrassegno” dei collegamenti tra funzioni sensoriali, motori e emozionali correlate alla corteccia orbitofrontale e alle esperienze corporee vissute: si tratta di un elemento cruciale per la generazione e il riconoscimento dell’esperienza fenomenica63. Ricollegandosi alle precedenti caratterizzazioni dello spatial

embedment, si può quindi affermare che l’immagine corporea è costituita da

differenti “marcatori”: i biomechanical marker come ‘marcatori spaziali’ che individuano il “qui e ora” in cui siamo situati, gli intra-individual markers come ‘marcatori di privatezza’ che determinano il livello di inaccessibilità del nostro schema corporeo e gli emotional markers come marcatori somatici che riflettono la sensazione fenomenico-qualitativa corporea. Dopo tali considerazioni, ritengo che lo spatial embedment enfatizzi la differenza che sussiste tra l’idea di “avere un corpo” e l’idea di “essere un corpo”: nella prima concezione si intende il corpo come oggetto, che si muove al nostro comando e riceve dall’esterno gli stimoli; nel secondo caso invece, il corpo è vissuto, integrato, primariamente unitario e non c’è separazione tra questo e la nostra coscienza64.

63 Cfr. ivi, p. 77.

64 È la differenza che sussiste tra i termini tedeschi ‘Körper’ (corpo anatomico o compagine somatica) e ‘Leib’ (corpo vissuto e mondanizzato). Cfr. Gallagher, S., Zahavi, D. (2008) La mente fenomenologica – Filosofia della mente e scienze cognitive, Raffaello Cortina Editore, Milano 2009, pp. 216-223.

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