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Il campione statistico come campo

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 190-195)

Ancora quanti? E quali? Continuità e

10.2 Il campione statistico come campo

la strategia di indagine empirica del nostro gruppo consiste quindi nell’organizzare una prima rilevazione campionaria con questionario strut-turato mediante la tecnica cati (Computer-Assisted Telephone Interviewing) e successivamente una rilevazione con interviste non direttive a un sotto-gruppo del campione della prima rilevazione.

le ragioni che ci hanno persuasi a scegliere di capovolgere il prevalente rapporto tra tecniche standardizzate e non standardizzate di intervista han-no stimolato una riflessione metodologica che oltrepassa gli specifici pro-blemi di questa indagine e che cercheremo di esporre in questo paragrafo.

come è noto una survey permette di identificare, grazie alle variabili inserite nel questionario, dei profili degli intervistati e di fornire una stima della loro distribuzione di frequenza nella popolazione di riferimento.2

le domande inserite nel questionario sulla frequenza d’uso dei vari mezzi di comunicazione e sul tipo di fruizione (intrattenimento, informazione ecc.) permettono di costruire vari profili degli intervistati in base al mezzo o ai mezzi prevalenti tramite i quali sono raggiunti dalla comunicazione politica.

in prima battuta e a titolo di esempio possiamo considerare i seguenti profili:

1. i multimediali, cioè coloro che usano più mezzi;

2. tra i monomediali, cioè quelli raggiunti prevalentemente da un solo mezzo di comunicazione, possiamo distinguere:

3. i telepolitici e

4. gli utenti di internet e in particolare del web 2.0.

in particolare sarà interessante, pur nell’ambito dei due contesti locali scelti per la ricerca, la stima della frazione di popolazione composta da

2 Questo obiettivo motiva l’impegno da noi profuso nell’adottare una procedura di campio-namento che sia effettivamente probabilistica e che permetta quindi di rispettare gli assunti della statistica inferenziale applicati ai problemi della stima. sul punto vedi par. 10.3.

coloro che si informano sulla politica, e più in generale esprimono un in-teresse per essa, tramite i Social Network Sites.3 i partiti e i personaggi po-litici usano sempre di più i Social Network Sites4, sull’onda della diffusione del fenomeno negli stati uniti e in seguito alla rapida propagazione di questi fra le nuove generazioni; ma a quanti cittadini arriva davvero la comunicazione politica tramite il web 2.0? Questa è una domanda a cui i dati dell’istituto nazionale di statistica non riescono ancora a dare una risposta, scontando un profondo ritardo rispetto alla necessità di inserire internet tra le fonti di informazione politica previste dall’indagine annuale

«aspetti della vita quotidiana»5. rispondere a questa domanda, però, si rivela particolarmente importante, considerando che l’uso di internet, se-condo i dati più aggiornati dell’istat relativi al 2007, coinvolge il 42% degli italiani di 6 anni e più6 (+ 10% rispetto al 2001) con punte percentuali del 76% tra i 18-19enni.

l’obiettivo della rilevazione non standard è studiare, secondo le strut-ture di significato degli intervistati, la concezione che essi hanno della po-litica e della partecipazione popo-litica, e la percezione che della popo-litica si formano mediante gli specifici mix di consumo mediatico cui si attengono abitualmente. l’appartenenza a profili diversi può essere un elemento per comprendere la diversità di visioni e di schemi di azione. in particolare ci soffermeremo sulla potenziale influenza dei media sul comportamento po-litico, tenendo presente che la letteratura in materia sottolinea le differenze fra i vari mezzi di comunicazione: quelli tradizionali sono rigidi e a una di-rezione, cioè definiscono il cittadino solo come lettore o spettatore; i nuovi mezzi di comunicazione online, invece, permettono di considerare i cittadi-ni non solo come ricettori passivi di idee politiche, ma anche soggetti capa-ci di interloquire. c’è addirittura chi come moroni (2009) considera questi strumenti in grado di recuperare un filo diretto tra rappresentanti politici e cittadini. inoltre il web 2.0 e i Social Network Sites realizzano una comuni-cazione che va oltre la bidirezionalità, grazie alla loro capacità di costruire modelli di comunicazione ramificati potenzialmente all’infinito e sempre orizzontali, articolando una forma direttamente esperita di partecipazione al flusso comunicativo e in senso lato all’agire politico. infine i soggetti che possono comunicare sono molti di più rispetto ai mezzi tradizionali: tutti coloro che accedono alla rete possono dire o scrivere la propria opinione, senza dover essere un giornalista o un politico che ha accesso ai mezzi.

3 per una riflessione sull’uso di Facebook si rimanda al cap. 2 del presente volume.

4 su questo tema, cfr. cap. 4 del presente volume.

5 dai dati del censis (2008) emerge che internet è una fonte per formarsi un’opinione sull’of-ferta politica in campagna elettorale per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale (il 7.6% rispetto al 78.3% degli elettori che usano la televisione).

6 un’altra fonte caratterizza la popolazione degli utenti italiani della rete come composta in maggioranza di maschi, di età compresa fra i 25 e i 54 anni, con un buon livello di istruzione e con un livello di occupazione medio-alto (Federcomin-mit 2005).

la decisione di svolgere una serie di interviste non direttive tra i casi appartenenti ai vari profili individuati dalla prima rilevazione rientra nella riflessione sul campionamento e la generalizzabilità dei risultati – tema su cui le tecniche cosiddette qualitative sono tradizionalmente oggetto di di-battito (montesperelli 1998; Gobo 2004).

mentre la ricerca standard mira a generalizzare i risultati ottenuti sul campione alla popolazione di riferimento, la ricerca non standard in virtù delle sue caratteristiche e obiettivi non aspira alla costruzione di campioni statisticamente rappresentativi, ma sceglie i soggetti sulla base della signi-ficatività dei loro stati su alcune proprietà rilevanti ai fini dell’obiettivo co-gnitivo che sovrintende alla ricerca (tusini 2006: 81-83). nell’approccio non standard, la rappresentatività è quindi altrettanto importante – sostiene Bichi (2002: 78) – ma si tratta di una ‘rappresentatività sociale’: le dimensio-ni che si vogliono riprodurre nel campione non sono numeriche ma tema-tiche e categoriali, legate a problemi specifici e a gruppi sociali specifici per l’obiettivo della ricerca. È quindi una rappresentatività che si fonda su due criteri di adeguatezza: agli obiettivi della ricerca legati alla teoria emergen-te e alla specificità del campo.

la forma di campionamento che segue questa impostazione è il Theoretical Sampling (campione a scelta ragionata), proposto da Glaser e strauss nel 1967, che può assumere varie forme7. in questi tipi di campio-namento la tecnica di reperimento degli intervistati può essere ‘a valanga’

(Heckathorn 1997), che consiste nel trovare persone che conoscono altre persone con stati su proprietà interessanti per la ricerca, o – come nota an-che trobia (2005: 32) – ‘a casaccio’, an-che adotta cioè il criterio del ‘massimo risultato con il minimo sforzo’: ciò porta a privilegiare da parte di ciascun intervistatore la scelta di persone facili da reperire.

marradi (1997) ha argomentato che l’estrazione casuale dei casi non ga-rantisce la costruzione di campioni casuali, a causa dei possibili errori nella procedura di selezione dei casi. i rifiuti a concedere un’intervista e le cadu-te, cioè i casi che non hanno più il recapito segnalato agli intervistatori per cui non possono essere rintracciati, sono due delle cause più importanti per cui la casualità dell’estrazione non garantisce la casualità del campione che risulta effettivamente intervistato.

«l’estrazione casuale presenta però il vantaggio di evitare la costruzio-ne di campioni pregiudicati per l’appartecostruzio-nenza dei suoi casi solo a un sot-toinsieme» della popolazione (Bruschi 1999: 380). se lasciamo la possibilità agli intervistatori di scegliere i casi da intervistare anche con la guida di una griglia classificatoria o tipologica (campione per quote – Bruschi 1999 – o tipologico – campelli 1990: 189) o mediante la guida dei primi soggetti

7 i criteri di suddivisione dei casi in base alle loro caratteristiche possono essere molteplici; i più usati sono i campioni per quote. per una rassegna dei vari tipi di campionamento vedi fra gli altri patton (1990); Bruschi (1999); Bichi (2002); tusini (2006).

intervistati (campione a valanga), si facilita la tendenza a far entrare nella rilevazione casi socialmente omogenei al gruppo di ricerca per opinioni politiche, estrazione sociale ecc. il campione che risulterà intervistato sof-frirà sempre almeno della statistica pregiudicata (Bruschi 1999: 382).

nella nostra rilevazione non standard, la scelta dei casi va nella direzione di eliminare la distorsione introdotta dalla selezione dei ricercatori. infatti, la scelta di applicare tecniche qualitative a casi di un campione probabilistico, e quindi soggetti estranei al gruppo di ricerca, esclude la possibilità di una selezione distorta da parte dei ricercatori; inoltre permette di considerare tra le proprietà rilevanti per il Theoretical Sampling gli effettivi risultati empirici della prima ricerca quantitativa, approfondendo a fini interpretativi le distri-buzioni e le relazioni statisticamente significative individuate.

in questo modo eviteremo di cercare fra le nostre conoscenze i frequen-tatori dei Social Network Sites (e magari gli utenti più attivi, più in vista e così via) o gli spettatori dei vari programmi tv in cui si discute di politica e quindi di selezionare coloro che inevitabilmente in qualche modo più ci somigliano. pertanto, il secondo campione risulterà soggetto solo al proble-ma dei rifiuti in entrambi i campioni.

È questo, e non la ricerca della generalizzabilità distributiva dei risulta-ti, il motivo principale della strategia di indagine che ha portato a costruire il secondo campione a partire dal primo.

d’altra parte la generalizzazione statistica non è l’obiettivo della ricer-ca non standard e non è quindi quello che cerchiamo. ma anche la ricerricer-ca non standard aspira ad estendere le proprie conclusioni a dimensioni più vaste di quelle considerate dalla specifica ricerca, ad affermare qualcosa che varchi i confini territoriali e concettuali del contesto socio-culturale che ha studiato. come esprime bene Bertaux, il tropismo del sociologo verso il generale fa sì che la domanda che egli si pone sia sempre generale: non riguarda cioè l’uno o l’altro microcosmo, l’uno o l’altro caso, ma un mon-do sociale o una situazione sociale; la sua riflessione va sempre verso un livello di teorizzazione che supera il quadro necessariamente locale delle osservazioni. il ricercatore che sceglie un approccio non standard «non de-ve temere di immergersi nella particolarità di un campo o di una serie di casi particolari» perché la sua riflessione andrà sempre verso conclusioni di portata generale (Bertaux, Bichi 1999: 49-50).

si tratta quindi di una generalizzazione teorica che può assumere forme differenti in base all’obiettivo che si è posto la ricerca. la generalizzazione per analogia, che Guba e lincoln (1982) indicano con il termine «trasferibi-lità», si riferisce all’estensione di indicazioni tratte dal proprio studio di un caso o di un contesto ad altri contesti considerati analoghi. una generaliz-zazione di tipo tematico e categoriale si fonda sugli aspetti cruciali del fe-nomeno studiato, osservato attraverso il vissuto individuale di soggetti che fanno parte di categorie sociali definite (cipriani 1996: 290). Gobo (2004: 21) parla di una generalizzabilità non del singolo caso o evento, che è irripetibile,

ma dei principali aspetti strutturali che lo caratterizzano e che si ritrovano anche in altri casi o eventi della stessa classe: la generalizzabilità concerne cioè le strutture generali, delle quali le singole pratiche sociali che studia-mo sono solo un esemplare. È propria di questo approccio anche una for-ma di generalizzazione concettuale, di decontestualizzazione, di astrazione.

si tratta cioè di una forma di generalizzazione posta a livello pre-assertorio (marradi 2007); non si generalizzano cioè enunciati, ma si estraggono dalle osservazioni concetti o strutture concettuali (classificazioni e tipologie) che, spogliandosi delle caratteristiche contestuali, permettono di connotare pro-cessi sociali a maggiore livello di generalità (cellini 2008: 151)8.

nella nostra indagine, poiché prevediamo che i casi che rientrano nello stesso profilo non saranno particolarmente omogenei, non facendo parte di uno specifico mondo sociale (Bertaux, Bichi 1999: 37), il campione sarà composto da circa duecento casi e non da poche decine, come invece in ge-nere accade nelle indagini non standard, spesso a causa dell’elevato costo delle interviste non direttive e degli scarsi fondi a disposizione della ricer-ca. Ovviamente la scelta del numero definitivo dei casi avverrà nel corso della rilevazione, quando avremo raggiunto il punto di saturazione9.

la «costruzione progressiva del campione» (Bertaux, Bichi 1999: 44) non riguarderà solo il numero dei casi, ma anche le loro caratteristiche. la scelta ragionata potrà essere rivista in itinere aggiustando e integrando il piano di interviste, individuando nel campione cati casi con determinati profili su proprietà che emergeranno come interessanti dalle interviste non direttive.

in conclusione, le ragioni che hanno portato a questa scelta non hanno certamente niente a che vedere col tentativo di rendere ‘più scientifica’ la ricerca che segue un orientamento non standard, mediante l’inserimento di elementi della teoria statistica del campionamento recepiti dalla ricerca standard – elementi peraltro non privi di debolezze e limiti pratici applicati allo studio sociologico10. al contrario il nostro intento, che semplicemente va nella direzione di un miglioramento tecnico nella procedura della scelta dei soggetti da intervistare e non in quella di rendere casuale l’estrazione del campione né generalizzabili in modo distributivo i risultati della ricer-ca non standard, è di spogliare questo tipo di ricerricer-ca dal ruolo ancillare e di supporto al sondaggio che tradizionalmente le è stato attribuito.

8 per marcare la differenza di questi processi con la generalizzazione statistica, alcuni autori preferiscono usare termini diversi (Guba 1981; Guba, lincoln 1982; Yin 1984); fra le varie pro-poste il termine ‘estrapolazione’ usato da alasuutari (1995) sembra particolarmente adeguato.

9 si arriva al punto di saturazione quando si è raggiunta un’adeguata completezza teorica e quando, pur continuando a intervistare, non si può apprendere altro di nuovo rispetto all’og-getto di ricerca (Bichi 2002: 86-87).

10 la problematicità dell’applicazione della teoria dei campioni in contesti sociologici è stata sottolineata da molti autori, fra cui Goode, Hatt (1962); Galtung (1967); Gilli (1971); capecchi (1972); chiari, corbetta (1973); pitrone (1984 e 2009); marradi (1989, 1997); corbetta (1999);

Gobo (2004).

ancora una volta risulta evidente come la dicotomia standard/non stan-dard non sia un’alternativa secca (ricolfi 1995; nigris 2003). nella pratica di ricerca elementi di ciascuno degli approcci si incontrano al fine di mi-gliorare la rilevazione e quindi la costruzione della conoscenza.

10.3 Limiti della tecnica CATI: una proposta di miglioramento

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 190-195)

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