La politica con altri mezzi? Consumerismo, critical living e politiche del quotidiano, tra
7.1 Il consumerismo politico, alcune note definitorie e di scenario alla ricerca di forme di partecipazione politica ‘altre’ rispetto a quelle
tra-dizionali, da più parti lo sguardo si volge a comportamenti e a pratiche che, riferendosi alla dimensione quotidiana e, più specificamente, a quella del consumo, sembrano in grado di costituire nuovi territori di impegno politi-co. È evidente che siamo dinanzi a fenomeni abbastanza recenti e soprattutto ad ambiti molto eterogenei per i quali non è sempre facile valutare la forza, le caratteristiche e la reale capacità di incidere nello scenario contemporaneo;
ma soprattutto che disegnano campi di pratiche la cui valenza politica - al di là degli intenti esplicitamente rivendicati da chi vi investe - appare oggi ancora tutta da esplorare. proprio i significati politici di scelte di vita e di consumo sono al centro della riflessione che qui si presenta, la quale non può che partire da alcuni ragionamenti di carattere preliminare e definitorio.
il primo elemento da segnalare è che siamo di fronte ad una galassia molto differenziata di concetti e pratiche, il cui semplice elenco - consumo critico, consapevole, responsabile, equo e solidale, frugal consumerism, ethi-cal living, critiethi-cal living (mobilità critica, critiethi-cal gardening ecc.), ma anche movimenti eco-alimentari, alternative media, culture jamming - mostra la ne-cessità non solo di restringere il campo a specifici insiemi di pratiche ma anche di limitare l’analisi a quei comportamenti che in misura maggiore riescano a dar conto della dimensione civica e politica di impegni che inve-stono la sfera della quotidianità a più livelli e che, non a caso, sembrano co-stituire un arcipelago di pratiche fluide più che un fenomeno stabile o una tendenza più o meno affermata su cui focalizzare l’indagine con una pro-spettiva e un set di strumenti affidabili. assecondando la relativa maggiore quantità di studi e una certa coerenza interna alla letteratura scientifica di-sponibile, ci si soffermerà in particolar modo sul concetto di consumerismo
elisabetta cioni e alberto marinelli (a cura di) Le reti della comunicazione politica. Tra televisio-ni e social network, isBn 978-88-6453-131-1 (print) isBn 978-88-6453-133-5 (online), © 2010 Firenze university press
politico (political consumerism), in cui convergono l’attenzione per un impe-gno esplicitamente civico e politico e per la dimensione del consumo, indi-pendentemente dalla sua valenza più propriamente economicistica quanto piuttosto per la sua capacità di generare investimenti di tipo simbolico e cognitivo articolati - altro elemento chiave nella definizione di queste coor-dinate teoriche e concettuali - nell’orizzonte del quotidiano.
micheletti, Follesdal e stolle (2004) definiscono il consumerismo politi-co politi-come:
[…] la scelta del consumatore di prodotti e produttori con lo scopo di cam-biare pratiche istituzionali e di mercato discutibili. essa si basa su atteggia-menti e valori riguardanti questioni di giustizia ed equità […] e che concer-nono la dimensione del benessere personale e familiare nonché valutazioni etiche e politiche […] (ivi: XiV)1.
il consumerismo politico (micheletti 2003; micheletti, Follesdal e stolle 2004), quindi, come fenomeno multidimensionale, insieme di pratiche esterne ai sistemi politici istituzionali ma in grado di relazionarsi con i processi transnazionali legati all’economia globalizzata e che sottolinea la presenza di una visione ‘responsabile’ accanto alle tradizionali visioni edo-nistiche, individualistiche e strumentali del consumo2.
È necessario, a questo punto un passaggio logico e concettua-le significativo che inquadra il consumerismo come «azione colconcettua-lettiva individualizzata»:
l’azione collettiva individualizzata è una presa di responsabilità da par-te dei cittadini per il benessere comune. avviene attraverso la creazione, in modo individuale o collettivo di arene concrete e quotidiane con lo scopo di intervenire su problematiche che ritengono influenzare la qualità della vita e il bene comune. l’azione collettiva individualizzata comprende una varietà di metodi al fine di responsabilizzarsi, inclusi gli strumenti di partecipazio-ne politica tradizionale e quelli non convenzionali (micheletti 2003: 25-26).
si tornerà più volte su questo tema, tuttavia discutendo di orientamento attivo e dei fini sociali di tali comportamenti appare chiaro che siamo in presenza di una
[…] azione che si colloca tra la dimensione individuale e quella collettiva, interessa la sfera personale e quella pubblica, trova nella quotidianità dei soggetti la cornice di espressione di azioni economiche che vengono caricate di significati civici e, in un certo senso, politici (ceccarini 2008a: 12).
1 salvo diverse specificazioni, le traduzioni sono dell’autore del capitolo.
2 sul significato multidimensionale del consumo nelle società contemporanee imprescindibi-le il rinvio a Baudrillard (1976).
si tratta quindi di opportunità di partecipazione, nel senso di prendere parte ma anche di sentirsi parte di un sistema di relazioni e, soprattutto, di identità più ampio. abbracciando questa impostazione, si delimita il cam-po del consumo a quello del «consumo cam-politico» (ceccarini 2008a e 2008b).
ancora micheletti (2004; 2003: 80) propone la distinzione tra un con-sumerismo politico negativo (boycotts) e uno positivo (buycotts), entrambi espressione di atteggiamenti e valori di giustizia sociale, di ambientalismo e di un approccio postmaterialista che può riguardare anche l’interesse personale (ad esempio i temi della qualità della vita, il salutismo ecc.)3.
Vale la pena esplicitare almeno due motivi per i quali è possibile affer-mare che si è in presenza di mutamenti di portata significativa che richie-dono una necessaria ridefinizione concettuale: dall’inizio degli anni ’90 si assiste ad una crescita continua di forme di consumo alternativo, oltre il
‘classico’ boicottaggio; ma soprattutto, per una significativa quota di per-sone si tratta di comportamenti abitudinari, diventando un tipico esempio di lifestyle politics (Giddens 1999) in cui le decisioni quotidiane assumono un significato politico. la globalizzazione, quindi, costituisce uno scenario d’azione politica differente, anche (ma non solo) postnazionale: da questo punto di vista, le issues coinvolte sono relative ad un orientamento globa-le, al maggiore interesse per la politica internazionagloba-le, ad una dimensione operativa di cittadinanza globale, a tipologie di azione politica globalizzata media-oriented (sørensen 2004, cit. in strømsnes 2009).
anche in relazione allo scenario e all’inquadramento teorico è eviden-te che pratiche di questo genere possono essere ricomprese all’ineviden-terno di una rete di riferimenti eterogenea, ma comunque ancorata al contesto della seconda modernità o, secondo interpretazioni non poco problematiche, a quella categoria che va sotto l’etichetta di «postmoderno». e ovviamente si tratta di riconoscere il valore non tanto di uno scenario globalizzato, tar-do moderno, di modernità radicale o liquida e così via, quanto la capacità esplicativa di alcune teorizzazioni che a tali dimensioni di contesto si rife-riscono, in particolare i fenomeni di individualizzazione (Beck 2000a; Beck, Beck-Gernsheim 2002; Bauman 2002a, 2002b), le cosiddette lifestyle politics (Giddens 1999), il tema della subpolitica (Beck 1999), solo per citarne alcu-ne. significativo è in primo luogo il ruolo del cosiddetto ‘consumattore’
come protagonista di un mondo caratterizzato da un iper-consumo istitu-zionalizzato. in questa figura di consumatore attivo si sovrappongono le due figure un tempo ritenute separate ed esclusive: in realtà il gioco a som-ma zero tra cittadino e consusom-matore, in cui più si è consusom-matori e meno si è cittadini e viceversa - tipico di una lettura tradizionale e, potremmo di-re, tutta interna alla prima modernità, dell’impegno politico - suscita molti dubbi (trentmann 2005). in questo scenario globale e globalizzato, accanto
3 a queste due dimensioni si associa generalmente una terza concezione, interessante dal punto di vista comunicativo, su cui si tornerà nel par. 7.3.3.
alla sovranità del consumatore, nella seconda modernità si assiste infatti a forme di politicizzazione del mercato; in questo senso, ceccarini (2008a) fa riferimento alla categoria di postdemocrazia (crouch 2003, cfr. anche cap. 5 del presente volume). non si può non ricordare che gli ultimi anni del XX secolo sono anche gli anni in cui, a partire proprio da una critica lucida e spesso feroce del processo di globalizzazione per come si stava dipanando, i movimenti sociali che per comodità vengono assorbiti sotto l’etichetta di
«antiglobalizzazione» o (alla francese) «altermondialisti» hanno affianca-to alla protesta un’operazione di analisi e di sistematizzazione concettuale non indifferente e in grado di inserire nel dibattito pubblico riferimenti che oggi è possibile dare per acquisiti, relativi proprio al ruolo che i rapporti di potere nel mercato globale hanno con i temi dello sviluppo e del sotto-sviluppo, della pace e della democrazia. ma anche alla capacità e alla ne-cessità, per coloro i quali si sono opposti a tali tendenze transnazionali, di costruire forme di lotta e percorsi di riaggregazione politica proprio sulla dimensione del consumo e sulla forza di legami transnazionali anche me-diati elettronicamente4. tali tendenze, infatti, in linea con la dimensione della riflessività, si sono associate alla costruzione e all’‘immaginazione’ di identità politiche globali in cui la possibilità di disporre di canali comuni-cativi adeguati e di un set abbastanza condiviso di riferimenti e soprattutto di pratiche ha travalicato i confini e, seppur restando limitata alle società occidentali, ha edificato la cosiddetta società civile globale.
un’ulteriore riflessione, indubbiamente implicata in questi temi, riguar-da la cosiddetta subpolitica, su cui, tra gli altri, si sofferma Beck nella sua riflessione sulle difficoltà esplicative delle categorie concettuali tradizionali nella seconda modernità. la politica sconfina in arene diverse da quelle tradizionali e ciò anche da un punto di vista di agenda, quindi in riferimen-to a temi prima non politicizzati: ad esempio il corpo, la vita, la morte, la cura del sé, la qualità della vita, gli stili di vita, il gusto. alcune di queste dimensioni costituiscono l’habitus (Bourdieu 1983; 2003) delle persone ma, utilizzando le categorie tradizionali, agirebbero ‘al di sotto’ della politica.
secondo questa versione, la privatizzazione di decisioni di rile-vanza pubblica è un correlato dell’individualizzazione (Beck 2000a).
l’individualizzazione può essere vista come caratteristica delle forme di par-tecipazione politica della tarda modernità: in passato l’azione politica era per definizione collettiva in quanto ancorata alle tradizionali identità ideologiche, con una marcata auto-collocazione del cittadino all’interno della struttura so-ciale ed economica, in connessione diretta alla pratica politica istituzionaliz-zata di partiti e associazioni. È evidente che, rispetto ad alcuni elementi della
4 in cui - in una prospettiva ‘pessimistica’ - anche le pratiche alternative, condividendo con il
‘nemico’ (il monstrum capitalismo globalizzato) il terreno di antagonismo, appunto il consu-mo, sarebbero state inglobate nella stessa logica (lipovetsky 2007) e sarebbero, quindi, intrin-secamente sconfitte.
partecipazione politica tradizionale, ad esempio la dimensione organizzativa o istituzionale e il concetto di delega, le forme di consumerismo politico si discostano in maniera significativa dall’agire politico tradizionale.
per concludere questa sintetica operazione di delimitazione del campo teorico e concettuale in cui può muoversi la riflessione sul consumerismo politico, va affermato il valore del consumo come linguaggio della società contemporanea (cfr. appadurai 2001; de certeau 2001). il riferimento è si-curamente a rifkin (2000) e, più in generale, alla dimensione simbolica e all’attribuzione di significati nelle scelte di vita e di consumo in un conte-sto in cui l’informazione, le dimensioni simboliche e cognitive, la capacità di esercitare un potere «di denominazione» (Bourdieu 1983), sono risorse centrali sia in termini di dinamica del potere5 sia rispetto al cosiddetto ca-pitalismo culturale. ma la centralità del consumo ha senso, in questo nostro discorso, solo allorché si riconosca la sua capacità di esercitarsi all’inter-no di una dimensione quotidiana e abitudinaria all’interall’inter-no delle vite degli individui e soprattutto focalizzando l’attenzione sul consumo come area esperienziale (di nallo 2004; 2006), quindi nella capacità di legare in ma-niera stringente le pratiche e le relative attribuzioni simboliche.
7.2 La ricerca sul consumerismo politico e alcune caratteristiche del