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Critici e postdemocratici

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 103-110)

La democrazia dei postmoderni

5.3 Critici e postdemocratici

il rapporto tra mass media e democrazia, a partire dallo sviluppo della telepolitica, ha spinto molti altri studiosi a cogliere gli aspetti più deteriori.

lo sviluppo del marketing politico-elettorale, l’esplosione di leader media-tici, la dipendenza dai sondaggi, lo svuotamento di ideologie e perfino dei programmi a favore di slogan pubblicitari e spot, la relazione diretta tra leader e popolo, il rapporto tra politica, comunicazione e potere economi-co sono tutti fenomeni che sono stati messi in evidenza da questi studiosi.

provando a non andare molto indietro nel tempo, già sul finire degli anni

‘80, uno degli studiosi più importanti della democrazia, Giovanni sartori, aveva individuato alcuni degli effetti più distorcenti del «videopotere»

(sartori 1995) e qualche tempo dopo, era arrivato a parlare di nascita di un

«homo videns» che avrebbe sostituito l’homo sapiens poiché il tele-vedere avrebbe modificato, e compromesso, la capacità pensante dell’uomo (sartori 1997). Questa mutazione antropologica si rifletterebbe anche nella democra-zia che, plasmata dai mass media, viene modificata sensibilmente. la spet-tacolarizzazione della politica, la sua ‘emotivizzazione’, la personalizzazione dei video-leader, lo svuotamento di contenuto politico a favore della faccia – «il video-leader più che trasmettere messaggi è il messaggio» (ivi: 77,

cor-sivo dell’autore) – l’abuso dei sondaggi, la manipolazione dell’informazione adoperata dai mass media con gli effetti di agenda setting e di priming, so-no tutti sintomi di una malattia che sartori prova a diagso-nosticare. so-non solo.

individuando anche alcuni temi più recenti, si spinge più in là criticando le tendenze che sono l’essenza dell’utopia cyberdemocratica. Bollando come

«direttismo» la richiesta di maggiore democrazia dal basso, sartori si pone il problema della conoscenza necessaria per risolvere i problemi politici «al-trimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere. il che vuol dire un sistema di governo suicida» (ivi:

92). inoltre, aggiunge, c’è l’esigenza di distinguere tra informazione e compe-tenza conoscitiva, cioè della reale capacità di gestire sapere.

altro aspetto importante del rapporto tra mass media e democrazia è dato dal declino degli intermediari classici della politica come partiti e sindacati. manin, per esempio, vede nell’esplosione dei mass media nel-la politica nel-la fine delnel-la democrazia dei partiti a favore delnel-la «democrazia del pubblico» (manin 1992) intendendo con «pubblico» non l’ambito di-verso dal «privato», bensì una vera e propria platea, sempre più indistinta, che assiste alla messa in scena della politica. il venir meno dei partiti porta all’emergere di leader che provano ad individuare, grazie all’uso massiccio di sondaggi, quali sono gli elementi di distinzione che servono per costrui-re il consenso e utilizzano i mass media per comunicarlo.

più radicale è la teoria di danilo zolo che in uno studio nel quale com-pie un lavoro di ripensamento delle teorie democratiche, nella parte con-clusiva, cogliendo a grandi linee alcuni temi già esposti, arriva a parlare di

«principato multimediale» e di tendenza, in senso deteriore, alla teledemo-crazia fatta da

[…] procedure inedite di legittimazione televisiva del sistema politico e dei suoi leaders, procedure che prescindono non solo dalla mediazione partitica ma anticipano e scavalcano la stessa funzione selettiva e di giudizio tradizio-nalmente attribuita agli elettori democratici (zolo 1992: 193).

i fattori di mediatizzazione della politica sono visti da zolo tutti in chia-ve negativa al punto tale che questi temi sembrano «rendere problematica la natura stessa del sistema democratico nelle società informatiche e del tutto incerto il suo destino» (ivi: 196).

altri studiosi, per comprendere le nuove dinamiche della democrazia, oltre al rapporto con i mass media si sono concentrati anche su quello con il potere economico evidenziando la triangolazione che si tiene tra questi.

Fisichella (2000) parla di una pericolosa tendenza della democrazia a di-ventare un’oligarchia nella quale prevale la figura del «leader-magnate», ossia di un soggetto portatore diretto di interessi privati che, usando le tec-niche della demagogia per acquisire il consenso popolare, minerebbe la na-tura stessa della democrazia.

una repentina accelerazione sta conducendo in molti paesi i detentori de-gli interessi economici direttamente dentro le istituzioni e i ruoli di governo, in una cornice nella quale per di più l’intreccio e la sovrapposizione di potere po-litico, potere economico-finanziario e potere mediatico conferiscono alla mi-scela un alto potenziale di destrutturazione democratica (Fisichella 2003: 383).

riguardo alle capacità interattive dei nuovi media e alla loro capacità di dare vigore alla crisi della democrazia, soprattutto alla partecipazione delle persone e alla riattivazione dei loro legami sociali, Fisichella sembra ancora più scettico:

l’idea che i mezzi di teletronici, ponendo gli individui nella condizione non solo si ricevere il messaggio (com’è accaduto finora con radio e televisio-ne), ma anche di dare la loro risposta in tempo reale, consentano un ritorno alla democrazia diretta e quindi al superamento di quegli ostacoli spaziali e demografici che hanno reso indispensabile la democrazia rappresentativa, non soltanto sottovaluta il ruolo manipolante delle oligarchie massmediali, ma trascura che i problemi di una società complessa non cessano di essere complessi per il fatto che in maniera crescente molti potranno essere sotto-posti al bombardamento dei quesiti plebiscitari (Fisichella 2000: 148).

Osservando il rapporto tra democrazia e libertà, concentrandosi sul ca-so americano, anche zakaria mette in evidenza le tendenze oligarchiche della democrazia contemporanea. il declino dei partiti è una delle cause principali di tale deriva. per zakaria le elezioni primarie sono state l’arma con la quale i partiti americani si sono ‘suicidati’ poiché, spingendo sempre più verso la leaderizzazione e la massmediatizzazione, si sono di fatto tra-sformati in macchine al servizio del candidato in grado di raccogliere più denaro per le proprie campagne. «raccogliere denaro è diventata l’attività fondamentale di una campagna e ottenere buoni risultati come raccogli-tore di fondi è la prima indispensabile qualità di un politico americano»

(zakaria 2003: 239). lo spazio vuoto lasciato dai partiti è stato progressiva-mente riempito da gruppi lobbistici in grado sempre più di condizionare per i propri interessi l’attività parlamentare portando la democrazia ad un grande paradosso: «il potere della maggioranza ha lasciato il posto a quel-lo della minoranza» (ivi: 237).

la critica meglio sistematizzata contro le derive delle democrazia mo-derna è con ogni probabilità quella mossa da crouch (2003). secondo il sociologo inglese la fase attuale della democrazia è caratterizzata da una evoluzione parabolica che sta portando a quella che egli chiama «postde-mocrazia». essa è caratterizzata da una progressiva perdita di potere del pubblico a favore del privato:

le mie tesi fondamentali sono queste: mentre le forme della democrazia rimangono pienamente in vigore – e oggi in qualche misura sono anche raf-forzate – la politica e i governi cedono progressivamente terreno cadendo in

mano alle élite privilegiate, come accadeva tipicamente prima dell’avvento della fase democratica (ivi: 9).

la stretta dipendenza tra politica e interesse privato viene evidenziata dall’estinzione delle aspirazioni egualitarie che la democrazia aveva toc-cato nel punto più alto della sua parabola. Oggi invece l’interesse priva-to prevale nell’ambipriva-to della politica che di conseguenza rinuncia sempre più ad intervenire nell’ambito pubblico5. la privatizzazione della politica è dunque il primo grande male di cui soffre oggi la democrazia. con essa il governo diventa di conseguenza una sorta di

[…] idiota istituzionale, poiché le sue mosse sempre mal informate sono anticipate e quindi sminuite dagli scaltri soggetti che agiscono nel merca-to. da questo discende la raccomandazione politica centrale dell’ortodossia economica contemporanea: lo stato farebbe meglio a non fare nulla, salvo garantire la libertà dei mercanti (ivi: 53).

Oltre a quello dell’impresa, l’altro mondo che plasma la democrazia è quello della comunicazione. non a caso la politica «imita i metodi di altri mondi dotati di un’identità più certa e sicura: l’industria dello spettacolo e la commercializzazione dei beni» (ivi: 27). la scomparsa dei partiti e della loro capacità di conoscere la società attraverso la presenza nel territorio viene ricompensata con un uso smisurato delle tecniche del marketing po-litico-elettorale. consulenti di immagine, sondaggisti, creativi, diventano i nuovi consiglieri del principe che con la sua immagine riempie il vuoto lasciato dall’assenza di contenuto politico. spesso, a dimostrare l’ampiezza della zona grigia tra politica e mercato, accade che siano le stesse imprese a fornire il proprio personale ai politici.

Gli esponenti delle aziende diventano consulenti di partito per deter-minati periodi, mentre i consulenti del partito trovano lavoro come lobbisti nelle aziende. in tal modo il nucleo interno viene deformato, stiracchiando il cerchio interno del partito sino a farne un’ellissi che sconfina verso l’esterno, superando di molto i ranghi intermedi del partito (ivi: 82).

al posto dei partiti restano solo i leader che utilizzano i mass media per rivolgersi direttamente al pubblico di elettori e che sono sempre più spesso sostenuti da forti gruppi economici. Gli eccessi di queste dinamiche portano sempre più all’emergere di un nuovo populismo che proprio nella leaderizzazione spinta dai mass media trova il suo compimento6.

5 scrive a tal proposito crouch: «più lo stato rinuncia a intervenire sulle vite della gente comune, rendendole indifferenti verso la politica, più facilmente le multinazionali possono mungere, più o meno indisturbate, la collettività» (crouch 2003: 25, corsivo dell’autore)

6 sul rapporto tra democrazia e populismo cfr. mény-surel (2001) e taguieff (2002).

la congiunzione tra personalizzazione estrema e uso crescente delle nuove tecnologie per una comunicazione diretta tra leader e cittadini sta configurando una forma politica congeniale alla democrazia plebiscitaria, al populismo del nostro tempo (rodotà 2004: Vi).

5.4 Prospettive

nonostante le molte differenze delle varie teorie presentate, esistono due punti, collegati, di stretta convergenza, visti per alcune come una de-riva e per altre come un punto di progresso: il superamento della rappre-sentanza e la crisi dei mediatori della politica. i teorici delle nuove pratiche democratiche, partendo della crisi della democrazia, ritengono che solo le nuove forme di partecipazione possono riavvicinare le persone alla poli-tica. i cyberdemocratici, addirittura, arrivano quasi a sentenziare una fine della politica a favore solo dell’amministrazione. paradossalmente, nel mo-mento in cui per questi teorici aumenterebbero le possibilità per i cittadini di ‘contare’ di più nei processi decisionali, verrebbe meno la loro propen-sione a realizzare un modello di società diverso, migliore, a favore di una gestione del presente online. È stato però osservato che «la rappresentanza viene di continuo uccisa ma risorge dalle sue ceneri perché rappresenta un principio ordinatore del moderno che difficilmente può essere sacrificato»

(prospero 2006: 178).

l’indebolimento, fino alla scomparsa, degli intermediari classici, non è visto, per i cyberdemocratici, come motivo di preoccupazione ma anzi co-me un qualcosa di auspicabile perché ciò toglierebbe la politica dalle mani di professionisti e burocrati per darla ai cittadini. Viceversa, i critici vedono nella riduzione del ruolo dei partiti non uno spazio maggiore dato ai cit-tadini ma solo un vantaggio per le lobby economiche che danno il proprio indirizzo alle politiche degli stati. in questo scenario i media diventano i mezzi utili a costruire uno spettacolo mistificato nel quale si ha la parvenza che i valori di fondo della democrazia, così come conosciuta, continuino ad esistere. naturalmente il ruolo della comunicazione, diventando enorme, modifica fortemente tutta le dinamiche politiche ed elettorali favorendo l’emergere del populismo catodico.

al di là delle visioni più apocalittiche, l’esperienza più recente sembra invece orientata a non voler superare il momento della rappresentanza an-zi le nuove tecnologie della comunicaan-zione hanno costituito un mezzo per attivare forme di partecipazione politica che a grandi linee potremmo de-finire ‘classica’. il successo di Barack Obama, sia alle elezioni presidenziali sia a quelle primarie nel 2008 deve certamente molto alle nuove possibilità offerte dal Web 2.0. specialmente nelle primarie, grazie ad un’imponente e capillare campagna di networking, Obama è stato il candidato che ha rac-colto più fondi riuscendo a battere anche la potente ‘macchina’ dei coniugi clinton. ma non solo: il forte utilizzo di internet non è stato improntato

solo alla promozione dell’immagine del candidato, secondo uno schema verticale, bensì ha promosso gruppi e incontri con, e tra, i suoi sostenitori.

un passaggio dal virtuale al reale che non solo si è trasformato in una forte partecipazione alle sue performance in campagna elettorale, ma anche in voti reali, che lo hanno eletto con un ampio margine in un’elezione che, per altro, ha registrato un’elevata partecipazione.

la democrazia immediata non appare all’orizzonte; piuttosto le nuove opportunità offerte dalle rete, sia in termini di informazione che di par-tecipazione, possono rivitalizzare il rapporto tra cittadini e democrazia e ancor più tra rappresentanti e rappresentati. dopo opportuni interventi le-gislativi per regolare nuove forme di partecipazione si potrebbe portare la democrazia ad essere più «continua» (rodotà 2004, 2006), non tanto nella funzione di decisione quanto in quella di discussione, soprattutto se la par-tecipazione avviene anche tra persone reali, riallacciando legami sociali.

È opportuno cercare una via d’uscita dalla solitudine del cittadino glo-bale e di quello virtuale.

S. Mulargia

La democrazia elettronica: governance,

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 103-110)

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