La politica con altri mezzi? Consumerismo, critical living e politiche del quotidiano, tra
7.2 La ricerca sul consumerismo politico e alcune caratteristiche del fenomeno
7.2.1 Il consumerismo alla prova dell’analisi empirica
dal punto di vista della trattazione teorica e concettuale abbondano le interpretazioni più ‘ottimistiche’, che legano il consumerismo alla politica e vedono in queste pratiche alternative dei segnali di rinnovato interesse nel-la politica; per quel che riguarda il corrispondente riscontro empirico, inve-ce, siamo in presenza di una relativa scarsità di materiali, i quali, tuttavia, mostrano risultati nel complesso coerenti e tendenze sostanzialmente ac-quisite6. tra questi materiali di ricerca è possibile citare il volume monogra-fico (numero 30 del 2006) dell’«international Journal of consumer studies»
e, per venire al caso italiano, e limitatamente agli studi che presentano ana-lisi di tipo primario, il profilo socio-demografico dei consumatori politici, tracciato in Forno e ceccarini (2006), oppure il lavoro di sassatelli del 2006 (frutto di un progetto miur dal titolo Tradizioni alimentari, regimi di fiducia e comunicazione del rischio7); interessante, poi, anche l’indagine illustrata in
5 il riferimento è al powershift nel XiX secolo, e al ruolo centrale della conoscenza, così come preconizzato da toffler (1991).
6 ad eccezione del tema della consistenza del fenomeno, a causa delle diverse metodologie adottate e per i differenti criteri di inclusione adottati.
7 al materiale raccolto in occasione di questo progetto, l’autrice aggiunge 28 interviste se-mi-strutturate a militanti ed esperti del campo del commercio equo e solidale e, in generale, dell’area del consumo critico, raccolte nel 2004.
ceccarini (2008a), frutto di analisi secondaria su dati già disponibili, una survey e circa 40 interviste qualitative raccolte presso i luoghi di consumo critico. sempre attraverso analisi secondarie su repertori di dati disponibili si muove anche il lavoro di colloca (2007)8 su cui si tornerà poco oltre.
come già affermato, il tema della frequenza e della non sporadicità delle attività di consumerismo è centrale per definire la dimensione quotidiana (sassatelli 2006) di tali pratiche che dovrebbe caratterizzarne il portato po-litico anche in riferimento al già citato tema del consumo come area espe-rienziale. alcuni degli studi da menzionare, tra i più recenti e limitatamente al caso italiano, sono quelli di Bovone e mora (2007) e di lori e Volpi (2008);
inoltre appare utile il riferimento ai dati delle rilevazioni ess – European Social Survey9 al cui interno è possibile accedere a specifici item relativi al fenomeno del consumo critico e del consumerismo politico. È interessante notare che la disponibilità di questi dati consente di connettere tali compor-tamenti ad altre variabili (caratteristiche socio-demografiche, dimensioni valoriali, atteggiamenti), per tracciare dei profili dei consumeristi italiani, anche in un’ottica comparativa rispetto ad altri contesti nazionali.
siamo di fronte ad una galassia di pratiche che disegnano un continu-um che va da azioni sporadiche e a basso investimento emotivo ad attività più coinvolgenti o dotate di più chiare finalità politiche.
la tipologia di forme di consumo critico stilata da ceccarini (2008a: 35 e sgg.) è sintetizzabile nel modo seguente: a) filantropici (47%), coloro i quali hanno «speso soldi, parte del guadagno dei quali serviva a finanziare una buona causa»; b) equo e solidale (30.6%), coloro i quali hanno «acquistato prodotti del commercio equo e solidale»; c) responsabili (30.1%), coloro i quali hanno «acquistato prodotti in base a motivi di tipo etico, politico o ecologico»; d) boicottaggio (18.7%), coloro i quali hanno «boicottato prodotti o marche in base a motivi di tipo etico, politico o ecologico».
analizzando più nello specifico gli studi che hanno provato ad indaga-re le caratteristiche del fenomeno, si colgono elementi che lo inseriscono nel più ampio tema della partecipazione politica, su cui si tornerà poco ol-tre. un elemento interessante del consumerismo è il carattere più inclusivo rispetto alle forme tradizionali di partecipazione politica, ad esempio per categorie quali donne e giovani (micheletti 2003).
per un verso, si tratta di una variante delle pratiche tradizionali in quan-to molquan-to più ordinario e quotidiano, ad esempio, della partecipazione ad una manifestazione oppure del voto; d’altro canto rappresenta forme per eccellenza specifiche rispetto alla politica tradizionale, sottolineando che la
8 l’autore ha condotto analisi fattoriali al fine di costruire degli indici di consumerismo po-litico a partire da tre differenti database. sul dettaglio delle scelte metodologiche cfr. colloca (2007: 9).
9 ess – the european social survey (<http://ess.nsd.uib.no/>). È il percorso adottato, ad esem-pio, in colloca (2007).
quotidianità è essa stessa un terreno politico, quindi allargando nei fatti i tradizionali confini del territorio della politica.
un criterio discriminante può quindi essere l’ordinarietà, la frequenza delle azioni di consumerismo: singoli isolati gesti di acquisto ‘verde’ possono al massimo segnalare una tensione verso una ‘eticizzazione’ del sistema ma non necessariamente conducono all’emersione di un discorso ‘alternativo’.
7.2.2 Le caratteristiche e gli orientamenti politici
per analizzare il tema della collocazione politica dei (vari tipi di) consu-meristi, utile a definirne più nello specifico ulteriori caratteristiche in ter-mini di orientamenti politici e valoriali, può essere utile partire da alcuni dati relativi alla autocollocazione sul continuum destra-sinistra. Questa ti-pologia ha consentito di costruire anche un indice di coinvolgimento nelle forme di consumo etico (ceccarini 2008a: 39-42).
aumentando il coinvolgimento, calcolato inserendo le variabili relative alla frequenza delle pratiche e ‘stimandone’ il costo, aumenta l’autocollo-cazione a sinistra. non altrettanto lineare appare il dato dei cattolici osser-vanti, che si configura come un segmento trasversale alle varie forme di consumo critico.
nonostante molti degli intervistati si collochino in un’area politico-cul-turale (in particolare a sinistra) non c’è una collocazione altrettanto netta in un partito di quell’area. inoltre, dato comune ai consumeristi di diverso orientamento politico, emerge una sostanziale sfiducia nei confronti degli attori politici anche se il giudizio negativo (espresso verso partiti e uomi-ni politici) è mitigato, soprattutto per quelli che si defiuomi-niscono di siuomi-nistra, quando ci si riferisce al livello locale (amministrazioni, sindaci ecc.).
appare interessante che il consumerismo politico costituisca un terre-no di sintesi per tradizioni storicamente distanti come quella cattolica e quella di sinistra. tale distanza permane rispetto ad alcuni termini utiliz-zati per discutere, ad esempio, di valori comuni come la solidarietà, tutta-via si accorcia notevolmente quando il discorso si sposta sulle prassi e sui comportamenti: una convergenza de facto, a riprova che è utile che il focus dell’attenzione - anche da un punto di vista empirico - sia posto principal-mente sulla dimensione delle pratiche.
sulla base delle risposte fornite in relazione alle motivazioni che spin-gono alle diverse forme di consumo critico, ancora in ceccarini (2008a: 56-69)10 si costruisce una tipologia articolata intorno ad una distinzione tra
10 per la ricostruzione delle scelte metodologiche adottate in questo lavoro, che si basa su dif-ferenti percorsi di ricerca, è d’obbligo rinviare al testo. si può sottolineare anche in questo caso la tendenza ad abbinare un set di tecniche di rilevazione dei dati di tipo quantitativo (questio-nari strutturati) ad indagini di profondità di segno qualitativo (interviste). per la distribuzione quantitativa sui diversi item dei tre tipi individuati cfr. ceccarini 2008a: 59.
‘militanti’ (coloro i quali mostrano una forte spinta di carattere politico),
‘devoti’ (che manifestano un forte orientamento religioso al centro delle spinte motivazionali), e ‘ritualisti’ (quanti fanno osservare motivazioni di scelta differenti, combinate tra loro, senza che queste denotino un partico-lare pathos o impegno verso la causa).
l’asse appare spostato nettamente a sinistra, soprattutto per quel che riguarda i ‘militanti’, e siamo in presenza di un coinvolgimento che si somma ai repertori di partecipazione tradizionali piuttosto che sostituir-li11. dietro i consumi dei ‘militanti’ emergono tutt’altro che apatia politica o disincanto generalizzato quanto piuttosto forme di critica, consapevole e mirata, che provengono da cittadini dotati di un sofisticato coinvolgimento civico; simile al tipo ideale di critical citizen delineato da norris (1999a) che non mette in discussione la politica e gli attori politici in quanto tali, ma questi attori politici.
un altro importante riferimento concettuale che permette di provare ad interpretare le forme di consumerismo politico è la metafora del pendolo di Hirschman (1983), la quale evoca l’idea di un movimento oscillatorio adot-tato dai cittadini tra la dimensione pubblica e quella privata (i cosiddetti cicli di coinvolgimento, shifting involvements). Questo movimento pendola-re, nel caso del consumatore critico militante, farebbe sì che, deluso da una politica in cui crede, egli cerchi in altri territori forme nuove di azione po-litica senza però abbandonare quelle tradizionali, anzi ‘tornandovi’ perio-dicamente e, in qualche modo, costruendo un ‘ponte’ tra queste due arene.
7.2.3 Le immagini della politica
i dati mostrano che i consumatori critici presentano livelli di partecipa-zione politica (anche tradizionale e istituzionalizzata, ad esempio in riferi-mento al ruolo dei partiti) maggiore della media (lori, Volpi 2008: 72-80).
ma quale immagine della politica emerge da questi consumatori critici?
dalla delusione sembra emergere una domanda di politica e di attori in cui riconoscersi (in termini di appartenenza).
molti dati12 mostrano che i consumeristi non solo riconoscono un alto valore alla politica ma anche alle sue forme più tradizionali e, se vogliamo, alle sue dinamiche istituzionali, si pensi ad esempio ai partiti (in termini di fiducia e relativamente al loro ruolo nel sistema democratico).
ad un primo sguardo, queste evidenze potrebbero essere lette come forme di ‘contraddizione’: i consumeristi più vicini alle forme istituziona-lizzate di partecipazione politica sono anche i più critici nei confronti di tali
11 si tratta di una dinamica simile a quella dei consumatori di ‘nuovi’ media o alle forme di e-partecipazione, in cui la ricchezza delle possibilità genera un effetto moltiplicatore delle pratiche. cfr. cap. 2 e 6 del presente volume.
12 si veda in particolare la rilevazione demos-coop/lapolis citata in ceccarini (2008a).
istituzioni, ad esempio i partiti. il riferimento è alle strategie individuate da Hirschman (1982) di exit, voice (e loyalty)13: siamo forse in presenza di forme di protesta silenziosa ma comunque antagonista nei confronti degli attori politici, soprattutto quelli di riferimento, magari attraverso un’ulte-riore dimensione, di choice (richiamando quella di voice) in cui si declina in senso maggiormente politico il repertorio delle azioni intraprese. infatti, si tratta di valutazioni di segno critico (soprattutto verso il proprio partito o la propria area politica di riferimento) che manifestano aspettative deluse da parte di soggetti che assegnano a tali istituzioni un valore molto impor-tante. si tratta di un atteggiamento comunque più propositivo che di pro-testa, in cui il consumerismo politico sembra configurarsi come tattica (de certeau 2001), come micro possibilità di sovversione situate negli interstizi del quotidiano (sassatelli 2006).
ma chi sono gli avversari? si tratta di un ‘nemico opaco’: in misura mi-nore le istituzioni politiche (ceccarini 2008a) soprattutto quelle sovrana-zionali, ad esempio le nazioni unite. in misura maggiore certi ‘disvalori’:
cultura dello spreco, dell’interesse, del profitto, indifferenza.
a dispetto di un orizzonte macro di aspettative, di avversari, di conte-sto, emerge l’affermazione di una pratica fortemente rivendicata come in-dividuale proprio perché quotidiana, che insiste sulla modifica dei bisogni e delle pratiche di consumo attraverso un lavoro su se stessi e non tramite la mera associazione di soggetti-consumatori: in questo modo si spiega an-che la notevole distanza dai tradizionali movimenti dei consumatori isti-tuzionalizzati. il consumatore, quindi, come attore consapevole che trova nel consumerismo politico utili armi non convenzionali ma legittime nella lotta politica (sassatelli 2006).
anche se nelle parole dei consumeristi trovano spazio tutti gli ingre-dienti della partecipazione politica (obiettivi, motivazioni, azioni, bersagli), nella maggior parte dei casi il riferimento alla politica resta sottotraccia, quasi latente oppure implicito. Fanno eccezione i ‘militanti’ per i quali il le-game tra consumo e politica si fa spesso esplicito anche, talvolta, in termini sostitutivi rispetto alle forme tradizionali.
emerge qui un doppio significato: individuale e riflessivo (cura di sé, qualità della vita ecc.) e collettivo (presa in carico di responsabilità di inte-resse generale, quindi politica). il tramite di questa dimensione politica è un riferimento all’idea del cittadino-consumatore responsabile, di rilevza nella sfera pubblica, quindi una dimensione civica che può fungere an-che da ‘velatura’ rispetto ad un esplicito riferimento alla politica.
13 in estrema sintesi, questa tripartizione mira a concettualizzare le strategie messe in atto dagli attori nei confronti di organizzazioni, sistemi politici, brand, ecc., da cui sono delusi:
l’allontanamento (exit), la presa di parola (voice) e quindi critiche e impegno attivo al fine di produrre dei cambiamenti oppure (loyalty) forme, spesso temporanee, di lealtà all’istituzione.