La politica con altri mezzi? Consumerismo, critical living e politiche del quotidiano, tra
7.3. Perché il consumerismo è politico
7.3.1 La politica tra individualismo e azione collettiva
il principale interrogativo che emerge nel dibattito sul consumerismo riguarda, prevedibilmente, il suo essere o meno realmente annoverabile tra le forme di azione e di partecipazione politica, tema, come si è visto, al cen-tro anche di questo working paper. ma anche la valenza, positiva o meno, da attribuire a tali comportamenti in relazione alla democrazia e alla parteci-pazione dei cittadini alla vita politica.
semplificando, da un lato è possibile leggere le diverse forme di consu-merismo come indicatore crescente di individualismo, di alienazione dalle forme tradizionali di partecipazione politica, di disimpegno e ritiro nel pri-vato. da questo punto di vista, risulta centrale il dato che si tratti di un tipo di azione politica non burocratica, individualistica, sporadica, spontanea (stolle, Hooghe 2004: 273) e, più in generale, che la dimensione personale di pratiche politiche sia leggibile come un indicatore di declino della parte-cipazione, quindi di sintomi di crisi democratica, legata alla crescente indi-vidualizzazione nei paesi democratici (putnam 2004)14. sull’altro versante del dibattito, emergono interpretazioni che sottolineano come ci si trovi di fronte a forme, seppur individualizzate, di autentica partecipazione politi-ca (stolle, Hooghe 2004; paterson 2005). in questa accezione si evidenzia la presenza di spazi di azione politica nuovi, espressione di valori postmate-rialisti e di impegno civico e collettivo.
Va detto che né i sostenitori dell’una, né i sostenitori dell’altra prospettiva hanno fornito conferme di tipo empirico che siano davvero definitive per la propria tesi. le diverse interpretazioni su queste forme di partecipazione, poi, si caricano di ulteriore complessità qualora si considerasse più in pro-fondità lo stesso tema della definizione di agire politico. pur senza entrare nel merito della questione, va detto che lo stesso Weber (1999a) considerava l’azione politica in un’accezione limitata, l’agire dei cosiddetti professionisti della politica (leader, rappresentanti, funzionari). d’altro canto ancora Weber (1999b) distingue tra «agire politico in senso proprio» (attività mediante cui i rappresentanti allocano risorse e valori attraverso provvedimenti sorretti dall’autorità) e «agire sociale orientato politicamente» (attività intraprese dai governati al fine di condizionare il processo decisionale dei governanti). È chiaro che qui vi è il richiamo ad un’accezione più ampia che comprende anche comportamenti più sporadici di contatto con la politica15, e che
rag-14 il riferimento sarebbe quindi a strategie di exit (Hirschman 1982). su una simile linea argo-mentativa si muovono ad esempio i teorici della comunità (Bellah, madsen, sullivan, swidler, tipton 1985). cfr. anche il capitolo 8 del presente volume.
15 sulla dimensione ‘collettiva’ della partecipazione politica si ricordi anche la definizione di pizzorno: «un’azione in solidarietà con altri, nell’ambito di uno stato o di una classe, in vista di conservare o di modificare la struttura (e quindi i valori) del sistema di interessi dominan-te» (pizzorno 1966: 255).
gruppa un insieme di attività ed esperienze collettive eterogenee anche non direttamente associabili alla politica. Fino a condurre, in alcuni autori, ad una potenziale ‘ubiquità’ dell’esperienza politica (almagisti 2006; Biorcio 2003).
Occorre comunque cautela nell’attribuire sempre carattere politico alle scelte o alle pratiche di consumo alternativo, riportandole forzosamente in una dimensione quasi ‘di voto’ su determinate tematiche: in questo modo si perderebbe di vista uno degli aspetti più significativi del consumo, vale a dire la sua ordinarietà, il suo essere radicato nella quotidianità (sassatelli 2006: 380)16.
tra le questioni propriamente politiche, vi è il tema della sostenibilità del-le scelte di consumo e, quindi, dell’intero modello economico: la consapevo-lezza che le azioni dei singoli non sono neutre ma vanno comprese rispetto ai propri effetti comporta che il consumatore-cittadino debba farsi carico delle conseguenze del suo agire. in un sistema dominato dalla logica della mer-cificazione e del profitto, solo comportamenti che intacchino tale logica (ad esempio i boicottaggi o le campagne che agiscono sulla dimensione simbo-lica e della reputazione, sull’immagine, si pensi al movimento no-logo, agli eterogenei movimenti adbusters17 ecc.) possono avere degli effetti.
un altro modo di sottolineare la valenza politica delle varie forme di consumerismo è quella di considerarle come comportamenti che riflettono nuove sensibilità sociali innestate sulle fratture sociopolitiche caratteristi-che del mondo globalizzato. inoltre esse assumono valore, seppur nel lun-go periodo e in modo silenzioso, come input forniti dai cittadini agli attori della sfera pubblica (ceccarini 2008a: 130). siamo sempre in presenza di uno schema individualizzato, ma al contempo di portata collettiva18.
È evidente che si è di fronte a temi e repertori di pratiche19 che non neces-sariamente si pongono sullo stesso piano né costituiscono di per se stessi un
16 d’altro canto, questa dimensione quotidiana è parte della complessità del consumo respon-sabile e critico come formazione discorsiva o come frame interpretativo in grado di racchiude-re e racchiude-renderacchiude-re più omogenea una «nebulosa di pratiche ed iniziative spesso non sempracchiude-re coeracchiude-ren- coeren-ti» (sassatelli 2006: 380).
17 <http://www.adbusters.org/>. cfr. <http://ccce.com.washington.edu/index.html>: centre for communication and civic engagement, university of Washington.
18 sulla sostanziale continuità tra il consumerismo politico e le forme più convenzionali della partecipazione politica, intesa al massimo come estensione del repertorio delle pratiche, insi-ste strømsnes (2009).
19 l’azione collettiva individualizzata (micheletti 2003: 25-26), pur realizzandosi in un univer-so di senuniver-so collettivo richiede univer-soprattutto, se non esclusivamente, pratiche individuali. Questo riferimento si inserisce sia nel processo di globalizzazione che in quello di individualizzazio-ne (Beck 2000a; Beck, Beck-Gernsheim 2002; Giddens 1994; Bauman 2002a, 2002b), come stru-mento politico particolarmente adatto in un contesto di riflessività (si pensi al ruolo centrale dell’informazione). Questi comportamenti, attraverso alcune pratiche e determinate istanze, si inseriscono in una dimensione che è pienamente definibile come tardo moderna: richiamo alla lentezza, autenticità, qualità del tempo e della vita, differenziazione contro standardizza-zione, recupero delle produzioni locali e tradizionali; ma anche temi, potremmo dire, che agi-scono ad un livello maggiore di generalità: responsabilità sociale nell’economia, sostenibilità ambientale, i movimenti per la decrescita.
paradigma omogeneo, alternativo ai modelli di consumo più diffusi e al qua-le ricondurre la totalità delqua-le esperienze di cui qui si discute. tuttavia, sem-bra rintracciabile una comune impronta, una galassia di riferimenti e fonti di significato che rappresenta un minimo comune denominatore per atteg-giamenti ‘critici’ nei confronti del modello dominante. e l’elemento politico di tali riferimenti è rintracciabile già nella semplice tendenza ad immaginare una visione del mondo futuro e poi ad impegnarsi per costruirlo, in questo caso, mettendo al centro dell’agire politico la sfera del quotidiano.
l’aspetto innovativo, da un punto di vista politico, riguarda in primo luogo gli spazi di tale impegno, non riconosciuti tradizionalmente come spazi di dialettica politica: bottega/supermercato, sfera personale, stili di consumo (ceccarini 2008a)20.
il consumerismo rappresenta un universo significativo da un punto di vista politico anche in virtù della possibilità di riconoscimento identitario offerto dall’aggregazione che necessariamente viene a crearsi tra i consu-meristi. torna, in questo senso, utile la classica distinzione weberiana tra un agire (in questo caso politico) rispetto allo scopo e un agire rispetto ai mezzi. pur in presenza di azioni sostanzialmente individuali, non necessa-riamente esse sono ‘individualizzanti’ in quanto il conferimento di senso è palesemente riferito alla dimensione collettiva.
il consumerismo politico è poi parte delle altre dimensioni principali, ol-tre al voto, dell’attivismo nelle democrazie rappresentative. È così possibile stilare una tipologia che, richiamando i lavori di norris (1999), articoli il parallelo tra gli stili di consumo critico e le differenti forme di partecipazio-ne - anche se implicita, ci sembra qui evidente la dimensiopartecipazio-ne comunicativa e discorsiva di tali pratiche - a disposizione del cittadino: Campaign-oriented (consumo critico come dimensione di partecipazione parallela alle iniziati-ve dei partiti, soprattutto in campagna elettorale); civic-oriented (il consumo critico richiama i principi del capitale sociale e dell’impegno volontario e associativo); cause-oriented (su specifiche issues, ricorrendo alla protesta op-pure investendo su questo fine gli stili di vita e di consumo).
seguendo per comodità ancora il lavoro di ceccarini (2008a), è possi-bile riassumere alcune delle maggiori evidenze proposte sia dai percorsi empirici fin qui intrapresi, sia, più in generale, dall’esame della letteratura.
innanzitutto, per i consumeristi, la politica costituisce una risorsa di senso importante; lo scenario di riferimento è la stretta connessione su scala glo-bale di politica ed economia e i relativi e conseguenti problemi di giusti-zia sociale e di deprivazione, ad esempio nel sud del mondo: il mercato è quindi un’arena in cui impegnarsi per modificare questo scenario in cui la controparte è rappresentata dalle multinazionali. la politica e i politici sono
20 anche questo tema dell’ampliamento delle arene di azione pone non pochi problemi in termini di inquadramento concettuale di queste forme di partecipazione, in riferimento alla perdita del suo tratto ‘territoriale’. cfr. ceccarini 2008a: 140-141.
guardati con diffidenza ma anche con molte aspettative, l’apatia infatti non è l’unica forma di risposta al disincanto rispetto alla politica ‘istituzionalizza-ta’. riguardo al caso italiano e ai suoi cleavages tradizionali, si è in presenza di una comune impronta solidarista ma dalle differenti sfumature: antago-nista e di denuncia per la sinistra e riferibile ad un «umanitarismo silenzio-so, ma non dimesso» (ceccarini 2008a: 90; cfr. anche il paragrafo successivo) per l’area cattolica. la natura del coinvolgimento è rappresentata da piccole azioni quotidiane che formano un impegno individualizzato ma orientato alla dimensione pubblica. anche se le implicazioni etiche appaiono più ma-nifeste di quelle politiche, il consumerismo apre spazi ad una politica ‘dif-fusa’, un impegno dal basso e molecolare cui è riconosciuta un’alta valenza simbolica, sia per sé sia in un’ottica di proiezione discorsiva verso l’esterno.