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La Tv che (non) fa male

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 29-32)

resta da considerare l’aspetto di popolarizzazione della politica (cfr.

anche il cap. 2 del presente volume). mazzoleni e sfardini (2009) si impe-gnano in un’opera di sistematizzazione delle caratteristiche della

politi-ca pop a partire dalle intuizioni di Van zoonen (2005), che distingue la presentazione in chiave pop della politica dall’uso di codici pop da parte degli attori politici che si esibiscono sul palcoscenico mediale. Gli esem-pi sono numerosissimi e vanno dalla celebre puntata di Porta a Porta del 1997, in cui massimo d’alema svelò la ricetta del suo risotto ai funghi, alla vittoria del reality L’isola dei famosi, edizione 2008, da parte dell’ex parlamentare di rifondazione comunista Vladimir luxuria. più interes-sante l’analisi della mutazione dei formati televisivi in quella che gli au-tori chiamano l’era dell’infotainment 3.0 (mazzoleni, sfardini 2009: 51-53), individuando tre logiche di attraversamento dei confini tra informazione e intrattenimento: l’investimento di un’intera trasmissione ‘leggera’ dal-la finalità informativa (è il caso di Striscia dal-la notizia), dal-la contaminazione limitata ad alcuni segmenti di una trasmissione altrimenti ‘hard’ (la co-pertina di Ballarò, ad esempio), il sostanziarsi di una funzione watchdog nel volto del comico o dell’uomo di spettacolo. Quest’ultimo fenomeno sembra essere il più interessante, anche in funzione del fatto che molto è stato scritto sulla necessità dell’uomo politico di ‘farsi soubrette’, ma non altrettanto si è riflettuto sulla capacità delle ‘soubrette’, in un’accezione ampia del termine, di farsi attori politici.

imitando i meccanismi vincenti della soap opera o del talk show ‘inti-mista’, l’uomo politico mostra in tv le sue qualità personali, ‘autentiche’, cercando di legittimarsi secondo i canoni della notorietà […]. il passaggio del medesimo personaggio dal mondo dell’entertainment a quello politico, viceversa, si svolge senza soluzione di continuità, producendo la ridefini-zione della politica come mestiere, non certo vocaridefini-zione, alternativo ad altri ugualmente intrecciati con la dimensione della celebrità. il politainment, in questo caso, diviene più che una chiave interpretativa della realtà politica, un’autentica strategia (ivi: 78-79).

il meccanismo per cui alessandra mussolini si fa giurata del reality La pupa e il secchione è ormai noto, più interessante è valutare il possibile ef-fetto del politico corrotto cetto laQualunque, personaggio comico di Che tempo che fa interpretato da antonio albanese, sulle idee della politica. la rilevanza di simili ‘messe in scena’ è resa da un lato attraverso l’ampia let-teratura (shudson 1998; zaller 2003; Van zoonen 2005; ma si potrebbero aggiungere i già citati studi di morris e Forgette) circa l’importanza di una nuova forma di «cittadinanza sottile», giocata su una scarsa esposizione al flusso informativo delle hard news e sulla formazione di un «cittadino monitorante», che guardi alla politica con occhio svagato ma sia in gra-do di dimostrarsi vigile su specifiche issues che ritenga rilevanti. dall’altro, dall’aggiornamento di una ricerca empirica già proposta dai due autori (mazzoleni, sfardini 2007), volta ad analizzare la percezione del pubblico e la funzione informativa dei programmi di infotainment nella campagna elettorale per le politiche 2006 avvalendosi della tecnica qualitativa di

ri-cerca dei focus group. il modello costruito dai due autori considera come variabili caratterizzanti i binomi informazione-intrattenimento (sul versan-te dei conversan-tenuti) e alta-bassa conflittualità (sul versanversan-te dei registri stilisti-ci). attraverso la contrapposizione tra talk show e programmi informativi che ospitano il dibattito e il confronto tra i candidati e che costituiscono il teatro ufficiale dell’informazione politica, in una parola programmi di hard news (Porta a Porta, Matrix, L’Infedele, Otto e mezzo, Ballarò), e dall’altro varie-tà, programmi comici e programmi contenitore, in una parola programmi di soft news (Le Iene, Striscia la notizia, Zelig, Che tempo che fa, C’è posta per te, Unomattina), questi ultimi si confermano nel loro ruolo di risorsa cogniti-va alternaticogniti-va o aggiunticogniti-va all’informazione hard, particolarmente prezio-sa nella fase di ‘pre-campagna’, in cui ancora non agisce quel processo di attivazione dell’attenzione che incrementa l’interesse per le hard news.

sembrano inoltre rappresentare un’importante risorsa discorsiva all’inter-no delle reti sociali, fornendo validi stimoli di discussione politica. i risul-tati dei focus group rivelano la condivisione di una retorica della cattiva informazione televisiva; un ruolo decisivo della televisione nel trasformare la politica, sia in senso positivo (familiarizzazione dello spettatore con i contenuti politici, acquisizione di uno stile comunicativo di maggior im-patto da parte dei politici), sia in senso negativo (perdita di spontaneità e propensione ad affermazioni insincere). la ‘via italiana’ all’infotainment sembra dunque nutrirsi di figure carismatiche del mondo dello spettacolo che si dimostrano in grado di conquistare facilmente l’identità di watch-dog, assumendo l’autorevolezza di commentare e criticare la politica ‘nobi-litando’ in qualche misura il genere dell’infotainment; ma questo processo, certamente virtuoso nei termini della diffusione di informazioni ed opi-nioni sulla politica, non sembra influire positivamente sulla formazione di una cittadinanza monitorante. l’equivalente individuato dagli auto-ri (mazzoleni, sfardini 2009: 124-125) è piuttosto uno spettatore-cittadino

‘onnivoro’, non completamente disinteressato alla politica ma che guarda ad essa con disincanto e distacco, che percepisce la sua efficacia politica (segatti, Vezzoni 2007) nei termini di un distacco meno drammatico ri-spetto allo spettatore ‘leggero’, che si ‘nutre’ di intrattenimento ‘puro’ ed espunge per quanto possibile l’informazione, anche quella soft, dalla sua dieta mediale. ma la cui visione della politica, coltivata da un politainment improntato al castigat ridendo mores, è lecito supporre alimenti quei sen-timenti autenticamente negativi (Biorcio 2007) che sanciscono in maniera sempre più decisa l’allontanamento degli italiani dalle faccende legate alla manutenzione della res publica.

Facebook & Co. Appunti per una ricerca sui networked publics della comunicazione politica

2.1 I Social Network Sites. Tra impressionismi e strumenti concettuali

Nel documento strumenti per la didattica e la ricerca (pagine 29-32)

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