• Non ci sono risultati.

B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

IV.1 Caratteri dell’anticomunismo della Spes

Nel novembre del 1954, l'avvocato Antonio Giuliani invia a Tupini alcuni suggerimenti per un fascicolo e un manifesto di contenuto anticomunista con preghiera di inoltrarli a Rumor, che non conosce direttamente. Il fascicolo vuol essere un'inchiesta sulla morfinomania e sull'omosessualità

138

diffuse nel Pci, mentre il manifesto intende denunciare un esperimento sovietico segreto finalizzato alla riproduzione umana in laboratorio151. La proposta di Giuliani, il cui tenore improntato alla

delegittimazione scandalistica dell’avversario risulta più affine agli orientamenti dei Comitati civici152, è destinata a cadere nel vuoto. Sebbene non si possa dire che la Spes non indulga, a sua volta, nel sensazionalismo, questo viene però graduato a seconda delle necessità di una retorica anticomunista che prevede tre sostanziali livelli. Un primo livello internazionale, fondato su una rappresentazione totalmente negativa dell'Unione Sovietica e della sua sfera d'influenza; un secondo livello nazionale, che ha come bersaglio polemico il Partito comunista italiano e i suoi dirigenti; un terzo livello, anch'esso nazionale, teso però a intercettare il favore dell'elettorato popolare di sinistra, riconoscendone, da un lato, le rivendicazioni sociali ma ponendolo di fronte, dall'altro, alle contraddizioni della realtà comunista. Delineata per sommi capi da Tupini già in una seduta del Consiglio nazionale del 1949153, questa ripartizione assume i connotati di vere e proprie linee guida che vengono rispettate nel corso degli anni.

Un valido compendio delle sfumature dell'anticomunismo della Spes è costituito dal primo cortometraggio prodotto dalla struttura dossettiana nel 1950. Accadde a Sopradisotto154, evoca atmosfere familiari agli estimatori del Mondo piccolo di Giovanni Guareschi, benché ambientato in un'angusta valle appenninica anziché nella Bassa padana: nel piccolo comune immaginario del titolo, il Partito Ultra Progressista (scoperta parodia del Partito comunista) ha vinto le elezioni e i residenti, in larga maggioranza umili agricoltori, nutrono grandi aspettative per la risoluzione dei problemi che affliggono la loro comunità. La nuova giunta, tuttavia, non sembra avere intenzione alcuna di farsi carico degli oneri amministrativi, indugiando in estenuanti quanto inconcludenti riunioni. Si viene ben presto a creare una situazione di stallo che paralizza perfino la più ordinaria amministrazione, come impara a proprie spese una famiglia contadina che, per tutta la durata del mandato ultra- progressista, tenta ripetutamente di far registrare all'anagrafe la figlia appena nata, senza mai riuscirci. A discapito del crescente malcontento popolare, la giunta preferisce dedicarsi ad altre priorità, quale il lancio di una petizione per la pace nel mondo, e così un malcapitato messo comunale viene inviato a raccogliere le firme presso gli abitanti del paese, rimediando, però, soltanto risoluti dinieghi. Esasperata per la perdurante mancanza di prospettive, la popolazione decide di occupare alcune terre

151 ASR, Fondo Mariano Rumor, Lettera di Antonio Giuliani (5 aprile 1954), Corrispondenza con senatori e deputati

(serie IV.I), b. 336, f. 30.

152 La pratica della delegittimazione dell’avversario è opzione adottata anche dalle altre forze politiche. Per una lettura

delle forme che assume nella battaglia ideologica dei primi anni del secondo dopoguerra, si rinvia a S. Cavazza,

Delegittimazioni nelle transizioni di regime: la Repubblica di Weimar e l’Italia del secondo dopoguerra, in F.

Cammarano – S. Cavazza (a cura di), Il nemico in politica. La delegittimazione dell’avversario nell’Europa

contemporanea, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 217-227.

153 ASILS, Fondo Consiglio nazionale, Seduta del 13 luglio 1949, sc. 6, f. 7. 154 ASILS, Fondo audiovisivo, Accadde a Sopradisotto, Spes, 1950, 13', b/n.

139

incolte, invece di attendere i provvedimenti a cui sta lavorando il governo, e per di più viene irresponsabilmente incoraggiata a intraprendere questa via dal sindaco ultra-progressista. Solo il fermo intervento dei carabinieri ristabilisce l'ordine pubblico con l'arresto dei soggetti più turbolenti, fra i quali vi è il sarto del paese. Questi è un giovane di animo generoso ma d'indole impulsiva che, a causa della miseria materiale in cui vive, si è lasciato irretire dagli slogan degli ultra-progressisti. Una volta rilasciato, per merito della moglie che riesce a intercedere presso il maresciallo dei carabinieri, il sarto dà prova di imparare rapidamente dagli errori compiuti e dichiara pubblicamente la sua volontà di non lasciarsi mai più coinvolgere in simili tumulti. Nel frattempo, del tutto incurante dello sfacelo economico e sociale in cui ha precipitato Sopradisotto, la giunta ultra-progressista ha un'unica preoccupazione: occultare in un luogo sicuro, prima della prevista visita del prefetto, l'arsenale che custodisce illegalmente. Gli ultra-progressisti inscenano così il finto funerale di un “martire della pace”, sennonché, durante la processione verso il cimitero, la bara si rovescia a terra e ne fuoriescono le armi precedentemente stipate. I facinorosi vengono infine consegnati alla giustizia e il cortometraggio si chiude con una didascalia relativa ai reati di ogni genere compiuti dagli amministratori di sinistra negli ultimi anni.

Il sindaco della giunta “ultra-progressista” è una caricatura del tipico esponente comunista in un contesto rurale, una sorta di Peppone altrettanto corpulento ma più rude e subdolo. Il sarto è, d'altra parte, un uomo del popolo che infrange le leggi a causa della sobillazione dei comunisti, ma il suo repentino ravvedimento è tutto teso a dimostrare che i soggetti come lui sono recuperabili alla democrazia, purché si sappia ascoltarne le istanze. Non è un caso che, sul piano visivo, egli e sua moglie vengano rappresentati come due giovani di bell'aspetto per i quali è facile provare empatia, indice del rispetto che viene riconosciuto alla loro persona. La minaccia sovietica rimane qui sullo sfondo, ma è del tutto evidente come l'Urss sia l'entità straniera che ispira le iniziative apparentemente encomiabili della giunta ultra-progressista e che, segretamente, rifornisce di armamenti gli amministratori mettendo in serio pericolo la sicurezza nazionale. Sia la raccolta di firme che il finto funerale alludono, infatti, ai Partigiani della Pace, un movimento internazionale che, richiamandosi ai valori della Resistenza e dell'antifascismo, si riunisce nell'aprile del 1949 a Parigi, in un congresso cui partecipano numerosi intellettuali ed esponenti di associazioni e partiti di sinistra contrari a ogni ipotesi di risoluzione militare dei conflitti fra le due superpotenze, nel timore della riproposizione di una guerra su scala globale155. Ancorché la diretta influenza di Mosca venga dimostrata da documenti resi pubblici solo in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, la Democrazia cristiana guarda

155 Per una ricostruzione dell'esperienza del movimento si veda R. Giacomini, I Partigiani della Pace. Il movimento

pacifista in Italia e nel mondo negli anni della prima guerra fredda, Milano, Vangelista, 1984; S. Cerrai, I partigiani della pace in Italia. Tra utopia e sogno egemonico, Limena, Libreriauniversitaria.it, 2011.

140

con sospetto al movimento, anche in ragione dell'evidente egemonia esercitata dal Partito comunista sulla sezione italiana156 (già nel 1949 la Spes ne aveva preso di mira la subalternità all'Unione Sovietica: nel manifesto «Partigiani della pace... eterna!», in cui il riferimento all'organizzazione è limitato allo slogan, il disappunto sovietico per la ratifica del Patto Atlantico è accostato a una tabella relativa ai depositi clandestini di armi rinvenuti in Italia fra il 1946 e il 1949157).

Concepito per rispondere all'interrogativo (retorico) su cosa accadrebbe se i comunisti dovessero giungere al potere, Accadde a Sopradisotto viene diffuso in occasione delle elezioni amministrative parziali del 1950 e per questo privilegia la rappresentazione delle forme assunte dal comunismo in una dimensione locale, tuttavia non rinunciando a evocare la cornice internazionale entro cui quest'ultima si colloca. L'equilibrio tematico del cortometraggio costituisce un caso a sé stante, in seguito la Spes si concentra su un aspetto alla volta, senza mai, tuttavia, scinderlo completamente dagli altri (quel che risulterebbe peraltro arduo). La rappresentazione cupa della realtà comunista internazionale e del costante pericolo da essa costituito è preponderante nel primo periodo, per poi affievolirsi progressivamente nel secondo. Se nei manifesti prevalgono toni caricaturali o allegorici, nei giornali murali e nei cortometraggi si impone invece una maggior attenzione per la descrizione della situazione politica d'oltrecortina.

Con la sola eccezione di Tribuna politica158, un breve cortometraggio del 1964 dove si immaginano i leader sovietici impegnati in un fittizio confronto televisivo, la rappresentazione del comunismo internazionale ha per lo più toni gravi. Nel 1956, la Spes diffonde ben cinque documentari sulla situazione nell'Unione Sovietica, al suo interno e negli altri stati satelliti: Da Stalin a Krushev159, Tre

anni dopo160, Berlino 17 giugno – Resoconto dell'insurrezione operaia per la libertà161, Lunedì di

Pasqua162e L'ora della verità163. Tutti questi documentari hanno un taglio di attualità e in nessuno di essi viene fatto riferimento diretto alla Democrazia cristiana, se non nei titoli di testa che riportano i crediti. Senza dubbio, in questa abbondanza produttiva influisce il “rapporto segreto” sui crimini dello stalinismo letto da Chruscev, in febbraio, al XX Congresso del PCUS e reso di pubblico dominio a giugno da un articolo del «New York Times». La rivelazione, che dà avvio al processo di destalinizzazione, non solo coglie di sorpresa gli esponenti del comunismo internazionale e ha un’eco molto forte nel dibattito pubblico, ma fomenta anche sfortunati episodi di ribellione come a Poznàn,

156 S. Cerrai, op. cit., pp. 19-45.

157 ASILS, Fondo Manifesti, Partigiani della pace... eterna!, 1949

158 ASILS, Fondo Audiovisivi, Tribuna politica, Spes, 1964, 5', colore, 16 mm. 159 ASILS, Fondo Audiovisivi, Da Stalin a Krushev, Spes, 1956, 25'05'', b/n, 16 mm. 160 ASILS, Fondo Audiovisivi, Tre anni dopo, Spes,1956, 10', b/n, 16 mm.

161ASILS, Fondo Audiovisivi, Berlino 17 giugno – Resoconto dell'insurrezione operaia per la libertà, Spes 1956, 10'53'',

b/n, 16 mm.

162 ASILS Fondo Audiovisivi, Lunedì di Pasqua, Spes, 1956, 10'49'', b/n, 16 mm. 163 ASILS, Fondo Audiovisivi, L'ora della verità, Spes, 1956, 8'40'', b/n.

141

in Polonia164. Non sorprende, dunque, l'intenzione della Spes di inserirsi con la sua propaganda in questo vasto dibattito internazionale, nel tentativo di evidenziarne contraddizioni e reticenze. Il culto della personalità di Stalin e la sua successiva messa in discussione a seguito delle rivelazioni di Chruscev sono al centro de Da Stalin a Krushev e Tre anni dopo (che costituisce una versione ridotta del primo). Entrambi i documentari si aprono con le immagini dello sgomento che coglie il mondo comunista internazionale alla notizia della morte del leader sovietico: in Italia, il cordoglio occupa le prime pagine dei quotidiani «L'Unità» e «L'Avanti» e, a Roma, una delegazione di cittadini comunisti partecipa a una veglia funebre presso l'ambasciata russa. Qualche anno dopo, in un cinema viene proiettato una ricostruzione del XX congresso e, sulla scorta della lettura del rapporto di Chruscev, viene ripercorsa la parabola staliniana dalla Rivoluzione d'ottobre al secondo dopoguerra, mettendone in luce le politiche persecutorie e le vessazioni inflitte alle popolazioni rurali. La condanna espressa dal nuovo leader sovietico nei confronti del suo predecessore è senza appello, tuttavia, alla fine della proiezione tre spettatori si domandano se in Unione Sovietica siano davvero cambiate le cose da quando Chruscev ne è alla guida. Nelle successive immagini della repressione della rivolta di Poznàn, con cui si conclude il documentario, giunge una risposta inesorabilmente negativa al loro interrogativo.

Berlino 17 giugno e Lunedì di Pasqua gettano, invece, uno sguardo ristretto alla sola Repubblica Democratica Tedesca. Il primo documentario, attingendo a materiali di repertorio, ricostruisce didascalicamente le dinamiche dell'insurrezione operaia avvenuta nella zona orientale della città in segno di protesta per l'innalzamento delle quote lavorative del 10% senza conseguente aumento del salario165. Più interessante, invece, Lunedì di Pasqua, dove sono messi a confronto gli stili di vita dei Paesi occidentali e orientali evidenziando come siano determinati dai rispettivi sistemi politici. Il documentario compie un excursus attraverso l'Europa occidentale per mostrare come il tradizionale picnic post-pasquale venga trascorso nelle varie nazioni, nelle quali i cittadini, pur legati a differenti tradizioni, beneficiano delle stesse libertà civili e religiose. A queste immagini idilliache si contrappongono quelle plumbee provenienti invece dalla Germania Orientale, che mostrano cittadini attoniti costretti ad assistere ad estenuanti parate militari per l'intera durata del giorno. La critica al comunismo, in questo caso, più che per la denuncia passa attraverso l'esaltazione dei consumi e del tempo libero, visti come prerogative occidentali.

A completare questa panoramica internazionale è, infine, L'ora della verità. Suddiviso in vari episodi autonomi, il documentario raccoglie una serie di testimonianze sulle persecuzioni messe in

164 S. Pons, La rivoluzione globale. Storia del comunismo internazionale 1917-1991, Torino, Einaudi, 2012.

165 R. Millington, States, Societies and Memories of the Uprising of the 17 June 1953 in the GDR, Londra, Palgrave

142

atto dal comunismo mondiale. La scansione dei capitoli riflette il progressivo percorso da est a ovest che viene compiuto nel cortometraggio, dalle sequenze iniziali di profughi indocinesi in fuga a quelle finali ambientate nelle campagne calabresi. All'Italia è infatti attribuito un grande rilievo, venendo indicata quale rifugio accogliente e sicuro per gli esuli cinesi e ungheresi sfuggiti alle rispettive dittature. Un'analoga prospettiva comparata si ritrova, due anni dopo, in Una storia da ricordare166, che propone una schematica contrapposizione fra il dopoguerra italiano e quello est-europeo. L'anticomunismo viene così a coincidere, qui più che altrove, con il dispositivo narrativo congegnato dalla Spes al fine di legittimare l'imprescindibilità della Democrazia cristiana per le sorti nazionali. Nelle fasi più surriscaldate della Guerra fredda, la minaccia sovietica può acquisire un peso preponderante anche nelle contese locali. È questo il caso, ad esempio, delle elezioni comunali romane del 1952. La circostanza è particolare: la scelta dei social-comunisti di candidare a sindaco Francesco Saverio Nitti, anziano esponente del Partito radicale che prima del fascismo ha retto diversi dicasteri ed è stato Presidente del Consiglio, acuisce le difficoltà che la Democrazia cristiana sta in quel momento affrontando nel trovare un accordo per la formazione di una lista elettorale con i partiti laici. L'autorevolezza di Nitti rende infatti verosimile l'eventualità di una conquista del Campidoglio da parte del «Blocco del Popolo», destando allarme in seno alla Santa Sede, da cui iniziano a provenire pressioni affinché la Democrazia cristiana trovi un'intesa elettorale anche con i partiti della destra, se necessario. Ciò determina un dissidio fra De Gasperi, da un lato, e il Vaticano e il mondo cattolico conservatore, dall'altro. Nell'ottica della Chiesa, la ricerca di un’intesa con la destra ha solo un fine strumentale, motivato dalla volontà di rivitalizzare lo spirito da crociata del 1948 per arginare il comunismo. Il segretario trentino è però poco propenso a intraprendere apparentamenti con forze politiche di destra estrema, nel timore che possa compromettere il rapporto della Democrazia cristiana con i partiti laici moderati e comportare future ripercussioni nell’alleanza con essi; nondimeno, su pressione della Santa Sede – cui si aggiunge anche quella dei Comitati di Gedda – avvalla il tentativo di Sturzo di trovare più ampie intese elettorali. La cosiddetta “operazione Sturzo”, infine, non va in porto, e la Democrazia cristiana riesce a uscire dall'impasse grazie alla formazione del «Fronte economico commerciale» insieme a social-democratici, repubblicani e liberali167. Al netto delle frizioni fra Vaticano e partito cattolico che caratterizzano la fase pre-elettorale, le apprensioni anticomuniste della gerarchia ecclesiastica trovano ampio spazio all'interno della propaganda della Spes: il Municipio di Roma assurge a ultimo baluardo dell'Occidente, un presidio che va ad ogni costo difeso poiché la sua caduta in mano comunista altro non sarebbe che la testa di ponte di un'invasione

166 ASILS, Fondo Audiovisivi, Una storia da ricordare, Spes, 1958, 16', b/n, 16 mm.

167 F. Malgeri, Storia della Democrazia cristiana. De Gasperi e gli anni del centrismo (1948-1954), Roma, Cinque Lune,

143

sovietica. Perché questo non avvenga! è il monito in forma di slogan che campeggia su due manifesti che prefigurano i cupi scenari di una eventuale vittoria comunista: nel primo168, una grigia parata procede incolonnata dall'Arco di Costantino recando cartelloni con l'icona di Stalin; nel secondo169, una turba di comunisti col fazzoletto rosso al collo dà l'assalto al Campidoglio, sul cui tetto è già stata issata una bandiera rossa. Dal confronto fra questi due manifesti emerge, inoltre, un ulteriore aspetto degno di attenzione: l'asservimento dei cittadini irreggimentati sotto l'egida staliniana è reso figurativamente tramite profili anonimi e pressoché indistinguibili, mentre i comunisti che premono sotto il Campidoglio sono biondi e massicci e nei tratti somatici evocano popoli est-europei. Un modo per rimarcare, una volta in più, come il comunismo sia estraneo alla società italiana e come questa non possa che uscirne avvilita da una sua dominazione.

Sul declinare degli anni cinquanta l'interesse per la denuncia del comunismo internazionale cala, anche per effetto di una temporanea distensione fra i blocchi. Nel 1960 esce l'ultimo documentario della Spes relativo alla minaccia del comunismo internazionale: Distensione sì, comunismo no170, pur salutando favorevolmente il nuovo corso nelle relazioni internazionali, ribadisce senza mezzi termini come l'anticomunismo sia e rimanga il presupposto della politica interna e estera. E ogni qual volta l'equilibrio garantito dal clima di distensione è sul punto di incrinarsi, la Spes è pronta a rispondere e a rinfocolare il sentimento, come dimostrano, ad esempio, i manifesti contro i test nucleari sovietici del 1961171 e, nel 1968, contro l'invasione della Cecoslovacchia172 (paragonata a quella nazista del 1939).

In ultima analisi, va ricordato come la rappresentazione dell'Urss quale regime esiziale e menzognero possa passare anche attraverso un registro comico (sebbene sia utilizzato con più frequenza nei confronti dei comunisti italiani). Una sintesi particolarmente efficace di toni farseschi e macabri è presente in un manifesto173 del 1957, raffigurante i membri del Pcus intenti a spingersi l'un l'altro fra le rotelle di un gigantesco ingranaggio stritolatore, che poggia su un sinistro cumulo di ossa costituito dagli scheletri dei loro predecessori. È invece un vero e proprio pezzo satirico il già citato Tribuna politica (1964), nel quale Stalin e altri dirigenti sovietici prendono parte a un confronto televisivo. Stalin, qui presentato come una maschera sinistra e grottesca, non si fa scrupolo alcuno a rivendicare alla stregua di un provvedimento dovuto l'eliminazione fisica dei suoi avversari e si diverte a terrorizzare il pubblico presente in studio con allusioni mortifere. Dopo il suo intervento, è la volta di Malenkow, poi Chruscev e infine Breznev, che altro non fanno se non contraddirsi

168 ASILS, Fondo Manifesti, Se vincesse Nitti questo avverrebbe a Roma, 1952. 169 ASILS, Fondo Manifesti, Perché questo non avvenga!, 1952.

170 ASILS, Fondo Audiovisivi, Distensione sì, comunismo no, Spes, 1960, 17', b/n, 16mm. 171 ASILS, Fondo Audiovisivi, L’Urss ha fatto esplodere la Superbomba, 1960.

172 ASILS, Fondo Audiovisivi, Si ripete la barbara e feroce aggressione alla libertà della Cecoslovacchia, 1968. 173 ASILS, Fondo Manifesti, L’ingranaggio, 1957.

144

vicendevolmente.

La propaganda contro i comunisti italiani, oltre a situarsi in maniera più trasversale alle due fasi, segue due percorsi: quando è rivolta contro membri del Partito comunista, ne enfatizza la natura di nemici interni alla dipendenza alle direttive sovietiche, collocandoli idealmente al di fuori della sfera nazionale, dalla quale vanno espulsi come corpi estranei174; quando cerca di dialogare con l'elettorato di sinistra, presenta invece l'immagine più conciliante del “comunista in buona fede” che può e deve essere “redento” recuperato alla comunità nazionale175.

Se il bersaglio della propaganda è il Partito comunista o un suo esponente, non ci sono remore a percorrere la via della delegittimazione dell’avversario e assai frequente è il ricorso allo sberleffo. A farne le spese, è soprattutto Palmiro Togliatti che viene ripetutamente ridotto a caricatura nei manifesti e nei cortometraggi. In questo caso non vi è alcuna concessione alle ragioni, seppur frutto di travisamento, della controparte, poiché occorre smascherare consapevoli mistificazioni. Belle ma false176 è il titolo di un cortometraggio animato del 1958 che allude alle parole di Togliatti e dei

politici comunisti in generale, ai quali viene riconosciuto un indubbio talento oratorio fatalmente messo al servizio di una causa iniqua. In apertura, ecco l'arrivo in Italia, a bordo di una slitta sovrastata da una massiccia falce e martello, di un caricaturale Togliatti con tanto di colbacco dell'Armata Rossa sul capo, a significarne la sudditanza politica nei confronti del colosso sovietico. Giunto nella piazza di una tipica città italiana, Togliatti si erge su una statua di Garibaldi e, una volta attirata l'attenzione degli astanti, salta su un palco nel frattempo allestito ai piedi del monumento, e saluta la folla al grido di «Viva la Russia!». Ha così inizio un comizio nel quale, con un marcato quanto buffo accento russo,