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B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

II.5 Fra rinnovamento e continuità

Nella campagna elettorale del 1963, la Spes sospende temporaneamente la manovra di avvicinamento al centro-sinistra che ha cautamente avviato sotto il quarto governo Fanfani. Ogni riferimento a una possibile intesa con una forza politica quale il Psi, pure presente nella propaganda dell’anno precedente, sparisce completamente. Il focus è ricondotto esclusivamente sul partito cattolico, unica assicurazione di progresso e stabilità. «Avanti con la DC!» è, non a caso, l’incitamento presente su un manifesto69 nel quale una freccia bianca, contrassegnata dal simbolo democristiano, indica una direzione che non sembra contemplare bivi, né a destra né a sinistra. E la medesima via viene percorsa, a cavallo di due decenni ed evitando molteplici insidie, dal protagonista del breve corto d’animazione intitolato Traguardo70.

Oltre che tranquillizzare gli elettori sulla natura moderata e prudente del partito cattolico, la Spes si prodiga anche a idealizzarne la peculiare modernità e aderenza allo spirito dei tempi. Ciò è però dovuto a un input esterno alla struttura. Come reso pubblico da un'inchiesta pubblicata sul quotidiano comunista «Paese sera», la Dc decide di avvalersi della consulenza di Ernest Dichter – psicologo americano noto per i suoi studi sul marketing e sull'opinione pubblica – nell'impostazione della campagna elettorale. Per la realtà italiana dell'epoca, ciò costituisce un caso senza alcun precedente e da cui traspare, indubbiamente, la volontà di trovare un approccio innovativo alla comunicazione politica. La notizia viene confermata, dopo qualche esitazione, dai vertici del partito cattolico che altresì si premurano di ridimensionare l'apporto dell'esperto statunitense. Nondimeno, anche per via del riserbo con la quale la Spes impronta la propria collaborazione con Dichter, la sua rivelazione sulle

68 ASILS, Fondo Audiovisivi, Cinegiornale siciliano, Spes, 1959, 9’30’’, b/n, 16 mm. 69 ASILS, Fondo Manifesti, Avanti con la DC!, 1963.

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pagine del quotidiano comunista inasprisce il confronto elettorale, senza risparmiare alla Democrazia cristiana accuse di scorrettezza e di voler plagiare gli elettori anziché persuaderli con argomentazioni convincenti71. Sorvolando sulla polemica correlata, è qui interessante notare come, fra le diverse criticità individuate da Dichter nell'immagine del partito e nella sua percezione pubblica, la dirigenza della Spes sia soprattutto colpita da quella relativa all'accentuata sensazione di vetustà suscitata nell'elettorato. Si fa quindi pressante l'esigenza di rinvigorire l'immagine inevitabilmente consunta della forza politica che detiene ininterrottamente il potere dal dopoguerra, senza tuttavia rinunciare a ricordarne i meriti storici.

L'auspicata operazione di rinnovamento viene a coincidere con la ricorrenza del ventennale della fondazione del partito, anniversario per il quale la Spes ventila ipotesi di sfruttamento elettorale già alla fine del 196272. Se, in un primo tempo, l'intenzione è quella di mettere in primo piano il ventesimo anniversario della diffusione delle Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, pubblicate clandestinamente da De Gasperi (con lo pseudonimo di Demofilo) nel 1943 e annoverate fra i testi fondativi del partito73, alla luce delle considerazioni di Dichter questa opzione non può non apparire eccessivamente paludata e va quindi soggetta a un ripensamento, il cui esito è sintetizzato – ad opera del grafico genovese Alfredo Lalia – in uno dei manifesti della Democrazia cristiana più celebri e discussi74. Su uno sfondo blu intenso, una graziosa fanciulla bionda – forse una giovane sposa, a giudicare dagli indumenti rigorosamente bianchi – rivolge un sorriso radioso e virginale, reggendo in mano un mazzo di fiori di campo. Sotto l'immagine, una scritta annuncia a caratteri cubitali che «La DC ha 20 anni», mentre, sul lato sinistro, una didascalia informa che ricorre anche il ventesimo anniversario delle Idee ricostruttive. Come si può notare, anche nella disposizione sullo spazio del manifesto il riferimento storico passa in secondo piano rispetto alla rivendicazione della giovinezza anagrafica del partito (ma non scompare, anche perché il culto degasperiano è nel frattempo divenuto uno degli elementi fondamentali della costruzione identitaria democristiana). Nel 1963 – questo è il messaggio – la Democrazia cristiana è una forza politica ancora giovane e, seppure indissolubilmente legata ai valori dei padri fondatori, è proiettata nel futuro ed è in sintonia con il sentire moderno. Dunque, può essere a buon diritto simbolizzata da una ventenne in procinto di entrare nell'età adulta e cogliere i frutti del benessere economico che si prospetta negli anni sessanta. Il sottinteso di ciò è che gli altri partiti appartengano invece al passato e scontino dunque un'irrimediabile inadeguatezza a interpretare i bisogni del presente.

Il richiamo, discreto, a De Gasperi e al suo scritto fondante di pari passo con l’accostamento a una

71 Vedi E. Novelli, Le campagne elettorali in Italia. Protagonisti, strumenti, teorie, Roma-Bari, Laterza, 2018, ebook. 72 ASILS, Fondo Segreteria politica, Sc. 113, f. 61, Circolare n. 2258-62 (17-SPES, 20 novembre 1962.

73 ASILS, Fondo Segreteria politica, Sc. 113, f. 61, Circolare n. 2263-62 (18-SPES, 21 novembre 1962. 74 ASILS, Fondo Manifesti, La DC ha 20 anni, 1963.

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figura femminile e giovanile sembrerebbe un'intuizione felice dal punto di vista simbolico. Nondimeno immagine e slogan si rivelano parzialmente deleteri, in quanto si prestano facilmente a essere ri- significati dalla propaganda avversaria (come puntualmente avviene). Lo stesso Ciccardini, che va annoverato fra gli ideatori, ha infatti ricordato come, in diverse occasioni, gli oppositori aggiungano al manifesto scritte ironiche contenenti allusioni sessuali, depotenziando così il suo impatto pubblico. Negli anni, inoltre, la femminilità idealizzata espressa nel manifesto si attira molteplici critiche, fra cui quelle assai note di Umberto Eco, che vi ravvisa un carattere indiscutibilmente sessista75. Malgrado ciò, non solo la Spes inserisce l'immagine anche in altri materiali di questa campagna elettorale ma la ripropone anche in futuro.

Una volta di più, con Anni felici76, la Spes ripropone il solito itinerario nella storia recente fra politica e costume che si apre con una veloce inquadratura del manifesto simbolo della campagna elettorale. Conformemente alla qualità di questo periodo richiamata nel titolo, però, se si esclude il solo ricordo della miseria del dopoguerra, questa volta non c'è spazio per le tensioni sociali che erano state accennate in precedenti documentari, né per la minaccia del comunismo, bensì solo per l'ininterrotto cammino verso la prosperità. L'enfasi sulla “gioventù” del partito viene rilanciata nel cortometraggio

Gli anni felici continueranno77, che congiunge al tema anche un estroso ma risoluto monito anticomunista. Questo breve film d'animazione – evidentemente ideato per fare da controcanto fiabesco ad Anni felici – si apre, sulle note dell'omonima canzone cantata da Wilma De Angelis, con il volo di una farfalla che traccia nel cielo la scritta «la Democrazia cristiana ha 20 anni», mentre una teoria di scudi crociati compone i petali di un fiore che si trasfigura poi nel sole. In questa cornice immaginifica si inserisce la favola allegorica di un passerotto che vive in un'amena vallata insieme ai suoi figli e che un giorno riceve la visita del Cavaliere di Falce e Martello. Presentandosi come un messo del Mago Cremlino, il cavaliere invita il passerotto a lasciare la valle, dove i suoi diritti di lavoratore sono totalmente disconosciuti, e a trasferirsi nel maniero del mago. Il passerotto cade nell'inganno del cavaliere e abbandona la sua famiglia per andare a vivere alla corte del Mago Cremlino. Ben presto si rende conto di quanto sia tetra la sua nuova dimora e di come sia impossibile per lui e per gli altri residenti volare in piena libertà, come era prima sua abitudine e diritto garantito. Rispondendo a una voce interiore fugge dal tetro maniero e fa ritorno al suo nido, ma il Cavaliere di Falce e Martello non si dà per vinto e lo riconduce indietro. Una girandola di fughe e successive catture si sussegue fino a che il castello rovina su sé stesso e il cavaliere rimane privo dell'armatura rivelando di essere nient'altro che un buffo omino indifeso. La morale dell'apologo, tracciata

75 U. Eco, La donna è nubile, in A. Sartogo (a cura di), Le donne al muro. L’immagine femminile nel manifesto politico

italiano 1945-1977, Roma, Savelli Samonà, 1977.

76 ASILS, Fondo Audiovisivi, Anni felici, Spes, 1963, 28’, b/n, 16mm.

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nuovamente nel cielo dalla farfalla in volo, è alquanto semplice: «il PCI è vecchio» (essendo stato fondato nel 1921) e per ciò stesso inadeguato a guidare un paese in profonda trasformazione come l'Italia.

C’è un’ambivalenza di fondo nell’immagine che la Spes cuce addosso alla Dc: per un verso viene enfatizzato il suo carattere di novità, per un altro il suo profilo viene storicizzato e fatto coincidere con quello della storia italiana dal dopoguerra in poi. Naturalmente, il punto non è tanto il rilievo di questa incoerenza interna quanto capirne la sua funzionalità. Un soggetto politico giovane e in sintonia con le aspirazioni del presente è senz’altro il candidato ideale a guidare l’Italia e ad affrontare le sfide che pone il futuro, fra le quali vi potrebbe essere anche quella, per ora sottaciuta, di un’apertura a sinistra. Al contempo, l’insistenza su una formula eccessivamente innovativa potrebbe però apparire come avventurismo e irresponsabilità agli occhi dell’elettorato più conservatore e moderato, e per allontanare ogni timore di instabilità e rammentare l’abilità con la quale la Dc domina la scena politica italiana non vi è modo migliore che fare appello alla sua storia (dopo averla opportunamente emendata degli aspetti più controversi). A tal proposito, oltre a ribadire a più riprese l’età anagrafica del partito la Spes si premura di ricordare come la presenza dei cattolici nella vita politica nazionale possa vantare un'origine più remota: il documentario Un partito democratico e

popolare78(1963) si incarica, per l’appunto, di inquadrare correttamente la Dc quale evoluzione del Partito popolare fondato da Don Sturzo nel 1919, ma nel suo excursus risale ancora più indietro. L'incipit richiama infatti alla memoria la disposizione Non expedit emessa da Pio IX nel 1874, con la quale il pontefice interdice ai cattolici la possibilità di partecipare alle elezioni politiche nel Regno d'Italia. Pur non mettendo ovviamente in discussione la decisione del pontefice, il documentario indugia a lungo sugli effetti negativi derivanti dalla forzata inazione politica cattolica nell'Italia post- unitaria. La classe dirigente dell'epoca, indipendentemente dal fatto che provenga dalle file della Destra o della Sinistra, è infatti presentata come sostanzialmente incapace di governare il paese e di coniugare la difesa dell'ordine costituito con il soddisfacimento delle minime aspirazioni sociali. Alternando nel montaggio illustrazioni e fotografie d'epoca a filmati rudimentali, il documentario reca un didascalico supporto alla sua tesi citando episodi quali la sanguinosa repressione dei moti di Milano a opera del generale Bava Beccaris oppure mostrando immagini di umili contadini in procinto di emigrare nel continente americano. I problemi generali non conoscono miglioramenti nel periodo giolittiano, seppure non manchino segnali di speranza, individuati nelle prime iniziative politiche e editoriali di Don Sturzo. All'indomani del primo conflitto mondiale, le tensioni che attraversano la società si acuiscono progressivamente. In questo clima esacerbato vi sono, però, sbocchi promettenti, come la fondazione della Confederazione italiana dei lavoratori e del Partito popolare (è infatti venuta

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meno, nel frattempo, la restrizione del Non expedit). Il documentario si sofferma a questo punto su due figure: Sturzo e Guido Miglioli. Il focus sul sacerdote calatino appare invero prevedibile, in quanto consente di ripercorrere tutte le fasi del partito antesignano della Democrazia cristiana. Meno scontata è, invece, la scelta di menzionare il sindacalista bianco Miglioli – rievocato nel ricordo commosso di un contadino che lo ha affiancato nelle sue lotte e omaggiato da un'inquadratura della sua lapide coperta di neve – ove si consideri il difficile rapporto che questi aveva intrattenuto, dapprima, con il Partito popolare e in seguito con la Democrazia cristiana (che ne aveva rifiutato l’iscrizione)79. È questo un dettaglio che forse può essere colto solo da una minoranza degli spettatori ma che, nell'economia del documentario, permette di dissimulare una cauta allusione al centro-sinistra oltre che avvalorare l’idea di una radicata sensibilità del cattolicesimo politico per le necessità delle classi popolari e per i diritti dei lavoratori. La parabola del fascismo – compendiata essenzialmente con un rapido stacco nel montaggio fra un'arringa di Mussolini a Piazza Venezia e la devastazione recata dai bombardamenti – occupa uno spazio limitato, inferiore a quello dedicato invece alla Resistenza e ai suoi caduti attraverso la sommessa lettura di alcuni brani delle ultime lettere di due partigiani condannati a morte80. La Democrazia cristiana, nuova forza politica sorta dalle ceneri del Partito popolare, è pienamente protagonista dell'epopea di riscatto nazionale che trae origine dalla Liberazione e si candida autorevolmente a guidare il paese nel dopoguerra. Come di consueto, la rinascita nazionale viene a coincidere con la leadership degasperiana, di cui sono riproposte una volta ancora le tappe fondamentali della sua azione politica sino al suo viaggio negli Stati Uniti nel 1947, fatto che sancisce la collocazione atlantica dell'Italia e l'espulsione dei social-comunisti dal governo. Il corto si conclude con l'accostamento simbolico delle icone di Don Sturzo e De Gasperi, esprimendo quindi la continuità di intenti presente nel movimento cattolico (a scapito delle divergenze intercorse fra i due politici di cui non rimane qui traccia).

Al pari dell’Italia degli anni sessanta, nella Dc tradizione e modernità coesistono in equilibrio consentendo al partito cattolico di essere sempre l’interprete dello zeitgeist e della volontà nazionale e popolare. Nell’invito «Cammina al passo coi tempi, cammina con noi», rivolto da una fila di stivali che ricalcano la sagoma della penisola italica e marciano spediti su un manifesto81, è insita una promessa di benessere finalmente alla portata di tutte le classi sociali. Promessa ripresa, ed esplicitata da Il miracolo per tutti,82 ottimistica celebrazione del boom in cui si mostra come, grazie al binomio sviluppo tecnologico – stato sociale, si stia affermando presso le nuove generazioni una nuova

79 Sulla figura di Guido Miglioli si veda E. Guccione, Guido Miglioli: un eretico nel P.P.I. e il difficile rapporto con Luigi

Sturzo, in «Rivista storica del socialismo», anno II, n.2, 2017, pp. 23-46.

80 Questo passaggio richiama il documentario Lettere di condannati a morte della Resistenza, diretto da Fausto Fornari

nel 1954 sulla base dell’omonima raccolta pubblicata da Einaudi nel 1952.

81 ASILS, Fondo Manifesti, Cammina al passo coi tempi, cammina con noi, 1963. 82 ASILS, Fondo Audiovisivi, Il miracolo per tutto, Spes, 1963, 28’33’’, col., 16 mm.

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mentalità che sembra quasi preludere un’evoluzione di tipo antropologico.