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De Gasperi il Ricostruttore e gli altri politici democristiani

B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

III.1 De Gasperi il Ricostruttore e gli altri politici democristiani

A muovere dalla metà degli anni cinquanta, la Spes rinnova la propria comunicazione concedendo più spazio alle immagini e alle parole degli esponenti democristiani. Sui manifesti che annunciano comizi o incontri campeggiano nomi e volti (seppure, i secondi non necessariamente) dei relatori, e altrettanto viene fatto in quelli diffusi per salutare l'elezione a Presidente della Repubblica di personalità della Dc (in questo caso, il tricolore s'impone visivamente sul simbolo dello scudo crociato). Come osserva Mariangela Palmieri110, ciò emerge soprattutto nel ciclo dei Cinegiornali Spes prodotti fra il 1955 e il 1956: per la prima volta vengono mostrate, in modo massiccio, riprese effettuate in occasione di congressi e manifestazioni pubbliche democristiane, recuperando su un terreno – quello della liturgia di partito e la sua rappresentazione – nel quale la propaganda comunista insiste da molto tempo a fini di costruzione identitaria. Allo stesso tempo, però, la Spes introduce alcune novità (o tali, quantomeno, per il panorama italiano) come gli interventi di figure di primo piano (come Rumor e il segretario Fanfani) che, dalla loro scrivania, si rivolgono direttamente allo spettatore rendendogli dettagliatamente conto delle misure intraprese dal partito al governo per l'interesse della collettività nazionale. Se è evidente l'intento di accorciare le distanze fra funzionari e militanti e comuni cittadini, il focus rimane interamente nel perimetro del ruolo pubblico esercitato dai primi ed esclude qualsiasi altro aspetto.

Di pari passo con la crescente diffusione della televisione e la messa in onda di trasmissioni come

Tribuna politica condotta da Jader Jacobelli, la visibilità pubblica della classe politica non fa che

aumentare, negli anni del Miracolo economico. Che la Spes non trascuri affatto questo medium è provato dalla pubblicità a mezzo di manifesti con cui annuncia le partecipazioni televisive dei politici democristiani in qualità di ospiti. Si limita, tuttavia, solo a questo e non elabora proprie linee guida per massimizzare le potenzialità del nuovo strumento nella direzione di una strategia comunicativa che valorizzi anche le risorse espressive del politico sul piccolo schermo. Probabilmente, a determinare questa scarsa attenzione – alquanto sorprendente per una struttura che in altri casi si mostra particolarmente ricettiva alle moderne tecniche di comunicazione – contribuisce anche la consapevolezza del fatto di godere di una posizione privilegiata rispetto alle forze politiche avversarie, essendo la RAI sotto il diretto controllo governativo, e non si ritengono necessari particolari accorgimenti. Ed è rivelatrice, in questo senso, l'opinione di Ciccardini secondo cui la forza persuasiva

110 M. Palmieri, I documentari di propaganda della DC e del PCI negli anni della guerra fredda, in «Memoria e Ricerca»

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dei politici democristiani risiede nella tradizione dell'oratoria religiosa riproposta in un contesto laico111.

Se gli interventi diretti di alti esponenti democristiani sono tutt'altro che rari nella propaganda della Spes, e non solo nella serie documentaria dei Cinegiornali, perlopiù vengono proposti nei modi freddi e distaccati tipici del messaggio istituzionale e in ogni caso sono inseriti in un più ampio discorso, di cui costituiscono un ingrediente. Se si guarda però alla complessiva strategia propagandistica della Spes, si nota come in essa sia intermittente, e diseguale, l’interesse a mettere in risalto la singola figura del leader di partito o di governo. Non è una prerogativa democristiana: a lungo, nell’Italia repubblicana, il timore di replicare i toni di quella “ostensione ossessiva” del corpo del capo tipica del regime fascista condiziona le forme della comunicazione pubblica dei partiti politici per ciò che riguarda la rappresentazione dei quadri dirigenti112 (diverso è il discorso per quanto concerne l'informazione cine-giornalistica indipendente, dove l'interesse per la vita privata della classe dirigente è senz'altro elevato113). Si attestano così un basso profilo e una certa diffidenza nei confronti di una personalizzazione eccessiva, dove l'elemento biografico è tendenzialmente posto in secondo piano rispetto all'agire politico e la fisicità tende a scomparire del tutto. Nondimeno, vi sono pochi casi che si pongono come eccezioni rispetto alla linea generale, e ciascuno per motivi peculiari. A cominciare da De Gasperi, cui viene concesso, dopo la sua morte, uno spazio che rimane senza eguali.

Nel dispositivo retorico approntato dalla Spes, De Gasperi personifica il processo di rinascita nazionale e ne è al contempo il demiurgo. La sua biografia114, umana e politica, non lesina elementi che rendono possibile stabilire un’identificazione forte con i più profondi valori italiani, senza l’addizione di ulteriori orpelli ideologici. Del potenziale narrativo del segretario trentino è ben conscio Tupini quando, nell'agosto 1952, pianifica la scrittura di un volume biografico intitolato

L'uomo che ci governa, da pubblicare, a scopo propagandistico, in prossimità delle elezioni previste

nell’anno successivo115. Il libro non viene però dato alle stampe né portato a termine, e sopravvive solo l’esiguo indice provvisorio che Tupini sottopone alla valutazione dello stesso De Gasperi: dei cinque capitoli di cui reca traccia, i primi tre intendono esplorarne le diverse sfumature caratteriali e attitudinali, fra pubblico e privato («L'uomo», un ritratto intimo e partecipato; «Il combattente», un resoconto delle sue battaglie dall'irredentismo alla Liberazione; «Il capo politico», un'esposizione della sua visione politica e della sua affermazione all'interno della Dc) mentre gli ultimi due riportano

111 E. Taviani, Op. cit,, pp. 189-190.

112 M. Belpoliti, Il corpo del capo, Milano, Guanda, 2018, e-book.

113 P. Craveri, Il cinegiornale dell’età degasperiana in A. Sainati (a cura di), La Settimana Incom. Cinegiornali e

informazione negli anni ‘50, Torino, Landau, 2001, pp. 133-145.

114 Per una dettagliata biografia del politico trentino relativa agli anni giovanili, si rimanda: P. Pombeni, Il primo De

Gasperi. La formazione di un leader politico, Bologna, Il Mulino, 2007. Per una visione più ampia, si veda invece: P.

Craveri, De Gasperi, Bologna, Il Mulino, 2015.

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sintesi dei vari orientamenti politici presenti nel mondo cattolico nazionale e delle attività del governo («Problema degli indirizzi dei cattolici italiani»; «Sette anni di governo»). In un appunto successivo116, risalente al novembre dello stesso anno, il peso specifico della biografia degasperiana appare diluito e in maggiore equilibrio con il racconto delle vicende del partito, come si evince anche dal nuovo titolo Dieci anni di lotte. Le ragioni che, in breve tempo, inducono Tupini a ridimensionare sensibilmente la forte personalizzazione impressa al progetto iniziale sono ignote, mentre la cancellazione della pubblicazione si può forse spiegare con la sua decisione di ricandidarsi alle elezioni (contrariamente ai propositi dichiarati nella sua corrispondenza con De Gasperi). Presumibilmente il lavoro preparatorio viene poi riutilizzato da Tupini per la monografia sul partito cattolico che pubblica nel 1954117, mentre la pubblicazione di una biografia vera e propria, in forma di testimonianza diretta, verrà rinviata al 1991118.

Malgrado le intuizioni di Tupini, di fatto la Spes sfrutta relativamente poco gli spunti desumibili dalla biografia di De Gasperi, fin tanto che esso è in vita e politicamente attivo. Certo, viene collocato fra i padri fondatori del partito e della patria, ma né il suo vissuto né la sua immagine vengono mai posto in particolare rilievo. Alcuni unici esempi in controtendenza si hanno però nella campagna elettorale del 1953. Il primo è contenuto in un manifesto119 affisso in risposta a un volantino comunista che metteva a confronto i leader dei due principali partiti contendenti:

La Sezione stampa e propaganda del partito comunista diffuse largamente un manifesto, pubblicato anche sull'Unità e destinato a divenire volantino, intitolato “Due uomini – due vite”. Su due colonne parallele, scorrevano i principali episodi delle carriere di Togliatti e De Gasperi, per illustrare come essi si sarebbero comportati di fronte ai principali eventi della storia recente. “Il Migliore” combatté la Prima guerra mondiale sotto le insegne del tricolore, si oppose irriducibilmente al fascismo, e dopo il 1945 lottò per la libertà e l'uguaglianza: “Servire l'Italia”, era la chiosa per ogni episodio. Il suo avversario, invece, servì rispettivamente l'Austria (durante la guerra del 1915-1918), il fascismo (quando il PPI votò la fiducia al governo Mussolini nel 1922), il Vaticano (rifugiandosi in una biblioteca senza combattere il regime), l'America (con la sua attività di governo). La SPES replicò producendo un manifesto d'impostazione identica a quella comunista, sia nelle forme, sia nei colori, sia nelle fotografie, ma naturalmente con messaggi di segno opposto. Mentre Togliatti ancora studiava, De Gasperi era attivo per l'italianità del Trentino; quando il futuro segretario comunista “era un imboscato”, facendo la guerra in deposito per pochi mesi, De Gasperi “protestava per l'uccisione di Battisti” e sfidava

116 HAEU, Fondo De Gasperi, s. Corrispondenza, f. Giorgio Tupini, Lettera a Tupini del 7 novembre 1952 117 G. Tupini, I democratici cristiani. Cronache di dieci anni, Milano, Garzanti, 1954.

118 G. Tupini, De Gasperi. Una testimonianza, Bologna, Il Mulino, 1991. 119 Istituto Sturzo, Fondo Manifesti, Due vite a confronto, 1953.

127 con i suoi discorsi parlamentari “il regime austriaco”; sotto il fascismo il futuro presidente del Consiglio era arrestato, mentre Togliatti fuggiva in Russia per “perfezionarsi nella teoria e nella pratica bolscevica”; per finire, dal 1947 “fuori dal Governo […] per il suo doppio gioco e dopo il suo tentativo di barattare Gorizia per Trieste”120.

A differenza di Togliatti, «De Gasperi è un galantuomo», asserisce, in conclusione, il manifesto democristiano, lasciando intendere come il destino nazionale sia sempre stato il suo prioritario interesse. Non solo è un galantuomo, ma come precisa un secondo manifesto «quest'uomo semplice e grande HA SALVATO L'ITALIA» – che per merito suo è un paese «SENZA FORCHE [e] SENZA DITTATURA» – ed è quindi opportuno votare per «Lui». Il nome non viene specificato, appare sufficiente un suo ritratto in primo piano121. Un'austera fotografia a mezzobusto di De Gasperi, accompagnata da un augurio nella sua calligrafia originale, viene riprodotta anche su un manifesto diffuso nel solo Lazio122 (circoscrizione nella quale è candidato il Presidente del Consiglio), operando una scelta orientata sì verso un certo grado di personalizzazione della comunicazione politica ma di impatto invero modesto.

Una più pregnante mitopoiesi degasperiana è però posteriore all'improvvisa scomparsa dello statista trentino. Il processo di “canonizzazione laica” prende avvio già negli articoli e negli editoriali pubblicati su «Il Popolo» nell'agosto del 1954, dal cui stile retorico la Spes trae diversi spunti. Fra il 1955 e il 1964, vengono prodotti e messi in circolazione ben cinque cortometraggi dedicati alla figura di De Gasperi, in equilibrio fra memoria e propaganda. Il primo, intitolato semplicemente De

Gasperi123, viene distribuito nell'aprile del 1955, a meno di un anno di distanza dalla morte, nell'ambito di un'impegnativa campagna di commemorazioni pubbliche attraverso la penisola. Una circolare124 diramata all'inizio del 1955 impartisce dettagliate istruzioni alle sezioni provinciali affinché la pellicola abbia una ricezione ampia e non limitata esclusivamente ai militanti e ai simpatizzanti democristiani. Il piano predisposto prevede infatti l'affitto di una sala cinematografica in ogni capoluogo di provincia per effettuare proiezioni in 35mm su un turno di programmazione stabilito in quindici giorni, cui fanno poi seguito proiezioni in 16mm nei centri minori del territorio. Gli spettacoli serali del sabato sono riservati agli esponenti del comitato provinciale, mentre le matinée domenicali sono rivolte a tutta la cittadinanza, con speciale riguardo per gli iscritti alla Democrazia cristiana e i loro familiari, ai quali è richiesto di coinvolgere il più alto numero possibile di conoscenti. Trattandosi di un evento speciale e gratuito, ad ogni sezione si raccomanda di

120 A. Mariuzzo, Op. cit., p 208.

121 ASILS, Fondo Manifesti, Senza forche, senza dittatura, 1953. 122 ASILS, Fondo Manifesti, Vota De Gasperi (elezioni politiche), 1953. 123 ASILS, De Gasperi, Spes-Incom, 1955, 44'36'', b/n, 35mm.

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provvedere alla sua massima pubblicizzazione anche perché, come si legge in una successiva circolare125, nel corso di ogni proiezione viene allestito un banchetto per raccogliere fondi destinati a finanziare l'erezione di un monumento dedicato a De Gasperi nella sua città natale. Non sorprende, dunque, che la commemorazione filmica del compianto presidente trentino venga anticipata alla primavera, essendo le sale cinematografiche abitualmente disertate dal pubblico nel mese di agosto. Si tratta dell'unico documentario della Spes che corredato di una sorta di locandina originale126, nella quale un ritaglio fotografico a figura intera dello statista si staglia su uno sfondo tricolore, movimentato dalle sagome stilizzate di lavoratori all'opera in fabbriche e cantieri.

De Gasperi, frutto della collaborazione fra l'Ufficio Cinema della Spes e la Incom, appare in realtà una rielaborazione di un precedente cortometraggio prodotto dalla compagnia di Teresio Guglielmone nel 1950, Il Presidente della Ricostruzione127. L'apporto della Spes sembra sostanzialmente limitato

alla registrazione di un nuovo commento sonoro, curato da Rodolfo Arata, Ottavio Jemma e Paolo di Valmarana e a un montaggio lievemente differente. Nel documentario del 1950, composto a sua volta di vari filmati estratti da altrettanti cinegiornali della Settimana Incom128, dopo un prologo relativo alla gioventù intrisa di idealismo irredentista e all'opposizione al fascismo, viene ripercorsa la parabola politica e umana di De Gasperi nel quadriennio 1945-1949. In linea con gli standard editoriali della Incom, il tono è qui leggero e trionfalistico: i successi conseguiti dal presidente, in Italia e all'estero, si alternano alle immagini, ammiccanti agli stilemi del gossip, del matrimonio della figlia e di momenti di svago in compagnia dei nipoti. Seppure non vi siano attacchi diretti alle opposizioni, l'assenza di neutralità si rivela nell'enfasi della voce fuori campo ogni qual volta sottolinea un risultato importante («pochi sono i presidenti che possono vantare un 18 aprile»). La Spes attinge a questo materiale e, sulla base delle mutate esigenze, lo rimodula in uno stile decisamente più sobrio e pudico nel mostrare gli aspetti della vita privata di De Gasperi. Un maggiore spazio viene concesso, in apertura, alla cronistoria degli anni della sua formazione nella Trento austriaca e del suo impegno politico nel Partito popolare, così come alla sua dura esperienza nelle carceri fasciste e al suo esilio in Vaticano durante il regime. Il retroterra biografico di De Gasperi è funzionale alla successiva esaltazione della condotta da lui tenuta nel difficile compito che è chiamato ad assolvere per risollevare le sorti di una nazione martoriata dalle distruzioni belliche e dal tessuto sociale disgregato, le cui dolenti immagini passano sullo schermo in rapida carrellata. In una situazione a tal punto compromessa, la saggezza e la determinazione che guidano De Gasperi sono

125 ASILS, Segreteria Politica, Sc. 38, fasc. 19, Prot. N. 448/55 (17 – SPES), 2 aprile 1955.

126 ASILS, Fondo Audiovisivi, Trasse la Nazione dallo smarrimento e dal buio della guerra, Spes, 1955. 127 AIL, Il Presidente della Ricostruzione, 25'50'', b/n, 16mm

128 Sulle modalità rappresentative dell’età degasperiana proprie dei cinegiornali Incom si rimanda ai saggi raccolti in P.

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indispensabili per difendere gli interessi italiani sulla scena internazionale, come dimostra il suo intervento alla Conferenza di Pace a Parigi nel 1946. Agli anni che vanno dal 1945 al 1954 è dedicata la parte più cospicua del documentario. La situazione interna non è delle più facili: pur condividendo la responsabilità del governo, i social-comunisti non esitano a fomentare la tensione sociale – sullo schermo passano immagini di scontri di piazza fra manifestanti e forze dell'ordine – e costituiscono una minaccia costante per via della loro subalternità all'Unione Sovietica. La loro esclusione dal governo è dunque un atto dovuto per ragioni di sicurezza nazionale, e il consenso popolare che emerge dalle urne nell'aprile 1948 dimostra come il paese ne sia cosciente e segua la sua guida lungo il cammino intrapreso. Il nuovo slancio italiano sulla scena internazionale, suggellato dall'ingresso del paese nella Nato nel 1949, è confermato in successive occasioni: gli applausi ricevuti dalla proposta di revisione dei Trattati di pace presentata da De Gasperi al Congresso americano nel 1951 e i suoi interventi a Strasburgo in favore dell'integrazione economica europea. Divenuto interlocutore abituale di figure come il presidente americano Truman e il ministro francese Schuman, De Gasperi si rivela capace di autentica commozione quando incontra le fasce più svantaggiate della popolazione, come i contadini lucani o gli alluvionati del Polesine. L'Italia si avvia, per merito di De Gasperi, a una prosperità duratura e i segni tangibili della rinascita si colgono sia nelle nuove periferie urbane sia nelle campagne interessate dalla riforma agraria. Il risultato elettorale del 1953 non è però sufficiente a far scattare il premio di maggioranza introdotto dalla legge n. 148, già oggetto di contestazioni e intemperanze dai banchi dell'opposizione, De Gasperi non riesce a formare un nuovo esecutivo e lascia il governo nelle mani di Giuseppe Pella. L'ultimo anno nella vita dello statista, noncurante della debilitazione fisica, è consacrato al proseguimento dell'impegno europeista come presidente dell'Assemblea di Bruxelles e alla preoccupazione di assicurare un proprio lascito politico e spirituale al partito nel corso del V° Congresso della Democrazia cristiana. Onorati gli ultimi impegni, De Gasperi si ritira nella sua tenuta di Sella Val Sugana, dove si spegne nell'agosto del 1954, fra la commozione della gente umile che si reca a porgere le proprie condoglianze alla salma. Prima di concludersi con l’imponente corteo funebre che attraversa la Capitale sino a giungere al cimitero del Verano, il documentario compie un salto in avanti nel tempo mostrando le immagini del ricongiungimento di Trieste all'Italia, estremo traguardo che lo statista non ha fatto in tempo a vedere compiuto.

Nella mitopoiesi dispiegata nel documentario, per mezzo del commento e del montaggio, De Gasperi è l'eroe che incarna il riscatto nazionale. In virtù del suo status, egli si scontra con avversari subdoli che tentano di ostacolare la missione per la quale è predestinato (i social-comunisti), può contare sul sostegno di alleati di pari levatura (Truman e Schuman) e gode dell'approvazione incondizionata del popolo colpito da avversità economiche e ambientali. De Gasperi viene quasi sempre mostrato in

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inquadrature effettuate in lontananza, e rari sono i suoi interventi diretti. Indubbiamente, una certa rigidità fisica e caratteriale, unita a un'oratoria un po' paludata, rendono il politico trentino poco cinetico, per cui si preferisce non soffermarsi sul suo corpo più di quanto sia strettamente necessario, sottolineando, quindi, più con le parole del commento che con le immagini la sua empatia con il popolo italiano.

Nel 1958 viene messa in circolazione una versione ridotta del documentario, più adatta a essere inserita nella programmazione dei cinegiornali. Quest'ultima, re-intitolata Alcide De Gasperi129, si differenzia dal prototipo, oltre che per la durata minore, per il maggior rilievo dato nel finale a Fanfani, in quel momento alla guida della Dc. Le divergenze fra i due esponenti democristiani sono volutamente rimosse, al fine di presentare il nuovo segretario come erede politico diretto. Interamente dedicato al sentire antifascista di De Gasperi è, invece, Lettere dalla prigione130 (1958): attraverso la lettura di alcuni brani tratti dalla corrispondenza con la moglie Francesca durante il periodo della detenzione nella casa circondariale di Regina Coeli, il documentario intende proporre un ritratto più intimo del compianto presidente democristiano che dia conto, al contempo, della sua intransigenza morale e politica e del prezzo pagato per la sua opposizione al regime. Se le parole sono quelle di De Gasperi, il punto di vista scelto è invece della moglie, che in una ricostruzione fittizia vediamo, nell'ordine, assistere impotente all'emissione della condanna nei confronti del marito e alla sua traduzione in carcere, rimanere al suo fianco negli anni difficili dell'esilio vaticano e della guerra e, infine, recarsi a omaggiare le sue spoglie al cimitero, in montaggio alternato con immagini dell'Italia pacificata e prospera degli anni cinquanta. Nel 1964, esce Ricordo di Alcide De Gasperi131, ultimo documentario di questa serie che, seppure di durata più consistente, si attiene del tutto alla linea retorica e narrativa dei predecessori.

Senza voler ricusare i reali meriti storici di De Gasperi, è palese come la Spes componga la sua apologetica selezionando accuratamente una serie di elementi – ed escludendone altri – al fine di costruire l'archetipo del fondatore della nazione moderna e democratica, archetipo in cui sono coniugate aspirazione ideale e azione politica. La sua icona e le sue parole vengono periodicamente riutilizzate dalla propaganda della Spes, portando a una sedimentazione di motivi narrativi che è possibile rinvenire, a distanza di anni e probabilmente al di là delle intenzioni degli autori, anche nelle opere di finzione realizzate da due registi italiani fra di loro alquanto diversi: Anno uno132 di Roberto Rossellini e lo sceneggiato televisivo Alcide De Gasperi133 di Ermanno Olmi, datati entrambi al 1974.