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Verso il 18 aprile La Spes e la “concorrenza” dei Comitati civici

B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

II.1 Verso il 18 aprile La Spes e la “concorrenza” dei Comitati civici

Il 18 aprile 1948, prima di assurgere alla dimensione di data simbolica, e fondante, del nuovo corso dell'Italia democristiana, è l'apice di una fase intensa di mobilitazione propagandistica. Il partito guidato da De Gasperi consegue un risultato elettorale destinato a rimanere ineguagliato in tutta la

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sua storia successiva. Con il 48,5% dei suffragi, la Democrazia cristiana guadagna oltre tredici punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni per l'Assemblea Costituente e distacca di ben diciassette punti il Fronte democratico popolare. La coalizione formata dai social-comunisti si ferma infatti al 31%, perdendo così nove punti percentuali rispetto alle elezioni del 1946, nelle quali il Partito comunista aveva conseguito singolarmente il 18,9% e il Partito socialista (allora Partito socialista italiano di unità proletaria) il 20,1%. Fra le altre forze in competizione, l'esito più lusinghiero è il 7,1% dell'Unione socialista, mentre tutti gli altri si attestano al di sotto del 4%. Il significativo successo della compagine anticomunista si traduce così nel trionfo della Democrazia cristiana, il cui incremento è, con tutta probabilità, dovuto anche alla capacità di attrarre voti da altre formazioni politiche, come il Partito repubblicano (che passa dal 4,4% al 2,5%) e il Blocco nazionale (cartello elettorale costituito dal Partito liberale e da L'uomo qualunque, i quali nel 1946 avevano conseguito rispettivamente il 6,8% e il 5,3% e ora scendono al 3,8% cumulativo)8.

L'affermazione democristiana dipende da molteplici fattori, non ultima la mobilitazione senza precedenti che coinvolge l'intero mondo cattolico. Come si è visto nel capitolo precedente, l'esilità strutturale della Democrazia cristiana le preclude, di fatto, la possibilità di prescindere dal supporto ecclesiastico e dal suo insediamento territoriale. In una prima fase, in verità, anche in considerazione degli evidenti deficit organizzativi che caratterizzano il partito, in alcuni ambienti della Curia si profilano non pochi dubbi in merito all'opportunità di sostenerlo, paventando la ricerca di altri interlocutori privilegiati. Fra le altre forze anticomuniste, tuttavia, non viene individuata alcuna valida alternativa, cosicché il sostegno accordato alla Democrazia cristiana è totale e viene ad assumere ben presto il tono di una vera e propria crociata. Su un piano pragmatico, però, occorre dapprima risolvere il problema dato da un intervento diretto nella campagna elettorale, che verrebbe a violare i principi fissati dai Patti Lateranensi. A consentire l'aggiramento di questo ostacolo è, all'inizio di febbraio, la costituzione dei Comitati civici. Ideatore e principale coordinatore della struttura è Luigi Gedda, già presidente della Gioventù italiana dell'Azione cattolica nonché persona dotata di non comuni capacità organizzative. Gedda manifesta sin dal principio la volontà di ritagliarsi ampi margini di autonomia decisionale, muovendo dal presupposto che la neo-costituita organizzazione è un corpo separato senza alcun rapporto formale con la gerarchia. Un tale atteggiamento lo conduce ad avere inevitabili frizioni con la stessa Azione cattolica e con l'episcopato, che rivendicano per parte loro il diritto di esercitare un controllo sulla struttura e di stabilire l'impostazione delle sue attività. Se, a livello centrale, i rapporti di forza giocheranno a favore di Gedda, a quello periferico l'influenza dei vertici locali dell'Azione cattolica sarà più rilevante9.

8 S. Colarizi, Storia politica della Repubblica. Partiti, movimenti e istituzioni, Roma-Bari, Laterza, 2007, e-book. 9 F. Malgeri (a cura di), Storia della Democrazia cristiana. De Gasperi e l'età del centrismo (1948-1954), Roma, Cinque

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Al di là di questa latente ed episodica conflittualità, la Chiesa consente a Gedda di attingere a finanziamenti altrimenti difficilmente recuperabili. Riuscendo a mobilitare, su tutto il territorio nazionale, un contingente di oltre 300.000 attivisti che interloquiscono direttamente con ogni classe sociale, l'apporto assicurato dai Comitati civici si rivela determinante per la riuscita complessiva della campagna elettorale10. La propaganda dei Comitati civici ottiene un impatto senz'altro superiore rispetto a quella della Spes, che ancora non dispone delle risorse sulle quali potrà fare affidamento in futuro, ancorché, come si vedrà più avanti, al dirigente Tupini non manchi una certa vivacità nell'attuazione di iniziative di forte presa. Nel perseguimento del medesimo obbiettivo, le due strutture si distinguono altresì per le scelte stilistiche compiute ed è quindi opportuno soffermarsi brevemente su queste differenze.

Responsabile dell'ideazione dei contenuti della propaganda dei Comitati civici è l'Ufficio psicologico, a cui prestano collaborazione varie personalità provenienti dal giornalismo, dalla cultura e dall'intrattenimento11. Lo stile propagandistico dell'Ufficio psicologico rinuncia deliberatamente alla formulazione di argomentazioni persuasive razionali per orientarsi, piuttosto, a suscitare reazioni emotive attraverso filmati, slogan e immagini dalla forte impronta sensazionalista12 (il caso più celebre è senz'altro la capillare organizzazione dei tour della “Madonna pellegrina”13). Più che nell'esposizione esauriente della proposta politica democristiana, inoltre, tutte le energie vengono impiegate per ingaggiare un attacco congiunto all'astensionismo e al comunismo14. Questi due aspetti, nell'ottica dei Comitati civici e dell'intero schieramento democristiano, sono strettamente correlati, dal momento che vi è la radicata persuasione che il Fronte popolare, disponendo di un bacino elettorale costituito da militanti disciplinati, possa avvantaggiarsi in misura ragguardevole da un'astensione generalizzata.

Nel dare battaglia all'astensionismo, la struttura dei Comitati civici ricorre a un combinato disposto di sentimenti antitetici quali vergogna e orgoglio. Nel primo caso, si intende sottolineare la pusillanimità di chi viene meno ai propri doveri di cittadino, accostando la sua condotta a quella di

lune, 1988, pp. 11-31.

10 P. Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, pp. 112-118.

11 Come riferisce uno dei principali collaboratori, il produttore Turi Vasile, se si esclude un nucleo costituito da Alberto

Perrini, Marcello Vazio oltre che da egli stesso, l'Ufficio psicologico non dispone di un organico rigidamente inquadrato ma si avvale del contributo occasionale di intellettuali quali lo scrittore Giovanni Guareschi e il drammaturgo Diego Fabbri La propaganda dei Comitati civici e le elezioni del 1948. Intervista a Turi Vasile di Tati Sanguineti, in E. Taviani (a cura di), Propaganda, cinema e politica 1945-1975, Roma, Annali dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, n. 11, 2008, pp. 128-139.

12 Ivi, p. 131.

13 A. Bravo, La Madonna pellegrina, in M. Isnenghi, I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, Roma-Bari,

Laterza, 2010, pp. 525-536.

14 La propaganda murale realizzata dai Comitati civici qui indicata è desunta da L. Romano – P. Scabello (a cura di), C'era

una volta la DC. Breve storia del periodo degasperiano attraverso i manifesti elettorali della democrazia cristiana, Roma,

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soggetti devianti oppure assimilandone la natura a quella di più elementari forme di vita. Irresponsabilità e minorità mentale sono, per tanto, le qualifiche riservate a chi intende disertare le urne da parte dei manifesti murali che si collocano su questa linea: una coppia matura, raffigurata in pose infantili, viene bollata da una didascalia sprezzante («Essi non votano perché non hanno ancora raggiunto l'età della ragione»), e non meno derisorio il giudizio insito nell'immagine di un parrocchetto in smoking, che esterna compiaciuto la sua deprecabile intenzione a mo' di refrain («Non voto, non voto... »), e di un roditore di cui si constata, invece, che «non vota perché è solo un coniglio». La strategia retorica non si esaurisce solamente nello stigma per un comportamento ritenuto indegno, la persuasione degli incerti e dei titubanti passa anche attraverso l'esaltazione della virtù civica. Questo messaggio può assumere, talvolta, una parvenza di assoluta neutralità oppure lasciare intendere con chiarezza il suo orientamento politico, pur non indicando mai esplicitamente la preferenza democristiana. Ne costituiscono efficace sintesi grafica, rispettivamente, l'immagine di un sole dalle sembianze antropomorfe che bussa alle imposte chiuse di un comune cittadino, incitandolo ad abbandonare il riposo domenicale e andare a votare, e quella di un turbine di schede elettorali che, rispondendo all'appello «Via col voto!», travolge due impaurite caricature di Nenni e Togliatti e le costringe a darsi alla fuga. Apparentemente meno esplicito è, invece, Considerazioni di

Eduardo15, brevissimo spot realizzato con la collaborazione di Eduardo De Filippo. Qui, il celebre drammaturgo napoletano riprende il monologo sul balcone della sua commedia Questi fantasmi, trasformandolo in un'accorata esortazione a votare, indipendentemente dalle preferenze politiche. Sembrerebbe dunque veicolare un messaggio di carattere civico-istituzionale, se non fosse che, sul finale, assumendo un timbro vocale circospetto, De Filippo allude a imprecisati soggetti («quegli altri...») che avrebbero tutto da guadagnare da una forte astensione, riferimento appena velato al Fronte popolare che ridimensiona l'apparente neutralità del filmato.

La propaganda dei Comitati civici raggiunge il suo apice espressivo nella rappresentazione a tinte fosche del comunismo, visto quale elemento culturale allogeno e inconciliabile con la cultura italiana. Molteplici sono le forme con cui può essere resa metaforicamente l'incombenza della minaccia: una micidiale morsa a forma di falce e martello che si stringe attorno a una caviglia in primo piano, provocando una lacerazione dalla quale un rivolo di sangue cola lungo la lama fino a comporre la scritta «Tagliola», o ancora un ordigno esplosivo, contrassegnato dal simbolo comunista, la cui miccia accesa ha quasi raggiunto l'innesco. Invariabilmente, un'eventuale vittoria del Fronte popolare non può che essere il preludio di un'invasione da parte dell'Unione Sovietica, dal momento che i social-

15 Considerazioni di Eduardo, Comitato civico, 1948, 3', b/n, 16 mm. Il cortometraggio, a lungo considerato perduto, è

stato rinvenuto in anni recenti da Sergio Bruno ed è stato sottoposto a restauro. Vedi S. Bruno (a cura di), Eduardo e il

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comunisti italiani sono solo una “quinta colonna” di Mosca16. La figura del cosacco torna a essere, come già nella propaganda fascista della seconda guerra mondiale17, l'ipostasi più ricorrente di questo stato d'allerta: un teschio col colbacco sullo sfondo di una cartina europea che si tinge di rosso («Vota o sarà lui il tuo padrone»), o un energumeno da tratti asiatici, con il coltello fra i denti e armato di frusta, pronto a soggiogare il popolo italiano («È lui che aspettate?»), minacciato altrettanto da un truce operaio russo che avanza verso il nostro paese brandendo falce e martello («Attenzione! Il comunismo ha bisogno di uno STIVALE»)18.

Gli esempi qui riportati, sono solo una minima parte della vasta produzione dell'Ufficio psicologico dei Comitati civici e molti ancora potrebbero essere citati, ma sono sufficienti a chiarire eloquentemente il tenore dell'offensiva ideologica e visiva portata avanti con risolutezza19. Gedda garantisce alla Democrazia cristiana il fiancheggiamento della sua organizzazione fino al 1958, data oltre la quale le divergenze, già manifestatesi, sulla linea politica fra questi e la direzione del partito si acuiscono sensibilmente. Nei successivi appuntamenti elettorali, l'apporto dei Comitati civici si arricchisce di un discreto numero di documentari, sistematicamente distribuiti nel circuito della sale parrocchiali20, e i contenuti anticomunisti aumentano in aggressività e virulenza21.

Le elezioni del 1948 costituiscono la seconda, impegnativa, prova per la Spes dopo la Giornata della Solidarietà Popolare. In questa circostanza, i Comitati di Gedda sono un alleato con cui condurre una comune battaglia ma non necessariamente un modello a cui ispirarsi nell’elaborazione di una propria linea. A riferire circa il metodo e le scelte strategiche attuate dalla struttura democristiana, è il dirigente nazionale Tupini in un articolo pubblicato sulla rivista ‹Cronache sociali›22 poco dopo le elezioni e rivolto agli «studiosi della psicologia delle masse e della metodologia propagandistica». Nell'articolo, Tupini illustra come la preparazione della propaganda abbia avuto un'origine remota nel tempo, ossia i primi mesi del 1947: in una fase in cui la relativa burocratizzazione strutturale si

16 Come osserva Andrea Mariuzzo, è in questo periodo che la locuzione “quinta colonna”, coniata durante la guerra civile

spagnola, inizia a essere diffusa nei Paesi occidentali in riferimento esclusivo ai comunisti interni. In Italia, De Gasperi ne fa un uso considerevole nei discorsi pubblici e comizi tenuti nella prima metà degli anni cinquanta ed è impiegato dalla pubblicistica anticomunista al fine di sottolineare il carattere antinazionale del Pci e degli altri partiti di sinistra. Vedi A. Mariuzzo, Divergenze parallele. Comunismo e anticomunismo alle origini del linguaggio politico dell'Italia repubblicana

(1945-1953), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010, pp. 187-189.

17 Ivi., p. 186.

18 Su questa rappresentazione “barbarica” del comunismo vedi L. Cheles, Picture Batlles in the Piazza: the Political

Poster, in L. Cheles – L. Sponza (a cura di), The Art of Persuasion. Political Communication in Italy from 1945 to the 1990s, Manchester, Manchester University Press, 2001, p. 131.

19 G. Dalla Torre, I manifesti dei Comitati civici, in E. Preziosi (a cura di), Luigi Gedda nella storia della Chiesa e del

Paese, Roma, AVE, 2013, pp. 189-193.

20 E. Dagrada, La forma della propaganda nei film prodotti dai comitati civici (1948-1959), in Ibidem, pp. 205-216; S.

Ferrantin – P. Trionfini, Luigi Gedda, i Comitati civici e il cinema di propaganda. Un progetto di conquista politica e di

moralizzazione della società (1948-1958), in «Schermi. Storie e culture del cinema e dei media in Italia», vol. 2, n. 3,

2018, pp. 25-41.

21 M. Dondi, La propaganda politica dal '46 alla legge truffa, in A. Mignemi (a cura di), Propaganda politica e mezzi di

comunicazione di massa tra fascismo e democrazia, Torino, Gruppo Abele, 1996, pp. 185-197.

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combina al volontarismo degli attivisti, la macchina della propaganda va assemblata e collaudata con il dovuto anticipo sull'offensiva elettorale vera e propria. Si procede così all'aggiornamento dei dirigenti locali, alla formazione e impiego di propagandisti nelle diverse circoscrizioni territoriali, alla diffusione di opuscoli e quadri murali sulle realizzazioni compiute dal governo. Prima di dettagliare sinteticamente le modalità operative adottate, Tupini espone le valutazioni che hanno preceduto e guidato la propaganda elettorale nel particolare contesto italiano del dopoguerra. La constatazione della prevalenza del contrassegno di lista (il simbolo) sul candidato si configura quale presupposto delle successive scelte. Essendo il suffragio elettorale una conquista recente e limitata la conoscenza diretta dei candidati, argomenta il dirigente, in misura dirimente gli elettori si orientano sulla base delle proprie convinzioni politiche ed etiche – riassunte in un programma ed esemplificate in un simbolo – più che su un giudizio meditato delle persone cui viene delegata la rappresentanza. Constatazione che non induce di certo la Spes a sottovalutare la mutevolezza dell'opinione pubblica, come dimostra l'importanza attribuita alla preparazione remota, bensì a prediligere la capacità di attrattiva originata dal richiamo ad un ben definito sistema di valori. Lotta all'astensionismo, esaltazione dello spirito di libertà e del sentimento nazionale, difesa del governo democristiano e esecrazione del Fronte popolare: sono questi gli altri punti di forza attribuiti all'operato della Spes da Tupini. Nell'invito a recarsi alle urne, così come a riconoscere i meriti della democrazia e a tutelare gli interessi della nazione, non risiede semplicemente un appello al senso civico ma, sebbene sottinteso, il monito che questo stato di cose potrebbe venire meno in caso di vittoria social- comunista. Anche la difesa della linea governativa si coniuga sempre alla minaccia costituita dal Fronte popolare, denunciandone l'opera negativa nei confronti della Ricostruzione e la scorrettezza della sua campagna elettorale. Tupini specifica come quest'opera di contrasto sia stata condotta mantenendo un tono moderato, finalizzato anzi a enfatizzare gli atteggiamenti scomposti degli avversari: una rivendicazione di understatement poco corrispondente alla realtà, invero, ma è possibile che egli intenda, soprattutto, porre l’accento sulla differenza stilistica fra sua struttura e i Comitati civici di cui forse patisce la concorrenza.

Alla vigilia del 18 aprile, la Spes può contare sulla mobilitazione piena di oltre novantamila attivisti addestrati su tutto il territorio nazionale e sul perfezionamento dei differenti strumenti di propaganda a disposizione. Nelle circoscrizioni di competenza, gli attivisti gettano le fondamenta del consenso democristiano svolgendo, in prima istanza, un'opera di propaganda orale e ambientale, desumendo gli argomenti e i suggerimenti tattici per penetrare nella coscienza dell'elettorato dal bollettino settimanale «Traguardo 18 Aprile!». Inoltre, gli attivisti distribuiscono capillarmente gli stampati spediti pressoché quotidianamente da Roma e coordinano iniziative come comizi di piazza e proiezioni ad opera di cinemobili ambulanti. Tupini fornisce alcuni dati in cifre, relativi alla mole del

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materiale prodotto, che permettono di farsi un'idea circa l'entità dello sforzo: 5.400.000 manifesti di quattordici tipi; 38.200.000 volantini di ventitré tipi; 4.800.000 striscioni di dodici tipi; 7.600.000 cartoline di sette tipi; 590.000 opuscoli di ventuno tipi; 250.000 quadri murali di cinque tipi; 15-20 proiezioni per ciascuna regione di cinque cortometraggi documentari. Nella realizzazione della propaganda scritta e murale, la Spes si pone a monte il problema dell'individuazione di specifici segmenti sociali a cui rivolgere la propria richiesta di voto. Contadini, lavoratori, piccoli proprietari, commercianti così come pensionati e sportivi: per ciascuna categoria si coniano slogan ad hoc facendo leva sulle loro presunte aspirazioni e paure. Per quanto riguarda la propaganda audiovisiva, invece, ogni comitato provinciale riceve in dotazione un proiettore a passo ridotto dal neo-costituito Ufficio Cinema, che si occupa inoltre di noleggiare, presso le case di produzione, documentari che possano essere utili allo scopo. In questa circostanza, dunque, la Spes non realizza cortometraggi originali ma si serve di altri già pronti e probabilmente già in circolazione, nondimeno l'operazione riesce a suscitare un certo interesse laddove proposta, anche perché le altre forze politiche non dispongono ancora dei mezzi per competere su questo terreno. Il cinema, comunque, non è l'unica forma di “propaganda performativa” promossa dalla Spes: al Nord, viene stipulata una convenzione con diversi ovicultori per applicare sul guscio di ogni singolo uovo il simbolo dello Scudo crociato nel periodo pasquale, mentre nel Meridione un monoplano sorvola le principali città effettuando lanci di volantini elettorali.

Il resoconto di Tupini è indubbiamente interessante ma è informato da uno sguardo retrospettivo e di certo enfatico che tace completamente sulle difficoltà organizzative incontrate – specie nel Mezzogiorno – e ammesse dallo stesso dirigente nei suoi interventi in seno al Consiglio Nazionale nel marzo dello stesso anno23. In un clima a dir poco surriscaldato sotto il profilo dello scontro ideologico, la Spes non intende fondare la propria comunicazione esclusivamente sul timore del comunismo ma si preoccupa anche di offrire un'immagine costruttiva e rassicurante del partito che si candida a governare il paese. Anche in futuro la Spes si manterrà sempre un passo indietro rispetto agli eccessi propri dell'organizzazione di Gedda, tuttavia c'è da osservare che, in definitiva, nel 1948 le sue immagini e i suoi slogan appaiono meno incisivi al confronto di quelli della struttura alleata. Non ci si riesce a sottrarre da una certa impressione di staticità se si considera, ad esempio, il manifesto raffigurante una piccola imbarcazione, chiamata Italia, dalle vele ricamate con il tricolore e lo Scudo crociato, intenta a solcare le onde recando una promessa di «Pace e lavoro» per l'avvenire24. Va rilevato, oltretutto, come in questa circostanza la Spes investa relativamente poco sulla comunicazione visiva in senso stretto, scegliendo di affidare a quella testuale, presente sulle buste murali diffuse in

23 ASILS, Fondo Consiglio Nazionale, Sc. 3, f. 7, Seduta del Consiglio Nazionale, 3 marzo 1948, 24 ASILS, Fondo Manifesti, Verso un avvenire di pace e lavoro, 1948.

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gran numero, buona parte della costruzione del proprio consenso e del contrasto della propaganda avversaria. Il ricorso alla parola scritta, però, non implica la formulazione di argomentazioni di particolare complessità: il linguaggio si mantiene semplice e calibrato sul tono dell'invettiva, distante da quello più razionale e rigoroso che connota invece la propaganda comunista25.

Entro i limiti di una certa subordinazione alle sortite dei Comitati civici, nell’operato della Spes inizia a intravvedersi quel processo di identificazione fra partito cattolico e nazione italiana che in futuro ne diviene uno dei tratti distintivi. Ad ogni modo, per quanto non manchino gli esempi di propaganda positiva, ciò si dà in maniera fondamentalmente negativa e attraverso il rafforzamento della concezione – ampiamente condivisa dal conservatorismo cattolico in generale – del comunismo come fenomeno culturalmente estraneo e il disvelamento delle sue capacità mimetiche. Contestualmente, uno dei principali pretesti è offerto dalla scelta, da parte delle sinistre, di fare dell’icona di Garibaldi il simbolo della propria alleanza elettorale. L’insofferenza contro questa appropriazione, ritenuta indebita, travalica il mondo cattolico e suscita speciale disappunto nel Partito repubblicano, che per reazione candida al Senato Clelia Garibaldi, figlia del condottiero risorgimentale26. Decisamente più ironica, invece, la risposta dei Comitati civici e della Spes, per quanto anche in questo caso emergano approcci stilistici alquanto differenti: nell’immagine dell’Eroe dei Due Mondi che si lancia all’inseguimento di