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B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

IV.II Caratteri dell’antifascismo della Spes

III.1 Un paese da ricostruire: volontà di normalizzazione

Un gruppo circoscritto di cortometraggi governativi ripercorre la recente cronaca nazionale con il precipuo fine di stabilire una comparazione fra la situazione antecedente al secondo conflitto mondiale e quella successiva. Nel palinsesto argomentativo, questi documentari presentano analogie con gli omologhi della propaganda democristiana, ma non mancano differenze e di non poco conto.

28 Sulla complessa vicenda istituzionale e riorganizzativa che interessa il Luce al termine della guerra si rimanda a E. G.

Laura, Le stagioni dell’Aquila, Roma, Ente dello Spettacolo, 2000.

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In entrambi i casi, la riflessione sul passato recente si mantiene a un basso livello di profondità, ma è pur vero che i cortometraggi democristiani esprimono, quantomeno, un giudizio sul fascismo netto e categorico. Del resto, fra gli elementi fondanti dell’identità costruita dalla Spes vi è il ruolo-guida assunto dal partito cattolico negli anni della guerra e della clandestinità, dapprima, e nel difficile dopoguerra in seguito (ruolo-guida incarnato nella biografia stessa di De Gasperi). È quindi normale che, anche solo in termini puramente retorici, sia indispensabile prospettare una situazione pregressa negativa sotto ogni riguardo: rievocato nei suoi aspetti platealmente deleteri per depotenziare la concorrenza elettorale dei partiti della destra autoritaria che possono esercitare una certa attrattiva per i settori più conservatori del blocco sociale democristiano, nella lettura predisposta dalla Spes il fascismo è un momento tragico della storia italiana ma definitivamente archiviato. La comunicazione governativa muove, invece, da presupposti che non sono del tutto collimanti con le istanze della propaganda di partito (così come il grosso della restante produzione documentaria, attenta a compiacere i desisderata di un partner istituzionale e politico da cui dipende la sopravvivenza economica). Senz’altro, riportare alla memoria degli spettatori gli sconquassi causati dalla guerra è un espediente troppo agevole per rimarcare i progressi compiuti dai governi centristi perché vi si rinunci, ma qui la valutazione sulla dittatura mussoliniana appare, se non sfumata, quantomeno sbrigativa.

Tale reticenza potrebbe rispondere a precise direttive emanate da Spinetti, che – come si è visto nel primo capitolo – è particolarmente sensibile su questo punto e, nel 1955, redige per il Servizio Informazioni un libello30 in quattro lingue sulla situazione italiana a dieci anni dalla conclusione del conflitto nel quale adotta la stessa strategia di rimozione. Ma potrebbe anche essere un atteggiamento assunto del tutto spontaneamente dai registi, a loro volta poco propensi a riportare, più dello stretto necessario, l’attenzione su un regime che in tempi non remoti hanno sostenuto con convinzione. Del resto, ciò è ben visibile anche nei cortometraggi che girano al di fuori delle commissioni governative: basti citare il solo esempio di Marcellini – già inviato del Luce dapprima in Africa31 e poi al seguito del contingente italiano in Spagna durante la guerra civile32 – il quale nel 1948 realizza per la Opus

Israele a Roma33, documentario (su soggetto del giornalista Luigi Barzini Jr.) incentrato sulla memoria recente del rastrellamento degli ebrei del ghetto romano in cui la responsabilità delle deportazioni viene attribuita integralmente ai tedeschi (e del regime fascista non viene neppure fatta menzione).

30 G. S. Spinetti (a cura di), L’Italia d’oggi, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1955.

31 ASIL, Fondo cinematografico, Legionari al secondo parallelo, regia di Romolo Marcellini, Istituto Nazionale Luce,

1936, 35’ 43’’, b/n, 16 mm.

32 ASIL, Fondo cinematografico, Los novios de la muerte, regia di Romolo Marcellini, Istituto Nazionale Luce, 1937,

30’ 05’’, b/n, 16 mm.

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La volontà di normalizzazione che permea questo gruppo di documentari governativi è chiara sin dai titoli: Ieri e oggi34 (Luce, 1952) di Ferroni, Meglio di ieri35 (Documento, 1952) e Italia d’oggi36 (Documento, 1952) di Marcellini, Italia allo specchio37 (Incom, 1953) di Benedetti e Made in Italy38 (Incom, 1953) di Raffaele Musu. Realizzati da autori e società produttrici differenti, si tratta di cortometraggi quasi del tutto interscambiabili, in quanto «per mezzo della strategia consueta di inserire nel montaggio analogie e metonimie, la (loro) narrazione concatena – in un insieme disomogeneo – riqualificazione urbana, industria siderurgica e automobilistica, moda, risorse energetiche, record atletici e campioni sportivi, attrici e registi, agricoltura, musica e prototipi di Vespa»39. Con ineffabile disinvoltura, Ieri e oggi, Italia allo specchio e Italia d’oggi depoliticizzano il secondo conflitto mondiale: soffermandosi intenzionalmente sui soli effetti di devastazione materiale «di quella tremenda notte di sgomento che fu la guerra», ne compongono in definitiva una rappresentazione non dissimile da quella di un cataclisma naturale, inaugurando così un artificio retorico abbondantemente ripreso in molti documentari successivi. Se c’è un aspetto interessante nel documentario di Ferroni, non risiede tanto nella descrizione delle asprezze dei primi mesi del dopoguerra (distruzione completa della rete infrastrutturale, moltiplicarsi di alloggi abusivi e precari popolati dagli sfollati, crescita del mercato nero causata dalla penuria di generi alimentari) quanto nell’immagine ambivalente che viene data degli Stati Uniti, cui si rende merito per il decisivo sostegno economico ma, stigmatizzando tuttavia al contempo il comportamento profittatore dei militari nei confronti delle giovani italiane in difficoltà (significativamente, questo concetto viene veicolato attraverso l’immagine di un soldato afroamericano su una pista da ballo insieme a una ragazza). Fatta eccezione per queste inusuali sfumature dissonanti con la rappresentazione consueta dell’alleato d’oltreoceano, tutte relegate nell’incipit, il cortometraggio si sviluppa come un didascalico confronto fra l’Italia sconfitta del 1945 e quella ricostruita del 1952, in cui le pur presenti allusioni al fascismo sono a tal punto sibilline da passare completamente in sordina.

Seguendo le tappe del Treno della Rinascita, mostra itinerante sulla Ricostruzione patrocinata dal

governo nel 1952, Italia allo specchio si concede solo all’inizio di mostrare poche, rapide immagini di macerie per procedere poi in un resoconto trionfalista nel quale alla guerra si fa riferimento solo

34 DIE, PCM, Fondo audiovisivi, ACS-AAMOD, Fondo Usis, Ieri e oggi, regia di Giorgio Ferroni, Istituto Nazionale

Luce, 1952, 12’ 10’’, b/n, 16 mm.

35 DIE, PCM, Fondo audiovisivi / ACS-AAMOD, Fondo Usis, Meglio di ieri, regia di Romolo Marcellini, Documento

Film, 1952, 9’ 45’’, b/n, 16 mm.

36 DIE, PCM, Fondo audiovisivi / ACS-AAMOD, Fondo Usis, Italia d’oggi, regia di Romolo Marcellini, Documento

Film,1952, 9’ 57’’, b/n, 16 mm.

37 DIE, PCM, Fondo audiovisivi / ACS-AAMOD, Fondo Usis, Italia allo specchio, regia di Pietro Benedetti, Incom,

1953, 9’ 25’’, b/n, 16 mm.

38 DIE, PCM, Fondo audiovisivi / ACS-AAMOD, Fondo Usis, Made in Italy, regia di Raffaele Musu, Istituto Nazionale

Luce, 1953, 8’ 05’’, b/n, 16 mm.

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per accrescere il senso di sollecitudine dell’operato governativo. Dal punto di vista visuale, la guerra scompare invece completamente in Italia d’oggi, venendo semplicemente evocata in contrapposizione alla nuova realtà della ripresa economica e «dell’opera di ricostruzione più veloce d’Europa». Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca, infine, Made in Italy, tutto teso a celebrare i primati italiani nei più svariati settori: dal turismo all'industria, dalla moda allo sport e al cinema, l’orgoglio nazionale viene declinato in una chiave pop che non si fa scrupolo di includere nella categoria del “bello” anche complessi industriali e inconfutabili esempi di speculazione edilizia. La rimozione del fascismo dal perimetro di questi cortometraggi preclude sia un’attribuzione puntuale delle responsabilità a coloro i quali hanno precipitato la nazione nella dolorosa odissea bellica sia la possibilità di una sua elaborazione collettiva. Non solo la guerra è un cataclisma privo di cause scatenanti, ma è un sopruso (da parte di imprecisati aggressori) che viene esclusivamente subito dagli italiani, non venendo nemmeno contemplata l’ipotesi che reparti del nostro esercito possano contemporaneamente operare in altri teatri bellici.

Nel documentario L’Italia e il mondo40, Marcellini continua ad attenersi a questa linea, adottando tuttavia una strategia parzialmente differente che va in direzione dell’auto-assoluzione nazionale. Dovendo riassumere dodici anni di relazioni diplomatiche (1945-1953) fra Roma e il resto del mondo, che conducono al riposizionamento del nostro paese in seno all’Alleanza Atlantica, il cortometraggio «avvalla un’interpretazione del fascismo come aberrazione, vittimizzando gli italiani e affermando che essi siano sempre stati fiduciosi sostenitori della democrazia, come dimostrato dalla Resistenza»41. Oltre a rivelarsi il cortometraggio governativo più condizionato dal clima della Guerra fredda – è l’unico caso, infatti, in cui l’Urss venga esplicitamente designata come minaccia per la sicurezza internazionale – tramite una decisa presa di posizione a favore della Comunità Europea, quale garanzia di pace e prosperità, L’Italia e il mondo aggiunge un ulteriore tassello al paradigma della normalizzazione. L’adesione alla CE come traguardo per il cammino intrapreso nel dopoguerra è un motivo che ricorre, come si vedrà, in diversi cortometraggi antecedenti alla firma dei Trattati di Roma nel marzo 1957. All’indomani della loro entrata in vigore, il Servizio Informazioni si profonde a decantare i vantaggi economici derivati dall’apertura dello spazio commerciale continentale tramite due cortometraggi prodotti ad hoc rispettivamente dal Luce e dalla Documento, Mercato comune

europeo42 di Vittorio Sala e Passaporto europeo43 di Mino Loy. A differenza della Rai, che nel 1957 trasmette in diretta televisiva la ratifica dei trattati istitutivi, trasformandola così in un media evento

40 DIE, PCM, Fondo audiovisivi / ACS-AAMOD, Fondo Usis, L’Italia e il mondo, regia di Romolo Marcellini, Istituto

Nazionale Luce, 1953, 11’ 50’’, b/n, 16 mm.

41 P. Bonifazio, Op. cit., p. 195. Traduzione mia.

42 DIE, PCM, Fondo audiovisivi, Mercato comune europeo, regia di Vittorio Sala, Istituto Nazionale Luce, 1958, 8’ 00’’,

col., 16 mm.

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che plasma da sé la sua futura memorializzazione44, la comunicazione governativa dimostra scarso interesse per gli aspetti cerimoniali. Il filone europeista si affievolisce alquanto rapidamente e rimane così a sé stante il duplice tentativo di offrirne una sorta di lettura teleologica compiuto da Vittorio Gallo nel 1962 ne La lunga strada per l’Unità Europea45 e Unità Europea dell’arte46 (prodotti entrambi dalla PROA), nei quali la storia degli Stati europei e dell’arte continentale dall’età classica alla contemporaneità viene piegata alle esigenze di legittimazione del processo di integrazione economica.

Le promettenti prospettive del presente vengono così a estinguere gli errori compiuti in passato, di cui i cortometraggi preferiscono non riferire. A ben vedere, altro non è che il riflesso di un più diffuso atteggiamento di rimozione che, in forme diverse, attraversa le istituzioni e la società italiana del dopoguerra: un atteggiamento dettato in larga misura da considerazioni di convenienza che consente di legittimare la nuova collocazione italiana nel sistema di alleanze della NATO e nel processo di integrazione europea, isolando l’epoca fascista fino quasi a espungerla dal corso principale della storia nazionale. Questa operazione di rilettura del passato, cui partecipano molteplici attori mossi peraltro da ragioni differenti e perfino contrapposte, conduce inevitabilmente alla sedimentazione di un orizzonte di senso nel quale l’Italia può essere rappresentata unicamente come vittima della Seconda guerra mondiale e non come sua corresponsabile (e a questo è funzionale una riduzione dell’alleanza col nazismo a una mera conseguenza degli umori personali di Mussolini)47. Tramite non casuali omissioni e un appiattimento acritico sul presente, anche i cortometraggi governativi offrono un contributo alla costruzione di questa memoria selettiva e di questa interpretazione del nuovo ruolo internazionale dell’Italia.