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B) Prospetto del Servizio Informazioni e Ufficio della Proprietà Letteraria, Artistica e Scientifica

II.2 La Spes agli albori della rinascita nazionale

Dopo le elezioni del 1948, la Spes prosegue nella messa a punto di una narrazione tesa a legittimare la fatalità del potere democristiano. È un processo, questo, che si dispiega nel tempo e che è possibile valutare appieno solo nel momento in cui determinati tòpoi propagandistici sono ormai codificati ed è quindi più agevole riproporli e presentarli quali dati “naturali” e incontestabili per consolidare, in prospettiva futura, il consenso al partito cattolico. Verosimilmente, non vi è a monte un disegno preciso in ogni suo dettaglio, e l'esito è quanto risulta dalla sedimentazione di motivi propagandistici riutilizzati in più occasioni. Se rinvenire un preordinato finalismo nell'operato dei funzionari della Spes

25 Per un approfondimento dello stile argomentativo-razionale della propaganda del Pci nel dopoguerra si rimanda a E.

Novelli, C'era una volta il Pci. Autobiografia di un partito attraverso le immagini della sua propaganda, Roma, Editori Riuniti, 2000.

26 A. Mariuzzo, Op. cit., p.181.

27 ASILS, Fondo Manifesti, Diffida, 1948.

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comporterebbe una forzatura, nondimeno è evidente come essi abbiano maturato, verso la fine del decennio, la piena consapevolezza dei vantaggi offerti da questo tipo di narrazione e se ne servano continuativamente per i loro fini persuasivi. Nei primi anni cinquanta, tuttavia, oltre all’approntamento di una teleologia politica ad uso elettorale ci sono altre necessità per le quali è richiesto l’apporto della Spes.

In questa prima fase, come spiegato nel precedente capitolo, la Spes assolve ancora un compito di supplenza dell’inesistente comunicazione governativa per cui le finalità informative sono altrettanto importanti di quelle orientative, e talvolta preponderanti. Se si prendono in considerazione i manifesti affissi nel biennio 1950-1951, si può constatare un utilizzo di immagini ancora abbastanza contenuto e una netta prevalenza di apparati testuali piuttosto corposi. Qualcosa di analogo avviene nella produzione audiovisiva che, come nota Paola Bonifazio29, in questi primi anni condivide, seppure solo parzialmente, alcuni tratti dell'apparente neutralità dei documentari diffusi dall’Eca e, di lì a poco, dalla Presidenza del Consiglio. Nel 1952, l'Ufficio Cinema diffonde quattro cortometraggi – due dedicati rispettivamente alla riforma agraria e alla Cassa per il Mezzogiorno, due alla società statunitense e al suo rapporto con quella italiana – nei quali sono del tutto assenti diretti riferimenti alla Democrazia cristiana. Premesso che tale omissione si verifica poche altre volte all'interno della filmografia della Spes, è tanto più sorprendente se si considera che in quello stesso anno ha luogo un acceso confronto elettorale in diversi comuni italiani. Nondimeno, costituiscono anch'essi tasselli su cui si sedimenta la narrazione democristiana ed è opportuno, quindi, soffermarvisi brevemente.

Nasce una speranza30, alla cui regia è accreditato Dino Risi, sembra essere mosso dalla volontà di rimediare alla sfiducia nei confronti delle istituzioni che alligna nelle fasce più umili della popolazione delle campagne, la cui condizione sociale e ambientale rende più complicato accedere alle informazioni in merito a provvedimenti e riforme. Propugnando le possibilità di miglioramento nelle condizioni di vita nelle aree rurali in seguito alla riforma agraria (legge 21 ottobre 1950, n. 841), il cortometraggio colloca la sua vicenda esemplare nel Meridione ma intende rivolgersi, indistintamente, a tutti gli italiani che traggono sostentamento dall'agricoltura. In una misera casupola, una donna in procinto di partorire è assistita da una vicina, mentre i rispettivi mariti discutono nell'attesa. Il contadino che sta per diventare padre è rassegnato, non vede vie per elevarsi dalla miseria ed è preoccupato per l'avvenire del figlio: egli sembra essere all'oscuro della riforma agraria o, forse, non vi ripone alcuna fiducia. Ben diversa, invece, l'esperienza dell'amico, a cui l'assegnazione di tre ettari di terra ha consentito di elevare materialmente la sua condizione e non capisce perché il futuro padre

29 P. Bonifazio, Schooling in Modernity. The Politics of Sponsored Films in Postwar Italy, University of Toronto Press,

2014, pp. 140-144.

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non colga a sua volta tale occasione. Il padrone di casa, però, non sembra persuadersi neppure davanti a fatti tangibili come il confronto fra le sue scarpe, rovinate da anni di lavoro nei campi, e quelle nuove e resistenti che ha potuto acquistare il conoscente. Quest'ultimo gli rivela, allora, come lui stesso fosse diffidente, all'inizio, ma come abbia poi dovuto ricredersi in tempi brevi: mentre intercorre questo scambio, vediamo in flashback l'uomo fissare dapprima un manifesto del Ministero dell'Agricoltura, pur senza nutrire troppe aspettative, per poi partecipare insieme ad altri contadini all'assegnazione pubblica e infine coltivare con soddisfazione i suoi nuovi appezzamenti. Nel frattempo, il figlio è venuto alla luce e, alla sua vista, il padre inizia a riconsiderare sotto un'ottica diversa le parole del suo amico. La conclusione giunge prima che ci sia mostrato il miglioramento effettivo della famiglia accresciuta, tuttavia, nel finale, la speranza pervade l'atmosfera domestica, speranza che sorge dalla consapevolezza, nuova, di poter fare affidamento sulle istituzioni. Il cortometraggio dipinge un mondo contadino votato a un immobilismo rassegnato e in cui non vi è alcuna aspettativa nei confronti dell'intervento dello Stato, cosicché la riforma agraria può essere presentata come iniziativa diretta del governo della nuova Italia e della sua ferma volontà di provvedere ai bisogni delle classi meno abbienti. Si tratta, ovviamente, di una distorsione funzionale agli scopi propagandistici. La riforma, infatti, è l'approdo difficoltoso, e insoddisfacente, a cui il governo riesce infine a pervenire sulla spinta di una accesa conflittualità sociale – spesso egemonizzata dal Pci, ma non priva di elementi di spontaneismo – che interessa le aree rurali e solo dopo una faticosa mediazione fra le varie componenti interne alla Dc (dove si verifica una polarizzazione fra i fautori di una politica ispirata ai principi del cristianesimo sociale e gli strenui difensori degli interessi del latifondo)31. Nella semplificazione operata da Nasce

una speranza, l'unico ostacolo che si frappone al progresso sociale ed economico delle campagne

italiane è di fatto limitato al fatalismo radicato nella mentalità contadina, atteggiamento che però può essere vinto con la virtuosità dei fatti concreti.

La dura condizione del Meridione rurale, in procinto di conoscere una radicale trasformazione grazie ai finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, ritorna nel successivo Che accade laggiù?32. Il corto si apre con uno sketch comico che costituisce una sorta di antefatto: nel suo ufficio, un ministro è intento a dettare un discorso, solenne quanto generico, nel quale si impegna a farsi carico dei problemi che affliggono le aree meridionali ma, accorgendosi che è ora di pranzo, abbandona la scrivania e rimanda quell'occupazione a un futuro momento. Collocata in un tempo storico imprecisato, la gag vuole evidenziare la storica negligenza nei confronti del Meridione che ha contraddistinto, fino a quel momento, tutta la classe dirigente che si è avvicendata al potere a partire dall'Unità d'Italia. Con l'introduzione della Cassa per il Mezzogiorno (legge 10 agosto 1950, n. 646) la situazione sta

31 P. Ginsborg, Op. cit., pp. 121-140.

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cambiando: una carrellata di immagini di manovali all'opera nella costruzione di infrastrutture e altre opere pubbliche testimonia plasticamente la risolutezza della nuova classe politica. Non tutti gli italiani, però, sembrano essere convinti della bontà del provvedimento, e fra questi vi è il signor De Rossi, protagonista del cortometraggio. Conversando con un collega durante un pranzo di lavoro, De Rossi si mostra infatti infastidito e ritiene che l'intera misura sia solo uno spreco di pubblico denaro in quanto, a suo giudizio, l'arretratezza del Meridione dipende esclusivamente dalla scarsa predisposizione al lavoro della sua popolazione. Inoltre, a causa dell'imposizione fiscale per sostenere l'ente pubblico non riesce a mettere da parte il denaro necessario all'acquisto di uno scooter. Quella stessa notte, De Rossi ha un sonno agitato e, al suo risveglio, invece di essere nella sua confortevole stanza si ritrova in un cupo tugurio, dove condivide l'unico letto con moglie e figli, circondati da animali da cortile. Quale contrappasso per i suoi sprezzanti pregiudizi, egli esperirà in prima persona la dura giornata di un contadino del Sud completamente privo di mezzi di sostentamento, al punto da non riuscire neppure a garantire riserve di acqua potabile per la sua famiglia e affannandosi vanamente in un contesto di penosa arretratezza. Quando infine si risveglia e si rende conto che si è solamente trattato di un incubo, De Rossi ha un'opinione del tutto differente in merito alla Cassa del Mezzogiorno, convincendosi, anzi, di come lo sviluppo economico meridionale – di cui vediamo scorrere immagini esplicative – possa condurre a una crescita generale del paese. La conseguente diminuzione dei prezzi, dovuta a un'economia più florida e meno diseguale, consente infine a De Rossi di acquistare il tanto agognato scooter, quale meritata ricompensa per il suo atteggiamento favorevole e costruttivo. Il cortometraggio è interessante perché non basa tanto la sua retorica sulla rappresentazione delle realizzazioni rese possibili dai finanziamenti erogati dall'ente pubblico, quanto, sostanzialmente, sul

pathos suscitato dalle immagini delle disagevoli condizioni materiali che affliggono le aree depresse

del Sud. Giocando sugli stereotipi fra meridionali e settentrionali, il cortometraggio derubrica le perplessità sull'utilità della Cassa a una mera questione di pregiudizi, tranquillamente superabili tramite conoscenza ed empatia. In realtà, non pochi dubbi sulla sua efficacia sono diffusi anche in seno alla Democrazia cristiana, e lo stesso De Gasperi, che pure nel luglio del 1950 compie un viaggio in Lucania promettendo il pronto intervento del suo governo per sanare problemi non più procrastinabili, non è alieno dal timore che da questo piano di programmazione e sostegno possano verificarsi effetti distorsivi33. Ovviamente, tutte queste sfumature sono rimosse nel cortometraggio, che ha lo scopo di esaltare quello che anche Sturzo – derogando alla sua consueta ostilità nei confronti di qualsiasi forma di interventismo statale – reputa un doveroso risarcimento per i sacrifici imposti al Sud34 e di

33 L. Paganetto – P.L. Scandizzo, La Banca mondiale e l'Italia. Dalla ricostruzione allo sviluppo, Bologna, Il Mulino,

2000, pp. 95-96.

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rassicurare gli eventuali scettici.

Entrambi diretti da Marino Girolami, Uomini su automobili35 e Noi italiani d'America36 tratteggiano un quadro conciliante della realtà degli Statiti Uniti. Individuando nella mobilità e nei consumi i tratti distintivi di una realtà economica e sociale posta esplicitamente a modello anche per il patto sociale fra capitale e lavoro che ne è alla base, Uomini su automobili sviluppa un discorso alquanto semplice procedendo per accumulazione iconica degli stereotipi dell’immaginario americano (la catena di montaggio delle grandi industrie automobilistiche, le metropoli dove i grattacieli del centro si alternano alle villette a schiera delle aree suburbane, le highway disseminate di motel e distributori di gasolio, le insegne pubblicitarie che ridisegnano il paesaggio, etc.). La società qui descritta è ideale e al contempo esotica, distante dalla quotidianità della maggioranza degli italiani per i quali si pone come un modello desiderabile37. Di contro, Noi italiani d'America persegue un tentativo di avvicinamento culturale fra Italia e Stati Uniti (senza rinunciare a far affiorare una pretesa superiorità della civiltà italiana). Il cortometraggio si apre con una panoramica in movimento su Piazza del Popolo per poi effettuare uno

zoom su due uomini appoggiati a un muretto, mentre una voce fuori campo recita i versi della poesia La scoperta dell'America di Cesare Pascarella, nella quale si descrive, in vernacolo romanesco, il

primo incontro fra gli esploratori europei e i nativi americani. A citare il brano del componimento è uno dei due uomini, un italiano residente da anni a Cleveland. Con il suo conoscente sta per l'appunto conversando a proposito della società americana: di fronte alle perplessità espresse dal suo interlocutore in merito alla possibilità che un italiano riesca ad adattarsi completamente alla cultura di quei «selvaggi moderni» contraddistinta da «aridità spirituale», questi gli assicura il contrario e inizia a illustrare nel dettaglio come si svolge la vita quotidiana in un grande centro come Cleveland. Tuttavia, non racconta la sua esperienza diretta bensì quella di alcune famiglie di origine italiana perfettamente integrate nel tessuto sociale urbano. A seguito delle immancabili immagini introduttive con gli scorci caratteristici della città, assistiamo a una riunione in municipio alla quale partecipano il sindaco e un gruppo di giovani cui viene offerta la possibilità di essere assessori per un giorno, e fra di essi vi sono alcuni italo-americani. Il focus del cortometraggio si sposta allora sulle famiglie di questi ragazzi, rappresentate secondo i più stilizzati canoni della middle class americana degli anni cinquanta: i padri sono infatti tutti regolarmente occupati e possono garantire un buon tenore di vita ai

35 ASILS, Fondo Audiovisivi, Uomini su automobili, regia di Marino Girolami, Spes, 1952, 8' 50'', b/n, 16 mm. 36 ASILS, Fondo Audiovisivi, Noi italiani d'America, regia di Marino Girolami, Spes, 1952, 9' 30'', b/n, 16 mm.

37 Pervaso da una forte fascinazione estetica per l’american way of life, il cortometraggio è un eloquente esempio di quel

processo di seduzione culturale esercitato dal modello americano nel corso del XX secolo e che raggiunge il suo apice nel secondo dopoguerra. Si veda, per un’analisi in prospettiva continentale, V. De Grazia, L’impero irresistibile. La

società dei consumi americana alla conquista del mondo, Torino, Einaudi, 2006; ed. or. Irresistible Empire. America’s Advance Trough Twentieth-Century Europe, Cambridge, Harvard University Press, 2005; per una lettura specifica del

caso italiano si rinvia ai saggi contenuti in P. P. D’Attorre (a cura di), Nemici per la pelle. Sogno americano e mito

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congiunti, mentre le madri si fanno carico delle cure domestiche e, in qualche caso, svolgono anche un lavoro retribuito. Non appena hanno a disposizione del tempo libero, mogli e mariti si dedicano alle più svariate attività di volontariato, a esemplificare come l'intraprendenza americana si possa armonizzare con lo "spirito di comunità" tipicamente italiano. Nel finale, due momenti ribadiscono le affinità esistenti fra le due culture, suggerendo anzi come sia quella americana a essere debitrice di quella italica: i visitatori del museo di Cleveland intenti a contemplare la Maternità d Filippo Lippi e la constatazione dell'immigrato italiano che, citando nuovamente il Pascarella, conclude: «Verrà il giorno che tutto il mondo sano, se voi starete uniti a Roma, lo famo diventà Impero Romano». A differenza di Uomini sopra automobili, dove il modello consumista viene entusiasticamente esaltato,

Noi italiani d’America è più cauto nel riferire gli effetti sociali del sistema economico capitalista,

premurandosi di escludere quelle che meno si conciliano con il tradizionale sistema di valori.

In questo periodo, la lotta contro l’astensione è una delle questioni che più assorbono le energie della Spes. Lo spettro dell'astensionismo, che tante preoccupazioni dà alla propaganda cattolica nel 1948, continua, infatti, a essere motivo di apprensione anche nei successivi appuntamenti elettorali. In un manifesto del 1952, le elezioni vengono assimilate a una gara ippica: il cavallo bardato con lo scudo crociato supera tutti gli ostacoli e conduce al traguardo il suo fantino, a differenza degli avversari social-comunisti che rovinano a terra uno dopo l'altro. Per l'elettore-scommettitore che partecipa alla «lotteria della sicurezza nazionale» è quindi scontata la scelta su quale cavallo puntare, se vuole vincere il primo premio, ossia la libertà38. Essendo massima la posta in gioco, dunque, massima è l'attenzione affinché il voto non vada disperso o, fatto ancor più grave, non venga espresso. Molte sono le energie spese nella campagna di sensibilizzazione sui rischi derivanti dalla mancata assunzione di responsabilità da parte di un elettorato distratto. Il leitmotiv è immancabilmente costituito dall'evocazione di una nefasta vittoria del Pci, che può contare sull'obbedienza di masse irreggimentate e a cui pertanto occorre impedire di trarre profitto, in termini percentuali, dalla mancata espressione o dispersione del voto. In questa cornice retorica, non stupisce che l'opzione comunista non sia indice di una pluralità di orientamenti in seno al corpo elettorale, bensì espressione di una minoranza organizzata ma sostanzialmente incompatibile con la reale identità nazionale.

Rispetto all'impostazione dei Comitati civici, il giudizio nei confronti degli astensionisti è meno severo e si preferisce rivolgersi a loro in maniera inclusiva, ossia riconoscendone l'appartenenza a una comunità nazionale – che trova nella Democrazia cristiana suprema garanzia – verso cui hanno doveri ai quali rischiano di venir meno a causa di schemi mentali viziati ma correggibili. È il comportamento mite e responsabile che, alla vigilia delle elezioni, assume il signor Fiorenzi, protagonista del

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cortometraggio Come si vota39 (1953), ogni qualvolta si trattiene a discutere con amici e conoscenti incontrati per strada. Lo scambio di idee avviene davanti a una bacheca comunale, all’angolo di una stradina di paese sterrata: Fiorenzi è un accorto padre di famiglia e rappresenta i valori del ceto medio moderato (la sua caratterizzazione lascia intuire che si tratti di un libero professionista), gli interlocutori coi quali interagisce costituiscono, invece, un gruppo socialmente eterogeneo (vi si riconoscono contadini e esponenti della piccola borghesia di campagna). Tutti i suoi compaesani appaiono alquanto indifferenti e propensi ad astenersi, cosicché il protagonista li redarguisce facendo loro presente i rischi implicati da questa condotta: se loro, che costituiscono la maggioranza dei cittadini moderati, vengono meno al proprio dovere, gli avversari, anche se in minoranza, possono vincere poiché votano compattamente. La sua esposizione, ragionevole e misurata, ha così l'effetto provvidenziale di dissipare sul nascere ogni tentazione astensionista. Dal momento che, accanto alla preoccupazione che i cittadini vadano a votare e optino per il simbolo dello Scudo crociato, vi è anche quella relativa al fatto che essi siano correttamente edotti circa la procedura elettorale, nella seconda parte il cortometraggio fornisce indicazioni di carattere pratico in forma didascalico-narrativa. Resosi conto che nella sua tessera elettorale è contenuto un errore che ne pregiudica la validità, il signor Fiorenzi si reca immediatamente all'ufficio comunale per richiederne la sostituzione. Lì fa presente ai responsabili che la moglie non ha ancora ricevuto la sua tessera e un solerte impiegato, dopo aver verificato sul registro, provvede a correggere un errore nell’indirizzo. Il giorno delle elezioni i coniugi si recano insieme alle urne e, prevedibilmente, votano Democrazia cristiana. Nella cabina, la signora Fiorenzi ha un momento di esitazione e non riesce a esprimere il voto di preferenza perché – a differenza del marito, che, come nota lo speaker, è più competente – ha dimenticato il nome del candidato. Superata questa impasse, la signora Fiorenzi compie il suo dovere, avendo cura di non macchiare col rossetto la scheda elettorale nell'atto di sigillarla. Ovviamente, questo siparietto conclusivo ha una funzione illustrativa e serve a dissipare i possibili dubbi sulle corrette modalità a cui attenersi. Non passa certo inosservata la disinvoltura con la quale le incertezze vengono attribuite alla moglie, senz’altro indice di una concezione non paritaria dei rapporti di genere, ma a ben vedere ciò che traspare dal cortometraggio è la piena contezza, da parte della Spes, della pronunciata ipopoliticità del proprio blocco elettorale di riferimento. In futuro, l’assillo anti-astensionista andrà scemando ma si ripresenterà occasionalmente anche negli anni sessanta inoltrati, specie nei contesti locali e quasi sempre coniugato al monito anticomunista40.

39 ASILS, Fondo Audiovisivi, Come si vota, Spes, 1953, 10', b/n, 16mm.

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II.3 La rappresentazione della Ricostruzione negli «anni difficili ma non sterili» del centrismo post- degasperiano

La mitizzazione della Ricostruzione è un'operazione che la Spes conduce in modo compiuto a posteriori, nel biennio 1958-1960, quando quel processo è ormai giunto a conclusione. Verso la fine della prima legislatura la propaganda inizia a rivendicare con più solerzia i provvedimenti intrapresi dalla Democrazia cristiana, e a mostrarne gli effetti, ma in larga misura si preferisce demandare tale compito al Centro documentazione della Presidenza del Consiglio. È sufficiente prendere in considerazione le elezioni amministrative del 1952 per rendersi agevolmente conto di come, nella prima metà degli anni cinquanta, l'offensiva anticomunista assorba la maggior parte delle risorse