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Le caratteristiche della volontà

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 32-37)

3. La volontà: Riflessione sulla volontà e sulla sua tutela penale.

3.1. Le caratteristiche della volontà

Nel diritto, e in particolare in quello penale, si parla di volontà in relazione alla libertà, poiché “una volontà senza libertà sarebbe una contraddizione in termini” 46.

Un accurato studio della volontà è stata sperimentato in un ordinamento a noi particolarmente vicino, per ragioni storiche e per tradizioni scientifiche, quale quello tedesco.

Una posizione del tutto autonoma, in seno alla dottrina tedesca a cavallo tra Ottocento e Novecento, fu quella assunta da Karl Binding 47, il quale individuò ed operò una distinzione tra i delitti contro la libertà, suddividendoli in tre gruppi: a) i delitti, che si contraddistinguono per il fatto di rivolgersi all’aggressione delle capacità di ogni individuo di formare la propria volontà in maniera ragionevole; b) i delitti, nei quali viene minata la capacità dell’individuo di attuare la propria volontà nel caso concreto; c) i delitti, nei quali al soggetto è impedita la libertà di decidere secondo motivi propri 48.

Il primo bene giuridico, ossia la capacità di formazione della volontà, è leso ogni qualvolta il soggetto passivo venga posto in una condizione di incoscienza o, più in generale, di incapacità di intendere e di volere: ad esempio, attraverso la narcotizzazione

46 ARENDT H., La vita della mente, Bologna, 2009, cit. Si pensi, in merito

all’affermazione di cui sopra, anche al detto di Sant’Agostino, tratto da il De

libero arbitrio, Libro III, Sez. III: “Se devo necessariamente volere, perché mai dovrei parlare di volontà?...La nostra volontà non sarebbe volontà se non fosse in nostro potere. Poiché è in nostro potere è libera”.

47 Ci si riferisce, in particolar modo, all’opera di BINDING K., Lehrbuch des

Gemeinen Deutschen Strafrechts BT, I Band, 2. Aufl., Leipzig, 1902. Binding

fu colui che dette alla materia della volontà l’elaborazione più vasta ed organica.

48 Binding affianca, poi, a questi tre delitti, un quarto possibile oggetto di

aggressione, indicato genericamente come “altrui volontà o altrui manifestazione di volontà”, e che costituirebbe l’oggetto specifico della tutela dei reati contro l’inviolabilità del domicilio e dei segreti. L’autore ne riconosce, tuttavia, la differenza con gli altri tre citati nel testo, che costituiscono l’oggetto di tutela degli autentici delitti contro la libertà.

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o l’ipnosi; la capacità di attuare la propria volontà nel caso concreto, i.e. la libertà di attuazione della volontà, viene lesa, invece, allorché al soggetto sia impedito di servirsi del proprio corpo per un determinato scopo: come nel caso in cui, aggredito, gli vengano impediti determinati movimenti corporei49. Infine, la libertà di decisione secondo motivi propri, cioè la libertà di formazione della volontà, è lesa allorché una singola decisione di agire del soggetto passivo, sia stata determinata da motivi imposti da altri, e non da una libera scelta del suo autore50.

Binding, in realtà, fa una riflessione molto corretta, in quanto riesce a cogliere le varie sfumature dell’aggressione all’altrui volontà.

Allo stesso tempo, però, possono essere mosse delle critiche alla sua teoria.

Egli, infatti, ricollega alla legge penale tutte le condotte aggressive dei beni giuridici sopra descritti (essenzialmente quelli di libertà) negli unici termini di “violenza” e di “minaccia” 51. Infatti, secondo Binding, per “violenza” si deve intendere qualsiasi condotta che tolga alla vittima la capacità di formazione della volontà ovvero la libertà di attuazione della volontà stessa 52;

mentre, residualmente, per “minaccia”, deve intendersi qualsiasi condotta lesiva della libertà di formazione della volontà 53.

49 Sempre BINDING K., Lehrbuch. Si veda, inoltre, VIGANÒ F., La tutela

penale della libertà individuale, I – L’offesa mediante violenza, Milano, 2002.

p. 47. In questo secondo caso, infatti, si noti come il soggetto non sia stato previamente posto nella condizione, prima descritta, di generale incapacità di formare alcuna volizione, ma, piuttosto, gli venga fisicamente impedita l’attuazione di una determinata volizione, liberamente presa.

50 In questo terzo caso, potrebbe parlarsi di un vizio del processo

motivazionale, che ha condotto alla singola decisione di agire.

51 BINDING K., Lehrbuch, cit. p. 82.

52 Si tratta, cioè, dei beni giuridici sopra indicati sub a) e sub b). 53 Si tratta, quindi, del bene giuridico sopra indicato sub c).

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Si evince da ciò che la critica, a cui Binding è sottoposto, è quella di aver sovrapposto il concetto di “aggressione alla volontà” a quello di “violenza”, in quanto quest’ultima sembra divenire sinonimo di “qualsiasi attacco alla volontà” 54, perdendo, di conseguenza, il suo specifico significato.

Detto ciò, è indubbio che quanto affermato da Binding sia di grande valore, poiché egli riesce a scindere i due momenti della volontà, e questi sono fondamentali per la ricerca che stiamo svolgendo.

Il primo aspetto, quello della “volontà razionale”, ci indica ancora una volta quel profilo “esterno” dell’integrità psichica 55, al quale abbiamo già fatto riferimento: è la volontà intesa quasi “fisicamente”, ossia come attività mentale nel suo meccanico svolgimento di formazione dei processi motivazionali.

A questa si riconducono tutte quelle forme di aggressione psicologica, nelle quali si impedisce la formazione “empirica” 56 della volontà (si pensi, ad esempio, all’abrogato delitto di plagio, o alla procurata incapacità di intendere e di volere).

Negli altri casi, invece, ci si rivolge alla fase in cui la volontà si è tradotta nella “decisione” del soggetto 57; vengono, cioè, interdetti gli scopi, verso i quali la volontà si dirige.

In questo scritto, in realtà, ci vogliamo limitare a trattare la formazione di una volontà libera, in quanto direttamente collegata

54 Sul tema in questione, torneremo in seguito. Infatti, nella dottrina

postbindinghiana, avremo la coppia concettuale vis absoluta – vis compulsiva, intendendosi per vis absoluta ogni condotta lesiva della generale capacità di

formazione della volontà o della libertà di attuazione della propria volontà nel

caso concreto, e per vis compulsiva ogni condotta lesiva della libertà di

formazione della propria volontà nel caso concreto.

55 Ossia l’incolumità: retro, Cap. I, par. 2.

56 Secondo gli esempi di BINDING K., Lehrbuch, sono: la narcosi, la

sollecitazione di delirio, l’ipnosi etc.

57 Sulla suddivisione della volontà in base a distinti processi psicologici, quali

la motivazione, la deliberazione, la decisione e la realizzazione, Cfr, GULOTTA G., Psicoanalisi e responsabilità penale, Milano, 2005.

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alla tutela dell’integrità psichica, tralasciando, quindi, tutta la spiegazione filosofica, che, sebbene interessante, sarebbe troppo lunga e fuorviante.

Al contrario, non dobbiamo dimenticare il contributo di Giuliano Vassalli in merito alla “libertà morale”, della quale egli parla in un suo saggio degli anni Sessanta 58.

Per prima cosa, l’autorevole autore faceva notare la totale mancanza di riferimenti alla libertà morale nel nostro testo costituzionale.

In particolare, Vassalli distingueva la libertà morale da tutte le altre libertà costituzionali, soprattutto dalla libertà personale, e ne coglieva invece il fondamento in un fascio di norme costituzionali, tra cui l’art. 13 59.

Vassalli dà una propria definizione di libertà morale, dicendo che essa è la “libertà della sfera psichica dell’uomo (formata da coscienza, intelletto e volontà) da frodi o ingiuste imposizioni esterne” 60.

Anche Vassalli, dunque, parla di una “libertà del volere”.

Tuttavia, la vera novità che ci porta è un’altra: quella di suddividere la libertà morale in molteplici aspetti, i.e., nella libertà di coscienza, di pensiero, della vita “affettiva” (che egli chiama

58 Si tratta di VASSALLI G., Il diritto alla libertà morale (Contributo alla teoria

dei diritti della personalità), già in Studi in memoria di F. Vassalli, Torino, 1960,

vol. II, ora in G. VASSALLI, Scritti giuridici, Vol. III, Il processo e le libertà, Milano, 1997.

59 Vassalli vede implicazioni della tutela della libertà morale in svariate norme

costituzionali, tra cui: negli artt. 2 (diritti inviolabili dell’uomo con riferimento allo sviluppo della personalità umana), 4 (diritto e dovere di scelta della professione, nella quale è presupposto un “potere di auto convincimento e di interne determinazione”); 13 (che riguarda sia l’integrità fisica sia la libertà morale delle persone sottoposte a restrizione della libertà personale); 14, 15, 16, 19 e 21, che riconoscono in maniera “implicita” la libertà morale dell’individuo, e negli artt. 23, 25 e 32, giudicati “di ancor più rilevante interesse” per la tematica (Cfr. VASSALLI G., Il diritto alla libertà morale, cit. p. 266 e ss.).

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“vita psichica”, intendendo con ciò la sfera dei sentimenti e degli affetti di ciascuno di noi) ed infine della “libertà psichica”, che lo studioso distingue dal c.d. “diritto all’integrità morale” 61 (che per lui è l’onore).

Quello su cui va posto l’accento è che, per la prima volta, grazie a Vassalli, si riflette veramente sull’esigenza di ampliare la tutela penale della sfera affettiva, differenziando la libertà psichica sia dall’integrità fisica che da quella morale.

Ma anche questo scenario alla fine ci serve solo per prendere spunti sul tema dell’integrità psichica, in quanto sorgono comunque delle critiche: Vassalli, infatti, unisce la dimensione penalistica, incentrata sulle esigenze di tutela della persona, con quella costituzionalista, ma senza fare delle precisazioni.

Mentre, da una parte, la prospettiva penalistica descrive condotte lesive della libertà dei consociati, quella costituzionale individua modalità di compressione delle libertà nell’ambito dei rapporti fra cittadini e pubblici poteri 62.

Un confronto tra le due branche del diritto si rivela utile solo per conoscere il modo di assunzione di uno stesso dato esistenziale nei singoli rami dell’ordinamento 63.

Inoltre, seppur trovando un incontro con le norme costituzionali, Vassalli non riesce a risolvere il problema dell’esatta collocazione della libertà morale: per alcuni commentatori – come abbiamo già visto – risiede nell’art. 13 Cost., per altri nell’art. 23, lasciando

61 VASSALLI G., Il diritto alla libertà morale, cit., p.305

62 BARBERA A., I principi costituzionali della libertà personale, Milano, 1967,

ove troviamo l’affermazione, secondo cui la norma penale “vieta in quanto permette” e quella costituzionale, per cui “permette in quanto vieta”.

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invece all’art. 13 il compito di disciplinare solo la tutela dalle aggressioni fisiche alla libertà personale 64.

In realtà, possiamo così concludere: con l’analisi del concetto di volontà ci siamo chiariti anche il concetto di libertà morale.

Quest’ultima – ed è quello che ci interessa – più che trovare appiglio in una miriade di disposizioni, si può ricollegare a quel diritto all’ “autodeterminazione”, che la Corte costituzionale vede negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione 65.

3.2. L’attacco dei neuroscienziati alla libera volontà e le tesi

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 32-37)

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