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Considerazioni sulla tutela penale dei “sentimenti”

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 56-61)

4. Il ruolo dell’emozione e del sentimento nel diritto penale

4.4. Considerazioni sulla tutela penale dei “sentimenti”

Come abbiamo appena visto, le indagini relative alla “meccanica” delle emozioni, non bastano, tuttavia, a definire come esse intervengono sull’integrità psichica, in quanto non riescono a descrivere il fenomeno nella sua completezza 109.

Quello che però abbiamo fatto “nostro” è stato, tramite le teorie sulle emozioni analizzate – anche se solo quelle negative – il trarre degli spunti, ricostruttivi dei fenomeni psichici, caratterizzanti le fattispecie penali, e che possano esteriorizzare e rendere concreti, per l’appunto, tali fenomeni 110.

E così, dalla psicopatologia, abbiamo reso “tangibile” l’aspetto dell’integrità psichica, che, a suo tempo, avevamo chiamato “incolumità” (l’analisi psicopatologica, infatti, mette in luce dei confini obiettivi dell’essere bio – psichico, inquadrando psicopatologicamente un evento quale disturbo emotivo o dell’umore).

Dalla sociologia, invece, possiamo trarre un criterio di “standardizzazione” di taluni fenomeni interiori, riconducendoli al contesto sociale, in cui il soggetto si trova a vivere.

109 Come abbiamo visto, però, la diffidenza nei confronti delle emozioni e dei

sentimenti, secondo la tradizionale dicotomia, che li vedrebbe opposti alla

sfera del puro raziocinio, o come abbiamo più volte detto, della verificabilità, non sembra però motivo sufficiente a disincentivare un approccio critico: a dimostrazione, c’è il fatto, portato nella nostra analisi, che ieri e, ancor più, oggi, differenti campi del sapere convergono verso una sostanziale riabilitazione del ruolo del sentire (In questa nota, il riferimento va, in particolare, nell’epoca moderna e contemporanea, a SCHELER M., ora nuovamente nominato, però in collegamento ad un’opera diversa da quella precedentemente menzionata, i.e., Il formalismo nell’etica e l’etica materiale

dei valori: nuovo tentativo di fondazione di un personalismo etico, tr. it.,

Cinisello balsamo, 1996. Un’altra autrice contemporanea, in cui il tema del

sentire diviene essenziale, è ROBERTA DE MONTICELLI.

110 Cercheremo di dimostrare progressivamente come, nell’ottica del diritto

penale, l’interazione con la dimensione affettivo – emozionale rappresenta un momento non eludibile: l’attenzione ai sentimenti non va bandita, ma, allo stesso tempo, implica la necessità di “riuscire a leggerli anche con le lenti della

razionalità e della ragionevolezza”; così. FIANDACA G., Considerazioni intorno a bioetica e diritto penale, tra laicità e “post – secolarismo”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1/2007, cit. p. 555.

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Infatti, tramite gli impulsi e gli scambi tra l’individuo, le altre persone e l’ambiente, si ravvisa un’offesa nei confronti dell’altro profilo dell’integrità psichica: quello “interno” 111 , ossia l’alterazione di una “autoefficacia emotiva” - di un comportamento che non è più in armonia con le decisioni prese internamente dal soggetto stesso - che si assume frustrata a causa della mancata corrispondenza relazionale tra individuo e società.

Questi sono gli unici profili di rilevanza rispetto alla componente emozionale dell’integrità psichica.

La categoria confacente all’offesa dei processi psichici di tipo emotivo sarà la sofferenza psichica 112.

Soffermiamoci ora, in modo più dettagliato, sulla tutela penale dei sentimenti 113.

Tale tutela riguarda il termine “sentimenti”, secondo l’accezione maggiormente condivisa, e di conseguenza recepita, del “sentire collettivo” 114.

Anche in questo caso, come per le emozioni, occorre tracciare un percorso, che, partendo dalle varie teorie sui “sentimenti”, ci conduca a comprenderne il significato odierno e finalizzata ad una tutela nel campo penale.

Tracce di questo tema si rinvengono, soprattutto, facendo dei riferimenti comparati con sistemi diversi dal nostro.

Partendo, innanzi tutto (ed ancora una volta) dalla letteratura tedesca, possiamo notare come l’obiettivo degli scritti in materia

111 Cfr. il par. 2 del presente capitolo.

112 Della sofferenza psichica tratteremo nel terzo ed ultimo capitolo di questa

tesi.

113 Parleremo, a questo punto, della tutela penale dei sentimenti, tenendo fede

alla distinzione, che abbiamo trattato nel par. 2.3. del presente capitolo.

114 Cfr. la prospettiva filosofica dei sentimenti – della quale abbiamo già parlato

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“emotiva”, fosse in realtà quello di far luce su determinate categorie di delitti.

Ad esempio: reati contro il sentimento religioso, ma anche l’ingiuria, la minaccia e reati, nei quali fosse presente l’elemento tipico dello “scandalo” 115.

In realtà, l’utilità di queste argomentazioni, è ancora oggi dubbia, poiché non si è riusciti a venire al fondo di simili tematiche. Ci interessa, ora, soffermarci su un autore, che riteniamo importante per le conclusioni, alle quali è giunto nei suoi studi, e che risultano essere coerenti alla presente ricerca.

Stiamo parlando del filosofo americano Joel Feinberg 116, che, nei suoi quattro volumi dal titolo complessivo The Moral Limits of the Criminal Law (i.e., “I limiti morali del diritto penale) 117, sviluppa varie teorie, tra le quali quella dell’Harm to Self (e cioè il “danno a se stessi), al quale dedica un intero volume, il terzo. Nel linguaggio di common law, infatti, la categoria corrispondente al principio di offensività è l’harm principle 118, cioè il “principio del danno” 119, principio che sta ad indicare che solo un fatto che

115 Per una trattazione completa degli scritti su tali reati, si veda

GERSCHMANN M., Beiträge zu einer Theorie vom strafrechtlichen Schutze

des Gefühlslebens, I Teil, Borna – Leipzig, 1910.

116 FEINBERG, JOEL, fu un filosofo statunitense, conosciuto soprattutto come

studioso di scienza politica e di scienza della società. Egli cercò, infatti, di conciliare i diritti dei singoli individui con quelli della società, alla quale appartenevano. Ecco che quando Feinberg si riferisce ad “offense”, egli si riferisce sì agli stati mentali, ma pur sempre ambientati in un predeterminato contesto sociale.

117 Pubblicati ad Oxford e New York per la Oxford University Press: il primo

volume (1984) è intitolato Harm to Others; il secondo (1985) Offense to Others; il terzo (1986) Harm to Self; e il quarto (1988) Harmless Wrongdoing.

118 Anche se fu Feinberg a proseguire nella definizione e specificazione

dell’harm principle, quest’ultimo, in realtà, trae origine dal pensiero di John Stuart Mill. Ce ne parla in modo approfondito DONINI M., “Danno” e “offesa”

nella c.d. tutela penale dei sentimenti (note su morale e sicurezza come beni giuridici a margine della categoria dell’ “offense” di Joel Feinberg), in Riv. it. proc. pen., 2008, cit. p. 1567.

119 Egli afferma che, secondo il principio del danno, “è sempre una buona

ragione a sostegno della legislazione penale il fatto che essa sarebbe efficace per prevenire o eliminare o ridurre un danno a persone diverse dall’agente –

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abbia conseguenze dannose o pericolose dovrebbe poter essere incriminato.

Viceversa, nella parte dedicata alla “Offense to Others” 120, Feinberg distingue proprio il concetto di “offense” (concetto piuttosto generico, al punto da coincidere spesso con reato) da quello di “harm”.

Secondo Feinberg, infatti, è possibile giustificare una incriminazione, in alcuni casi ed a determinate condizioni, anche quando essa non produca una conseguenza pregiudizievole a terzi, cioè un harm, ma piuttosto un’offense, che egli intende come “insieme di stati mentali spiacevoli”, produttivi di un “fastidio, disappunto, vergogna etc.” 121

Per ogni “offesa”, Feinberg individua un determinato livello di irritazione psicologica, che ne è la conseguenza, in modo da poter effettuare una sorta di “gradazione” delle varie “offenses”. L’autore, tuttavia, non intende riferirsi alla mera tutela di sentimenti o di stati soggettivo – psicologici, in quanto tali.

A differenza dell’harm, che produce un“arretramento degli interessi”, sui quali una persona può legittimamente “scommettere” o vantare aspettative 122, nel caso dell’ offense si tratterebbe di una tipologia di fatti, che producono molestie di tipo pubblico o che aggrediscono diritti comuni a tutti i cittadini, arrecando disturbo, fastidio, imbarazzo, dispiacere, umiliazione

cioè dalla persona a cui si proibisce di agire – se non vi sono altri mezzi altrimenti efficaci ad un costo non superiore per altri valori. Cit. da FIANDACA

G. – FRANCOLINI G., in Sulla legittimazione del diritto penale, culture europeo

– continentale e anglo – americana a confronto, Giappichelli, Torino, 2008.

120 Cfr. FEINBERG J., Offence to Others, The Moral Limits of the Criminal

Law, Volume Two, Oxford, 1985.

121 Cfr. FEINBERG J., Offense to Others, Oxford Universit Press, New York –

Oxford, 1985, 1 ss.

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(…) 123; in ogni caso, atti meno invasivi di una lesione fisica o psichica (“injury”) o di un harm.

Essi, inoltre, per assurgere legittimamente ad illeciti minori, devono risultare illeciti, ossia, devono essere dei “torti” non giustificati, ma, allo stesso tempo, devono consistere in una molestia, che non va intesa come vero stato psicologico della vittima. In altre parole: ci dobbiamo trovare di fronte ad un torto, ma non si richiede che la vittima “senta” di subirlo; piuttosto, si deve trattare di molestie universalmente indesiderate.

Dunque, anche in questo caso, i “sentimenti”, così come considerati da Feinberg, dovrebbero costituire il fondamento, non di un sentire individuale, ma essere espressione di un valore sociale radicato nella collettività, a prescindere dalla eventuale partecipazione emotiva dei consociati 124.

Così, come per le emozioni, anche per i sentimenti, il riferimento a questi ultimi unicamente in chiave “psicologica”, mette a rischio il penalista riguardo la ricerca di un oggetto di tutela “afferrabile”. Se proprio si vuole addurre una giustificazione all’impiego del termine, bisognerà semmai confidare nella concezione filosofica del sentire come nesso fra essere umano e valori circostanti. Infatti, sentimenti quali l’ “irritazione”, il “disgusto” o tutti gli altri sentimenti negativi elencati dallo stesso Feinberg, non giustificano l’intervento e l’incriminazione penale, anche nel caso in cui si argomentasse, dicendo che si tratta di sentimenti, che contraddicono le concezioni morali dominanti.

In conclusione, la ragione per la quale non è possibile la tutela diretta ed esclusiva, come “oggetto giuridico”, dei sentimenti (così come dei sentimenti morali), è costituita dal fatto che essi non

123 Cfr. FEINBERG J., Offense to Others, cit., 6.

124 Si pensi, ad esempio, al sentimento religioso, alla pietà per i defunti, al

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sono un “oggetto giuridico” e non possono esserlo per carenza di tassatività 125.

È infatti necessario ancorare la sfera emotiva e morale delle persone a realtà socio – normative afferrabili e gestibili: il legislatore, ancor prima della magistratura, dovrebbe essere il primo a farlo, onde evitare i rischi di un diritto penale irrazionale.

5. La distinzione tra “integrità psichica” e altre forme di tutela

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 56-61)

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