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La violenza psichica in ambito domestico

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 138-144)

LA SOFFERENZA PSICHICA

LE FATTISPECIE CRIMINOSE ATTINENTI ALLA SOFFERENZA PSICHICA

1. La violenza psichica in ambito domestico

Con l’espressione “violenza domestica” si intendono tutte quelle forme di prevaricazione e tirannia all’interno della famiglia. L’individuazione di un profilo psicologico della violenza domestica si individua dipingendo la “famiglia” come luogo, non solo di “conflitto”, ma anche di “abuso” e “sopraffazione” di un membro sull’altro; abuso e sopraffazione, che spesso alludono ad una dimensione, non fisico – corporale, ma psichica, e spesso non recepita consapevolmente da chi vi è sottoposto.

Si tratta di una vera e propria “distorsione” del concetto di “famiglia” 298, così come luogo di crescita e sviluppo felice del bambino, che diventerà poi adulto, in un clima di serenità.

Le forme di “distorsione” di cui si sente maggiormente parlare – e che sono poi le più discusse – riguardano, in particolare, la coppia e il minore.

In merito alla prima, la spiegazione si rinviene nella “asimmetria biologica”299 tra uomo e donna, per la quale oggi si è andato formando il fenomeno della c.d. “violenza sulle donne”.

Gli effetti psicologici di tale violenza, oltre che fisici, possono sfociare in disturbi specifici a livello psichico: ansia, depressione, insicurezza e così via; ma possono talvolta manifestarsi anche

298 Cfr. GULOTTA G., Famiglia e violenza, Milano, 1984.

299 Cfr. PONZIO G., Crimini segreti. Maltrattamento e violenza alle donne nella

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come “sofferenza” sotto forma di umiliazione, in quanto chi la subisce viene sottomesso psichicamente, tanto da sentirsi socialmente isolato (il che richiama una visione, già esaminata, di “plagio” - poi ritenuto incostituzionale - e la condizione di suggestione e controllo del reo sulla vittima).

La seconda forma di distorsione riguarda invece la violenza nei confronti dei minori 300, che, tra l’altro, è strettamente collegata con quella di coppia.

Dal punto di vista psichico, tale violenza va subito collegata con i diritti del minore all’interno della famiglia, in particolare, quello ad un corretto sviluppo e ad essere seguito ed assecondato nelle proprie inclinazioni 301.

Questo è, tuttavia, un fenomeno di non semplice spiegazione; infatti spesso si traduce, non solo come atteggiamento repressivo dell’adulto verso il minore, ma anche eccessivamente permissivo, laddove una maggiore “repressione” avrebbe fatto meno danni 302.

La particolare sensibilità della vittima 303 insieme al potere di vita e di morte su di essa detenuto da parte dell’adulto, comportano l’inclusione nella violenza psichica di forme specifiche di violenza, quali, il maltrattamento fisico o sessuale, ma anche l’abbandono o la corruzione, l’ “incuria” fisica ed educativa, l’abuso e la trascuratezza “emotivi”.

Non a caso, accanto alla “violenza morale” si parla di una “negligenza morale”, che si può praticare anche con

300 V. CORRERA M.M. – MARTUCCI P., La violenza nella famiglia. La

sindrome del bambino maltrattato, Milano, 1988.

301 V. CORRERA M.M. – MARTUCCI P., La violenza nella famiglia.

302 Cfr. Cass. Pen., sez. VI, n. 36503, 23 settembre - 10 ottobre 2011, reperita

in www.cortedicassazione.it.

303 Il minore è infatti una vittima con delle peculiarità rispetto ad altre,

argomento trattato da MICOLI A. – MONTI D., La tutela penale della vittima

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comportamenti eccessivamente attenti, in quanto possono condurre a forme di oppressione psicologica del minore.

Vanno segnalate, inoltre, nuove forme di violenza, nate dagli ultimi sviluppi in tema di famiglia, come ad esempio la sempre maggior richiesta di separazioni e divorzi 304.

Proprio questi ultimi hanno contribuito a creare un disturbo che si presenta quasi esclusivamente nei contesti delle cause per la custodia dei bambini, dove si hanno bambini “programmati” dal genitore alienante (c.d. genitore “programmante”) per denigrare l’altro genitore alienato (c.d. genitore “bersaglio).

Il disturbo appena detto è chiamato Parental Alienation Syndrome (PAS), ossia “sindrome da alienazione parentale” 305, e si manifesta soprattutto quando nella realtà il genitore alienato non è colpevole di nessuno degli abusi, che gli vengono attribuiti dal bambino “programmato”.

Sebbene anche in questo caso si parli di “lavaggio del cervello” 306, risulta decisiva la collaborazione del minore, il quale soffre un disagio psichico, venendo ingiustamente sottratto dal legame affettivo con uno dei genitori.

304 Spesso i figli assistono ai litigi domestici. I bambini che assistono alla

violenza tra genitori presentano un rischio più elevato per una moltitudine di problemi affettivi e comportamentali, tra cui ansia, depressione, scarsi risultati scolastici, basso livello di autostima, disobbedienza, incubi e disturbi fisici.

305 Ne parla GARDNER R.A., in La relazione tra la Sindrome di Alienazione

Genitoriale e la Sindrome da Falso Ricordo, in Maltrattamento e abuso dell’infanzia, 7/2005.

306 La costruzione di una falsa memoria, rispetto all’altro genitore, permette al

minore di sostenere psicologicamente il rifiuto e la esclusione attraverso motivazioni sufficientemente gravi. Tutto questo deriva dall’indottrinamento da parte di uno dei genitori che programma (ecco che si dice che fa una sorta di “lavaggio del cervello”) e dal contributo personale del figlio a questa campagna di denigrazione.

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2. Lo stalking

Lo stalking è un fenomeno del tutto peculiare, di conio recente, che viene sintetizzato nel verbo inglese “to stalk”, ossia “braccare”, per indicare, approssimativamente, una forma di persecuzione 307.

Spesso è studiato assieme alla violenza domestica e talvolta ne costituisce una prosecuzione, mediante altri mezzi ed altre modalità.

Quello che a noi interessa è definire cosa accade psicologicamente alla vittima di stalking.

La lettura specialistica individua tre elementi fondamentali nella denotazione del reato, oggi disciplinato dall’art. 612 bis del nostro codice penale: la ripetitività della condotta (repeteated conduct), l’indesiderabilità della stessa da parte del destinatario (unwanted conduct) e, infine, una reazione emotiva da parte di quest’ultimo (fear, distress..) 308.

La realizzazione dello stalking avviene mediante pratiche “assillanti” 309, che mirano ad ottenere un contatto con la vittima e che possono essere accompagnate da comportamenti associati, quali aggressioni fisiche, distruzione di oggetti con particolare valore affettivo o l’uccisione di animali domestici 310. Il tutto va visto solo e soltanto nell’ottica della vittima 311, poiché è

307 Non a caso, l’art. 612 bis, più conosciuto come “stalking”, è in realtà

rubricato come “delitto di atti persecutori”.

308 FINCH E., Stalking the Perfect Stalking Law: An Evaluation of the Efficacy

of the Protection from Harassment Act, in Criminal Law Rev., 2002 (a cui si

rinvia per le definizioni sopra citate).

309 Cfr. MASTRONARDI V., Stalking o sindrome delle molestie assillanti, in V.

Volterra (a cura di), Psichiatria forense.

310 Comportamenti di questo tipo, come si può notare, mirano alla distruzione

di ricordi o semplicemente sensazioni piacevoli, che la vittima può trarre da oggetti, ma anche da animali, alla quale è particolarmente affezionata. Lo

stalker mira cioè alla distruzione psicologica ed emotiva.

311 L’atteggiamento del persecutore si traduce nella messa in atto di

comportamenti che apparentemente sono tipici di un corteggiamento o di normali manifestazioni d’affetto, ma che, per il loro carattere sempre più

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proprio quest’ultima a percepire tali comportamenti in un modo “morboso”312 ed a sviluppare conseguenti patologie, la più comune delle quali è il disordine post – traumatico da stress. Se infatti si provasse a valutare i comportamenti del reo in modo “oggettivo”, verrebbe meno tutta la componente psichica, che sta invece alla base della definizione della fattispecie di stalking. Si dice infatti che lo stalking è un fenomeno essenzialmente definito dalla vittima313, il cui disagio psicologico, solo a volte sfocia in un vero e proprio disturbo fisico.

In ambito medico – legale si è fatto riferimento ad una sindrome specifica: la Stalking Trauma Syndrome (STS) 314, cercando di racchiudervi tutte le conseguenze in termini di paura, ansia, rabbia, sensi di colpa, vergogna, disturbi del sonno e così via. Tuttavia, le indagini empiriche sugli effetti psicologici dello stalking risentono di numerosi fattori, quali le antecedenti condizioni psichiche e sociali della vittima, i suoi preesistenti legami con lo stalker e la stessa difficoltà a percepirne la rilevanza interiore.

maniacale e ossessivo, generano nella vittima un disagio che può portare a uno stato d’ansia e di paura, che le impedisce di vivere normalmente la propria quotidianità.

312 Ad esempio, un corteggiamento “assillante” ed insistente.

313 Molti sono gli scritti a riguardo, tutti accomunati ed incentrati sull’aspetto

delle “molestie assillanti”, dalle quali la vittima di stalking è circondata. Si è addirittura provato a creare delle “categorie”, che racchiudessero i vari tipi di

stalker, come ad esempio “il rancoroso”, “il rifiutato”, “il predatore” etc. (v.

MULLEN P.E. – PATHÈ M.PURCELL R.-MACKENZIE R., Lo stalker:

creazione di una nuova categoria di paura, di reato e di studio, in P.CURCI –

G.M., GALEAZZI-C. SECCHI (a cura di), La Sindrome delle Molestie assillanti

(stalking), Milano, 2003); tuttavia, ciò che davvero distingue una fattispecie

delittuosa da un’altra è sempre la “soggettività”, ossia la percezione della vittima, che rimane la vera protagonista. Anche per questo motivo, lo stalking risulta un fenomeno ampiamente discusso e con una tutela penale di difficile realizzazione.

314 Nel 2001 Paolo Curci e Gian Maria Galeazzi, due psichiatri italiani,

introdussero il concetto di “sindrome delle molestie assillanti”, costituita da “un insieme di comportamenti ripetuti e intrusivi di sorveglianza e di controllo, di ricerca di contatto e di comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o allarmata da tali attenzioni e comportamenti”.

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Lo stalking si presenta, dunque, come una “disfunzione relazionale” 315, che può manifestarsi, non unicamente in campo affettivo, ma anche lavorativo, professionale o, addirittura, tra soggetti che non si conoscono affatto (il c.d. celebrity stalking)316. È importante, allo scopo di una definizione e, conseguentemente, di una tutela più efficace dello stalking, evidenziare proprio il profilo “sociale” che ne sta alla base; tale fenomeno si estrinseca in un “costrutto relazionale”, che vive con proprie regole e che si autoalimenta, prendendo forza dalla conoscenza della vittima e dalle caratteristiche soggettive di entrambi i protagonisti; non a caso, spesso la vittima è costretta a cambiare le proprie abitudini, modificando addirittura lo stile di vita finora assunto.

Emerge così la variabilità del fenomeno in ragione di differenti coordinate culturali e, in particolare, del ruolo della donna nella società317; elementi, questi, che fanno dubitare sulla reale efficacia di una sanzione penale al riguardo, dato e considerato

315 In un’ottica tendente a congiungere i profili dell’autore e della vittima, si è

anche coniata una “Sindrome delle Molestie Assillanti” (SMA), che rappresenta “per le specifiche interazioni nella coppia molestatore – vittima, una distorsione e/o una vera e propria patologia della comunicazione e della relazione” (v. CURCI P.-GALEAZZI G.M.-SECCHI C., Introduzione, in La Sindrome della

Molestie Assillanti, cit. pag. 13).

316 Trattasi della persecuzione perpetrata ai danni di una vittima dotata di una

certa visibilità da parte di sostenitori o di invidiosi, che cercano una sorta di rapporto idealizzato, impossibile da realizzare.

317 Si parla sempre della “donna”, essendo lo stalking un fenomeno quasi

totalmente femminile. Si veda, a tal proposito, COLOMBO C., Lo stalking. La

donna come vittima privilegiata e le tipologie di nuova emersione, in Riv. pen.,

2010. Le radici dei nostri comportamenti, inoltre, sono in relazione con la tradizione culturale di appartenenza, con la struttura sociale, con il sesso della persona - il quale determina le diverse sottoculture femminile e maschile - e con il processo concreto che ha vissuto la persona attraverso i distinti agenti di socializzazione, quali sono il nucleo familiare, la scuola, i mezzi di comunicazione, i gruppi di pari ecc. Tutto ciò agisce nel mondo particolare che la persona si crea, diventando un insieme di sensazioni, emozioni, pensieri, modi di comportarsi e relazionarsi, che genera la struttura della personalità. Questa struttura della personalità non è permanente, anzi attraversa dei momenti di crisi e cambiamenti continui.

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che lo stalking non è stato ancora precisamente definito neppure dalle analisi condotte da altre scienze.

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 138-144)

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