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Le manipolazioni finalizzate al miglioramento delle prestazioni mental

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 119-123)

LA MANIPOLAZIONE MENTALE

4. Riflessioni sulla manipolazione “diretta”

4.1.1. Le manipolazioni finalizzate al miglioramento delle prestazioni mental

La manipolazione diretta aggira i meccanismi cognitivi, intervenendo sul sistema nervoso centrale.

Che sia utilizzata o meno per scopi terapeutici, è indubbio che tale possibilità ci ponga davanti innumerevoli dubbi etici e giuridici 253.

Tra gli interventi al cervello a scopo terapeutico possiamo menzionare la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS), una cura che viene messa in atto per combattere il morbo di Parkinson.

La valutazione riguardo la DBS è positiva, essendo una cura improntata all’ottenimento di benefici per i pazienti 254.

I dubbi etici di cui parlavamo si hanno, invece, quando si amplia l’orizzonte delle tecniche terapeutiche oppure quando si interviene sul cervello con altre finalità, ossia a scopo sperimentale, ludico, allucinogeno o estetico.

252 Cfr., ancora TAYLOR K., Brainwashing.

253 Per una trattazione dei profili scientifici, etici, sociali e normativi della c.d.

manipolazione diretta, in Italia si vedano i lavori raccolti da SIRONI V.A. – PORTA M. (a cura di), Il controllo della mente, Roma – Bari, 2011.

254 Cfr. BORGHI L., Profili bioetici della neurostimolazione, in Medicina e

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Restare svegli e concentrati per ore ed ore, giorno e notte; migliorare le proprie capacità di memoria e non sentire la fatica. Tutto ciò è oggi una realtà, collocabile all’interno del c.d. “enhancement”, termine inglese 255 che sta, approssimativamente, per “miglioramento”; in bioetica, in particolare, si indica un intervento medico che va oltre la misura necessaria al mantenimento oppure al ripristino della salute 256. Allo stesso modo, il “neuroenhancement” 257 (o potenziamento cognitivo) indica il “miglioramento” delle prestazioni mentali mediante interventi esterni, aventi effetti sul cervello.

Si tratta di un aumento delle proprie prestazioni, possibile principalmente grazie all’assunzione di alcuni farmaci 258 per modificare l’umore oppure a tecniche più complesse come le stimolazioni transcraniche (elettriche o magnetiche), per aumentare la motivazione.

Immediatamente coinvolto nell’esame della tutela penale dell’integrità psichica, però, è quell’aspetto dell’ “enhancement”, che richiede l’assistenza medica, previo consenso del paziente259.

255 Si tratta, infatti, di un tema per il momento non interessato da nessuna

disciplina normativa e su cui, in Italia, non sembra essersi sviluppato il dibattito che invece segna la discussione nei paesi di matrice anglosassone.

256 Parla delle difficoltà di questioni del genere Ombretta Di Giovine in Un

diritto penale empatico? Diritto penale, bioetica e neuroetica, Torino, 2009. A

livello etico, per alcune riflessioni, v. COLOMBETTI E., Etica delle

neuroscienze, in SIRONI V.A. – PORTA M. (a cura di), Il controllo della mente,

Roma – Bari, 2011.

257 In Italia, tuttavia, non esiste ancora una discussione approfondita al

riguardo. “Nel mondo anglosassone l’utilizzo di questo genere di farmaci da

parte di studenti è risaputo e i giornali ne parlano. Nell’Europa continentale, invece, l’impressione nell’opinione pubblica è che si tratti di uno scenario futuribile. Non è così”, cit. Agnes Allansdottir (psicologa sociale che lavora per

il Toscana Life Sciences (Tls) di Siena).

258 Si pensi, ad esempio, al Ritalin, che serve a trattare i vero o presunti “deficit

dell’attenzione”; al Paxil come rimedio alla timidezza; al Prozac, usato per annullare i disturbi dell’umore etc.

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È evidente, infatti, che la maggior parte delle pratiche sopra dette non possono essere realizzate senza assistenza.

Dal punto di vista del campo da noi esaminato, dunque, l’ “enhancement” è applicabile se sussistono due condizioni: la prima è quella per cui il paziente non se ne deve servire a scopo terapeutico, ossia per curare una malattia, mentre la seconda è data dal fatto che il paziente, dal suo punto di vista, deve intravedere nell’ “enhancement” un effetto positivo 260.

Tali condizioni racchiudono il vero senso dell’ “enhancement”: esso si colloca al di fuori della medicina, poiché il suo scopo non è quello di curare la malattia, ma di potenziare le prestazioni di un corpo sano.

In altre parole: il ricorso a tali preparati al di fuori delle ipotesi in cui essi servano a curare specifici disturbi ed al generico scopo di potenziare le prestazioni e dunque la qualità di vita individuale suscita – a primo impatto – una reazione negativa.

A questo, però, si deve aggiungere che – come abbiamo fatto presente in varie parti della trattazione – ad essere cambiato è lo stesso concetto di “salute”, inteso non più solo come “assenza di malattia”, ma come aspirazione ad un maggiore benessere psico- fisico.

Lo sostiene anche il celebre scienziato Michael Gazzaniga, interrogandosi sulle ragioni per cui i più si oppongono istintivamente al cambiamento delle proprie abilità cognitive mediante i suddetti farmaci.

Egli risponde, allontanando l’eccessivo allarmismo, creatosi attorno a queste pratiche, verso le quali sono state mosse numerose critiche, tra le quali, una delle più importanti è stata quella di chi ha comparato la pratica dell’ “enhancement” a quella

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del “doping” 261, fondando su tale paragone la richiesta di un divieto assoluto di “enhancement”.

Tale critica va senz’altro respinta, per un motivo in particolare: il miglioramento delle prestazioni mentali può attecchire in settori della vita sociale non sottoposti a regole di correttezza concorrenziale nei rapporti con gli altri competitori.

Gazzaniga stesso si oppone al pensiero comune, secondo cui la società ritiene sleale un potenziamento cognitivo, che non sia stato raggiunto dal duro lavoro o dal faticoso studio, ma solo tramite l’assunzione di una pillola, che ci permette di “imprigionare nella mente le informazioni dopo averle lette una sola volta” 262.

Infatti, secondo lo scienziato, l’utilità di tali farmaci è compensata da una serie di svantaggi collaterali 263 e, comunque, l’opinione negativa che li accompagna non differisce molto da quella che accompagnò la prima diffusione degli interventi di chirurgia estetica.

In realtà, queste osservazioni non ci appaiono risolutive.

È scontato, infatti, prevedere una futura e sempre crescente diffusione di tali ritrovati; il fenomeno sarà favorito dall’impossibilità di distinguere il trattamento terapeutico, per il quale il ricorso alla farmacologia incontra un favore generale, dal mero potenziamento delle capacità normali di un soggetto. Inoltre, non si esclude neppure un eventuale effetto boomerang, ossia la necessità, da parte degli individui, di aver diritto, non solo

261 Si è parlato di “doping cerebrale”: KUNZ E., Gehirndoping: Unheil oder

Segen?, in MedR, 2010. Cfr. anche, per esempio, S. ROSE, Il cervello del ventunesimo secolo, Ed. Codice, 2005, p. 318.

262 Cfr. GAZZANIGA M., La mente etica, ed. Codice, 2006, cit., 70.

263 È dubbio, ad esempio – sostiene Gazzaniga – che la capacità di ricordare

ogni particolare della propria vita sia apprezzato dai potenziali fruitori come un vantaggio piuttosto che come un handicap (in tal ultimo senso deporrebbero l’uso di alcool ed il diffuso consumo di droghe, nonché l’ampio ricorso all’analisi psichiatrica).

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al miglioramento delle proprie condizioni di salute, ma anche della propria intelligenza, come sta avvenendo, d’altronde, in relazione al proprio aspetto esteriore 264.

Dunque, per tornare alla lesione dell’integrità psichica, chi si sottopone all’ “enhancement” o al “neuroenhancement” per incrementare le proprie prestazioni mentali, può solo cagionare l’offesa di un bene individuale, nell’ottica di un bilanciamento con il diritto penale.

Solo che, attualmente, il “neuroenhancement”, non curando né causando malattie, non rivela rischi di lesioni di alcun tipo. Piuttosto, l’attenzione va spostata, più che alle norme che tutelano l’incolumità personale, all’individuazione delle norme che sono maggiormente correlate ai pericoli derivanti dai cambiamenti della personalità, cagionati dal tipo di intervento subìto 265.

Infatti, la promozione commerciale e ideologica di questi prodotti modificherebbe la stessa idea di malattia e rischierebbe di compromettere il senso del sé, da intendere non tanto come individualità propria, bensì come una più generale condizione umana, fatta di diversità tra individui ed altresì fondata sull’accettazione dei propri limiti.

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 119-123)

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