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Introduzione: il significato di “manipolazione mentale”

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 93-97)

LA MANIPOLAZIONE MENTALE

1. Introduzione: il significato di “manipolazione mentale”

Giunti a questo punto della trattazione, andiamo ad analizzare una volontà di tipo diverso da quella scandagliata nel capitolo precedente, ossia la volontà come entità manipolabile.

In tal senso, credo che sia molto interessante dire che ci troviamo adesso di fronte all’analisi di una volontà in senso empirico 195. Ancor più interessante, è la spiegazione che possiamo farne derivare: il riferimento, infatti, è alla filosofia kantiana, nella quale il filosofo utilizza il termine “empirico” in antitesi al termine “puro”, per descrivere ciò che nel complesso deriva allo spirito, non dalle sue stesse forme, ma ciò che perviene ad esso dal di fuori 196. È chiaro, dunque, il collegamento con il concetto di “manipolazione”, che, anche nel linguaggio comune, richiama –

195 Come si dirà subito dopo, quel che si intende per “empirico” lo si capisce

bene facendo riferimento a quella che Kant, nella sua Critica della ragion

pratica (1787), definisce come autonomia della volontà, indicando con ciò il

potere della ragione umana di dare a se stessa le proprie leggi morali, prescindendo da qualsiasi condizionamento esterno. Infatti, per Kant – come sappiamo – l’azione morale è valida solo se si fonda su un impulso autonomo; qualora, invece, l’uomo derivasse le regole del proprio agire da fattori esterni al suo essere razionale (ossia dai desideri, dagli interessi, dai piaceri, dalla volontà divina, etc.) si avrebbe eteronomia. Il “Sii legge a te stesso” kantiano, è l’affermazione secondo la quale, perché l’azione morale sia universalmente valida, questa deve scaturire direttamente dall’interiorità consapevole dell’uomo. Con “empirico”, dunque, si intende tutto ciò che è esterno alla razionalità dell’uomo. Quanto detto ci dà la perfetta introduzione all’argomento del presente capitolo, riguardante proprio una tematica di influenzamenti esterni sull’individuo, quali tutti i meccanismi manipolativi dell’integrità psichica.

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in generale – tutti quegli accadimenti esterni, che vanno ad interferire con la sfera interna di ogni individuo.

Si è a lungo discusso della possibilità di manipolare le menti degli individui; tuttavia, soprattutto dall’ambito scientifico - al quale si riferivano le maggiori domande - non sono ancora oggi giunte delle risposte valide, tanto che il fenomeno della manipolazione mentale rimane dibattuto e controverso.

In particolare, a seguito della declaratoria di incostituzionalità del delitto di plagio 197, non riscontriamo nel nostro ordinamento una norma specificamente dedicata – letteralmente – alla manipolazione mentale.

Proprio per questo motivo, dovremo cercare di orientare la nostra ricerca verso quegli ambiti – molto spesso caratterizzati da vere e proprie linee di confine – che hanno provato a richiamare il concetto di manipolazione mentale ed a darne una

Nel linguaggio comune, anzi tutto, si parla di “manipolazione”, volendo indicare quell’atteggiamento consistente nel “guidare e dirigere le persone senza o contro la loro volontà, dell’utilizzo delle stesse come oggetto e del procacciamento di vantaggi in modo truffaldino o non proprio legale” 198.

197 L’art., dichiarato illegittimo ai sensi della Costituzione, dalla Corte

Costituzionale, con sentenza 8 giugno 1981, n. 96, legiferava sulla fattispecie del “plagio”, con la seguente dicitura: “Chiunque sottopone una persona al

proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”. Prima della sua incostituzionalità, era

stato il codice penale del 1930 a volere una distinzione tra delitti di schiavitù e plagio (mentre il codice Zanardelli non prevedeva la fattispecie di plagio), al fine di scindere l’incriminazione delle situazioni di schiavitù di diritto, riservata ai delitti di schiavitù, e la incriminazione delle situazioni di schiavitù di fatto, rimessa alla nuova fattispecie di plagio. Questa fu, tra l’altro, una distinzione, che subì molte critiche, la principale delle quali verteva sul fatto che non fosse necessario uno “spezzettamento” in più fattispecie di un fenomeno, che poteva benissimo essere considerato unitariamente.

198 Tale precisazione è stata effettuata dalla Corte costituzionale tedesca, in

un contesto, nel quale non era necessario appurare alcuna verità scientifica sul fenomeno ed in un ordinamento, che non possiede una fattispecie penale

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Anche la scienza criminologica ha sentito il bisogno di definire la manipolazione, usando questi termini: “la manipolazione è una riprogrammazione emotivo – culturale di un individuo, con la sua conseguente destrutturazione percettivo – ambientale” 199.

Da quanto osservato, si può già evincere un principio generale in materia di manipolazione 200: quest’ultima, infatti, si innesta nel “condizionamento”, che viene effettuato sulla personalità altrui, ma, allo stesso tempo, si distingue dagli altri tipi di condizionamento, in quanto comporta una “riprogrammazione dell’intera personalità” 201

1.1. “Manipolazione” e “costrizione”

Nel paragrafo precedente abbiamo cercato di spiegare il concetto di “manipolazione”, ricercandone il significato sia nel linguaggio comunemente utilizzato, che all’interno dei “saperi”, che più si sono concentrati su tale tematica e che, dovendone necessariamente prendere atto, hanno dovuto anche darne una definizione.

Ancora, però, non ci è chiaro come una compressione della volontà, come quella che si attua tramite la manipolazione mentale, si distingua dall’altro tipo di compressione della volontà – che abbiamo già esaminato – i.e., quella cagionata dalla costrizione.

La comparazione è chiara: si allude al reato di violenza privata, percepito come “affine” al tema di questo secondo capitolo,

199 Così BRUNO F. – BARRESI F. – MASTRONARDI V. – FIORI M., Sette

religiose e satanismo criminale: aspetti criminologici e psichiatrico – forensi, in

V. VOLTERRA (a cura di) Psichiatria forense, criminologia ed etica

psichiatrica, II ed., Milano, 2010, cit., p. 413.

200 Il principio che diremo, tra l’altro, sta anche alla base della discussione sul

“plagio”.

201 Qualsiasi riferimento, infatti, alla “manipolazione mentale”, in qualsiasi

ambito, sembra confermare tale elemento – principio, che caratterizza la fattispecie manipolativa.

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poiché la necessità dell’art. 610 – come ben sappiamo – è quella di tutelare quella possibilità di determinarsi

spontaneamente, secondo motivi propri, la quale rappresenta uno degli aspetti essenziali della libertà personale, generalmente detta, libertà morale.

La configurabilità della violenza privata, tuttavia, presuppone il compimento della condotta, come già detto, con violenza o con minaccia.

La difformità sta nel fatto che, mentre nella violenza privata il soggetto passivo è in grado di percepire la gravità ed i rischi a cui sta andando incontro, subendo, quindi, consapevolmente, la coazione della sua volontà (che, però, rimane integra), nel caso in cui avvenga una manipolazione mentale, quest’ultima comporta una situazione del tutto differente: al soggetto passivo, cioè, manca la corretta percezione di ciò a cui sta andando incontro; anzi, talvolta è anche possibile riscontrare una sorta di “consenso”, che invece manca del tutto nell’art. 610 c.p. 202 In altre parole, alla domanda che ci siamo fatti poco sopra, si può rispondere abbastanza semplicemente: la persona manipolata, nella realtà, non subisce alcuna costrizione, a meno che non si voglia – appositamente – incappare in uno stratagemma retorico, consistente nell’affermare che la persona manipolata sarebbe sempre e comunque “costretta”, in quanto il suo consenso è, in

202 Tra l’altro, la particolarità della violenza privata, risiede anche nel fatto che

si tratta di un’ipotesi di delitto molto generica, spesso sostituita da ipotesi specifiche come, ad esempio il caso della lesione della libertà sessuale o dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni (artt. 392 – 393 c.p.); in questi casi la violenza privata si presenta come un reato sussidiario, che viene in considerazione solo se la fattispecie concreta non integra gli estremi di un reato più specifico. Una norma, invece, prima costituita dal plagio, e che oggi dovrebbe esser creata a tutela del reato di manipolazione mentale (argomento di cui parleremo nei successivi paragrafi), dovrebbe andare a ricoprire la tutela di un bene giuridico, quale l’integrità psichica, che non può trovare protezione in nessun’altra fattispecie di reato.

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ogni caso, “viziato” o solo “apparente”, proprio perché oggetto di una manipolazione.

La risposta è abbastanza semplice: la persona manipolata, nella realtà, non subisce alcuna costrizione, a meno che non si voglia – appositamente – incappare in uno stratagemma retorico, consistente nell’affermare che la persona manipolata sarebbe sempre e comunque “costretta”, in quanto il suo consenso è, in ogni caso, “viziato” o solo “apparente”, proprio perché oggetto di una manipolazione.

Quel “consenso”, cui ci riferivamo proprio sopra, può avvenire nel caso in cui – paradossalmente – il soggetto passivo, subendo una manipolazione, senza realizzata la propria personalità, o, addirittura, senta un ricongiungimento con il proprio io interiore 203.

In un caso del genere, parlare di “costrizione” non avrebbe davvero senso.

2. L’oggetto della manipolazione mentale rapportato al

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