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Motivi dell’abrogazione del plagio e sua problematica attuale

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 113-117)

LA MANIPOLAZIONE MENTALE

3. La manipolazione mentale come reato

3.1.2. Motivi dell’abrogazione del plagio e sua problematica attuale

La corte Costituzionale, come sappiamo, con sentenza n. 96 del 1981, ha abrogato l’art. 603 c.p., che disciplinava il plagio.

237 È stato rilevato, infatti, che situazioni di condizionamento mentale possono

riscontrarsi anche nei rapporti di normale convivenza umana, in ordine ai quali sarebbe assurda la configurazione del delitto di plagio. Si pensi, ad esempio, al rapporto amoroso, al rapporto di dipendenza del discepolo dal maestro, al rapporto interpersonale che si istituisce sul piano della fede religiosa, alla soggezione dei figli rispetto ai genitori. Se si accoglie, inoltre, l’interpretazione per cui il plagio sussiste ogni qual volta un soggetto soccomba psicologicamente ad altri, qualunque sia stata la condotta che ha causato l’evento, si pone un altro dubbio di costituzionalità dell’art. 603 c. p. a fronte dell’art. 21 della Costituzione. La condotta potrebbe infatti realizzarsi anche mediante la parola, anch’essa strumento di suggestione, e ciò potrebbe risultare aberrante rispetto alla libertà di manifestare il proprio pensiero, appunto garantita dall’art. 21 Cost.

238 La concezione di cui si parla pone l’accento sulla interpretazione della

soggezione totale, consistente – secondo questa teoria - nell’amputazione

della personalità dal suo universo di relazioni interpersonali, necessarie allo sviluppo della stessa, anche senza bisogno di pervenire al totale automatismo della vittima.

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Tuttavia, la Corte, così facendo, non ha risolto la questione penalistica sottesa al fenomeno del plagio, che rimane quanto mai attuale.

Anzi, a distanza di oltre venti anni, è avvertita, oggi più che allora, la necessità di approntare un’idonea tutela contro i subdoli e devastanti attacchi alla libertà psichica e morale dell’individuo. Come fare, però, è arduo a dirsi.

Le motivazioni della Corte Costituzionale si riferivano proprio alle interpretazioni dell’art. 603 c.p. – alle quali abbiamo sopra accennato – che non erano in grado di fornire una definizione di “soggezione” diversa dallo stato di incapacità di intendere e di volere 239.

Dunque dichiarò incostituzionale la norma, in quanto contemplava la punibilità di un fatto non verificabile nella realtà concreta, proprio per l’inafferrabilità del concetto di “soggezione”, da quale derivava, di conseguenza, anche il pericolo di un arbitrio del giudicante nell’applicazione della norma 240.

È evidente, infatti, che una situazione di “soccombenza” 241, determinata da meri agenti psichici, potrebbe anche non manifestarsi oggettivamente nelle forme di una situazione morbosa clinicamente definibile.

Così ricostruita la fattispecie del plagio, è comprensibile la decisione della Corte Costituzionale di affermare l’esistenza di un concreto pericolo di arbitrio da parte del giudicante, poiché

239 Tale rilievo era emerso, ben prima della sentenza, anche in dottrina: TURSI

C., Principi costituzionali e reato di plagio, in Arch. Pen., 1969.

240 Il Giudice della Consulta, infatti, definì il plagio come una “mina vagante

nel nostro ordinamento, potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi dipendenza psichica di un essere umano da un altro essere umano”.

241 Si è parlato di “succubanza”, in particolare, nell’ambito psichiatrico –

forense, come evento appartenente al genere della “suggestione”, alludendo, appunto, ad uno stato di suggestione che si prolunga nel tempo ed ha la caratteristica dell’abitualità.

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l’ipotesi di una totale soggezione psicologica di un soggetto nei confronti del suo plagiante pare di difficile riscontro pratico. Quanto alla condotta, la Consulta osservava come non rilevasse la distinzione fra condotta persuasiva, e quindi legittima, e condotta suggestiva, dunque illegittima, essendo quest’ultima plagiante 242; ma su tale argomento abbiamo già disquisito a sufficienza nel paragrafo precedente; qui lo richiamiamo unicamente al fine di far comprendere come il problema sia, nella pratica, sempre lo stesso: ed è quello di affidare al giudice il compito, fin troppo arbitrario, di graduare la “qualità” dell’attività psichica, in questo caso, distinguendo tra il fenomeno persuasivo e quello suggestivo.

Tutto questo per dire che, nonostante i contributi della scienza psichiatrica, il diritto penale presenta chiaramente dei limiti nella materia de qua: non ha gli strumenti mirati, o meglio, ha un numero limitato di strumenti, per intervenire contro la manipolazione mentale, considerato che una volta individuate le condotte, l’evento dipenderebbe comunque da una serie di condizioni di ordine soggettivo che sfuggono ad una regolamentazione generale e astratta.

In effetti, un diritto penale moderno disciplina fatti e non fenomeni. Ora, le prospettive di riforma in sede penale sono state orientate a soddisfare il criterio della tassatività, ma si sono tutte arenate nelle aule parlamentari 243.

242 La sentenza della Corte, infatti, non nega che nelle relazioni umane si

possa dar luogo alla “soggezione” incriminata dall’art. 603 c.p.; piuttosto, essa nega che la “suggestione” e la “persuasione” indichino due modalità diverse di produzione di tale stato psichico.

243 come i disegni di legge n. 800 e n. 1777 del Senato della Repubblica. Per

il primo disegno si tratterebbe di un reato di evento solo apparentemente a forma vincolata, ma in realtà a forma libera. Tra le modalità della condotta vi è la suggestione: riemerge così il deficit di tassatività. Quanto al fatto, esso deve essere tale da escludere o limitare la libertà di agire e la capacità di autodeterminarsi. Il secondo comma, ancor più indeterminato, comprenderebbe l’induzione a compiere qualsiasi atto lesivo o pericoloso per l’integrità fisica o psichica: indeterminatezza che contraddice la stessa

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Tuttavia, la consapevolezza della gravità dei condizionamenti psichici e il cresciuto sentire collettivo circa la meritevolezza della tutela della libertà morale, sottolinea il problema della necessaria ricerca di nuovi strumenti e di nuove tecniche di protezione a carattere penale (ma anche extrapenale) 244.

In conclusione, la domanda che dobbiamo porci è la seguente: quali caratteri deve avere una fattispecie penale che, nel rispetto del principio di determinatezza – tassatività, si faccia carico di tutelare l’integrità psichica dell’individuo con quella necessaria chiarezza e precisione idonee ad evitare gli arbitri del giudice? In primo luogo, occorre sottolineare che il principio di determinatezza – tassatività richiede che la norma incriminatrice sia comprensibile non solo dal giudice, ma anche dall’intero corpo sociale, cui è destinata 245.

Tornando da ciò da cui eravamo partiti, ed effettuando un collegamento con la vicenda del plagio sinora descritta, possiamo dire che il problema non sta tanto nel provare o negare l’esistenza

frammentarietà del diritto penale. Nel disegno n. 1777 la fattispecie è descritta con maggiore precisione: si potrebbe parlare di reato di evento a forma vincolata, laddove ritenessimo che le pratiche di condizionamento della personalità rinviino alle tecniche di manipolazione mentale. Per quanto riguarda le modalità di condotta, la previsione di mezzi chimici e di interventi chirurgici risulterebbe inutile, giacché i trattamenti medici non giustificati dalle leggi dell’arte o dal consenso del paziente, sono già sanzionati penalmente a titolo di lesioni gravissime e di stato di incapacità procurato mediante violenza, e civilmente a titolo di risarcimento del danno. Ai sopracitati disegni si vanno poi ad aggiungere anche le proposte di legge n. 5440 e n. 5511 della Camera dei Deputati della XIV Legislatura, caduti anch’essi nel nulla come il progetto Pagliaro.

244 Tra le misure civilistiche, che non sono oggetto della nostra ricerca, si

possono ipotizzare: l’annullamento delle disposizioni patrimoniali delle vittime di condizionamenti psichici; l’inabilitazione temporanea delle vittime dei condizionamenti; l’attribuzione di poteri inibitori al giudice civile etc.

245 È, dunque, un problema che attiene alle tecniche di formulazione della

legge penale, come ci dice MASSIMO DI BELLO, Rivista di Criminologia,

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della manipolazione 246; quanto, piuttosto, nel delineare un’ “idea”, una “categoria”, nella quale inserire quelle situazioni, in grado di ingenerare rapporti di dipendenza, tenuto conto, però, del fattore collaterale 247, secondo cui spesso sono le persone stesse a cercare una qualche forma di sottomissione in una particolare fase della loro vita 248.

L’elemento dell’interazione umana soggiace in tali casi ad un “rischio consentito” di assoggettamento psicologico 249.

Quest’ultima considerazione è valida se ci riferiamo all’eventuale rilievo penale di tecniche di condizionamento psicologico di tipo discorsivo.

Esigono, invece, un approfondimento, le forme di “manipolazione diretta”.

Nel documento INTEGRITA' PSICHICA E TUTELA PENALE (pagine 113-117)

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