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Il caso di Malleolo Contatti dottrinal

L’ORIGINE RETORICA DELLA QUERELA

3.5 Il caso di Malleolo Contatti dottrinal

L’analisi in questo capitolo è partita da uno degli ultimi momenti dell’argomentazione (il color insaniae). È importante capire, a questo punto, come dagli elementi in mano ai retori (furor/pietas, testamenti factio attiva, preterizione e strumenti retorici) sia possibile connettere l’artificio di follia e l’inofficiosità797. Rifuggendo dall’impostazione di Guarino798

, in questa sede si riterrebbe più ragionevole valorizzare un momento della posizione di Zuccotti (non potendo abbracciarla nella sua interezza), maggiormente rispetto a quanto osservato dalla Di Ottavio, seppur inevitabilmente assorbendo le conclusioni di quest’ultima. Questa decisione apparirebbe necessitata dalla stessa definizione di officium pietatis offerta nelle pagine iniziali. Entrambi gli autori elaborano la propria argomentazione ergendosi da due brani retorici, esplicitamente richiamati in materia di ratiocinatio799: Rhet. Her. 1.23800 e Cic. Inv.

797 Cfr. D. DI OTTAVIO, Ricerche, cit., 48ss. 798

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid., la quale, nella sua usuale tecnica comparativa, riporta la posizione di Guarino, il quale prende le distanze dall’interpretazione analogica, ritenendo «che la similitudo operi tra la condizione giuridica del furiosus e la condizione giuridica del parricida giudicato tale: quest’ultimo avendo leso “l’unità e la dignità della sua familia è da ritenere privo della potestà di esserne il capo e di conseguenza manca della testamenti factio attiva”».

799 § 2.9.3.a.5

800

Rhet. Her. 1.23 – Ex ratiocinatione controversia constat, cum res sine propria lege venit in iudicium, quae tamen ab aliis legibus similitudine quadam aucupatur. Ea est huiusmodi: Lex: si furiosus existet, adgantum gentiliumque in eo pecuniaque eius potestas esto. Et lex: qui parentem necasse iudicatus erit, ut is obvolutus et obligatus corio devehatur in profluentem. Et lex: paterfamilias uti super familia pecuniave sua legaverit,ita ius esto. Et lex: si paterfamilias <intestato moritur, familia> pecuniaque eius agnatum gentilium esto. Malleolus iudicatus est matrem necasse. Ei damnato statim follicu<lo> lupin<o>os <obvolutum est> et solae ligneae in pedibus inductae sunt: in carcerem ductus est. Qui defendebant eum, tabulas in carcerem adferunt, testamentum ipso praesente conscribunt, testes recte adfuerunt; de illo supplicium sumitur. Ii, qui, heredes erant testamento, hereditatem adeunt. Frater minor Malleoli, qui eum obpugnaverat in eius periculo, suam vocat hereditatem lege agnationis. Hic certa lex in rem nulla adfertur, et tamen multae adferuntur, ex quibus ratiocinatio

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2.50.148s.801 Quest’ultimi sono i primi brani retorici in cui si riscontra l’elemento di una follia artificiosa prodromica alla declaratoria di nullità di un testamento802. La natura delle esemplificazioni retoriche, non del tutto avulsa dalla realtà giuridica, si mostra chiaramente in questi testi, che propongono un caso non puramente ‘di scuola’803

. Tale caso804, molto noto805, è quello di Malleolo, matricida, per questo condannato alla poena cullei806, il quale, in attesa dell’esecuzione in carcere, redige un testamento, tralasciando il fratello minore a lui ostile in processo. Alla morte del

nascitur, quare potuerit aut non potuerit iure testamentum facere. Constitutio legitima ex ratiocinatione.

801

Cic. Inv. 2.50.148-149 – ex ratiocinatione nascitur controversia, cum ex eo

quod uspiam est ad id quod nusquam scriptum est uenitur, hoc pacto: SI FVRIOSVS EST, AGNATVM GENTILIVMQVE IN EO PECVNIAQVE EIVS POTESTAS ESTO. Et lex: SI PATERFAMILIAS INTESTATO MORITVR, FAMILIA PECVNIAQVE EIVS AGNATVM GENTILIVMQVE ESTO. Quidam iudicatus est parentem occidisse et satim, quod effugiendi potesta non fuit, lignae soleae in pedes inditae sunt; os autem obuolutum est folliculo et praeligatum; deinde est in carcerem dedectus, ut ibi esset tantisper, dum culleus in quem coniectus in profluentem deferretur compararetur. Interea quidam eius familiares in carcerem tabulas afferunt et testes adducunt; heredes quos ipse iubet scribunt; tabulae obsignantur. De illo post supplicium sumitur. Inter eos qui heredes in tabulis scripti sunt et inter agnatos de hereditate controversia est. Hic certa lex, quae testamenti faciendi iis qui in eo loco sint adimat potestatem, nulla profertur. Ex ceteris legibus et quae hunc ipsum supplicio eiusmodi afficiunt et quae ad testamenti faciendi potestatem pertinent, per ratiocinationem, ueniundum est ad eiusmodi rationem, ut quaeratur habueritne testamenti faciendi potestatem. 802

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

803 Cfr. F. ZUCCOTTI, Il testamento di Publicio Malleolo (Cic., De Inv. 2.50.148s.; Auct. Ad Her., Rhet. 1.13.23) in Studi in onore di Arnaldo Biscardi, VI,

Milano, 1987, 229 ss.

804

Cfr. F. ZUCCOTTI, ibid., il quale, verosimilmente, concorda con la dottrina che riconduce l’episodio al 101 a.C.

805 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid. v. anche F. ZUCCOTTI, ibid., il quale richiama

Liv., Perioch. 68: Publicius Malleolus matre occisa primus in culleo insutus in

mare praecipitatus est.

806 Cfr. F. ZUCCOTTI, ibid. il quale, in merito a questa pena, più che concentrarsi

sulla ritualità dell’esecuzione, osserva una questione più interessante; mentre Cicerone richiama soltanto Tab.V,3, V,4-5, V,7a, l’auctor aggiunge una specifica norma, in cui si richiama questa particolare pena. L’assenza di tale norma, nelle ricostruzioni concernenti le leges decemvirali, non deve essere travisata, non deve per questo condurre verso l’esclusione della stessa dall’argomentazione ex

ratiocinatione. Questa impostazione, tuttavia, deve essere parzialmente spogliata

della sua carica dirompente. Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid., ove, a ragione, mirando a cogliere la sostanza giuridica delle argomentazioni retoriche, si accentua l’esigenza dei retori di richiamare, puramente e semplicemente, le leggi maggiormente attinenti alla fattispecie, di nominare, dunque, alcune tra le ‘altre leggi’; questo non per operare, però, un procedimento analogico che le coinvolga tutte.

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testatore sorge il problema dell’individuazione dei beneficiari del lascito; tale controversia contrappone il fratello minore praeteritus (unico erede legittimo iure civili poiché adgnatus proximus) e gli eredi in tabulis scriptis807. Per il caso specifico non si ha una legge di riferimento, si decide, dunque, di argomentare con un procedimento analogico808, attingendo ex ceteris legibus; interessante è il constatare che in entrambi i brani non si prospetta una soluzione (d’altronde sembrerebbe questa, in soldoni, l’attività formante della retorica, cui essa stessa si accompagna quale vis persuadendi)809. Pur non condividendo l’estensione del procedimento analogico prospettata dallo Zuccotti e le sue conclusioni810, si deve riconoscere che la rilevanza data all’ambito sacrale è tutt’altro che fuori luogo. In questo senso, in merito all’inofficiosità, l’impostazione dello Zuccotti e quella della Di Ottavio paiono completarsi, essendo, forse, due facce della stessa medaglia (in materia di contestualizzazione, sia chiaro, non di conclusioni): l’officium pietatis si coglie nella sacralità di fas e nefas811 ma si esaurisce in una dimensione sociale812. «Di fronte al turbamento della pax deorum provocato dal delitto religioso, la collettività umana, per non incorrere nell’ira divina, si limita quindi - oltre che ad eventuali cerimonie espiatorie - ad evitare ogni pericolo di contaminazione (incestum) inerente allo scelus

807

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

808 Cfr. L. VACCA, L’interpretazione analogica nella giurisprudenza classica in Il ragionamento analogico. Profili storico-giuridici, Napoli, 2010, 71-92, ove, a

ragione, si specifica il significato del ragionamento analogico nel diritto romano, marcando il distacco dal significato moderno. «L’analogia venne tuttavia costantemente utilizzata dai giuristi romani sia nella sistemazione concettuale degli istituti, sia nella determinazione dell’ambito di applicazione degli strumenti di tutela processuale, sia infine nelle soluzioni dei casi concreti, ma non come criterio ‘applicativo’ o ‘interpretativo’ delle leggi o anche dell’insieme dell’ordinamento, specificamente teorizzato o teorizzabile ma come ‘capacità tecnica’ nella individuazione di ‘somiglianze’ e ‘differenze’, capacità che ha permesso alla scienza giuridica romana di assicurare, nella sua lunga evoluzione, la intrinseca connessione del diritto nuovo con l’antico».

809 § 2.3 810 V. nt. 778 811

§ 1.4

812

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espellendo da sé il colpevole, secondo un procedimento che, per molti versi, parrebbe potersi paragonare ad una sorta di noxae deditio al dio offeso»813. Allo stesso modo nella Di Ottavio si legge: «nel caso di matricidio o di atto che violasse una norma esclusivamente religiosa, la collettività si preoccupava di prendere le distanze dalla persona e dal gesto empio da essa compiuto, con lo scopo di tutelarsi dalle conseguenze nefaste che si sarebbero riversate sulla comunità in ragione della violazione della pax deorum»814. Di questo humus condiviso si nutrono due diverse soluzioni, delle quali sarebbe preferibile quella della Di Ottavio, per la quale il motivo che porta verso la caducazione del testamento è nella contrapposizione culturale furor/pietas 815. A queste considerazioni si aggiunga che il procedimento analogico riguarderebbe unicamente la norma sul furiosus; dato questo per presupposto, il fratello praeteritus (adgnatus proximus) sostiene l’artificiosa follia di Malleolo, consapevole della nullità del testamento redatto da un furiosus e della conseguente apertura della successione ab intestato (si sentono fortemente gli echi della querela)816. Ai fini della conciliabilità dello stato di follia di Malleolo e la sua esecuzione capitale, apparirebbe, inoltre, opportuno ipotizzare la frapposizione di una condizione di follia procurata dalle Furiae a un precedente stato di sanità mentale817. Questo perché alla luce di D.48.9.9.2818, se Malleolo fosse realmente pazzo inpunitus erit, poiché la pazzia, già di per sé, è una pena sufficiente. «Si deve ritenere, dunque, che Malleolo sia stato artificiosamente considerato pazzo in un momento successivo al delitto; in ragione di ciò egli può essere condannato (era capace al

813

Così F. ZUCCOTTI, Il testamento, cit., 247.

814 Così D. DI OTTAVIO, Ricerche, cit., 57. 815 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

816 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid. 817

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

818 D.48.9.9.2 – Sane si per furorem aliquis parentem occiderit, inpunitus erit, ut divi fratres rescripserunt super eo, qui per furorem matrem necaverat: nam sufficere furore ipso eum puniri, diligentiusque custodiendum esse aut etiam vinculis coercendum

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tempo dell’omicidio), ma il suo testamento può essere dichiarato nullo poiché redatto – quello- quando ormai le Furiae avevano preso il sopravvento su di lui. Appare, peraltro, chiaro che l’argomentazione dei retori è del tutto fittizia: si sostiene l’intervenuta pazzia di Malleolo – tutti sanno che le Furiae perseguitano i parridici – non perché si sia realmente convinti che egli sia pazzo, ma perché è l’unico e concreto argomento in forza del quale si può attaccare il testamento altrimenti valido»819. Di fronte all’orribile crimine di parricidio, un tema ricorrente è quello di considerare il parricida alla stregua di un furiosus820.

Si parte dall’episodio di Malleolo per la costruzione dell’artificio della finzione di follia e lo si connette all’impietas del testatore, in modo da predisporre il completamento della costruzione con lo strumento del color insaniae821.