ANTICA RETORICA FORENSE
2.6 La retorica latina
Al coinvolgimento in prima persona, tipico della retorica di stampo greco, si sostituisce il retore romano, soggetto chiamato professionalmente a eseguire la sua opera di mediazione350. Frutto di rielaborazione351 delle teorie aristoteliche e postaristoteliche, con indubbia accentuazione dell’aspetto pedagogico e formativo, la retorica viene recepita anche a Roma e trova sviluppo e ampliamento nella Rhetorica ad Herennium, databile tra l’86 e l’82 a.C.352 Si deve
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Così H. LAUSBERG, ibid.
346 Cfr. H. LAUSBERG, ibid. 347 Cfr. H. LAUSBERG, ibid. 348 Così H. LAUSBERG, ibid. 349
Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, Exordium, cit., 10 ss.
350 Cfr. B. VICKERS, Storia della retorica, Bologna, 1994, 285 .
351 Cfr. G. BOISSIER, The Schools of Declamation at Rome. Tacitus and Other Roman Studies, London, 1906, 168.
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a Cicerone, invece, la rivalutazione della retorica, stretta da tempo nella cornice di un mero processo produttivo di regole tecniche; in un’ottica di complementarietà rispetto alla filosofia nonché alla logica e alla dialettica, la disciplina retorica diventa un’ars capace di adattarsi a tempi e luoghi diversi353. A cavallo tra I e II secolo d.C. l’Institutio oratoria di Quintiliano, «il più ampio, maturo trattato della retorica latina»354, restituisce sistematicità e ordinata forma alle varie idee che si sono susseguite e che hanno contribuito allo sviluppo della retorica antica355; per questi motivi tale scritto verrà innegabilmente in aiuto per il prosieguo. In un mirabile lavoro di sintesi viene ricostruito in modo puntuale, attraverso i dodici libri dell’opera, l’intero percorso formativo dell’oratore, dall’infanzia alla fase più avanzata di istruzione retorica, con puntiglioso e dettagliato ragguaglio delle partizioni oratorie, dei generi, degli status causae, per culminare nella descrizione del vir bonus dicendi peritus356. Le elaborazioni dottrinali della retorica latina vanno avanti fino a un momento preciso in cui subiscono una battuta d’arresto. Nel 92 con l’editto censorio, che prevede la chiusura delle scuole di retorica357
, si blocca lo sviluppo di questi studi, segnando il ritorno alla retorica di stampo greco con preferenza per quella di matrice peripatetico- accademica e non ermagorea358.
353 Cfr. B. M. GARAVELLI, ibid. 354 Cfr. R. MARTINI, Antica, cit., 2004. 355
Cfr. B. M. GARAVELLI, Manuale, cit., 38ss.
356 Cfr. B. M. GARAVELLI, ibid.
357 Cfr. M. LENTANO, Retorica, cit., 19ss, ove si giustifica tale soluzione in questi
termini: «in questo contesto, si capisce bene perché l’iniziativa dei Retori latini, nella misura in cui ‘democratizzava’ l’accesso ad un sapere strategico e dunque privava l’aristocrazia di questo suo fondamentale ruolo di filtro, fosse invisa ad una parte almeno di quella stessa aristocrazia, delle cui preoccupazioni testimonia esplicitamente il provvedimento censorio del 92».
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2.6.1 La Rhetorica ad Herennium e il de inventione.
Nella retorica latina, tra le altre produzioni, un posto particolare viene ricoperto dalla Rhetorica ad Herennium e dal de inventione. Le opere oggetto di analisi possono dirsi tendenzialmente strutturate sul «sistema aristotelico contaminato»359, poiché gli officia oratoris di Aristotele e le parti del discorso formano uno studiato intreccio360. Il titolo dell’opera – Rhetorica ad Herennium-, innanzitutto, non è autentico. Esso è frutto di un successivo lavoro di ricostruzione da parte degli studiosi, non essendo stato possibile rinvenire nel testo alcuna indicazione utile a tali fini e neppure dedurla dalla fascetta, che generalmente viene apposta ai rotoli, poiché perduta361. La Rhetorica ad Herennium, che oggi porta il nome del suo destinatario362, sopravvissuta grazie all’inserimento all’interno di un corpus di opere di Cicerone, in epoca medioevale363 viene studiata come Rhetorica Secunda insieme al de inventione dell’Arpinate
359 Così F. PARODI SCOTTI, Ethos, cit., 18 ss. 360 Cfr. F. PARODI SCOTTI, ibid.
361
Cfr. F. CANCELLI, La retorica, cit., 24 ss.
362 Cfr. G. CALBOLI, Cornifici , cit., 3 ss, il quale, peraltro, apre l’introduzione
con l’annosa questione inerente la paternità dell’opera, ricordando che l’autore dell’opera rimane sconosciuto ma si propende per l’attribuzione a Cornificio, conclusione cui si giunge attraverso un confronto con Quintiliano.
363 Cfr. B. VICKERS, Storia , cit., 285 ss, ove, in modo esaustivo, ripercorrendo il
tormentato tragitto della retorica, l’autore si sofferma inevitabilmente anche sulla frantumazione medievale del sistema retorico. Rifuggendo da un’accezione negativa ascrivibile ad uno sviluppo di questo genere, si vuole porre l’attenzione sull’importanza rivestita dalle istanze sociali e il mutare, in relazione a queste, del ruolo della disciplina, in un’ottica relativizzata al rapporto con la retorica classica. «Una volta scomparso il sistema giudiziario romano, era probabilmente inevitabile che i retori medievali adattassero Cicerone a scopi diversi». Alla frammentazione in senso letterale, dovuta alla scomparsa o la mutilazione di molte opere, si somma la più grave frantumazione di contesto, legata a un’esigenza pragmatica che viene a sminuzzare l’organicità dell’antichità classica. L’insegnamento della retorica inizia a soffrire dell’ascesa della grammatica, il cui studio diventa sempre più preponderante a partire dal settimo secolo. Questo cambiamento di prospettiva comporta una maggiore attenzione per lo studio di forme e figure. Il grammatico non si interessa dell’inventio e della dispositio ma concentra le proprie attenzioni sull’articolazione interna dell’elocutio.
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(Rhetorica Prima)364. Quest’ultima può essere detta come un’opera dal carattere anfibio, che rispecchia le caratteristiche di un libro di scuola e al tempo stesso un’impronta personale dell’autore365
; a lei si devono i neologismi della terminologia retorica latina ma soprattutto l’arricchimento delle partitiones oratoriae con l’introduzione della memoria366. Le due opere in esame sono segnate da profondi aspetti di vicinanza, talvolta scaturenti in identità di passi, pur mantenendo però una debita distanza in quanto all’apparato esemplificativo367, alla terminologia dei tecnicismi ma soprattutto allo stile e allo spirito368. Il peso delle identità, però, rende necessaria una indagine circa i suoi motivi. A tal fine si possono considerare, a logica, tre ipotesi, tutte floridamente argomentate in dottrina369. Alla prima ricostruzione per la quale l’autore della Retorica a Gaio Erennio avrebbe conosciuto il de inventione, si insinua la seconda, opposta, per cui Cicerone avrebbe utilizzato l’opera dell’acutor e, infine, una terza, quella maggiormente supportata, in forza della quale si propende per una fonte comune ad entrambe370. Per sostenere quest’ultima ricostruzione si passa attraverso l’idea di un insegnamento comune agli autori, cui poi si aggiunge quella di un’unica fonte di origine greca (Ermagora), per ritornare, infine, sull’argomentazione della comunanza del sostrato culturale, ancora di tradizione ellenica, tuttavia, poco suffragabile perché farebbe di entrambe le opere in oggetto un mero plagio di due manuali retorici
364 Cfr. A. D. LEEMAN, Orationis ratio. Teoria e pratica stilistica degli oratori, storici e filosofi latini, Bologna, 1974, 22.
365 Cfr. A. D. LEEMAN, ibid. 366
Cfr. B. M. GARAVELLI, Manuale, cit., 31ss.
367 Cfr. F. CANCELLI, La retorica, cit., 35 ss, il quale, opportunamente, nota che
mentre Cicerone sceglie di tacere i personaggi storici degli episodi richiamati nell’opera, l’auctor li richiama puntualmente; inoltre, all’eccezionalità degli esempi di storia greca riportati nell’opera a Gaio Erennio si contrappone la ricchezza espositiva di questi nell’opera dell’Arpinate.
368 Cfr. F. CANCELLI, ibid. 369
Cfr. F. CANCELLI, ibid.
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greci371. Si preferisce accogliere, come già anticipato tra le righe, la comunanza di origine greca372, a ragione riconducibile ad Ermagora, la cui produzione non viene presa e considerata nella sua purezza ma nell’ibrido adattamento ai genera aristotelici; da questi gameti sorge una zigotica struttura latina da cui traggono ispirazione i due autori373.