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L’actio dementiae nelle controversiae di Seneca Retore

L’ORIGINE RETORICA DELLA QUERELA

3.7 L’actio dementiae nelle controversiae di Seneca Retore

L’analisi dell’actio dementiae si propone, in questa sede, non per dimostrare qualche nesso derivativo ma per tentare di localizzare l’artificio di follia. In una prospettiva speculare rispetto all’abdicatio si collocherebbe l’actio dementiae, procedimento anch’esso squisitamente retorico; quella che in ambito retorico è detta ‘actio dementiae’ nel foro corrisponde alla richiesta di un curatore per il pater, avanzata al pretore855.

Quint. Inst. orat. 7.4.11 – Quae illic dementiae, hic petendi curatoris

La prima circostanza da specificare è che, in sede di actio dementiae, ciò che rileva è la sussistenza di una follia vera, conclamata, accertabile concretamente; il curator viene assegnato al furiosus856 non al presunto tale, come ci conferma anche Seneca.

Contr. 2.3.13 – Ego [semper] scio nulli a praetore curatorem dari, quia inicus pater sit aut impius, sed quia furiosus; hoc autem in foro esse curatorem petere, quod in scolastica dementiae agere

«L’actio o accusatio dementiae si rivolge contro il preteso folle, portato di fronte al tribunale immaginario proprio perché accusato di essere tale, mentre, in un giudizio reale, le sue condizioni di salute sarebbero, semmai, addotte dalla difesa per far valere la mancanza di colpa del padre per le azioni che gli si imputano»857. Nessun pretore, dice Seneca, ha individuato un curatore per un soggetto inicus o impius ma solo per un furiosus858. Certo è che l’inosservanza degli

855 Cfr. D. DI OTTAVIO, Ricerche, cit., 81 ss. V. anche E.BERTI, Scholasticorum, cit., 136 ss.

856 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid., ove si attesta la corrispondenza concettuale tra furia e dementia. V. anche S. SOLAZZI, ibid.

857

Così G.RIZZELLI, Declamazione, cit., 213.

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officia e l’assenza di un ragionamento corretto si armonizzerebbero tanto nel foro quanto nelle scuole di retorica859. Non è un caso, in tal senso, che il pater, accusato di demenza, enuclei come segnali di infermità mentale quelli che, giuridicamente, sono tali: lo stile di vita, la violazione di legge e la noncuranza degli officia860.

Contr. 2.3.5 – Demens sum. Vides enim, turpiter vivo, maretricem amo, legem ignoro

Nella contr. 2.3, anteposta la lex ‘il seduttore dovrà morire se non avrà ottenuto entro trenta giorni il perdono di suo padre e del padre della sedotta’, poiché raptor raptae patrem exoravit, suum non exorat, il figlio accusa il proprio padre di demenza861. Il punto di contatto tra accusa di demenza e inofficiosità sarebbe palesato in contr. 2.3.12, ove si legge :

Inter has putabat et hanc esse, an pater ob dementiam, quae morbo fieret, tantum accusari a filio debeat; aiebat enim manifestum esse e lege et de officio patris quaeri et fingi quasdam controversias, in quibus pater furiosus probari non possit, nec absolvi tamen propter impietatem nimiam, libidinem foedam.

La questione circa il fatto se il padre possa essere accusato di demenza solo quando essa sia una malattia vera e propria o se si possa agire per dementia anche in caso di impietas del padre, lascerebbe automaticamente spazio a questa seconda ipotesi, non improponibile, a quanto pare862. «Le discussioni sul punto lasciano

859 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid. 860 Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid. 861 Contr. 2.3

862

Cfr. G. RIZZELLI, ibid., ove, in merito, si legge: «Latrone, dal proprio canto, introduce tematiche che si agitano, nella realtà dell’esperienza giuridica, in materia di testamento inofficioso quando afferma l’opportunità di guardare, in assenza di un riscontro organico, a come il padre abbia gestito il proprio officium, alla sua

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ipotizzare, che in determinate situazioni possa essere invocato, nella pratica giudiziaria, a legittimare la richiesta avanzata dall’attore anche il mancato rispetto della pietas nei confronti dei figli e dei congiunti più stretti, di conseguenza considerati destinatari di iniuria, indipendentemente dalla sua concreta utilizzazione quale indizio della dementia del testatore»863. In ogni caso, che la follia si possa simulare con un apposito artificio è una consapevolezza diffusa864 . In un’actio dementiae (si badi bene, non in un’azione per testamento inofficioso) il nòcciolo della contesa dovrebbe essere ravvisato nello status definitivus, tenendo conto che molto spesso questo si associa anche alla qualitas, proprio perché da sola la definizione dell’atto commesso difficilmente esaurisce tutti gli aspetti della controversia865.

Quint. Inst. orat. 7.3.2 – Interim a qualitate ad finitionem descenditur, ut in actionibus dementiae

Al problema dei limiti dell’accusa di dementia (e dei comportamenti ascrivibili ad essa) [status definitivus] si aggiunge quello della valutazione della colpevolezza o meno del comportamento del padre [status qualitatis]866.

Nel caso in cui venga a mancare la patologia organica, si tenta di sostenere l’accusa di follia su diversi aspetti del comportamento paterno, tra cui anche quello dell’empietà; «il testamento inofficioso dovette porre lo stesso tema, cioè se un testamento redatto in violazione dell’officium pietatis potesse essere invalidato sulla base della presunta follia del de cuius»867. Questo è vero ma parrebbe non limitando l’impiego di siffatta articolazione della divisio all’impossibilità di ricorrere ad altre, ne riconosce la debolezza sul piano argomentativo».

863 Così G. RIZZELLI, Declamazione, cit., 266. 864

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

865 Cfr. E. BERTI, ibid., ove, in modo pregevole per semplicità della resa, si nota

che la miscellanea degli status si palesa in modo ottimale in contr. 10.3.

866

Cfr. E. BERTI, ibid.

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darci una soluzione univoca ed effettiva, poiché si potrebbe solo ipotizzare residualmente di sostenere l’accusa nell’ambito di un’azione di follia (perchè questa come presupposto ha lo stato di reale patologia e corrisponde effettivamente alla richiesta di un curatore nel foro) mentre nel caso del testamento inofficioso spesso i centumviri si accordano alle ragioni del legittimato attivo. Questa comune tematica non coprirebbe, inoltre, lo spazio vuoto lasciato nelle scuole di declamazione; a ben guardare, infatti, non viene mai effettivamente impegata l’actio dementiae in relazione alle scelte testamentarie868. In contr. 2.3.12, che si è detto essere il punto di contatto tra actio dementiae e inofficiosità, viene subito dopo fatta notare la forzatura. Dando per buone le premesse verrebbe, quindi, spontaneo ribadire, come testimoniano le fonti classiche869, la vicinanza tra stato di infermità mentale del de cuius e dichiarazione di inofficiosità ma solo nell’ottica della costruzione di un artificio a difesa dello stesso ‘reo’. Guardando all’antecedente retorico di riferimento della querela apparirebbe, dunque, più calzante (anche in quanto alla stessa struttura retorica di base) l’esempio dell’abdicatio, piuttosto che quello dell’actio dementiae870

. Queste deduzioni si chiarificano alla luce del procedimento che conduce verso il κρινóμενον.

3.8 Procedimento per testamento inofficioso: teorica