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La retorica antica: l’origine giudiziaria

ANTICA RETORICA FORENSE

2.2 La retorica antica: l’origine giudiziaria

Partendo da un elementare esame linguistico del termine retorica si può evidenziare l’importanza della radice re, che rimanda all’uso del λόγος243

. Emergerebbe da ciò l’importanza riservata al discorso, che viene ad essere sfruttato in modo pieno, dai valori fonici alle componenti intellettuali244. Delimitare la portata del termine in confini univoci e condivisi non è una operazione semplice, date le plurime definizioni245.

Quint. Inst.orat. 2.15 – Est igitur frequentissimus finis: «rhetoricen esse vim persuadendi».

Tra tutte, la definizione tradizionale della retorica quale vis persuadendi ha resistito fermamente, con la tenacia con cui la stessa disciplina non ha mutato la sua essenza246. «Si pensi che la retorica – quali che siano state le variazioni interne del sistema – ha regnato in Occidente per due millenni e mezzo, da Gorgia a Napoleone III; si pensi a tutto quello che ha visto nascere, passare, sparire, senza commuoversi e senza alterarsi»247; e si badi bene, non solo in Occidente. Di una retorica senza aggettivazioni si può parlare anche nella tradizione cinese o in quella indiana, dove ci si arresta, però, a una elementare ἐριστική τέχνη248. «Organizzatrice di una teoria

243 Cfr. R. BARILLI, Retorica, Milano, 1983, 1. 244 Cfr. R. BARILLI, ibid.

245

Quint., Inst. orat. 2.15 – Ante omnia, quid sit rhetorice. Quae finitur quidem

varie

246 Cfr. V. FLORESCU, La retorica nel suo sviluppo storico, Bologna, 1960, 21. 247

Così R. BARTHES, La retorica antica, Milano, 1972, 10.

248

51 dell’adesione - πιθανόν -»249

, la retorica non nasce ad Atene né da un contesto letterario ma nasce a Siracusa, nei primi decenni del V secolo a.C., dai processi di proprietà250. L’origine giudiziaria si deve alla necessità di ripristino dello status quo all’indomani delle espropriazioni e conseguenti assegnazioni di lotti ai mercenari, verificatisi sotto il regime tirannico di Gelone e Gerone I, rei di aver offuscato i reali assetti proprietari251. Le grandi giurie popolari, chiamate a decidere di volta in volta, devono essere persuase da argomentazioni efficaci, verosimili252 e convincenti253. Sono i retori, che, nel «rendere più forte l’argomento più debole»254

, forniscono ai litiganti gli strumenti per difendersi o attaccare, argomentando dall’εἰκός255

. Su questo punto, è interessante accorgersi che la

249

Cfr. V. FLORESCU, ibid.

250 Cfr. R. BARTHES, La retorica, cit., 7. V. anche B. MORTARA

GARAVELLI, Manuale di retorica, Milano,1988, 17; O. REBOUL,

Introduzione, cit., 28. 251

Cfr. R. BARTHES, ibid.

252 Cfr. B. MORTARA GARAVELLI, ibid., la quale, non pretestuosamente, mette

in risalto come la precettistica dei fondatori della retorica miri maggiormente allo studio delle tecniche finalizzate al far sembrar vera una tesi, più che alla dimostrazione della verità come essenza della stessa. V. anche R. BARILLI,

Retorica, cit., 3, il quale, efficacemente, arguisce che: «nell’universo retorico cade

la nozione di ‘verità’, che riporterebbe a fondamenti estrinseci, da ricercarsi nella natura delle cose, o dei discorsi stessi, o di qualche entità trascendente. Ciò non significa che tutti gli argomenti siano equipollenti; ce ne saranno invece alcuni più verosimili di altri; ma il diritto finale di stabilire il grado di vicinanza al vero spetterà al demos, alla comunità, all’assemblea di uomini politici, di giudici, di partecipanti a un convegno, a un dibattito».

253

Cfr. R. BARTHES, ibid.

254 Cfr. ARISTOTELE, Retorica, 1402 a, 24.

255 Cfr. B. MORTARA GARAVELLI, ibid.; v. anche O. REBOUL, ibid. Cfr. F.

PIAZZA, La verità pesuasiva. Osservazioni su eikòs in Retorica e scienze del

linguaggio: teorie e pratiche dell’argomentazione… ,Roma, 2006, 1-20, ove non si

tarda a delineare il campo di dominio retorico, svalutando una funzione unicamente persuasiva della retorica stessa, nell’ambito di una contrapposizione alla scienze e alla filosofia. Queste ultime tenderebbero prettamente al vero «la retorica, invece, avendo come obiettivo ultimo la persuasione punterebbe unicamente al piacere, alla vittoria, se non direttamente alla sopraffazione dell’altro. Una simile rappresentazione della retorica si basa su una serie di opposizioni, prima fra tutte quella tra verità e persuasione, che ci sono ormai così familiari da sembrare fuori discussione. Da una parte ci starebbero i fatti, la conoscenza, la verità, il linguaggio puramente descrittivo, l’onestà intellettuale, mentre dall’altra le semplici opinioni,il piacere, il verosimile, il linguaggio elegante ed ornato, la manipolazione dell’ascoltatore». Tali contrapposizioni si dimostrano, tuttavia, prive di ragion d’essere.

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traduzione del termine greco πιθανόν non si arresta soltanto al significato di persuasivo ma attiene proprio anche a ciò che è verosimile; e questo, come si è sottolineato, non è del tutto casuale. Quella delle origini è una eloquenza «partecipe della democrazia e della demagogia, del giudiziario e del politico»256, che trova una prima sistematizzazione in un’arte oratoria, prontuario di casi concreti da consultare all’occorrenza nelle controversie giudiziarie, riconducibile a Corace257 e Tisia258. Gli intensi rapporti tra la Sicilia ed Atene portano ben presto ad un recepimento della retorica anche nella culla della democrazia259. Nei tribunali ateniesi, non potendo gli avvocati svolgere le funzioni di rappresentanza processuale (non possono semplicemente perché non esistono!), si presuppone un vivo coinvolgimento del singolo individuo nella vita giudiziaria, ora nel ruolo di accusa, ora nel ruolo di difesa260. Il supporto che può essere fornito al quivis de populo, che si trova ad armeggiare con una arringa, può provenire da un sinegoro, ossia un parente o un amico che partecipa attivamente a una sezione del discorso oppure da un logografo, una sorta di scrivano che predispone la concione261.«Per gli oratori, persuadere era una necessità. In tribunale, infatti, i dibattiti non erano diretti da magistrati professionisti, la nozione di precedente non aveva validità e i giurati non avevano la possibilità di comunicare tra loro prima di votare (Aristotele, Politica, 2,8, 1268b 9-11): era dunque l’impressione prodotta dai discorsi delle parti in causa (in aggiunta alle opinioni preesistenti dei giurati) che

256 Così R. BARTHES, ibid. 257

Cfr. O. REBOUL, Introduzione, cit., 29, il quale, fondatamente, menziona l’argomento del corax, che prende nome direttamente dall’allievo di Empedocle. Il

corax consiste nel sostenere che una cosa è inverosimile perché essa è troppo

verosimile. È, però, per la sua configurazione, un’arma a doppio taglio per chi ne fa uso, caratteristica che l’autore mette in risalto in modo semplice e schematico.

258 Cfr. O. REBOUL, ibid. 259 Cfr. O. REBOUL, ibid. 260

Cfr. L. PERNOT, La retorica dei Greci e dei Romani, Palermo, 2006, 37ss.

261

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determinava il verdetto»262. Nel V secolo a.C. mentre Atene è all’apice del proprio splendore, politico e culturale, Roma è ancora un neo in un mondo ellenizzato; bisogna aspettare l’alba del III-II secolo a.C. perché inizi a camminare sulla strada segnata dalla propria potenza dominatrice, quando, invece, ormai, di Atene rimarrà soltanto l’eredità delle artes263.

2.3 Le funzioni della retorica: la rivalutazione della