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ANTICA RETORICA FORENSE

2.9 Le parti del discorso

2.9.3. a.5 Gli status legal

Esaurita la trattazione concernente gli status razionali, seppur con vistose omissioni soprattutto sotto il profilo della linea evolutiva nella precettistica successiva, è d’uopo ora, per avere una generale infarinatura sulla dottrina degli status, soffermarsi su quelli legales. [1] A partire dalla impostazione quintilianea, abbandonata la contrapposizione scriptum/sententia, si abbraccia la definizione corrente di scriptum et voluntas, corrispondente al greco ῥητὸν καὶ διάνοια573

. «Cum videtur scriptoris voluntas cum scripto ipso dissentire»574 è allora che si verifica questa controversia. Un esempio grandemente sfruttato dai retori è quello della contesa Crasso- Scevola inerente la causa Curiana575; in tale circostanza si contrappongono il giurista Scevola, sostenitore delle ragioni dell’adgnatus proximus, e Crasso, difensore dell’heres secundus. Mentre il primo impernia la propria difesa sull’interpretazione letterale del testamento, il secondo, trionfante davanti ai Centumviri, sostiene la preminenza della voluntas del de cuius, che in ogni caso avrebbe voluto Curius erede576. In che modo è possibile pervenire ad un tale esito? Attraverso una interpretazione estensiva del

572 Cfr. R. MARTINI, ibid. 573

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

574 Rhet. Her. 1.19

575 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove si riporta il fatto: «credendo sua

moglie incinta un tale, prima di morire, scrisse nel testamento che il figlio nato postumo sarebbe stato l’erede e, se per caso fosse morto prima dell’età in cui fosse uscito di tutela, doveva essergli sostituito come erede (heres secundus) M. Curius. Ma la donna non era incinta e il figlio non nacque. Allora un parente (adgatus

proximus), M. Coponius, reclamò l’eredità che gli venne contestata da Curius». 576

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testamento, che pur non menzionando espressamente tale volontà, la sottintende, lasciando all’interprete il compito di esplicitarla577

. Nella Rhetorica ad Herennium si lascia spazio ad un unico esempio di applicazione di tale status578, ma non per questo fonte di un’unica species di interpretazione579. In termini moderni, infatti, si potrebbe leggere in questa topica la distinzione tra l’interpretazione letterale della legge (scriptum) e quella logica (voluntas)580.

577

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

578

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. v. anche R. MARTINI, ibid., ove si legge: «Si tratta di una ipotetica legge marittima la quale avrebbe previsto che “quelli i quali abbiano a causa della burrasca abbandonato la nave perdano tutto; che nave e carico, se la nave si sia salvata sia di quelli che vi rimasero a bordo”. In maniera molto stringata il testo continua: “Atterriti dall’impeto della burrasca tutti abbandonarono la nave - trasbordarono sullo schifo [una scialuppa legata a poppa] – tranne uno, malato: questi per la malattia non poté uscire e fuggire. Per un fortunato caso la nave fu spinta incolume al porto; la possiede il malato; rivendica la nave quegli del quale era stata”».

579 Cfr. R. MARTINI, ibid. v. contra L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale

sostiene che nell’Erenniana sia presente solo l’aspetto dell’interpretazione restrittiva.

580

Cfr. R. MARTINI, ibid., il quale sostenendo questa tesi riporta per esteso la traduzione del Cancelli della Rhetorica ad Herennium: «Quando l’intento dell’autore sembrerà che si discosti dal testo, se parleremo in favore del testo, useremo questi procedimenti [his locis utemur]: dopo la narrazione, prima un elogio dello scrivente; poi la lettura dello scritto; quindi la domanda, se gli avversari sapevano sufficientemente che ciò era stato scritto nella legge o nel testamento o nella stipulazione o in qualunque scrittura che riguarderà quel caso; poi il confronto: che cosa si è scritto, che cosa gli avversari dicono di aver fatto, a che cosa conviene che il giudice si attenga: se a quel che è stato scritto pienamente con cura, o a quel che ingegnosamente è stato fantasticato; poi si svilirà e invaliderà quel significato che è stato immaginato dagli avversari e attribuito allo scritto. Poi si chiederà quale sarebbe stato l’ostacolo, se (l’autore) avesse inteso aggiungere anche questo; o se non poteva forse scriversi compiutamente. Poi si troverà da noi il significato e se ne mostrerà la ragione, per cui lo scrivente pensava quello che scrisse; e si dimostrerà che ciò è stato redatto chiaramente, brevemente, appropriatamente, compiutamente, con un preciso intento. Poi si citeranno esempi (di casi), i quali, mentre dagli avversari se ne adducevano il significato e l’intento, furono piuttosto giudicati in base al testo. Poi si mostrerà quanto sia pericoloso allontanarsi dal testo». E ancora: «In favore del significato diremo così: loderemo prima la proprietà e la concisione dell’autore, perché scrisse soltanto quello che era necessario, [mentre] quello che poteva comprendersi senza scrittura, credette di non doverlo scrivere. Poi diremo che è il mestiere del calunniatore appigliarsi alle parole e alle lettere trascurando l’intento. Poi che quello che è stato scritto o non si può eseguire, o non potrebbe eseguirsi né per legge, né per costume, né per natura, né per l’equo e l’onesto; nessuno dirà che l’autore non abbia voluto che tutto si facesse nel modo più esatto possibile: ma quel che da noi è stato fatto, è stato fatto con rigorosa giustizia. Poi che il significato contrario o non c’è o è balordo o ingiusto o che non può eseguirsi, o che non è in consonanza con i significati precedenti e susseguenti; o che non si concilia col diritto generale o con le altre

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[2] Le leges contrariae vengono a configurare uno status ‘paradossale’, facilmente teorizzabile ma poco praticabile; tale dicotomia (teoria-pratica) la ritroviamo anche e soprattutto nella topica corrispondente, che per questo motivo in questa sede verrà omessa581. Si rientra nell’ambito di questo status quando la controversia sorge dal casuale582contrasto tra leggi diverse (ἀντινομία), poiché «se le leggi fossero state discordanti per la natura stessa dello ius che contenevano, si sarebbero eliminate reciprocamente»583. Certamente il caso più frequente di contrasto si registra tra due leggi ma questo non esclude la possibilità che vengano coinvolte più di due leggi o addirittura soltanto una semplice o duplice584.

[3] Rhet. Her. 1.20 – Ex ambiguo controversia nascitur, cum res unam sententiam scripta, scriptum duas aut plures sententias significat.

Alla sintetica descrizione del fenomeno (questa volta studiata)585, caratterizzata dall’assenza di distinzione di generi, propria della Rhetorica ad Herennium, si contrappone l’abbondante articolazione leggi generali o con giudicati. Poi ricorreremo all’elencazione di esempi (di casi) giudicati secondo l’intento e contro la lettera, poi alla spiegazione di leggi o di stipulazioni concisamente redatte, nelle quali si capisca l’intento degli scriventi».

581 Cfr. R. MARTINI, ibid. 582

Quint. Inst. orat. 7.7.2

583 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

584 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale, a ragione, nota come

dell’ἀντινομία che coinvolge una sola legge, che è indubbiamente la più controversa, non si rinviene nota nè nel de inventione né nella Rhetorica ad

Herennium, molto probabilmente poiché neppure Ermagora l’ha tenuta in

considerazione. Se ne ha menzione in Quintiliano Inst. orat. 7.7.2. A suscitare un «vespaio di polemiche» è anche l’ἀντινομία scaturente da una sola legge ma duplice. Si porta l’esempio di una legge che permetteva a una ragazza vittima di violenza l’alternativa se sposare o far morire il suo violentatore; l’ipotesi paradossale è quella di un tale che si trovi ad aver violentato due ragazze, ciascuna optando per le due diverse alternative. Diverse le soluzioni prospettate, per le quali si rimanda al testo.

585 Cfr. R. MARTINI, ibid., ove si nota che l’auctor utilizza l’esagerata sintesi nel

trattare il tema dell’ambiguitas proprio per non dare adito «alle elucubrazioni filosofiche dei dialettici in tema di anphibolia», cosa di cui non si preoccupa Quintiliano.

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quintilianea, che illustra almeno sette species di ambiguitas586. La controversia ex ambiguo sorge quando il testo di legge si presta ad avere una pluralità di significati, relegando l’intenzione del legislatore alla penombra587. Al ῥητόν φανερόν delle altre στάσεις νομικαί si contrappone il ῥητόν ἅδηλον dell’ἀμφιβολία, che cerca di essere piegato dalle parti alle proprie necessità588. Dalla teorizzazione piuttosto risalente (già in Anassimene) e dai rimaneggiamenti della dialettica stoica, l’ambiguitas, nel periodo peripatetico-accademico, è vista quasi come un εἶδος in grado di inglobare anche la divergenza scriptum e sententia589. Benché condividano l’impostazione, anche in questo caso, la precettistica dell’Erenniana (Rhet. Her. 2.16) è più stringata rispetto a quella del de inventione.

[4] Di fronte a una situazione non riconducibile ad una legge specifica, prende forma lo status della ratiocinatio (συλλογισμός), utile alla individuazione, sulla base di una somiglianza (eadem ratio?), di una legge che ben si adatti al caso di specie; inevitabile il rimando alla odierna interpretazione analogica590.

Rhet. Her. 1.23 – Ex ratiocinatione controversia constat, cum res sine propria lege venit in iudicium, quae tamen ab aliis legibus similitudine quadam aucupatur

Data per fortemente sostenibile l’origine filosofica di questo status, di cui si riscontrano i segni nel termine greco di riferimento591, è interessante notare come la ratiocinatio, oltre ad avere una propria

586 Cfr. R. MARTINI, ibid.

587 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 588 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 589

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

590 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. v. anche R. MARTINI, ibid. 591 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale, a ragione, afferma:

«L’origine filosofica di questo procedimento è indiscutibile: si tratta infatti di una trasposizione sul piano retorico-giuridico del ragionamento sillogistico. Il termine greco che indicava questo tipo di controversia, συλλογισμός, ne è un evidente indizio; come infatti il sillogismo filosofico prova per mezzo di dimostrazioni vere ciò su cui verte l’indagine, così in questo genere di controversia per mezzo di discorsi persuasivi ciò che non è scritto viene ricondotto allo scritto».

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consistenza autonoma, presenta dei profili di somiglianza con altri status, da valutare in modo prudente592. L’affinità con lo status scriptum et voluntas è lampante in quanto in entrambi i casi la controversia verte sull’interpretazione di un qualcosa di scritto; tuttavia, non ci si deve far trasportare incautamente dalle apparenze, poiché mentre «nello scriptum et voluntas si parla contro lo scritto, nel sillogismo si va al di là dello scritto»593. Ulteriore affinità si registra con la definitio, nella dimostrazione che in entrambe le questioni una cosa differisce dall’altra, ma mentre nel caso della prima l’obiettivo è non applicare la legge, nel caso del συλλογισμός si va alla ricerca di una legge proprio per applicarla alla fattispecie594. Mentre per l’auctor si fa perno sulla categoria della ‘similitudine’, per Quintiliano il discorso è più articolato, poiché a monte c’è una distinzione tra due tipi di problemi:

1) si ha un caso particolare e una legge, parzialmente pertinente, che non regola espressamente quella fattispecie ma dalla quale si è in grado di dedurre anche ciò che è incerto; in questo caso i nuclei di indagine sono plurimi:

a) Ciò che vale una volta vale sempre?

b) Ciò che vale per una cosa vale anche per più cose? c) Ciò che vale per la prima vale anche dopo?

d) Ciò che vale per il tutto vale anche per la parte? e) Ciò che vale per una parte vale anche per il tutto?595

592 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

593 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. V. anche Quint. Inst. orat. 7.8.1. 594 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove si dà nota della circostanza

messa in luce da Quintiliano per la quale è possibile che una controversia possa essere piegata ad entrambi gli status (ratiocinatio e definitio). «Era il caso, ad esempio, della donna che, data una legge secondo la quale una colpevole di veneficio doveva essere uccisa, viene accusata appunto di veneficio perché, avendo dato un afrodisiaco al marito che la picchiava ed essendosene poi andata, per quanto pregata dai parenti di tornare, non fece ritorno e il marito allora si impiccò: qui sarà definitio, se si cercherà di dimostrare che l’afrodisiaco è un veleno, sarà sillogismo invece, se si dirà che la donna deve essere punita come se avesse ucciso il marito con il veleno (Quint.7.8.2) »

595

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2) si ha un caso particolare ma nessuna legge cui appigliarsi per dedurre il non scritto; qui ritorna la similitudine dell’auctor, per cui il nucleo di indagine è dato dalla categoria del simile, costituita a sua volta et maius et par et minus (Quint. Inst. orat. 7.8.7)596.

Per la ratiocinatio, nella Rhetorica ad Herennium, non si assiste alla frequente bipartizione della precettista ma vengono forniti gli stessi precetti sia per chi utilizza il συλλογισμός, sia per chi si oppone; in ogni caso è importante l’indicazione per cui in questo status si ricerca: «prima … che mai in cose maggiori o minori o simili sia stato analogamente scritto o giudicato; poi, se il caso è simile o dissimile da quello di cui si tratta; poi, se di proposito non si sia scritto di quel caso, perché (il redigente) non voleva prevederlo o perché riteneva che fosse sufficientemente previsto per analogia con gli altri casi espressi»597.

2.9.3.a.6 Dalla ‘retorica delle regole’ alla ‘retorica