• Non ci sono risultati.

a.3 Pensabilità di cause senza status Il caso degli ἀσύστατα

ANTICA RETORICA FORENSE

2.9 Le parti del discorso

2.9.3. a.3 Pensabilità di cause senza status Il caso degli ἀσύστατα

La radice della teorizzazione dell’esistenza di una contrapposizione tra ciò che ha una propria consistenza e ciò che ne è privo si registra già in ambiente peripatetico500. Su questa base si specifica, all’interno della dottrina ermagorea, l’esemplificazione di più situazioni, rectius controversiae, manchevoli di qualche requisito formale501. Si ricordi quanto l’ineccepibilità formale delle parti, di cui deve vestirsi lo schema tendente verso la iudicatio, svolga un ruolo fondamentale al fine della sussistenza stessa dello status502. Ebbene, cosa accade se uno di questi elementi viene a mancare? Si può dire di essere di fronte a degli ἀσύστατα, ossia di cause, letteralmente, senza-stato. Queste ipotesi si verificano allorquando la

497 Cfr. M. ZANATTA, ibid. 498

Cfr. M. ZANATTA, ibid.

499 Cfr. M. ZANATTA, ibid.

500 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 501

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

502

95

scorrettezza nell’accusa o nella difesa, configurando controversiae, deficienti a parte accusatoris o a parte rei o a parte iudicis, relegano la causa a un’impossibilità di giudizio, proprio perché lo schema del κρινόμενον non viene integrato in tutti i suoi aspetti503

. Anche in materia di ἀσύστατα i retori antichi hanno elaborato più soluzioni; da quella ermagorea, che ne conta quattro specifici casi, numero destinato a crescere con il passare del tempo, fino ad arrivare a una elaborazione più tarda, che attesta degli εἴδε specifici a metà tra la categoria degli ἀσύστατα che delle στάσεις, al di fuori di queste504. In quest’ultima peculiare categoria, di cui si studia la versione di Ermogene, poiché da lui documentata dal principio, gli εἴδε sono tripartiti; tali sono: l’ἑτερορρεπές, il κακόπλαστον, e il προειλημμένον τῇ κρίσει505

. Per il primo caso, come in «un piatto della bilancia»506, la controversia pende palesemente da quella delle parti con argomentazioni più valide, rispetto a quelle meno efficaci dell’altra; il secondo (conosciuto anche come παρ’ἱστορίαν) si sostanzia nella discrepanza fatto-realtà storica, configurando delle situazioni impossibili sconnesse sotto il profilo del tempo507; sull’ultimo dei tre εἴδε è necessario, invece, spendere qualche parola in più, poiché fonte di contrasto interpretativo508. L’ultimo dei condizionamenti di giudizio, per alcuni riferito alla persona, per altri al giudice, impedirebbe a quest’ultimo di pervenire a una soluzione

503 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 504

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

505 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 506 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

507 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove si specifica, opportunamente, la

diversità con l’ἀδύνατον che è «impossibile per la natura dell’azione».

508

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. la quale riprende, per sommi capi, il contrasto esistente sulla collocazione di tale condizionamento in questa terra di mezzo conquistata da Ermogene. Si legge nel testo che: «alcuni intendevano che Ermogene avesse posto questo tipo di controversie tra gli εἴδη ἐγγὺς τῶν ἀσυστάτων perché faceva riferimento a giudici che in virtù del loro nome e del loro amore di giustizia giudicavano solamente in base al gusto, senza tenere conto dell’azione, mentre altri intendevano che questa materia fosse del tutto ἀσύστατον per i giudici che traevano anch’essi un profitto dall’azione stessa, mentre doveva essere collocata tra gli εἴδη ἐγγὺς τῶν ἀσυστάτων per gli altri giudici».

96

del caso poiché «l’azione compiuta era di per sé vincolante ad un determinato tipo di giudizio»509.

Dalla peculiarità degli εἴδη ἐγγὺς τῶν ἀσυστάτων si passi ora, facendo un salto indietro, ad analizzare la categoria più rilevante degli ἀσύστατα, partendo dalla impostazione ermagorea. Si distinguono quattro casi, il primo dei quali è indicato con il nome di κατά τό ἀπερίστατον; non si ha certezza sulla circumstantia mancante, c’è chi attesta la mancanza di una qualsiasi di queste, chi testimonia il difetto di «parecchie o troppe circumstantiae»510; in molti concordano sulla mancanza della αἰτία, a causa però di una confusione semantica511. Con il termine ἰσάζουσα si distingue la seconda ipotesi di causa senza stato, identificata come un ἀσύστατον τó κρινόμενον o a parte iudicis, in cui si configura «parità fra le parti data la loro reciproca posizione come accusatore e al tempo stesso difensore di un analogo reato»512. Quando, invece, il vulnus, dalla parte della difesa513, si identifica nell’impossibilità di sfruttare a propria discolpa (ἐν λόγοις, ἐν ἔργοις, ἐν πάθεσι) il color (χρῶμα)514, si parla di μονομερές515

. Il quarto ed ultimo esemplare di ἀσύστατον è l’ἄπορον, molto simile all’ἰσάζουσα sotto il profilo della impossibilità di formulazione del giudizio a parte iudicis, ma notevolmente più complesso516. In sostanza la fattispecie conduce

509

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

510 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

511 Quint. Inst. orat. 3.11.5 – Quidam diviserunt αἴτιον et αἰτίαν, ut esset altera, propter quam iudicium constitutum est…altera, qua factum defenditur…sed tanta est circa verba dissensio, ut alii αἰτίαν causam iudicii, αἴτιον autem facti vocent, alii eadem in contrarium vertant.

512 Così R. MARTINI, ibid. v. anche L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

Entrambi gli autori riportano il caso di due soggetti che, avendo due belle mogli, avessero commesso invicem adulterio.

513 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale, in nota, riporta l’opinione di

Sopatro che verrebbe ad ammettere oltre al difetto del συνέχον (ossia il difetto di difesa) anche quello dell’ αἲτιον (difetto dell’accusa).

514

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale, a ragione, conferma che la presenza del χρῶμα implica una causa con status. Questa considerazione ci tornerà utile nel prosieguo.

515

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

516

97

sempre a un risultato contraddittorio517. Di questo si fanno svariati esempi, di cui si riporterà la versione e l’opinione del Martini, per semplicità di resa e concisione; tali sono i casi di:« una somma di denaro che era stata data da uno ad un altro, in un primo tempo le parti avrebbero sostenuto, in contrasto fra loro, l’attore di averla data a mutuo ed il convenuto di averla ricevuta in deposito, mentre, in seguito ad un mutamento legislativo al quale si accenna in maniera veramente sibillina (dicendosi soltanto che era cambiata la legge sulle “novae tabulae” ossia i registri dei debiti), si sarebbero invertiti i ruoli e l’attore avrebbe sostenuto di averla data in deposito e il convenuto di averla ricevuta a mutuo. Più significativo, ancorché poco giuridico, è l’esempio classico, che ricorre in alcuni autori greci, dell’indovino al quale i pirati avevano preso il figlio giurando che glielo avrebbero restituito se egli avesse indovinato il loro comportamento e che avendo appunto predetto che essi non glielo avrebbero restituito aveva dato luogo ad una situazione irrisolvibile. Infatti se i pirati non glielo avessero restituito avrebbero violato il giuramento di restituirglielo se egli avesse indovinato il loro comportamento, ma, al tempo stesso, restituendolo avrebbero ugualmente non tenuto fede al patto facendo quello che lui non aveva indovinato essi avrebbero fatto. Non sarà male aggiungere che in un esempio simile si parlava di una donna egizia che era andata sul Nilo e cui un coccodrillo aveva preso il figlio proponendo un patto analogo a quello dei pirati, sicché l’esempio veniva tramandato come quello “del coccodrillo”»518

.

517 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

518 Così R. MARTINI, ibid. Cfr. G. CALBOLI, Introduzione, cit., 185, il quale,

genericamente soffermandosi sulla retorica, afferma che essa, ragionevolmente, possa essere intesa come la prima forma di logica modale, «una logica che deve integrare la logica di una lingua L, cioè una logica, per così dire, puramente matematica». Posta in questi termini la questione dell’ἀσύστατον si traduce in un ipotetico effetto boomerang in processo: nel momento stesso in cui si sostiene l’argomento (A) si ottiene l’effetto opposto (–A).

98