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La narratio: ricostruzione in fatto e sussunzione nella fattispecie astratta

ANTICA RETORICA FORENSE

2.9 Le parti del discorso

2.9.2 La narratio: ricostruzione in fatto e sussunzione nella fattispecie astratta

Quint. Inst. orat. 4.2.31 – Narratio est rei factae aut ut factae utilis ad persuadendum expositio, vel, ut Apollodorus finit, oratio docens auditorem quid in controversia sit.

Impiegata in massima parte all’interno del genere giudiziario419, la narratio è quella parte del discorso con finalità principalmente informativa (ad rem docendam), volta all’esposizione dei termini della fattispecie su cui il giudice deve pronunciarsi420 nonché, subito dopo, alla sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta. La questione, si ricordi, nasce dalla compresenza delle sette περιστάσεις: τόπος, χρόνος, τρόπος, πρόσωπον, αἰτία, πρᾶγμα, ὓλε421

. La centralità del docēre, che riesce ad attuarsi anche per mezzo del delectare, si sostanzia nell’esposizione del tema della controversia422. Prima di raggiungere l’argumentatio, nel discorso si riscontra un passaggio obbligato attraverso la rerum esplicatio della narratio; le due parti del discorso risultano tanto legate che in quest’ultima Quintiliano ritiene si debbano semina quaedam probationum spargere e delibare il nucleo dell’argomentazione423. Lo Stagirita per evitare un uditorio maldisposto, poiché gravato dal

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Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, Exordium, cit., 33 ss, ove, ragionevolmente, si dà conto del fatto che l’uso della narratio differisce a seconda del genere di discorso preso in considerazione. Minimo è l’impiego di tale sezione all’interno del genere deliberativo, essendo questo rivolto ad un tempo futuro e non dedicato alla individuazione dei confini di un’azione avvenuta nel passato. Diversamente, meno rara risulta l’utilizzazione della narratio per il genere epidittico. In quest’ultimo caso per dire di azioni famose di personaggi noti o sconosciuti si rende più o meno necessaria la narratio.

420

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. v. anche B. MORTARA GARAVELLI, Manuale, cit., 68 ss.

421 Cfr. G. CALBOLI, ibid. Cfr. R. MARTINI, ibid., ove, a ragione si nota che

perché un’esposizione possa dirsi completa ed esauriente è importante che la ricostruzione in fatto consti di alcuni elementi di base individuati nel quis, quid,

cur, ubi, quando, quemadmodum, quibus adminiculis. V. anche B. MORTARA

GARAVELLI, ibid.

422

Cfr. B. MORTARA GARAVELLI, ibid.

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peso di «fatti sfavorevoli al parlante»424 consiglia una narratio non continuata ma strategicamente ripartita in più parti425. Il μηδὲν ἄγαν tra quantum opus est e quantum satis est ci conferisce la caratteristica brevitas, già richiamata per l’exordium, che affiancando la chiarezza espositiva e il verisimilis tratteggia i confini di questa parte del discorso426. «Si deve narrare in modo chiaro (σαφῶς), perché i fatti possano essere compresi, in modo conciso (βραχέως, συντόμως), perché le cose dette possano essere ricordate, in modo credibile (πιστῶς), perché gli ascoltatori non possano rifiutare la narrazione prima che sia stata confermata con l’argomentazione»427.

Rhet. Her. 1.16 – si vera res erit, nihilominus haec omnia narrando conservando sunt; nam saepe veritas, nisi haec servata sint, fidem non potest facere

La funzione informativa non è l’unico scopo da raggiungere attraverso la narratio; è importante anche e soprattutto avere di fronte a sé un arbiter ben disposto, dunque a tale fine può essere utile introdurre una narratio efficace428.

Quint. Inst. orat. 4.2.21 – Neque enim narratio in hoc reperta est, ut tantum cognoscat iudex, sed aliquanto magis ut consentiat .

424 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, Exordium, cit., 36. 425

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

426 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

427 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. ove, si specifica ulteriormente che

chiarezza e brevità non sono caratteristiche esclusive dei fatti che vengono narrati ma anche delle parole utilizzate, che devono essere adatte ai fatti stessi e collocate una dopo l’altra, necessariamente seguendo un preciso iter logico. La chiarezza espositiva segue dei precisi schemi: «la narrazione sarà chiara se non si esporranno i fatti in ordine invertito, ma prima parleremo delle cose compiute o che si stanno compiendo o che si compiranno e poi sistemeremo in ordine le rimanenti e se non lasceremo da parte l’azione per la quale abbiamo iniziato a parlare per esporne altre». La ricerca del μηδὲν ἄγαν si ripropone nel bilanciamento πράγματα/ὀνόματα, «lasciando solo quelle cose togliendo le quali il discorso non sarebbe più chiaro».

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Per rigore espositivo si propone l’identificazione di nuclei di riferimento per lo studio della narratio e il loro sviluppo in sequenza: il declinarsi dell’an, il profilo topografico, la classificazione e i tipi di narrazione ed, infine, le suddivisioni interne della narratio.

Per il primo profilo è d’uopo far cenno a due situazioni borderline: l’assenza della narratio e la presenza di più narrazioni429

. Nella disputa dottrinale tra Apollodorei e Teodorei430 mentre i primi si attestano sull’irrinunciabilità di questa parte del discorso, i secondi tendono a non ammettere la narratio in alcune situazioni, tra le quali quelle riguardanti questioni giuridiche431. Per Quintiliano sarà il genere della causa a dettare la presenza/assenza della narrazione di fatti sfavorevoli, ritenendo in ogni caso di doverla omettere quando si tratti di questione giuridica432. Si pensi all’esposizione di diritto di fronte ai centumviri: in questo caso sarebbe sufficiente una proposizione433.

La narratio è secondo natura, non casualmente, posta dopo il proemio, laddove la condicio causarum non richieda diversamente434. «Il giudice, infatti, reso per mezzo del proemio ad

429

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

430 Cfr. A. MIRIELLO, La Giustizia nel Dio di Plutarco, Padova, 2016, 17, ove, si

dà nota, tra le altre, della disputa dottrinale tra Apollodorei e Teodorei, evidenziandone i confini privi di reale contenuto. Non a caso si ritiene che: «tali opposizioni nascevano dal fatto che con la dissoluzione della civiltà della polis la retorica, priva del suo terreno, si era ripiegata su se stessa teorizzando e congetturando sui propri elementi costitutivi. Erano tutte discussioni dottrinali, prive di contenuto, tra dotti del tempo ma mancava il senso del fare retorica in un mondo ormai in cui il cittadino era diventato un suddito».

431 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 432 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

433 Quint. Inst. orat. 4.2.4 – Sunt enim ante omnia quaedam tam breves causae ut propositionem potius habeant quam narrationem. Id accidit aliquando utrique parti,cum vel nulla expositio est, vel de re constat de iure quaeritur, ut apud centumviros : «filius an frater debeat esse intestatae heres», «pubertas annis an habitu corporis aestimetur»

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rem accipiendam…conciliator, docilior, intentior, doveva essere informato dei fatti, prima che avesse luogo la probatio»435.

Nella formalità di una classificazione, dalle radici antiche e di matrice poetica436, è possibile declinare la narrazione in espositiva, dialogica o mista, a seconda di quale soggetto si trovi a proferir parola; nel primo tipo solo la persona che racconta la fattispecie, nel secondo i soggetti protagonisti e nel terzo entrambi437.

Il prontuario degli εἴδε di narrazione nasce complesso ma si semplifica con il tempo. In ogni caso, non è errato ritenere che il sostrato di riferimento sia costituito dall’opposizione tra vero e falso438. Al τό ἀληθές afferisce «l’esposizione di fatti non solo veri ma anche realmente avvenuti»439 mentre all’elemento ψευδές si riconduce ciò che è svincolato dalla realtà dei fatti, ciò che è inventato440.

Già Aristotele fa cenno alla preesistente distinzione tra διήγησις, la vera e propria narrazione, e altri tipi di narrazione; tra questi si annoverano la προδιήγησις, generalmente contenente elementi estranei alla causa, essa è la narratio che precede quella relativa alla fattispecie in questione e l’ἐπιδιήγησις, posta dopo la narrazione a

435 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove, opportunamente, richiamando la Rhetorica ad Alexandrum, si elencano le diverse combinazioni per la posizione

della narrazione. Si passa dall’ensemble con il proemio per l’enucleazione di pochi fatti noti, alla narrazione graduale per fatti numerosi e sconosciuti, per ritornare alla naturale posizione della narratio successiva al proemio laddove si tratti di non molti fatti sconosciuti.

436 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove, a ragione, si rimanda per

l’origine a Platone, che per la poesia distingue diverse possibilità: «διά μιμήσεως, come per la tragedia e la commedia, o διά ἀπαγγελίας αὐτοῦ τοῦ ποιητοῦ, come nei ditirambi, oppure mista δι`ἀμφοτέρων, come nell’epica».

437

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

438 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 439 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

440 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., la quale, in modo puntuale,

ragionando sulla tripartizione asclepiadea dell’ἰστορία in ἰστορία ἀληθές, ψευδές e ὡς ἀληθές, la riconduce al nucleo di fondo, ossia alla contrapposizione tra i due elementi di vero e falso; infatti, alla narrazione ψευδές (si pensi ai μῦθοι) può ricondursi, agilmente, quella il cui contenuto appaia ὡς ἀληθές (si pensi ai πλάσματα, termine con cui ci si riferisce in generale alle opere teatrali).

84 mo’ di chiarimento ulteriore441

. Questi cenni non sono sufficienti per la disamina dei tipi; è necessario richiamare anche l’ὑποδιήγησις, che oltre i fatti riporta l’aspetto psicologico e soggettivo, la καταδιήγησις qualora tota oratio narrativa est, l’ἀντιδιήγησις per replicare alle ragioni avversarie in toto o in parte e, infine, la διασκευή, quae res gestas non tam docet quam exagerat442. In realtà questo distinguo bizantino lascia ben presto il posto a una più semplice ripartizione tra la narratio avente ad oggetto la fattispecie concreta e le narrazioni incidentes, extra causam, inserite all’occorrenza per prevalere sulla tesi avversaria e un terzo genus443.

Rhet. Her. 1.12 – Tertium genus est id, quod a causa civili remotum est, in quo tamen exerceri convenit, quo comodius illas superiores narrationes in causis tractare possimus All’interno di questo terzo genus, definibile come «una forma di esercitazione per potere meglio trattare i due generi precedenti»444 in negotiis445, è possibile ulteriormente individuare tre parti: fabula, historia e argumentum, tipi al di fuori del genere giudiziario446. Più che soffermarsi su capziose, seppur indispensabili, classificazioni, un aspetto che deve essere sottolineato riguarda il fatto che la narratio

441 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 442 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 443

Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

444 Così L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid.

445 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid., ove si riporta, opportunamente, la

macro bipartizione del terzo genus in narrazione che concerne i fatti (negotia), contrapponendola a quella propria delle personae. Oltre a questa classificazione, tuttavia, si fa un passo in più. Si attinge dall’ipotesi di un fraintendimento della fonte greca da parte del recettore latino; quest’ultimo «avrebbe fatto diventare due generi di narrazione, in negotiis e in personis, quelli che invece erano solo due aspetti secondo cui doveva essere considerato ciascun argomento che non rientrasse nella narrazione politica».

446Rhet. Her. 1.13 – Eius narrationis duo sunt genera:unum. quod in negotiis, alterum, quod in personis positum est. Id, quod in negotiorum expositione positum est, tres habet partes: fabulam, historiam, argumentum. Fabula est, quae neque veras neque veri similes continet res, ut eae sunt, quae tragoediis traditae sunt. Historia est gesta res, sed ab aetatis nostrae memoria remota. Argumentum est ficta res, quae tamen fieri potuit, velut argumenta comoediarum. V. anche Quint. Inst. orat. 2.4.2

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in persona posita è riconducibile al κατά πρόσωπα (carattere distintivo formale di ogni narrazione), che affianca quello contenutistico (κατά πράγματα)447

. Non può esserci narrazione priva di πρόσωπον o πρᾶγμα anzi si può ritenere che il primo abbia «maggiore importanza del πρᾶγμα, perché appunto il negotium esisteva solo se compiuto o subìto dalla persona»448. Si aggiunga che la persona (il πρόσωπον), insieme con l’azione compiuta, il luogo, il tempo e il modo dell’azione, contribuisce allo specificarsi della ὑπόϑεσις, quale «realizzazione pratica eseguita da una o più persone, in un tempo e luogo e occasione particolari»449, dalla generalità della ϑέσις450

. Alla presenza facoltativa della digressione, parte in cui è possibile inserire «ogni atto linguistico che interrompa il corso dell’esposizione mirando agli innumerevoli effetti diversi dell’informare»451

, si aggiungono la propositio (allegazione dei fatti) e la partitio452, le quali per Quintiliano probationi succidunt e che, in rapporto tra loro, vanno a costituire due momenti successivi453. «Tramite la propositio infatti non solo si chiarirà l’oggetto della questione principale, ma anche il contenuto delle singole

447 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 448 Cfr. L. CALBOLI MONTEFUSCO, ibid. 449 Così G. CALBOLI, Introduzione, cit., 199. 450

Cfr. G. CALBOLI, ibid.

451 Così B. MORTARA GARAVELLI, ibid.

452 Cfr. L. MONTEFUSCO, La funzione della “partitio” nel discorso oratorio in Studi di retorica oggi in Italia, Bologna, 1987, 69ss., ove, a ragione, si osserva: «se

da un lato per mezzo della partitio la causa diventava lucidior e il giudice intentior e docilior e perciò era bene secondo alcuni servirsene sempre, dall’altro essa poteva costituire un elemento vincolante per l’oratore e indurlo nel duplice errore o di dimenticare una parte annunciata o di trattare invece qualche cosa di cui non si era fatto menzione».

453Cfr. B. MORTARA GARAVELLI, ibid. la quale, opportunamente, nota,

parlando di proposizione, che «per alcuni è il nucleo concettuale della narrazione; per altri, fra cui Quintiliano, è l’inizio della confirmatio: è la presentazione dei termini essenziali del fatto che viene esposto». Per la partizione si aggiunge che questo procedimento, comune ai discorsi di tipo espositivo, è la «enumerazione dei punti da trattare», che non sempre risulta essenziale, anzi nell’eloquenza forense, a dirsi di Quintiliano, quello già preparato potrebbe apparire un discorso forzato e per questo poco gradito. V. anche L. MONTEFUSCO, ibid.

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argomentazioni: avremo così più propositiones la cui enumerazione ordinata costituirà la partitio»454.

2.9.3. L’argumentatio

Il termine argumentatio viene utilizzato in questa sede per esigenze di praticità, con la consapevolezza che né in Cicerone né all’interno della Rhetorica ad Herennium se ne trova menzione; in queste opere, infatti, vengono trattate le sue componenti : confirmatio (κατασκευή) e confutatio (reprehensio/λύσις)455.

Rhet. Her. 1.18 – Tota spes vincendi ratioque persuadendi posita est in confirmatione et in confutatione

Alla luce della, ormai scontata, stringatezza dell’auctor, tuona la ridondanza quintilianea, che dopo una florida casistica, torna sull’importante compresenza, accanto alla teoria, delle abilità naturali e tecniche dell’oratore456

. L’argomentazione, di cui quella retorica rappresenta una specie particolare457, costituisce «le corps du discours»458. La funzione dell’oratore si compendia e si esaurisce nella esposizione delle colonne portanti dell’argomentazione a sostegno della propria tesi e nella necessaria demolizione di quelle di parte avversaria459. Forse non è totalmente azzardato ritenere che il punto di contatto tra la retorica antica dell’argomentazione e la moderna teoria dell’argomentazione giuridica460

può essere cercata

454

Così L. MONTEFUSCO, La funzione, cit., 72.

455 Cfr. M. L. RICCIO COLETTI, La retorica, cit., 116 ss. 456 Cfr. M. L. RICCIO COLETTI, ibid.

457 Cfr. M. PATILLON, Éléments de rhetorique classique, Paris, 1990, 29. 458

Così M. PATILLON, ibid. V. anche B. MORTARA GARAVELLI, Manuale, cit., 79ss. V. anche H. LAUSBERG, Handbook, cit., 160 ss.

459 Rhet. Her. 1.18 460

Cfr. R. ALEXY, Teoria dell’argomentazione giuridica, Milano, 1998,170 ss., dal quale si può trarre l’essenziale e non banale dato per cui, necessariamente, si

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nel dato comune per cui «le parti possono orientarsi ai propri particolari interessi. Spesso, e forse questa è la regola, non si fa questione di un giudizio giusto o giustificato, bensì di un giudizio vantaggioso per le parti»461. Il punto nodale che permette di concepire l’argomentazione di parte come «caso particolare del discorso pratico generale»462 è capire che le parti hanno una pretesa; questa è di argomentare in modo razionale, o comunque, di ideare argomentazioni, tali per cui si riesca a carpire un consenso unanime463. Gli enunciati normativi, di qualsiasi specie essi siano, non possono essere, dunque, meramente razionali ma è la loro giustificazione, alla luce dell’ordinamento giuridico vigente, che deve pur esserlo464. «Il fulcro della tesi del caso particolare consiste nel fatto che anche nei discorsi giuridici viene sollevata la pretesa di correttezza, che questa pretesa, però, diversamente da quella del discorso pratico generale, non si riferisce al fatto che le proposizioni normative problematiche siano assolutamente razionali, bensì solo al fatto che esse possano essere motivate razionalmente nell’ambito dell’ordine giuridico vigente»465

.

Le partizioni del discorso, gli status, i modi di argomentare e anche l’ordine da dare agli argomenti sono tutti elementi funzionali al genere giudiziario466 e indispensabili per porre in atto la propria strategia di gioco. Nell’argomentazione ogni aspetto ha il proprio posto; le prove di ragionamento (entimemi) sono il «clou delle prove può parlare di argomentazione giuridica perché essa appare legata al diritto. Da qui la necessitata conseguenza di una pretesa di correttezza delle affermazioni giuridiche relazionata all’ordinamento giuridico vigente, che porta ad escludere la completa efficienza del procedimento legislativo (questo da solo non può dare una soluzione valida «in ogni caso e già fin dall’inizio»); ecco l’indispensabilità del discorso giudiziario.

461 Così R. ALEXY, ibid. 462

Cfr. R. ALEXY, Teoria, cit., 270 ss.

463 Cfr. R. ALEXY, ibid. 464 Cfr. R. ALEXY, ibid. 465

Cfr. R. ALEXY, Teoria, cit., 175.

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che si adducono argomentando»467, che non potrebbero essere se non in relazione ai topoi, i luoghi dove cercare le loro premesse. Tutto lo svolgimento dell’argomentazione, a sua volta, non può prescindere dalla conoscenza dello status causae. Per questi motivi, per l’esposizione seguente, si è deciso seguire un preciso schema che parte dalla dottrina degli status, allarga il panorama delle prove oltre l’entimema e si conclude (solo per seguire una logica descrittiva, perché in realtà la trattazione apparirà, di volta in volta, diffusa nel testo) con la precisazione della topica, come si è già indicato in precedenza.

2.9.3. a La dottrina degli status